URANO

Enciclopedia Italiana (1937)

URANO (Οὐρανός, Urānus, Caelus)

Giulio GIANNELLI

Figura mitologica dell'antica Grecia, personificazione della forza fecondatrice della natura, identificata nel cielo che feconda la terra per mezzo della pioggia e attenua l'eccessivo calore dei raggi del sole. Il suo nome corrisponde indubbiamente a quello dell'indiano Varuna, "colui che ravvolge, che circonda", un dio delle acque. L'importanza di U. nella mitologia greca risiede specialmente nella parte eminente toccatagli nella genealogia degli dei e che si trova quasi completamente sviluppata già nella Teogonia di Esiodo (126 segg.).

Dal tenebroso grembo del Caos uscì fuori Gea, la terra; la quale, a sua volta, generò da sé U., cioè il cielo, i monti e il mare. Appena creato U. da Gea, si produce tosto il connubio del figlio con la madre; a significare appunto il fenomeno della terra fecondata dalle acque del cielo. Del resto, in altre versioni mitologiche (per es. nella Titanomachia), U. è fatto soltanto sposo di Gea, e figlio, invece, dell'Etere (Aither, masch.). di cui non si nomina la consorte. Dal connubio di Gea e di U. nacquero: i Titani, i Ciclopi, gli Ecatonchiri o Centimani, cioè i giganti dalle Cento braccia. Si enumeravano per lo più dodici Titani, sei maschi e sei femmine (per lo più, accoppiati), tre Ciclopi, tre Ecatonchiri. S'intende facilmente come questa genealogia presenti variazioni e amplificazioni infinite nei mitografi, nei poeti, nelle saghe locali, in molte delle quali si tende a far risalire a U. e a Gea l'uno o l'altro eroe: così si narrava, per esempio, dell'eroe attico Trittolemo di Eleusi (in Ferecide, framm. 12). La Teogonia (154 segg.) seguita a narrare che U., odiando i suoi figli e sospettando di dover perdere, per opera di essi, la signoria dell'universo, li nascondeva, appena nati, nelle viscere della terra; allora Gea, sdegnata col consorte, sollecitò i figli maggiori, i Titani, ad evirare il padre. Compì il misfatto il più giovane dei Titani, Crono; egli domò il padre, lo mutilò, l'obbligò a rinunziare al dominio del mondo. Il sangue caduto dalla ferita di U. fu raccolto da Gea, che ne generò le Erinni, i Giganti e le ninfe Meliadi. Il membro troncato ad U. venne da Crono gettato in mare e dalla bianca spuma da esso sollevata nacque Afrodite. U. si vendicò, predicendo al figlio la stessa sorte; onde Crono, dominato da questo terrore, divorava tutti i suoi figli, appena nati.

Delle figurazioni di U. che ci sono conservate, la più nota è data dal gruppo frammentario del fregio dell'altare di Pergamo, dove il dio primigenio è rappresentato, barbato ed alato, in lotta con un gigante. Dell'arte romana, ci giungono due rappresentazioni, assai simili, di U.-Cielo: l'una, sulla corazza della statua di Augusto da Prima Porta; l'altra, su un sarcofago di Villa Medici, con la scena del giudizio di Paride.

Bibl.: L. Preller-C. Robert, Griechische Mythologie, I, 4ª ed., Berlino 1894; p. 44 segg.; O. Gruppe, Griech. Mythologie und Religionsgeschichte, Monaco 1906, passim; A. Dieterich, Mutter Erde, Lipsia e Berlino 1905, p. 45 segg.; J. Schmidt, in Roscher, Lexikon, VI, col. 106 segg.

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