URINA

Enciclopedia Italiana (1937)

URINA (dal greco οὖρον; fr. urine; sp. orina; ted. Harn; ingl. urine)

Amilcare BERTOLINI

L'urina è il prodotto della secrezione renale, con la quale vengono eliminati acqua, sali e altre sostanze disciolte, fra le quali assumono massima importanza i prodotti terminali del ricambio azotato.

Per la costituzione dell'urina, rimandiamo a quanto è detto nella voce urinario, apparato: Fisiologia umana.

Dei singoli corpi costituenti l'urina considereremo soltanto quelli che assumono maggiore importanza nella pratica medica.

Albumina, la cui presenza nell'urina costituisce l'albuminuria (v.).

Il suo saggio qualitativo viene praticato abitualmente: a) portando all'ebollizione l'urina: se si forma un intorbidamento che scompare con l'aggiunta di qualche goccia di acido acetico, esso significa presenza di fosfati; se persiste o se cresce d'intensità con l'aggiunta d'acido acetico, esso indica presenza d'albumina; b) stratificando in una provetta cautamente dell'urina sopra a dell'acido nitrico; in presenza d'albumina si forma un anello opaco nel punto di contatto dei due liquidi; c) acidificando fortemente l'urina con acido acetico: in presenza d'albumina l'aggiunta di qualche goccia di soluzione al 1o% di ferrocianuro di potassio provoca un intorbidamento; quest'ultima prova è una delle più sensibili. Il dosaggio dell'albumina si fa comunemente con l'albuminometro di Esbach: si versa urina fino al segno U, fino al segno R si versa del reattivo d'Esbach (10 gr. d'acido picrico e 20 gr. d'acido picrico in 1 litro d'acqua); si capovolge replicatamente per mescolare i due liquidi; l'albumina precipita a poco a poco in fondo al tubo, che si lascia in posizione verticale leggendo dopo 24 ore l'altezza dello strato d'albumina in rapporto alle linee di graduazione che sull'albuminometro designano direttamente il contenuto per mille d'albumina.

Glucosio, la cui comparsa in quantità apprezzabile con i comuni mezzi clinici d'indagine può essere transitoria (glicosuria) o duratura o per lo meno persistente a lungo (diabete).

Lo zucchero si ricerca sempre sulle urine che non contengano albumina (eventuale dealbuminizzazione con l'ebullizione e acido acetico) mediante: a) la prova del Fehling, per la quale occorre la soluzione A (CuSO4 crist. gr. 34,64 in 500 cmc. d'acqua) e B (sale di Seignette gr. 173 + soluzione al 10% d'idrato sodico gr. 100 + acqua fino a 500 cmc.): s'aggiungono un volume di soluzione A e uno di B a due volumi d'urina; si mescolano i liquidi e si portano fino a incipiente ebollizione; la presenza di glucosio è rivelata dal formarsi di un precipitato giallo-rossiccio; b) la prova del Nyländer: all'urina s'aggiunge circa un decimo del suo volume di reattivo del Nyländer (sottonitrato di bismuto gr. 2 + sale di Seignette gr. 4 + soluzione all'80% d'idrato sodico) e si fa bollire per 2-3 minuti: se v'è glucosio il liquido si tinge in nero e a poco a poco si forma un precipitato nero di ossidulo di bismuto. Per il dosaggio del glucosio riferiamo il metodo Benedict, molto esatto: in una capsula di porcellana si mettono 25 cmc. del reattivo di Benedict (CuSO4 crist. gr. 18 + Na2CO3 crist. gr. 200 + citrato di sodio gr. 200 + solfocianato di K gr. 125 + soluzione al 5% di ferrocianuro di K cmc. 5 + acqua fino a un litro; solo il CuSO4 va pesato con grande esattezza; sciogliere carbonato, citrato e solfocianato in circa 500 cmc. d'acqua, filtrare; sciogliere a parte il CuSO4 in 100 cmc. d'acqua e aggiungerlo lentamente, sempre agitando, alla soluzione alcalina; in ultimo aggiungere il ferrocianuro e portare a un litro) con gr. 10-20 di Na2CO3 in cristalli e un po' di talco polverato, scaldando fino a dissoluzione completa del carbonato; da una buretta graduata si versa l'urina diluita a 1/10, dapprima rapidamente e poi sempre più lentamente, nella soluzione rameica bollente; l'ebollizione deve sempre continuare; il colore va riducendosi mentre si forma un precipitato bianco; il punto terminale è dato dallo scoloramento completo; per il calcolo si tenga presente che 25 cmc. del reattivo di Benedict sono ridotti completamente da gr. 0,05 di glucosio, cioè che nella quantità di urina, versata nella capsula fino a ottenere lo scoloramento completo del reattivo di Benedict, sono contenuti gr. 0,05 di glucosio.

Pigmenti biliari: mancano nell'urina in condizioni fisiologiche; vi compaiono invece quando essi siano passati nel sangue, cioè nell'ittero, e allora l'urina assume un colorito speciale, che può oscillare fra il giallo scuro, il bruno e il verde nerastro.

Si mettono in evidenza con la: a) prova di Gmelin: stratificando cautamente dell'urina sopra a dell'acido nitroso-nitrico, si forma al punto di contatto dei due liquidi un cambiamento di colore tendente all'azzurro verde, al rosso violetto e al giallo rosso; e siccome i singoli strati dell'urina subiscono questo mutamento di colori con diversa rapidità, a seconda della loro distanza dall'acido nitrico, si vedono di solito parecchie delle tinte menzionate l'una sull'altra in forma d'anello; b) prova della tintura di iodio: una goccia di tintura di iodio, preferibilmente diluita all'1/10 con alcool, lasciata cadere in un calice d'orina itterica, colora in verde smeraldo lo strato superiore dove la goccia s'è diffusa.

Indacano: è abitualmente presente in scarsa quantità in ogni urina; aumenta quando aumentino i processi putrefattivi intestinali o quando esista un'aumentata distruzione d'albumina in altre parti del corpo all'infuori dell'intestino; diminuisce fortemente in seguito a fattori alimentari, per esempio a dieta vegetariana, nell'occlusione del dotto pancreatico, poiché è l'azione tripsinica del succo pancreatico che favorisce comunemente le putrefazioni intestinali, e nell'insufficienza del rene.

A ogni modo le conclusioni diagnostiche si possono trarre solo da un risultato molto spiccato della reazione di Obermeyer: si tratta l'urina con uguale quantità di reattivo d'Obermeyer (gr.1-3 di percloruro di ferro in un litro d'acido cloridrico fumante), agitando per alcuni minuti ed estraendo con cloroformio; il cloroformio sarà colorato più o meno in azzurro (azzurro indaco) o talvolta in rosso (rosso indaco) a seconda della quantità d'indacano presente nell'urina.

Corpi chetonici o acetonici son detti certi prodotti normali ma intermedî, transitorî, del metabolismo dei grassi e delle proteine, che compaiono nel sangue e nelle urine soltanto quando l'organismo è incapace (per esempio nel diabete zuccherino) o impossibilitato (per esempio nell'inanizione, nella dieta carnea assoluta, ecc.) a bruciare i carboidrati, sì che i grassi (e le proteine) bruciano male e il ricambio loro s'arresta ai corpi chetonici, incapace di procedere avanti fino alla produzione dei corpi terminali. Dei corpi chetonici l'acido diacetico è il primitivo, da cui derivano per scissione l'acetone e per reazione collaterale l'acido β-ossibutirrico; nella pratica clinica corrente si ricercano nelle urine, come segno di chetosi, l'acetone e l'acido diacetico.

La ricerca dell'acetone si fa con la prova di Legal: aggiungendo qualche cristallino di nitroprussiato di sodio all'urina resa fortemente alcalina con soluzione d'idrato sodico compare una colorazione rossa, dovuta a creatinina (abitualmente presente in ogni urina) o ad acetone; acidificando fortemente, il colore rosso dovuto a creatinina scompare, mentre permane e si rafforza in presenza d'acetone. La ricerca dell'acido diacetico o acetacetico si fa con la prova di Gerhardt: s'aggiungono all'urina 1-2 gocce di soluzione di percloruro di ferro; in presenza di acido diacetico si ottiene un colore rosso violaceo, che diviene più intenso se con la filtrazione s'allontana il precipitato formatosi; se l'aggiunta di percloruro è stata insufficiente, al filtrato bisogna aggiungere altre gocce; questa reazione non è specifica, ché può essere data anche da sali rodanici e, ciò che ha molta importanza clinica, anche dall'acido salicilico eliminato in seguito a cure saliciliche (aspirina, salicilato di sodio, ecc.).

L'urobilinogeno, prodotto di riduzione dell'emoglobina, si trova in piccole quantità anche nelle urine normali fresche, dove rapidamente si ossida per effetto dell'aria e della luce, trasformandosi in urobilina. La sua eliminazione aumenta fortemente in tutte le condizioni patologiche accompagnate da abnorme distruzione di globuli rossi o da insufficienza funzionale del fegato.

L'urobilina si ricerca col metodo Schlesinger: si trattano 10 cmc. d'urina con uguale volume di soluzione alcoolica al 10% di acetato di zinco, s'alcalinizza con ammoniaca e poi si filtra; se v'è molta urobilina si forma una fluorescenza verde ben evidente; se ve n'è moltissima, la fluorescenza compare già dopo l'aggiunta d'acetato di zinco e d'ammoniaca, prima della filtrazione.

L'azoto incoagulabile (NI) o residuo o restante viene così detto perché è l'azoto dei corpi che rimangono in soluzione dopo precipitazione delle proteine. Esso comprende l'azoto di tutte le sostanze derivanti dal ricambio azotato, di cui l'azoto dell'urea, prodotto terminale del ricambio proteinico, forma la parte maggiore. Secondo O. Folin un uomo di 70 kg., sottoposto a un'alimentazione di gr. 119 d'albumina, 148 di grassi e 225 d'idrati di carbonio, elimina nelle 24 ore all'incirca:

costituito da

L'intensità dell'eliminazione dell'NI, e quindi parallelamente anche quella dell'urea, dipende da un lato dalla capacità funzionale del rene (nello stato d'insufficienza il rene è incapace d'eliminarlo in forma concentrata o, nei casi più gravi e rapidamente letali, in quantità sufficiente ai bisogni dell'organismo), dall'altro lato dall'introduzione esogena (dieta carnea o vegetariana) e dalla sua produzione endogena (processi distruttivi nell'organismo che aumentino la disintegrazione delle proteine del corpo).

Per il dosaggio dell'NI s'adopera il metodo Kjeldahl originale o una delle sue molteplici modificazioni. Il metodo Kjeldahl, in succinto, consta di tre operazioni: nella prima (ossidazione) s'ossidano le sostanze azotate contenute in una data quantità d'urina, trattandole per qualche ora con acido solforico bollente in presenza d'un catalizzatore, p. es. il solfato di rame, sì che si trasformano in solfato d'ammonio; nella seconda (distillazione), mediante alcalinizzazione della soluzione di solfato d'ammonio si distilla l'ammoniaca di questo solfato, raccogliendola in una quantità nota di soluzione decinormale d'acido solforico; nella terza (titolazione) si titola con soluzione decinormale di soda la soluzione decinormale d'acido solforico, venendo così a conoscere quanto di esso è stato neutralizzato dall'ammoniaca distillata; in tal modo, sapendo che 1 cmc. di soluzione decinormale d'acido solforico corrisponde a gr. 0,0014 di azoto, si viene a conoscere la quantità d' azoto contenuta nell'urina sottoposta a esame.

Per il dosaggio dell'urea esistono molti metodi ma nessuno, tranne quello allo xanthydrol, è specifico, poiché insieme con l'N dell'urea viene dosato anche l'N di altri corpi.

Il metodo detto dell'ipobromito è certamente il più diffuso (per esempio in Francia) perché è il più semplice e facile; ma esso è anche il meno esatto come quello che, oltre al dosare l'N di un maggior numero di corpi, lascia sfuggire al dosaggio una parte dell'N dell'urea stessa. Esso si eseguisce per mezzo di speciali apparecchi, di cui esistono in commercio molte varietà, a ognuna delle quali sono annesse le indicazioni per l'uso.

L'ammoniaca si trova in ogni urina da qualche tempo emessa; appunto all'ammoniaca, formatasi per fermentazione batterica dall'urea abbondantemente contenuta in ogni urina, si deve quel forte odore ammoniacale, irritante le mucose, delle latrine e degli urinatoi sudici (specialmente durante i calori estivi, poiché il calore favorisce ogni processo biochimico). Per un processo identico, dovuto a fermentazione ammoniacale nella vescica urinaria infetta, si può avere in certi casi l'emissione d'urine fortemente ammoniacali. Ma l'ammoniaca, che così si forma, non è l'ammoniaca di cui s'intende parlare quando si considera il ricambio delle sostanze azotate; anche nell'urina sterile e di recente emessa, in quella che proviene direttamente dal rene, si ritrovano piccole quantità d'ammoniaca derivanti direttamente dal ricambio azotato. Nel passato esse venivano messe in rapporto essenzialmente con la maggiore o minore attività e capacità funzionale del fegato nei processi del ricambio azotato, mentre di recente si tende ognor più ad ammettere che l'ammoniaca urinaria venga formata dal rene e nel rene stesso a seconda dello stato dell'equilibrio acido-basico nell'organismo; a seconda, cioè, dell'opportunità di formare una certa quantità di base, l'ammoniaca, che leghi una data quantità di acido da secernere con le urine.

L'acido urico proviene dal ricambio dei nucleoproteidi e ha origine in parte dagli alimenti (frazione esogena dell'acido urico), in parte dalla disintegrazione dei nuclei cellulari dell'organismo (frazione endogena). Il suo contenuto nelle urine dipende in primo luogo ed essenzialmente da un lato dalla dieta e dalla produzione endogena (con dieta apurinica s'eliminano normalmente gr. 0,25-0,40 di acido urico nelle 24 ore; con dieta mista gr. 0,50-0,70; con dieta ricca di sostanze nucleiniche gr.1-1,40), dall'altro dalla capacità funzionale dei reni (nell'insufficienza renale anche l'eliminazione dell'acido urico è deficiente per incapacità funzionale del rene di eliminarlo).

Nella pratica medica il dosaggio dell'acido urico viene fatto con sufficiente esattezza mediante uno dei tanti uricometri che si trovano in commercio. L'acido urico, che nel sangue e nei tessuti si trova soltanto come monourato di sodio, viene eliminato con le urine solo in piccolissima parte come tale; esso v'è contenuto in forma di sale, come monourato e come emiurato di sodio (quest'ultimo è una combinazione speciale dell'acido urico col monourato di sodio). La solubilità dell'acido urico e dei suoi sali nelle urine dipende da molteplici fattori (temperatura, grado d'acidità, contenuto di colloidi). Con il raffreddamento da urine concentrate precipitano facilmente gli urati come sedimento laterizio, che facilmente si ridiscioglie scaldando o aggiungendo alcali; esso è colorato in rosso dall'uroeritrina, pigmento urinario che la precipitazione degli urati trascina con sé. L'acido urico libero precipita solo dalle urine con acidità abnormemente elevata, formando un precipitato cristallino bruno scuro, che difficilmente può essere riportato in soluzione, data la scarsissima sua solubilità in acqua; se la precipitazione avviene già nelle vie urinarie, possono originare concrementi (calcoli, renella). Ma, per la precipitazione dell'acido urico libero, il grado della sua concentrazione nell'urina ha minima importanza, com'è stato ormai dimostrato dalla pratica; in urine ricche d'acido urico può mancare qualsiasi sedimento d'acido urico e per contro esso si può avere anche da urine con bassissimo contenuto d'acido urico, purché la loro acidità sia elevata; per la sua precipitazione occorre l'intervento dei fattori sopra enumerati.

La presenza dei cloruri nelle urine dipende a sua volta dalla capacità funzionale del rene, cioè dallo stato di sufficienza o d'insufficienza renale, ma soprattutto da fattori extrarenali (introduzione esogena, ritenzione nei tessuti, eliminazione con il sudore, ecc.). Al dosaggio dei cloruri urinarî si dà in Francia grande importanza per la diagnosi delle malattie renali, tanto che su esso è basato l'inquadramento adottato colà: si dicono, cioè, nefriti cloruremiche quelle in cui è scarsa l'eliminazione dei cloruri, sebbene la deficienza di cloruri nelle urine non significhi sempre aumento di essi nel sangue né incapacità del rene ad eliminarli; ché anzi non v'ha dubbio che in molti casi anche di vere nefropatie il rene elimina pochi cloruri poiché pochi gliene giungono per l'eliminazione.

Per il dosaggio dei cloruri si usa urina eventualmente dealbuminizzata: 10 cmc. vengono messi in un cilindro da 100 cmc.; s'aggiungono 1-2 cmc. d'acido nitrico e una quantità nota (p. es. 30 cmc.) di soluzione decinormale di nitrato d'argento, riempiendo poi fino a 100 con acqua distillata; agitare fortemente e filtrare; titolare 50 cmc. del filtrato (in cui sono contenuti 5 cmc. d'urina), dopo l'aggiunta di qualche cmc. di soluzione d'allume ferro-ammoniacale, con soluzione decinormale di solfocianuro d'ammonio, fino a persistente colorazione rosso-cipolla; si verrà, così, a conoscere la quantità di nitrato d'argento che è stata legata dai cloruri urinarî; e da essa sarà facile ricavare la quantità dei cloruri contenuti nei 5 cmc. sottoposti a titolazione, sapendo che 1 cmc. di soluzione decinormale di nitrato d'argento corrisponde a gr. o,00585 di cloruro di sodio.

I fosfati dell'urina assumono importanza, da un lato perché una parte di essi è difficilmente solubile e quindi può formare caratteristici sedimenti o concrementi (calcoli), dall'altro perché il rapporto dei diversi fosfati (fosfati acidi o basici) contribuisce notevolmente a determinare il grado d'acidità dell'urina. La quantità dei fosfati nelle urine dipende dall'alimentazione e, parallelamente alle variazioni dell'acido urico eliminato, dai processi di disintegrazione delle sostanze nucleiniche nel corpo. L'emissione di urine torbide per la precipitazione di fosfati viene detta fosfaturia; ma essa non significa necessariamente che l'eliminazione totale dei fosfati sia aumentata, ché si ha fosfaturia per mutamento della reazione delle urine da acida in neutra o alcalina, per fermentazione ammoniacale da infezione batterica, per diminuita eliminazione di acidi (dieta vegetariana, introduzione di alcali, forte secrezione di acido cloridrico nello stomaco per iperacidità gastrica o dopo abbondanti pasti di carne, ecc.) o per abbondante eliminazione di calcio, come suole avvenire nei giovani. Si potrà parlare di fosfaturia in senso stretto se l'adulto elimina nelle 24 ore, a dieta mista, circa gr. 3,5-4,0 di fosfati, espressi in P2O5. Anche per il dosaggio dei fosfati esistono in commercio dei fosfatometri, di facile uso e sufficientemente esatti.

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