Unione economica

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

unione economica

Marco Lossani

Varietà di tipologie di integrazione tra due o più Stati, di solito risultanti dall’evoluzione di accordi commerciali regionali.

Gradi diversi di integrazione

La forma più blanda di accordo commerciale è costituita da un’area di libero scambio (➔), che prevede il commercio di beni e servizi tra gli Stati membri senza alcun vincolo riguardante la gestione delle relazioni commerciali nei confronti di Paesi terzi, esterni all’area stessa. Nel caso in cui i membri di un’area di libero scambio decidano di definire una politica commerciale comune nei confronti di Paesi terzi – per es., imponendo un livello di tariffe omogeneo sulle importazioni – l’accordo commerciale così definito dà luogo a un’unione doganale (➔). Qualora tale tipo di unione consenta la libera circolazione dei fattori produttivi (lavoro e capitale) al suo interno, l’accordo commerciale assume la forma di mercato unico. L’u. e. viene raggiunta quando all’interno di un mercato unico si imposta una gestione unificata o coordinata delle politiche economiche. Talvolta accade che la costituzione di un’u. e. si accompagni all’adozione di una moneta comune: in tal caso ci si trova di fronte a un’unione economico-monetaria. ● Il processo di integrazione che si è svolto all’interno del continente europeo costituisce il caso più concreto di progressiva evoluzione verso un’unione economica. Nel 1958 fu istituita la Comunità Economica Europea (➔ CEE), che rappresentava un’unione doganale. A distanza di oltre 30 anni fu creato il mercato unico europeo (1992), a cui fece seguito, 10 anni dopo, una vera e propria Unione Economica e Monetaria (➔ UEM), caratterizzata dall’adozione di una moneta comune e dall’unificazione della politica monetaria, gestita da una banca centrale sovranazionale, la Banca Centrale Europea.

Vantaggi economici

I benefici derivanti dalla realizzazione di un’u. e. sono molteplici, riconducibili a effetti di tipo sia statico sia dinamico. Tra i primi vanno annoverati i benefici di breve periodo indotti dal libero scambio di beni e servizi e quelli di medio termine dovuti alle conseguenze pro-competitive, allo sfruttamento di economie di scala e alla mobilità dei fattori di produzione. Nel più lungo termine, l’u. e. viene invece a essere contraddistinta positivamente anche dagli effetti dinamici dovuti al maggiore tasso di crescita, favorito dall’accumulazione di fattori di produzione oltre che dall’incremento del progresso tecnologico. ● Nel 1988, in occasione della costituzione del mercato unico europeo (prevista per l’anno 1992), la Commissione per le Comunità europee richiese un rapporto, presentato da P. Cecchini (➔ Cecchini, rapporto di), che produsse una stima dei benefici netti (generati da un mero processo statico di riallocazione delle risorse) pari a un incremento del reddito compreso tra il 2,5% e il 6,5% del livello esistente prima del completamento del mercato unico stesso. Successivamente, la stima di tali benefici venne considerevolmente aumentata – in una serie di lavori di cui fu autore R. Baldwin – per tenere conto degli effetti dinamici causati dalla maggiore produttività indotta da tale processo di integrazione, in ragione di una variazione permanente del tasso di crescita del reddito pari al + 0,9% annuo. Infine, in concomitanza con l’avvio delle operazioni dell’unione economico-monetaria, le previsioni contenute nel rapporto One market, one money, redatto nel 1990 dalla Commissione europea, accrebbero ulteriormente la stima circa l’entità dei benefici in ragione della nascita della moneta unica.

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