URBANO II papa, beato

Enciclopedia Italiana (1937)

URBANO II papa, beato


Nato nel 1042 presso Châtillon-sur-Marne, da una nobile famiglia di Champagne, Ottone di Lagery crebbe, prima a Reims, poi a Cluny, al fianco di uomini come S. Bruno, il futuro fondatore della Grande Certosa, e l'abate Ugo il Grande. Nominato da Ugo priore di Cluny, accompagnò il suo abate a Roma, dove fu trattenuto da Gregorio VII che lo elesse vescovo-cardinale di Ostia (1078). Legato strettamente alle idee riformatrici e politiche di Gregorio, rappresentante del papa in numerose missioni in Francia, in Germania e in Sassonia, dovette reagire sfavorevolmente all'incerta ed evanescente politica di Vittore III. Alla morte di questo (settembre 1087), dopo una vacanza di sei mesi, i cardinali e i capi del clero gregoriano, riuniti a Terracina, designarono Ottone che, lo stesso giorno (12 marzo 1088) fu eletto e consacrato. Gregoriano convinto, meno focoso e appassionato di Gregorio, ma certo più realista e abile politico di lui, capace di adattare un programma massimo a una possibilità immediata di realizzazione, egli riprese il programma del suo grande maestro, deciso a sfruttare tutti gli elementi favorevoli che si andavano delineando nell'incerta situazione e che la pavida debolezza di Vittore, soprattutto desideroso di mantenersi in buoni rapporti coi Normanni, aveva mostrato di non saper valutare. Appena eletto, U. si reca in Sicilia e, attraverso Ruggero fratello di Roberto il Guiscardo, entra probabilmente in rapporto con l'imperatore greco Alessio Comneno ponendo le basi di quello stato di maggiore intesa che sembra effettivamente caratterizzare i rapporti fra Roma e Bisanzio durante il pontificato di U. Al ritorno dalla Sicilia (novembre 1088) U. riesce - col favore delle armi normanne - ad entrare a Roma, ma deve limitarsi a soggiornare nell'Isola Tiberina giacché la maggior parte della città, con S. Pietro e il Laterano, sono nelle mani di Clemente III, l'antipapa imperiale. Cacciato alla fine l'antipapa, U. riesce per poco a prendere stabile sede in Roma. Ma deve allontanarsene di nuovo e si reca ancora una volta in terra normanna: a Melfi (il 10 settembre 1089) in un concilio di settanta vescovi, rinnova il divieto dell'investitura laica. Ma mentre prosegue energicamente, con l'aiuto del duca Ruggero, l'opera di riorganizzazione della chiesa latina nel Mezzogiorno d'Italia, egli esplica, nell'Italia settentrionale, in Germania e in Francia un'intensa, accorta opera rivolta a rianimare lo zelo dei vescovi favorevoli alla riforma, ad isolare quanto più è possibile Enrico IV e a indebolire, dividendoli, i vescovi fedeli all'antipapa. Per quanto investito in forme non canoniche da Enrico IV, l'arcivescovo di Milano, Anselmo, è attirato e accolto nell'orbita papale. Lo stesso avviene a Pistoia, a Pisa e in Germania, dove, per istruzioni di U., i vescovi di Costanza e di Passau, suoi legati tedeschi, si mostrano benevoli e concilianti verso quella parte del clero oscillante fra gli imperiali e i gregoriani, e ammettono la validità delle ordinazioni conferite dai prelati scismatici, purché non simoniaci. In Lorena i vescovi di Toul e di Verdun abbandonano il loro metropolitano fedele all'imperatore; a Metz il vescovo Ermanno è sostituito da un gregoriano; il monastero di Hirschau, nella Foresta Nera, diventa un centro importante di diffusione delle idee gregoriane. Nel 1089, per creare nuove difficoltà al partito imperiale e dar corpo a un forte partito di opposizione, U. consente alle strane nozze di Guelfo, figlio del duca di Baviera Guelfo, ostile ad Enrico, con la contessa Matilde di Toscana, di 25 anni più vecchia del marito. E quando Enrico, passate le Alpi (1090), porta la guerra nell'Italia settentrionale, U. suscita contro l'imperatore (1093) la prima lega lombarda (Milano, Cremona, Lodi, Piacenza) e riesce a guadagnare alla causa dei ribelli lo stesso figlio dell'imperatore, Corrado, che si fa incoronare re dall'arcivescovo di Milano. A Ulma, in fine, nel novembre 1093, un'assemblea di signori ribelli, fa causa comune col papa e giura obbedienza al suo legato, il vescovo di Costanza.

Intanto il papa riesce ad entrare nuovamente a Roma e, accolto nella casa di Giovanni Frangipani, attende l'occasione propizia per rientrare in Laterano. Quindici giorni prima della Pasqua del 1094 il comandante delle truppe imperiali presidianti il Laterano si induce dietro compenso in danaro ad aprire le porte e U., mentre Clemente raggiunge Enrico in Lombardia, può dirsi finalmente signore di Roma. Così, dopo appena sei anni di pontificato, U. può, da Roma, guardare con serena fiducia all'avvenire: l'Italia settentrionale, la Germania meridionale rappresentano oramai per lui due punti di forza sui quali far leva per un'ulteriore avanzata. Nel settembre del 1094 U. è a Pisa donde passa a Pistoia e a Firenze; il 18 febbraio 1095 il papa è a Cremona; ai primi di marzo, a Piacenza ha luogo una grande riunione di tutto l'episcopato gregoriano. Più di quattromila prelati e trentamila laici - afferma un cronista - vi assistevano. Sono presenti Prassede, la moglie divisa di Enrico IV, e un'ambasceria dello stesso re Filippo di Francia scomunicato ad Autun da Ugo di Lione, legato pontificio, per il suo irregolare matrimonio con Bertranda di Montfort. Era presente anche un'ambasceria di Alessio Comneno che ottiene dal papa una generica esortazione ai fedeli dell'Occidente affinché questi portino aiuto ai fratelli dell'Oriente minacciati dai Turchi: è il preludio della crociata. A Piacenza il concilio decide - ponendosi su quel terreno di moderazione già patrocinato da Pier Damiani - che non è necessario rinnovare le ordinazioni già impartite da vescovi scismatici purché questi fossero stati ordinati canonicamente. A Piacenza è altresì regolata la questione spagnola. U., che già agl'inizî del suo pontificato (1088) aveva riconfermato alla sede di Toledo - da tre anni liberata dai musulmani - la primazia sulla chiesa spagnola, che aveva riconfermato nel 1091 i privilegi della città di Tarragona, riconosce ora al re Pietro I, successore di Sancio Ramírez, il diritto a ricevere dalle mani pontificie il regno di Castiglia.

Chiuso il concilio, U. prosegue per il nord e a Cremona s'incontra col re Corrado che gli giura fedeltà e s'impegna a servire lealmente la Chiesa. Il viaggio di U. prosegue quindi trionfalmente: attraverso il Piemonte, U. passa in Francia, risale la valle del Rodano, proseguendo l'opera di restaurazione dell'autorità papale e regolando numerose situazioni ecclesiastiche, dipendenti anche dall'antagonismo tra la sede metropolitana di Reims e il legato papale Ugo di Lione. Intanto il corteo papale, per Mâcon, Cluny e Souvigny, giunge a Clermont. Dal 18 al 28 novembre 1095 si tenne in questa città un concilio la cui importanza storica è commisurata a quella dei provvedimenti che vi furono presi. Fu scomunicato solennemente il re Filippo, fu data una portata generale ai provvedimenti già presi dai concilî borgognoni e aquitani per lo stabilimento della pace e della tregua di Dio; contro la poliarchia feudale, il papa si afferma capo sovrano di tutte le chiese, respinge ogni inframmettenza del potere temporale in materia di nomine episcopali e di investiture, richiede a re, signori e laici il giuramento di fedeltà. Il 27 novembre, alle porte della città, davanti a una folla immensa, U. proclama solennemente la crociata contro gl'infedeli. Non è qui il caso di accennare all'importanza e al significato storico - sul terreno politico e sociale - di questa proclamazione (v. crociate), ma in effetti non sembra possibile non ricollegare questo atto papale sia al desiderio di U. di riguadagnare l'Oriente all'unità religiosa portando aiuto ai Greci nella loro lotta contro i Turchi, sia alla situazione generale del papato in Europa in seguito alla lotta per le investiture, situazione che ricevette dalla proclamazione un aiuto forse insperato, ma reale, col porre il papa al vertice della vita politica ed ecclesiastica europea. Nel marzo 1096 a Tours il papa conferma la scomunica del re di Francia; nel luglio successivo, avendo il re rotto i rapporti con Bertranda, viene accolto da U. a Nîmes: l'anno seguente, recidivo, sarà di nuovo scomunicato dal legato papale. Ritornato in Italia, U. non si concesse riposo: tenne un concilio nel Laterano (1097), si occupò degli affari ecclesiastici della Sicilia. A Bari, nell'ottobre 1098, un concilio presieduto dal papa pose in discussione la riconciliazione con la Chiesa greca. Nel novembre 1099 U. tenne a Roma un nuovo concilio a favore della crociata: il 15 luglio 1099 i crociati entrarono in Gerusalemme, ma U. non dovette averne notizia. Morì nella ospitale casa dei Pierleoni il 29 luglio e fu sepolto nella cripta di S. Pietro. Fu beatificato il 14 luglio 1881.

Bibl.: Watterich, Pontificum romanorum vitae, I, Lipsia 1842; Ph. Jaffè, Regesta, I, ivi 1888, pp. 657-701; Patrol. Lat., CLI; Liber Pontificalis, ed. L. Duchesne, Parigi 1892, pp. 293-95. Cfr. inoltre: J. Paulot, Un pape français, Urbain II, ivi 1903; A. Fliche, Urbain II et la croisade, in Revue d'hist. de l'Église de France, 1927, pp. 289-306; P. Kehr, Das Papsttum u. die Königreich Navarra und Aragon, in Abhandlungen der preuss. Akad. der Wiss., 1928, Phil.-hist. Klasse, n. 4; B. Leib, Rome, Kiev et Byzance à la fin du XIe siècle. Rapports religieux des Latins et des Gréco-Russes sous le pontificat d'Urbain II (1088-1099), Parigi 1924; W. Holtzmann, Die Unionsverhandlungen zwischen Kaiser Alexios I. und Papst U. II. im Jahre 1089, in Bizant. Zeitschr., 1928, pp. 38-67; C. Erdmann, Die Entstehung des Kreuzzugsgedanke, Stoccarda 1935.

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