BIANCARDO, Ugolotto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIANCARDO (Blancardo, Brancardi, Bianchi), Ugolotto

Terenzio Sartore

Nobile parmense, nacque verso la metà del sec. XIV da Antonio e da Caterina Lupi della casa dei marchesi di Soragna. Viene ricordato per la prima volta in un documento del 3 marzo 1363, in cui il giovane B., chierico, otteneva dallo zio Giovanni Lupi, canonico a Padova, un beneficio. Una quindicina d'anni più tardi lo troviamo già decisamente avviato, come altri cadetti del suo tempo, nel mestiere delle armi. Il 5 dic. 1378, insieme con Alberico da Barbiano, alla cui scuola si era formato, ratificava, in territorio mantovano, il patto di assoldamento a Venezia della compagnia di S. Giorgio. Poco dopo era in Toscana, sempre con la stessa compagnia, dove s'impegnava a non molestare Firenze. Nel 1380 fu mandato da Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova, contro Udine, nella lotta accesasi tra questa città e il patriarca di Aquileia; di lì fu richiamato nel 1386, appena scoppiata la guerra tra Padova e Verona, e combatté nello stesso anno contro gli Scaligeri a Castelbaldo e, l'anno dopo, a Castegnaro, dove si distinse per decisione e coraggio.

Nello stesso 1387 passò al servizio del signore di Milano Gian Galeazzo Visconti, il quale lo aveva richiesto al suo alleato padovano. Così il B., pagato a metà dai due signori, partecipò alla guerra che il Carrarese e il Visconti mossero contro Verona, nel corso della quale fu ferito. Dopo la sconfitta degli Scaligeri e l'occupazione di Verona (ottobre 1387) i Vicentini, per non cadere nelle mani dei Padovani, si diedero, il 22 ott. 1387, in custodia al B., perché ricevesse la città in nome del Visconti, e nonostante le proteste del Carrarese, che si richiamava ai patti di spartizione dei territori scaligeri, questi si tenne Vicenza. Nel conflitto seguitone tra Gian Galeazzo Visconti e Francesco da Carrara il B. combatté contro il suo antico signore, partecipando all'occupazione di Padova nel novembre del 1388. Subito dopo Iacopo dal Verme, capitano generale visconteo, lo inviò a prendere possesso di Treviso e qui egli ottenne da Francesco il Vecchio il perdono per averlo abbandonato.

L'anno seguente, quando si resero sempre più tesi i rapporti tra Milano e Firenze, il B. fu mandato dal Visconti in Romagna, ma, allorché Padova riuscì a cacciare i Viscontei (nel giugno del 1390), venne prontamente richiamato nel Veneto in soccorso delle genti del suo signore. Prima però di muovere contro Padova, si diresse contro Verona ribellatasi anch'essa sull'esempio padovano. Il 26 giugno 1390 entrò vittorioso nella città, dove le sue soldatesche compirono una strage sanguinosa, che ebbe termine dopo qualche giorno per l'intervento di Caterina, moglie di Gian Galeazzo. Da Verona il B. passò a Padova senza riuscire a impadronirsene, subendo anzi nel territorio padovano qualche rovescio militare. Verso la fine dell'anno operava nel Bolognese donde, agli inizi del 1391, ritornò ancora una volta nel Veronese continuamente impegnato nella lotta contro i Padovani. Divenuto, nel frattempo, capitano generale del Visconti insieme con Iacopo dal Verme, come ci attesta il Vergerio, compì azioni militari in altre regioni e in particolare nell'Alessandrino, dove ebbe parte nella clamorosa sconfitta del conte d'Armagnac (luglio 1391). Partecipò nel 1397, sempre al servizio del Visconti, alla guerra contro il Gonzaga, facendo uso, a detta del Platina, di frecce avvelenate, ma non poté evitare una grave sconfitta a Governolo (agosto 1397).

Destinato nel testamento del Visconti, redatto nel 1397, a far parte del consiglio di reggenza per il figlio Giovanni Maria, tra il 1397 ed il 1403 fu nominato prima capitano e poi generale maresciallo di Verona per difenderla contro le mire dei Carraresi. Scoppiata la guerra in seguito al fallimento delle trattative di San Martino Buon Albergo, cui il B. aveva partecipato sul finire del 1403, in rappresentanza dei Viscontei, dopo alcuni episodi bellici che ebbero per il B. esito infelice, Francesco Novello da Carrara il 10 apr. 1404 occupò Verona. Il B., trinceratosi nella cittadella, fu costretto ad arrendersi il 27 aprile.

Si ritirò a Parma, dove possedeva numerosi beni e dove, nell'estate dell'anno 1404, lo troviamo implicato in lotte per il possesso del castello di Madregolo. Passò, sempre nel 1404, al servizio dei Veneziani, ma probabilmente per poco tempo, perché già nel dicembre si trovava di nuovo nei suoi possessi di Madregolo. Negli anni successivi è attestata la sua presenza nel Parmense, dove, infermo ed ormai avanzato in età, fece testamento nel 1408. È questa l'ultima notizia che conosciamo di lui, ed è lecito supporre che sia morto poco dopo. Nel 1421 il suo castello era già raso al suolo, nel timore forse che servisse da rifugio a qualche ribelle.

Il B. non era sprovvisto di cultura; contava fra i suoi amici l'umanista vicentino Antonio Loschi e a Verona, discutendo col Marzagaia di lettere, si professava ammiratore di Apuleio. Ebbe quattro figlie, Giovanna, Caterina, Agnese e Palma, tutte naturali.

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