URSS

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

URSS (XXXIV, p. 816; App. I, p. 1098)

Giuseppe CARACI
Alexandre ABRAMSON
Tomaso NAPOLITANO
Wolfango GIUSTI
Corrado MALTESE

Territorî annessi e variazioni politico-amministrative. - Dopo il 1938 si susseguirono notevoli modificazioni politico-amministrative.

In seguito all'accordo tedesco-sovietico del 23 settembre 1939, ed alla campagna delle due potenze contro la Polonia, vennero annessi all'URSs 198.940 kmq. di territorio ad E. del corso dei fiumi Pissa, Narew, Bug e San, lungo una linea corrispondente, in sostanza, al confine etnografico tra Polacchi, Biancorussi e Ucraini. Di questo territorio la parte maggiore (106.540 kmq. con 4,7 milioni di ab.), che coincideva all'incirca con gli ex-governi di Pinsk, Grodno e Vilna (salvo il settore di quest'ultimo passato alla Lituania) fu aggregata alla Russia Bianca (v. in quest'App.) che venne così a formare uno stato di 226.000 kmq. con 10 milioni di ab. Il resto, cioè la Volinia e la Galizia orientale (92.400 kmq. con 7,3 milioni di ab.) fu trasferito alla Repubblica Ucraina (v. in quest'App.) salita a 537,7 mila kmq. con 38,2 milioni di ab.

Per l'ultimatum sovietico del 27 giugno 1940 alla Romania e la successiva occupazione della Bessarabia da parte delle truppe dell'URSS, l'Ucraina si accrebbe della Bucovina settentrionale, già austriaca (5242 kmq. con 520.000 ab.). Il 2 agosto dello stesso anno la Repubblica autonoma sovietica della Moldavia, cui era stata annessa la Bessarabia, veniva elevata alla condizione di repubblica federata (32.700 kmq. con circa z,4 milioni di ab.).

Delle tre repubbliche baltiche, l'Estonia e la Lettonia furono incorporate, come stati membri, nell'URSS, il 21 giugno 1940, e la Lituania, il 3 agosto 1940. Con la pace di Mosca (12 marzo 1940), la Finlandia cedette all'URSS la Carelia occidentale, il distretto di Salla, la penisola dei Pescatori e le isole del golfo di Finlandia; in complesso 35.084 kmq. (non compresa la superficie del Lago Ladoga), con circa 475.000 ab. Con questi territorî la Repubblica autonoma della Carelia, già pertinente alla RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa) venne elevata a repubblica federata (Karelo-Finskaja SSR) comprendente 188.500 kmq. con 550.000 ab.

In conseguenza del conflitto tedesco-sovietico e della campagna del giugno-novembre 1941, con i territorî recuperati dall'URSS nel 1939-40, vennero creati i due Commissariati: del Reich dell'Ostland (374.000 kmq. con 14,5 milioni di ab.), comprendente oltre la Russia Bianca, anche i Paesi Baltici; e dell'Ucraina (circa 380.000 kmq. con 30,4 milioni di ab.), mentre il settore di Bialystok (26.600 kmq. con 1,3 milioni di ab.) rimase sottoposto alla diretta amministrazione civile del Reich, ed alla Romania furono restituite la Bessarabia e la Bucovina settentrionale e affidata l'amministrazione della Transnistria (41.700 kmq. circa, con 2,2 milioni di ab.), vale a dire del territorio compreso fra il Bug ed il Dnestr. Nello stesso anno la Finlandia, riprese le armi contro l'URSS a fianco della coalizione germanica, recuperava quanto aveva ceduto l'anno prima, ed occupava anzi quasi tutta la Carelia orientale. Nel settembre 1941 fu soppressa la Repubblica autonoma dei Tedeschi del Volga, il cui territorio fu diviso fra le oblasti di Saratov e Stalingrado pertinenti alla RZFSR.

Con la campagna del giugno-dicembre 1944 le truppe sovietiche posero fine all'occupazione germanica, sì che fu possibile, nel 1944-45, procedere alla riorganizzazione politico-amministrativa di gran parte dell'URSS. In base a questa riorganizzazione, lo stato sovietico risultò costituito da 16 repubbliche federate in luogo delle 11 del 1939, data l'aggregazione delle tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) ed il riconoscimento di stati membri alle due repubbliche autonome Carelo-Finnica e Moldava, ambedue ingrandite. In complesso l'ampiezza del territorio sovietico si accresceva, fra il 1939 ed il 1947 di oltre 690.000 kmq., così distribuiti: Repubblica di Tuva (passata alla RSFSR nel 1945), 165.000 circa; Polonia orientale (passata in parte alla Russia Bianca, in parte all'Ucraina), 180.955; settore di Königsberg 12.700; Russia Subcarpatica (ceduta nel settembre 1945 dalla Cecoslovacchia ed aggregata all'Ucraina), 12.100; istmo di Carelia, distretto di Sortavala, saliente di Salla, territorio di Petsamo (strappati alla Finlandia e trasferiti parte alla RSFSR, parte alla repubblica Carelo-Finnica), 45.564; Bessarabia e Bucovina settentrionale (ottenute dalla Romania ed unite parte all'Ucraina parte alla repubblica autonoma Moldava), 50.254; Estonia, 47.980 (dei quali 1350, cioè un lembo del distretto di Petseri, aggregato alla RSFSR); Lettonia, 66.465 (dei quali un lembo del distretto di Jaunlatgale aggregato alla RSFSR); Lituania, 63.148 (compresa la regione di Memel); Sachalin (Karafuto) meridionale, 36.090 e Curili 10.215 (cedute dal Giappone nel settembre I945 e comprese nel kraj, o territorio, di Chabarovsk). Deve essere tenuto presente che questi valori delle superfici sono solamente approssimativi.

Popolazione (XXXIV, p. 817). - Le cifre relative alla popolazione nello specchio riportato si riferiscono al censimento generale del 17 gennaio 1939 (l'ultimo) per le 11 repubbliche federate allora esistenti; per i territorî aggregati dopo quella data si è ricorso ad elementi anagrafici riferibili al 1939 o 1940. Per un confronto con le cifre del precedente censimento (1926) va ricordato che quelle 11 repubbliche contavano, al 17 gennaio 1939, 170.4.67.000 ab., dei quali 55.900.000 classificati come urbani. Ne risulta una densità media di popolazione di circa 8 ab. a kmq. (di 5,4 per la popolazione propriamente rurale) salita a 9 ab. quando si tenga conto dell'apporto dovuto ai territorî annessi dopo il 1939. L'aumento medio annuo nel periodo 1926-39 (sempre per le prime 11 repubbliche) è quindi di 1,8 milioni di anime, ma - se le valutazioni ufficiali fra un censimento e l'altro sono attendibili - l'aumento reale dovette essere assai più notevole nel settennio 1926-33 che non nei sei anni successivi. Al 1° gennaio 1933 infatti quelle valutazioni davano 165,8 milioni di ab., e perciò contro un accrescimento medio di circa 770.000 ab. all'anno per il periodo 1933-39, se ne avrebbe uno poco più che triplo per il periodo precedente. In conclusione si confermerebbe la tendenza ad una progressiva contrazione dell'accrescimento della popolazione: fra il 1923 ed il 1926, ad es., l'aumento medio della popolazione sovietica era stato di 3,5 milioni di ab. ogni anno. Ciò indica che, anche per l'URSS, ad onta dell'immensità del territorio disponibile, è chiusa l'epoca della più rapida espansione demografica, se pur non comincia a porsi addirittura il problema dello spazio.

L'aumento della popolazione nel periodo 1926-39 presenta naturalmente indici assai diversi da zona a zona: esso risulta massimo nella regione di Murmansk ed in Carelia (159%), nell'Estremo Oriente (88%; e 136% nel kraj di Chabarovsk), nella Siberia orientale (59%), nel Kirghizistan ed in Armenia (46%), nel Tadzikistan (44%) e in genere nell'Asia centrale (38% in complesso); e invece minimo nel Kazakistan e nella Russia europea (esclusa la regione uralica, 11%), dove anzi alcuni settori (medio Volga, Zona centrale ed occidentale della cosìddetta "terra nera") segnano perfino diminuzione.

Il rapporto fra la popolazione urbana e quella rurale è assai mutato dal 1926 al 1939. La prima passando da 26,3 a 55,9 milioni di ab. è più che raddoppiata (aumento del 113%); la seconda scendendo da 120,7 a 114,6 milioni di ab., è diminuita proporzionalmente del 5%. Va avvertito però che una parte almeno dei centri abitati che figurano nella categoria delle città conserva, in sostanza, carattere rurale. È quindi probabile che le variazioni denunciate dalle statistiche vadano, a nostro modo, ritoccate a vantaggio della popolazione rurale. Secondo dati ufficiali, dei 29,6 milioni di ab. che rappresentano l'aumento della popolazione urbana nel periodo 1926-39, appena 5,3 sarebbero dovuti all'attivo demografico; 5,8 alla trasformazione di villaggi in città, e 18,5 milioni all'afflusso in queste ultime di popolazione rurale. Stando ad altri calcoli, più attendibili, nella sola regione degli Urali si sarebbero trasferiti 1 milione di ab., 899.000 nell'Estremo Oriente, 567.000 nella Siberia orientale, 514.000 nella Siberia centrale, ecc.

Quanto al numero delle città, le statistiche sovietiche segnalano (per il 1939): 11 centri con più di 500.000 ab. (3 nel 1926), 27 da 200 a 500.000 (8 nel 1936), 43 da 100 a 200 (20 nel 1926; 92 da 50 a 100 (50 nel 1926).

Una quarantina di tali centri urbani ha veduto più che triplicata la propria popolazione fra il 1926 ed il 1939; cinque (Stalinsk, Stalinabad, Murmansk, Dzeržinsk e Prokopevsk) più che duplicata, e quattro (Karaganda, Magnitogorsk, Stalinogorsk e Komsomol′sk) sono sorti e si sono sviluppati dopo il 1926. Quanto alla loro distribuzione geografica, queste città possono così raggrupparsi: 15 nei distretti industriali dell'Ucraina meridionale (per esempio Zaporož′e, Makeevka, Mariupol′, Krivoj Rog, che è passata da 38.200 a 197.600 ab., Dneprodzeržinsk passata da 34.200 a 14.7.800, ecc.); 13 nel triangolo Urali-Kuzneck-Karaganda (quali ad es., oltre Sverdlovsk, Novosibirsk e Čeljabinsk: Nižnij-Tagil, salita da 38.800 a 159.900 ab., Kemerovo, da 21.700 a 133.000; Prokopevsk da 10.700 a 107.200, e Magnitogorsk, che contava 145.900 ab. nel 1939); 6 nei dintorni di Mosca (Ljublino, Kuncevo, Losinoostrovsk, Podol′sk, Mytišči e Perovo, tutti però, nel 1939, con popolazione inferiore ai 100.000 ab.); 4 nell'Estremo Oriente tra il bacino carbonifero di Ceremchovo, lungo la frontiera mongolo-mancese, fino all'Amur ed all'Ussuri (Ulan Ude, cresciuta da 28.900 a 129.400 ab. Chabarovsk da 52.000 a 199.400; Čeremkovo da 14.500 a 65.900, e Komsomol′sk, di recente creazione, che contava 169.500 ab. nel 1939); 4 nell'Asia centrale e nel Kazakistan (Karaganda, anch'essa di creazione recente, numerava 165.900 ab. nel 1939; Stalinabad nel Tadžikistan e Alma Ata e Čimkent nel Kazakistan); 2 nella regione periartica europea (Arcangelo e Murmansk; quest'ultima salita da 8.800 a 117.100 ab.), e 5 in altre parti dell'URSS (fra queste Stalinogorsk, nell'oblast′ di Tula, con 76.200 ab. nel 1939). La popolazione dei centri urbani con oltre 50.000 ab. è salita da 16,2 a 34,1 milioni di ab. (1/5 della totale) fra il 1926 e il 1939 (aumento del 110,4%).

Le perdite di vite umane dovute alla seconda Guerra mondiale sono calcolate in circa 17 milioni di anime (dei quali sette nelle forze armate). I feriti ammonterebbero a circa 11,5 milioni, dei quali due terzi recuperabili. Le perturbazioni determinate nel bilancio demografico dalla guerra (deficit delle nascite ed eccesso dei decessi) debbono naturalmente risultare assai più gravi, ma non si hanno statistiche per giudicare in modo più esauriente il fenomeno. Quanto alla composizione etnica della popolazione (censimento gennaio 1939 essa risulta costituita (relativamente alla situazione politica del 1939 come segue:

Le annessioni realizzate dall'URSS in conseguenza della seconda Guerra mondiale hanno sensibilmente alterato questo quadro etnico; in qual misura, è difficile dire con esattezza. Probabilmente i Grandi Russi sono ora diminuiti a circa la metà della popolazione dell'Unione.

Condizioni economiche (XXXIV, p. 817). - A tutt'oggi il quadro d'assieme più aggiornato che sia possibile estrarre dalle fonti ufficiali dell'economia sovietica si riferisce agli anni immediatamente anteriori alla seconda Guerra mondiale. Dopo la fine di questa, bisogna contentarsi di dati approssimativi e parziali. Il nuovo regime ha continuato con maggior impulso, negli anni precedenti la guerra mondiale, a trasformare le caratteristiche economiche del vasto paese come ci documenta la statistica delle occupazioni, riferita al 1939, riportata qui di fianco.

Le proporzioni indicate variano grandemente da regione a regione e le trasformazioni maggiori avvenute, e soprattutto durante la seconda Guerra mondiale, interessano le zone extraeuropee. L'asse economico dell'Unione sovietica si è infatti spostato verso Est, dagli Urali nella Siberia occidentale.

Quanto all'utilizzazione delle superfici agricolo-forestali, le statistiche più recenti (1939) informano che le foreste ammantano il 44% del paese (950 milioni di ha.), le aree a pascolo ne detengono l'11% (241,1 milioni di ha.), le superfici arabili abbracciano complessivamente circa 197 milioni di ha. (9% del paese), di cui solo metà realmente messe a coltura, gli erbai investono 46,4 milioni di ha. (2%) e i frutteti 11,5 milioni (0,5%). L'area a coltura è aumentata da 129,7 milioni di ha. nel 1933 a circa 157 nel 1941.

La parte del paese che sotto l'aspetto agricolo ha maggiore importanza è naturalmente quella europea che concentra circa l'82% della superficie coltivata. Vi prevalgono le colture del frumento e della segale (produzione complessiva russa rispettivamente 450 e 250 milioni di q. nel 1940). Quella del frumento si è anzi notevolmente allargata negli anni precedenti la guerra, grazie all'uso di varietà invernali che ne hanno favorito l'introduzione in regioni settentrionali, e di varietà meno esigenti, che meglio si uniformano alle regioni caucasiche, più aride. Ma il rendimento medio unitario sembra non aver aumentato in eguale misura (oscilla ancor oggi su 8 q. l'ha.). Meno coltivati nella regione europea sono l'avena, l'orzo, e il mais (produzione complessiva russa rispettivamente 200, 100 e 45 milioni di q. come media annua del periodo 1934-38)

Tra le regioni asiatiche, è l'Uzbekistan quella dove l'agricoltura ha maggior sviluppo. Le precipitazioni sono notevolmente ridotte, in questo paese, e l'acqua è portata dai fiumi scendenti dai monti del Pamir e dalla catena T'ien Shan, cioè particolarmente dal fiume Amū-Daryā, dal quale sono state operate numerose derivazioni. I cereali investono in questa regione notevole aliquota delle aree coltivate, e tra essi in primo luogo il frumento: ma le loro superfici hanno segnato prima della guerra una contrazione (diventata poi più marcata negli ultimi anni) determinata dalla cotonicoltura che ha ricevuto un forte impulso. Più che metà dell'area coperta nell'URSS da questa coltura (che da 690.000 ha. nel 1913 si è portata nel 1940 a 2,1 milioni di ha.) spetta all'Uzbekistan. Le altre zone cotonifere sono l'Ucraina (225.000 ha.), la Crimea (30.000 ha.), la regione caucasica settentrionale (250.000 ha.), la Georgia e l'Azerbaigian (230.000 ha.). In queste, ma soprattutto in Uzbekistan, dà prodotti di notevole qualità e in gran copia anche la frutticoltura intensiva (specialmente: uve, prugne, pesche, pere).

Cure particolari sono state rivolte alle colture oleifere, tra le quali sta al primo posto quella del girasole (regioni caucasiche settentrionali) e quella del tè (regioni transcaucasiche) che copriva 53.000 ha. nel 1940. Degno di nota anche l'incremento che ha avuto la bieticoltura (da 650.000 ha nel 1913 a 1.185.000 nel 1940, con una produzione di 2.400.000 t. di zucchero) praticamente limitata all'Ucraina (70% del raccolto russo) e alle adiacenti regioni di Kursk e di Voronež.

Anche l'allevamento ha fatto progressi, non solo in quantità ma specialmente in qualità. Le ultime statistiche note (1938) hanno censito 63,2 milioni di bovini (dei quali 75% circa in Europa e nelle regioni caucasiche), 102,5 milioni tra ovini e caprini (70% nella parte europea), 30,6 milioni di suini e 17,5 milioni di equini (di cui rispettivamente 77 e 74% in Europa).

Per le risorse forestali, una stima ufficiale dà 207 milioni di ha. boschivi nella parte europea (a cui sono da aggiungersi 8,7 acquistati recentemente con l'annessione dei paesi baltici e delle regioni orientali polacche) e 743 milioni nelle provincie asiatiche. L'esportazione del legname da 12 milioni di mc. nel 1935 diminuì a 5,3 nel 1938.

Alla base del rapido progresso dell'industria sovietica sta innanzi tutto la ricognizione geologico-mineraria del territorio russo, e l'accertamento delle relative disponibilità di materie prime. Si è calcolato che, mentre nel 1918 appena il 10,5% del territorio era stato studiato sotto tale aspetto, nel 1945 la percentuale era salita al 72,8%.

Per quanto riguarda le fonti di energia l'URSS può disporre di 1650 miliardi di t. di carbon fossile. La parte di queste riserve che spetta al settore europeo (Urali compresi) si riduce ad appena il 9,1% (di cui 5,4 al Donbass e 2,2 al bacino del F. Pečora), mentre più di 3/4 (75,8%) sono concentrati in Siberia (27,2% nel Kuzbass; 26,6% nel bacino del Tunguska; 12,3% in quello del Lena; 4,7 nel settore di Irkutsk, ecc.) e il 4,6% nell'Estremo Oriente e nel Kazakistan (Karaganda: 3,1%). Relativamente meno cospicue, ma del pari grandiose, le riserve petrolifere: 8 miliardi di tonnellate.

Alle zone minerarie di vecchia coltivazione, lo sfruttamento delle quali prima della guerra era abbastanza razionale ed intenso, se ne sono aggiunte di nuove. Si pensi che la produzione di carbone è aumentata di otto volte e mezzo tra il 1922 (7,5 milioni di t.) e il 1932 (63 milioni) e di oltre due volte tra il 1932 e il 1938 (132,9 milioni). Nel 1940 era di 166 milioni di tonnellate.

Nella parte europea, il bacino carbonifero più importante resta anche dopo la guerra e le distruzioni da essa apportate, quello del Donec, che nel 1938 dava 78,4 milioni di t. di combustibile, cioè circa 3/5 della produzione complessiva dell'Unione Sovietica. In quello stesso anno 7,4 milioni di t. venivano dal bacino di Mosca e 8 milioni da quello uralico (maggiori centri di estrazione a Čeljabinsk, Kizel a oriente di Perm′, ecc.). Nelle regioni asiatiche predomina il bacino di Kuzneck (v. in questa App.) che dava 20 milioni nel 1942 ed alimenta ora sia la grande industria siderurgica locale sia quella dei centri uralici. Verso questi poi è avviato anche il combustibile prodotto nella zona di Karaganda (4,1 milioni di t. nel 1938). Lungo la ferrovia transiberiana sono in primo sfruttamento i giacimenti di Čeremkovo, presso la costa sud-occidentale del Lago Bajkal, e quelli di Ugol'naïa, 30 km. a nord di Vladivostok.

Questo forte sviluppo che, complessivamente, registrano le regioni asiatiche, si determinò durante la guerra, quando i giacimenti posti ad occidente dei monti Urali, in cui era stata trasferita gran parte del personale operaio del bacino del Don, hanno dovuto compensare la perdita dei campi minerarî ucraini. La produzione carbonifera asiatica è in tal modo aumentata da 46 milioni di t. nel 1942 a 54 milioni nel 1945. Tuttavia durante la guerra la produzione sovietica segnò una diminuzione equivalente ad aliquote che hanno oscillato tra il 15% (1942) e il 10% (1945). Nel 1944 era pari a 140 milioni di q. Terminata la guerra ha avuto inizio la ricostruzione della regione carbonifera ucraina (Donbass), che nel 1950, a quanto si prevede, sarà riportata nelle condizioni normali. Alla fine del 1946 se ne aveva un primo riflesso nell'aumento della produzione complessiva, che era giunta a 165 milioni di t. A quella data cento miniere del bacino del Don erano completamente prosciugate e riparate e 120 in corso di restauro. Da notare, tuttavia, che i bisogni denunciati dall'industria sovietica sono anch'essi aumentati tra il 1940 ad oggi da 175 a 270 ÷ 280 milioni di tonnellate.

Per i minerali di ferro la produzione russa ha oscillato, negli ultimi anni prima della guerra, sui 15 milioni di t. annue; produzione di cui circa la metà è dovuta alle provincie europee, e l'altra metà alle provincie siberiane. Tra quelle europee sono in primo piano - in quanto allo sfruttamento- i giacimenti di Krivoj Rog in Ucraina (6,7 milioni di t. annue), quelli di Kerč in Crimea e quelli uralici (regione di Magnitogorsk). Più recentemente si è iniziata la coltivazione di altri giacimenti nell'alto bacino del fiume Ural (presso Orsk), nella zona di Kursk, nella penisola di Kola. Nelle provincie asiatiche gran parte della produzione si concentra in due regioni siderurgiche: Kuzneck e monti Urali (zone che, praticamente, si fondono ora con quelle del versante europeo, di Čeljabinsk, di Irbit, di Sverdlovsk, di Nižnij Tagilsk). Ma anche nel medio bacino del Lena (Viljujsk e Jakutsk) l'estrazione ha ricevuto notevole impulso durante la guerra.

In fatto di petrolio la produzione sovietica equivaleva nel 1938 a 32,2 milioni di t. (9,2 nel 1913 e 22,4 nel 1933). Durante la guerra le distruzioni dei relativi impianti sono state gravi (nel 1945: 20,5 milioni di t.): ma la ripresa fu, dopo la guerra, immediata e notevole (nel 1948: 27,1 milioni di t.). Ai giacimenti di tradizionale sfruttamento: Eaku (che nel 1938 ha dato circa 4/5 della produzione russa), Groznyj (9%), Majkop (7%), ed a quelli di Ufa, e del bacino del fiume Kama, i quali attingono alla piega petrolifera (lunga 2500 km. circa) che scorre ad occidente degli Urali, si aggiunsero recentemente i pozzi di Emba, lungo il fiume omonimo, presso i monti Mugodžar (600.000 t. nel 1938) e poi quelli uzbechi (900.000 t. nel 1938 di cui 4/5 nella regione della Fergana).

Un'altra importante zona mineraria l'Unione Sovietica ha acquistato con le regioni ex-polacche (Borysław, Drohobycz, Stanisław) che nel 1938 produssero 371.000 t. di petrolio e 581 milioni di mc. di gas naturale, in parte usato per il riscaldamento domestico e in parte portato in metanodotti fino a Leopoli.

I pozzi caucasici sono uniti ai porti del Mar Nero mediante una lunga rete di oleodotti (rami principali: Eaku-Eatum, con due oleodotti, lunghi rispettivamente 883 e 834 km.; Groznyj-Tuapse: 618 km.); un'altra rete agevola la distribuzione del petrolio verso le regioni industriali (rami principali: Gurev-Orsk di 845 km., e ArmavirTrudovaja di 488 km.). In complesso questa rete misura 4212 km.

Fra i minerali metallici di cui l'estrazione è più larga si menzionano il platino (3732 kg. nel 1938), l'oro (155.500 kg. nel 1938), il nichelio (15.000 t. nel 1940, in gran parte da miniere presso Orsk, e presso Sverdlovsk), il rame (107.000 t. nel 1940, di cui 4/5 dai giacimenti presso il lago di Balchaš), il piombo (100.000 t. nel 1940) e lo zinco (95.000 t.) che derivano in buona parte dalle regioni tra i monti Altai e il lago Aral. Per il manganese, l'Unione sovietica resta al primo posto con 1,3 milioni di t. nel 1940. Per gli altri minerali ha avuto impulso specialmente l'estrazione dello zolfo (regioni del medio Volga), dell'amianto (Alapaevsk), della potassa (108.000 t. nel 1938) da Solikamsk e da Bereznik negli Urali e poi anche dalle provincie ex-polacche (Stanisław e Kałusz.).

Gli sforzi maggiori fino ad ora sostenuti nel campo industriale sono quelli volti a rendere più larghe e razionali le fabbricazioni siderurgiche e meccaniche. Così la produzione di ferro grezzo è salita da 2,1 milioni di t. nel 1928 a 15,6 milioni nel 1940, e quella dell'acciaio nello stesso periodo da 4,2 a 18,8 milioni. In pratica funzionano ora tre grandi zone siderurgiche: quella ucraina (maggiori centri a Dnepropetrovsk, Zaporoz′e, Krivoj Rog, Stalino, Mariupol′ Kerč), quella centrale presso Mosca (Noginsk, Tula, ecc.) e quella sud-uralica coi grandi impianti di Magnitogorsk, di eljabinsk, di Orsk, di Sverdlovsk, di Nižnij Tagilsk, ecc.). Centro metallurgico e meccanico di notevole importanza, orientato come è naturale alle fabbricazioni navali, è Leningrado.

Il potenziamento dell'industria meccanica ha segnato forti progressi: ci limitiamo ad ogni modo a menzionare solo i centri più notevoli. Nuovi stabilimenti di macchine metallurgiche si trovano a Char′kov e a Sverdlovsk; di macchine agricole: a Stalingrado, Saratov, Čeljabinsk, Char′kov, Rostov, Leningrado, Omsk, Stalinsk; di autoveicoli: a Mosca, Jaroslavl′ e Minsk; di materiale ferroviario: a Kolomna, Lugansk, Char′kov, Nižnij Tagilsk, Taškent, Stalinsk; di costruzioni aeronautiche: a Kujbyšev, Stalingrado, Gor′kij, Mosca e a Komsomol′sk, presso il fiume Amur. Completamente impiantata dopo la rivoluzione è l'industria chimica: sorta in regioni che offrivano materia prima e forza motrice, essa ha a Stalinogorsk impianti di ammoniaca sintetica e di acido nitrico e a Voskresenskij stabilimenti per la fabbricazione di superfosfati, a Kirovsk produce concimi fosfatici, a Bereznik ammoniaca e soda, a Gorlovka azoto sintetico. Grandi nuove fabbriche ha ora a sua disposizione l'industria della carta: a Sias′, sul fiume omonimo, a Krasnocamsk, sul fiume omonimo, a Balachna presso Gor′kij. Riguardevole anche lo sviluppo che ha avuto l'industria del cemento (5,3 milioni di t. nel 1940), con impianti sorti ovunque ma specialmente - dopo la guerra - nelle regioni che lamentano larghe distruzioni. Dopo la guerra ha segnato pure una ripresa degna di nota l'industria tessile che prima si agglomerava presso Mosca (75% della produzione). Fino al 1948 erano stati impiantati 20 nuovi stabilimentí dei quali una buona parte nelle regioni usbeche ove lavorano l'intensa produzione cotoniera. All'industria elettrica, l'amministrazione sovietica non sembra aver rivolto fino ad ora particolari cure (10,5 milioni di kW di potenza installata, tra termica ed idrica, nel 1940).

Comunicazioni (p. 819). - Quello delle comunicazioni resta ancora il problema più difficile da risolvere. Nel 194.5 le ferrovie sovietiche avevano una lunghezza complessiva di 105.000 km. dei quali circa 1/3 a due binarî. All'inizio della guerra erano elettrificati 1820 km. di linee. Il traffico nel 1935 ammontò a 568 milioni di t. e a 1230 milioni di viaggiatori. Per la Transiberiana v. alla voce in questa App. Nel 1938 la rete stradale misurava 1.370.000 km., dei quali tuttavia gran parte (84%) a fondo naturale e solo 1/6 a fondo artificiale e manutenzione abbastanza regolare.

Nel campo della navigazione fluviale è da segnalare la costruzione di due nuovi canali: quello dal Mar Baltico al Mar Bianco (227 km.) e quello da Mosca al Volga (126 km.).

Commercio estero. - I dati statistici che si conoscono sul commercio estero sovietico non permettono di veder chiaro oltre il periodo prebellico. Le cifre complessive per il 1938 dànno: per l'importazione: 11,3 milioni di quintali e 1422 milioni di rubli; per l'esportazione, 96,8 milioni di quintali e 1331 milioni di rubli.

In quanto alla composizione di questo commercio le esportazioni constavano soprattutto di materie prime e semilavorate (più della metà in valore è costituito da cereali, pelli e pellicce, petrolio e derivati, legno e prodotti del legno); le importazioni, invece, di prodotti manifatturati (macchine, strumenti e apparecchi diversi, metalli non ferrosi, materie tessili, apparecchi elettrici, ecc.).

Bibl.: Opere d'insieme: L. Berg, Les régions naturelles de l'URSS, Parigi 1941; P. George, L'économie de l'URSS, Parigi 1945; G. Jorré, l'URSS, Parigi 1946. Sulle condizioni climatiche: W. Köppen, Klimakunde von Russland in Europa und Asien, Berlino 1939. Sulle condizioni demografiche: P. George, La population de l'URSS d'après la dénombrement du 17 janvier 1939, in Annales de Géographie, 1941, p. 298. Sulle condizioni agricole: L. E. Hubbard, The economics of Soviet agriculture, Londra 1939; S. Michelson, Politique agricole et capacité alimentaire de l'URSS à la veille de la guerre, Parigi 1945. Sulle condizioni dell'industria: E. Delage, Pétroles russes, in Le Temps, 15-16 agosto 1942; G. Mequet, Les ressources pétrolières russes, ibidem, 5 agosto e 9 settembre 1942; G. Mequet, Les ressources pétrolières russes, ibidem, 5 agosto e 9 settembre 1942; L. E. Hubbard, Soviet Labour and Industry, Londra 1942. Per una bibliografia delle opere in lingua russa e di quelle relative alle singole unità geografiche dell'URSS, v. alla fine dell'opera cit. del Jorré.

Economia e Finanze (XXXIV, p. 825; App. I, p. 1099).

Periodo d'anteguerra. - Lo sforzo d'industrializzazione dei due primi piani quinquennali (1928-37) insieme con la collettivizzazione e la meccanizzazione dell'agricoltura avevano, già prima della seconda Guerra mondiale, apportato profonde modificazioni alla popolazione sovietica. Secondo il censimento generale del 17 gennaio 1939, gli abitanti dell'URSS, nei confini territoriali d'anteguerra, ammontavano a 170.467.186 (contro 147.027.915 al 17 dicembre 1926) di cui 55.909.908 residenti nelle città (pari al 32,8%, contro il 17,9% nel 1926) e 114.557.287 nelle campagne (67,2%, contro 82,1% nel 1926). Gli operai, gli impiegati e le loro famiglie (compresi i salariati delle aziende agrarie di stato o sovchozy) rappresentavano - in base alle statistiche per il 1937 - il 34,7% del totale; i membri delle aziende agrarie collettive o kolchozy e le loro famiglie, il 55,5%; i contadini e gli artigiani non facenti parte, rispettivamente, di kolchozy o di cooperative, il 5,6%, e il resto della popolazione il 4,2%. I mutamenti territoriali, avvenuti nella seconda metà del 1939 e nel 1940, hanno accresciuto la popolazione dell'URSS di circa 22,4 milioni di abitanti.

Il livello di industrializzazione raggiunto prima della seconda Guerra mondiale lasciava l'URSS, dal punto di vista della produzione industriale media per abitante, ancora notevolmente indietro ai paesi capitalistici più progrediti, e questa situazione fu messa chiaramente in luce nel XVIII congresso del Partito comunista dell'URSS (Mosca, marzo 1939) che adottò il terzo piano quinquennale. Proclamata la necessità di raggiungere e quindi superare i paesi europei industrialmente più sviluppati e gli Stati Uniti, e ammessa d'altra parte l'impossibilità di realizzare un programma del genere in un solo quinquennio, il piano 1938-42 prevedeva un aumento della produzione industriale del 92% in confronto al 1937. Il valore di questa produzione avrebbe dovuto raggiungere nel 1942 i 184 miliardi di rubli, di cui 114,5 relativi a beni strumentali (aumento del 107%) e 69,5 per i beni di consumo (aumento del 72%). I programmati accrescimenti della produzione erano soprattutto notevoli per il carbone (da 127,9 milioni di t. nel 1937 a 230 milioni nel 1942), per la ghisa (da 14,5 a 22 milioni di t.), per l'acciaio (da 17,7 a 27,5 milioni di t.), per il petrolio e i gas naturali (da 30,4 a 54 milioni di t.).

Nel settore dell'agricoltura, essendo virtualmente già stata completata la collettivizzazione delle terre nel corso del secondo piano quinquennale - al 1° luglio 1938-18,8 milioni di aziende agricole, ossia il 93,5% del totale; erano raggruppate in 242.000 kolchozy - il terzo piano prevedeva nuovi progressi nella meccanizzazione, un accrescimento della produzione cerealicola e delle colture industriali, la predisposizione di mezzi di lotta contro le calamità e una politica di incremento del patrimonio zootecnico.

Il piano programmava anche uno sviluppo dei trasporti (11.000 km. di nuove strade ferrate) e un rialzo del tenore di vita della popolazione. Il reddito nazionale (calcolato in base ai prezzi del 1926-27), che dal 1932 al 1937 era salito da 45,5 a 96,3 miliardi di rubli, avrebbe dovuto infatti aumentare di 1,8 volte durante il quinquennio 1938-42.

Quando nel giugno 1941 la realizzazione del terzo piano fu interrotta dall'aggressione tedesca, la produzione iudustriale globale aveva raggiunto l'86% del livello fissato per il 1942 e il reddito nazionale era già stato valutato per il 1940 in 128 miliardi di rubli (sempre ai prezzi del 1926-27). Secondo quanto ha dichiarato Stalin nel suo discorso del 9 febbraio 1946, nel 1940 la produzione del carbone era salita a 166 milioni di t. (5 volte e mezzo il livello del 1913), quella della ghisa a 15 milioni di t. (aumento di 4 volte), quella dell'acciaio a 18,3 milioni di t. (aumento di 4 volte e mezzo), quella del petrolio a 31 milioni di t. (aumento di 3 volte e mezzo), quella del grano a 38,3 milioni di t. (aumento di 17 milioni in confronto al 1913) e quella del cotone a 2,7 milioni di t. (aumento di 3 volte e mezzo). Sempre secondo il capo del governo sovietico, è stata la politica di industrializzazione, applicata anzitutto all'industria pesante, che, insieme con la politica di collettivizzazione agraria, ha permesso di raggiungere questi risultati nel corso di tredici anni (due piani quinquennali e primi tre anni del terzo piano) e di preparare il paese alla difesa attiva del suo territorio.

Periodo di guerra. - Il trapasso dall'economia di pace all'economia di guerra si è svolto, prima, secondo il piano di mobilitazione dell'economia nazionale per il terzo trimestre del 1941 - piano rivelatosi però insufficiente - e quindi, secondo il piano di economia di guerra per il 4° trimestre del 1941 e per l'intero anno 1942. Questo ultimo, oltre alla mobilitazione generale di tutte le risorse materiali del paese, disponeva il trasferimento verso le regioni orientali di numerose industrie localizzate in territorî minacciati dall'invasione e lo sviluppo della produzione di materiale bellico.

I due ultimi mesi del 1941 furono i più critici per l'economia sovietica, in seguito alle enormi perdite territoriali. Dal giugno al novembre 1941 la produzione industriale diminuì di più della metà, ma riprese nel corso degli anni seguenti e nel 1943 aumentò del 17% in confronto al 1942. Alla produzione nazionale si aggiunsero d'altra parte forniture delle potenze alleate.

Le regioni dell'Est divennero durante la guerra la base principale della produzione industriale sovietica: 1360 grandi imprese industriali, evacuate dai territorî occidentali, vi furono trasferite nel 1941 e altre nuove vi si impiantarono. In complesso, il valore della produzione industriale delle regioni orientali è salito da 39,4 miliardi di rubli nel 1940 a 91,9 miliardi nel 1944, mentre la popolazione urbana di quelle regioni passava da 15,6 milioni al principio del 1939 a 20,3 al principio del 1943. La zona degli Urali ha fornito durante la guerra circa il 40% della produzione nazionale di materiale bellico. L'intensificazione della produzione bellica, resa necessaria dalle vaste operazioni militari, ha contribuito a elevare la percentuale della produzione meccanica e metallurgica in confronto al totale della produzione industriale, facendola passare dal 36% nel 1940 al 57% nel 1941, mentre la percentuale delle industrie leggere e alimentari diminuiva nello stesso periodo dal 34% al 20%. Nel corso della seconda metà della guerra si fece poi il possibile per mettere in funzione le industrie nelle regioni liberate, sia dalla pressione delle armate tedesche (industrie di Leningrado), sia dall'occupazione nemica (bacini del Donec e di Mosca.)

Le riserve di cereali accumulate in tempo di pace e le consegne obbligatorie al governo da parte dei kolchozy hanno facilitato il regolare rifornimento delle truppe sovietiche. Si è cercato inoltre di aumentare le superfici seminate nelle regioni non occupate (66,3 milioni di ettari nel 1942 contro 62,6 nel 1940), ma questo accrescimento non è riuscito a compensare le perdite subìte a causa dell'occupazione dei territorî occidentali. Le colture industriali, soprattutto quella della barbabietola da zucchero, concentrata essenzialmente in Ucraina, sono state estese verso le regioni dell'Est.

In conseguenza dei bisogni dell'esercito, e data anche la scarsa densità della rete ferroviaria sovietica, i trasporti civili sono stati fortemente ridotti durante la guerra e il carico giornaliero dei vagoni ferroviarî era diminuito nel 1942 di più del 50% in confronto al 1940.

La mobilitazione della popolazione civile abile al lavoro (7,6 milioni nel 1943) e l'attuazione del sistema di addestramento dei lavoratori qualificati, creato già prima della guerra, non permisero che in parte di superare la grave crisi della mano d'opera di cui l'URSS ha sofferto durante il conflitto. A causa dell'ingente numero di uomini sotto le armi, la proporzione delle donne sul totale degli occupati nei varî settori dell'economia, è passata dal 38% nel 1940 al 53% nel 1942, e quella dei giovani di età inferiore ai 18 anni dal 6% nel 1939 al 15% nel 1942. L'applicazione dei sistemi di retribuzione a cottimo e il prolungamento della durata del lavoro (tre ore di lavoro straordinario al giorno di fatto obbligatorie) hanno contribuito ad accrescere il rendimento del lavoro, per quanto una diminuzione di questo rendimento si sia temporaneamente verificata nelle miniere e nelle industrie tessili.

L'introduzione di un sistema di razionamento riguardante 76,8 milioni di persone e la creazione, presso varie imprese, di organi speciali assicuranti razioni supplementari agli operai e agli impiegati (ORS) hanno apportato profondi mutamenti nella circolazione delle merci, il cui valore globale per il consumo civile si e ristretto in proporzione sensibilissima. I prezzi al minuto sono stati mantenuti stabili durante tutta la guerra, ad eccezione di quelli del tabacco e dell'alcool; sul mercato libero, non soggetto cioè a regolamentazione statale, riservato alla vendita dei prodotti agricoli da parte dei membri dei kolchozy, i prezzi sono invece saliti rapidamente, arrivando nel 1943 a un livello 12-13 volte superiore a quello del 1940. Un certo ribasso si è poi verificato nel 1944, in seguito alla creazione da parte dello stato di una rete di magazzini detti "commerciali", dove le merci venivano offerte in vendita libera a prezzi sensibilmente più elevati di quelli stabiliti per le merci razionate.

In seguito al rialzo dei prezzi sul mercato kolchosiano e alla mancanza di prodotti industrali riservati alla vendita, importanti quantitativi di biglietti di banca rimasero nelle mani della popolazione rurale e la loro mobilitazione a mezzo di imposte, di versamenti ai "fondi della difesa" e di prestiti di guerra, costituì un fattore di relativa stabilità del sistema finanziario sovietico, nonostante che, in seguito a forti emissioni di biglietti, la circolazione si fosse accresciuta di 2,4 volte in tre anni di guerra: accrescimento, superiore ai bisogni dell'economia di pace, che aveva fatto diminuire il potere d'acquisto del rublo. Notevoli quantità di biglietti furono pure emesse dai Tedeschi nelle zone occupate.

Le entrate dello stato, durante il primo periodo dell'economia di guerra, hanno subìto un'accentuata diminuzione (165 miliardi di rubli nel 1942, contro 180,2 miliardi nel 1940), mentre le spese si sono contemporaneamente elevate da 174,3 a 182,8 miliardi di rubli. Il bilancio del 1943 ha rivelato tuttavia una tendenza al risanamento della situazione (202,7 miliardi di entrate e 210,0 miliardi di spese) e questa tendenza si è accentuata nel 1944; durante quest'anno infatti le entrate e le spese si sono equilibrate sul livello di 249,5 miliardi.

Periodo del dopoguerra. - Le regioni occupate dal nemico comprendevano il 45% della popolazione, il 47% della superficie coltivata, il 33% della produzione industriale, il 45% del patrimonio zootecnico, il 55% della rete ferroviaria. Durante il conflitto sono state distrutte 1710 città, 6 milioni di edifici che davano alloggio a 25 milioni di persone, 31.850 imprese industriali occupanti in complesso 4 milioni di operai, 98.000 kolchozy, 1876 sovchozy, 2890 stazioni di macchine agrarie e trattrici, numerosissimi istituti culturali e una forte percentuale del bestiame. Una commissione ufficiale di inchiesta ha valutato il danno totale in 679 miliardi di rubli, senza comprendere in questa cifra le spese di guerra e le perdite di reddito da parte della popolazione e delle imprese socializzate.

Il quarto piano quinquennale 1946-50, approvato con legge del 18 marzo 1946 dal Consiglio supremo dell'URSS, si propone come obiettivo di riparare i danni e di permettere al paese il raggiungimento e quindi il superamento del livello di produzione di anteguerra. È previsto a tal fine l'investimento nell'economia sovietica di 250 miliardi di rubli (ai prezzi del 1945), di cui 115 destinati alla ricostruzione delle regioni devastate e 135 alle altre regioni, in particolare alla Siberia e all'Estremo Oriente.

La tendenza a trasferire verso Est il centro di gravità dell'economia sovietica è confermata da tutti i dati del piano. Il valore della produzione industriale nel 1950 dovrà raggiungere 205 miliardi di rubli (ai prezzi del 1926-27), ossia il 48% - e per le regioni devastate il 15% - di più della produzione realizzata nel 1940. Come nei tre piani precedenti, lo sviluppo previsto per la produzione dei beni strumentali è più rapido di quello per i beni di consumo. In seguito ai gravi danni causati all'industria sovietica dalla guerra, gli obiettivi fissati dal quarto piano quinquennale sono, per alcuni prodotti, inferiori a quelli programmati, prima della guerra, dal terzo piano. Così avviene per la ghisa, la cui produzione nel 1950 dovrà raggiungere 19,5 milioni di t., per l'acciaio (25,4 milioni di t.), per il petrolio (35,4) e per i tessuti di lana e di cotone. Per altri settori invece gli obiettivi attuali superano quelli del terzo piano: il quarto piano si propone infatti di accrescere fortemente la produzione di energia elettrica (82 miliardi di kWh) e di raggiungere una produzione di carbone di 250 milioni di t. Quello che caratterizza soprattutto il quarto piano è l'accento posto sulle industrie meccaniche; l'attrezzatura industriale dovrà nel 1950 risultare raddoppiata in confronto alle cifre d'anteguerra. L'esecuzione di questo programma richiederà un'accrescimento del rendimento del lavoro di circa il 36%, (40% nei lavori di costruzione); accrescimento che dovrebbe risultare assicurato dall'aumento di più di una volta e mezzo della attrezzatura tecnica degli operai, dalla preparazione di un notevole contingente di giovani lavoratori qualificati (4,5 milioni) e dalla utilizzazione completa della giornata di otto ore. Il concorso di questi varî fattori dovrebbe permettere una diminuzione del 17% nei costi medî (del 12% in quelli dei lavori di costruzione).

Il quarto piano riserva 19,9 miliardi di rubli all'economia agraria, in cui i kolchozy stessi dovrebbero contemporaneamente investire 38 miliardi. Si prevede un aumento della produzione agraria del 27%: la produzione di frumento, di riso e di legumi dovrebbe risultare fortemente stimolata, come pure quella di varie colture industriali. Particolarmente difficile e urgente appare il compito di ricostituzione del patrimonio zootecnico, su cui hanno pesantemente inciso, prima gli anni di collettivizzazione, e quindi la guerra.

Alla ricostruzione della rete ferroviaria assai danneggiata (sono andati distrutti 65.000 km. di strada ferrata, 4100 stazioni e 428.000 carri ferroviarî), il piano destina 40,1 miliardi di rubli, prevedendo la ricostruzione dei carri e delle locomotive distrutti e la costruzione di 7230 km. di nuove linee, di cui 3550 in Siberia. Il traffico ferroviario dovrà accrescersi del 28%, mentre per il traffico sulle vie fluviali si prevede un aumento del 38% e per quello marittimo del 120% in rapporto ai dati prebellici.

Tenendo conto di questo sviluppo economico, il reddito nazionale dovrà salire nel 1950 (ai prezzi del 1926-27) a circa 177 miliardi di rubli. L'esecuzione di questo programma presuppone specialmente un aumento del numero dei salariati da 27,8 milioni nel 1938 a 33,5, e un elevamento del fondo salarî da 162 miliardi di rubli nel 1940 a 252 miliardi nel 1950. Il salario medio annuale, secondo le previsioni del quarto piano, dovrebbe oscillare intorno ai 6000 rubli, cioè raggiungere un livello del 48% superiore a quello del 1940. Il totale delle spese per l'istruzione pubblica e per i servizî sociali è stabilito in 106 miliardi di rubli (ovverosia 2,6 volte di più che nel 1940) e, per rimediare almeno in parte alla già grave crisi degli alloggi, resa ancora più accentuata dalla guerra, è prevista la costruzione di 72,4 milioni di mq. di superficie abitabile. È prevista infine un'intensificazione del commercio al minuto; a tal fine il 9 nov. 1946 il governo sovietico ha deciso di autorizzare le cooperative di consumo ad aprire spacci di vendita nelle città, mentre fino ad allora le cooperative funzionavano soltanto nelle campagne, e ai centri urbani provvedevano esclusivamente i magazzini di stato.

L'esecuzione del quarto piano si è iniziata in condizioni particolarmente difficili, a causa della forte siccità del 1946. La superficie totale colpita da questa calamità fu superiore a quella delle annate di carestia del 1891 e del 1921. I provvedimenti, adottati nel febbraio 1947 dal "Plenum" del partito comunista sovietico, hanno tuttavia permesso, date anche le migliorate condizioni meteorologiche, di ottenere nel 1947 un buon raccolto (con un aumento rispetto al 1946 del 58% per i cereali, del 21% per il cotone, del 30% per le patate e del 190% per le barbabietole da zucchero). I dati assoluti dei raccolti non sono stati resi pubblici: mancano pure i dati assoluti per la produzione industriale, avendone il governo interrotto la pubblicazione durante la guerra. I comunicati ufficiali del Comitato del piano (Gosplan) indicano tuttavia che la produzione industriale preventivata per il 1946 è stata realizzata soltanto nella proporzione del 96%, ma che questo ritardo sui dati del piano è stato riguadagnato nel 1947, anno in cui la produzione raggiunta ha superato del 3,5% gli obiettivi prestabiliti. Il 6 novembre 1947 Molotov ha potuto constatare che la produzione industriale aveva complessivamente raggiunto il livello d'anteguerra, e che per alcuni prodotti (carbone) aveva perfino superato i dati prebellici, mentre per altri (petrolio e industrie metallurgiche) era ancora al di sotto. Un miglioramento è stato pure conseguito nel traffico ferroviario (aumento del carico del 10%), nei trasporti fluviali (aumento del 23%), e in quelli marittimi (15%). Il volume dei grandi lavori pubblici è aumentato del 10% in confronto al 1946, ma nelle costruzioni di alloggi i dati del piano non sono stati raggiunti (circa 9 milioni di metri quadrati di superficie abitabile costruiti o riparati nel 1947 dalle autorità pubbliche e più di 4 milioni costruiti da privati). Su iniziativa dei lavoratori di Leningrado il 19 novembre 1947 è stata lanciata una campagna per l'esecuzione in soli 4 anni dell'intero programma del quarto piano quinquennale.

I bilanci del dopoguerra hanno raggiunto i dati seguenti in miliardi di rubli:

La struttura del bilancio ha subìto modificazioni, specie in seguito all'aumento delle entrate delle imprese socializzate che è stato provocato dall'accresciuta circolazione delle merci e da un certo ribasso dei costi. Tra le spese sono aumeutate quelle destinate all'economia nazionale o a provvedimenti di carattere culturale (66,2% del totale delle spese nel 1947 e 68,4% nel 1948), mentre sono diminuite quelle destinate direttamente alla difesa nazionale (18,4% nel 1947 e 17,0% nel 1948).

Nel campo monetario l'avvenimento più importante del dopoguerra è costituito dalla legge del dicembre 1947 che ha abolito il razionamento e adottato il cambio della moneta. Nei mesi precedenti il governo aveva cercato di diminuire il grande scarto esistente tra i prezzi delle merci razionate e quelli del mercato cosiddetto "commerciale", superiori ai primi di 10-15 volte. Nel settembre 1946 il governo fece infatti ribassare i prezzi "commerciali", rialzando contemporaneamente dal 200 al 300% i prezzi dei generi razionati, e la legge del 14 dicembre 1947 ha posto poi fine a questa dualità di prezzi, abolendo sia il razionamento sia il mercato commerciale e procedendo a una drastica deflazione della circolazione fiduciaria. Il cambio dei vecchi rubli con i nuovi rubli interni è avvenuto alle seguenti condizioni: per il denaro liquido, un rublo nuovo contro dieci rubli vecchi; per i conti bancarî dei privati, presso la Banca di stato e le casse di risparmio, un rublo nuovo contro uno vecchio, fino a 3000 rubli, due rubli nuovi contro tre vecchi, da 3000 a 10.000 rubli, e un rublo nuovo contro due vecchi, da 10.000 rubli in su; per i conti bancarî dei kolchozy, delle società cooperative e di altre organizzazioni, quattro rubli nuovi contro cinque vecchi; per i prestiti di stato - eccettuato il prestito 1947 - conversione in titoli al 2% emessi nel 1948 sulla base di un rublo di obbligazioni nuove contro tre rubli di obbligazioni vecchie. Il valore del rublo sul mercato internazionale è rimasto immutato.

In base al nuovo sistema di prezzi unificati alcuni prezzi sono stabiliti a un livello inferiore del 10-12% agli antichi prezzi dei generi razionati (pane, farina, pasta), altri sono mantenuti al livello dei prezzi di razionamento (carne, pesci, grassi) e altri ancora sono aumentati in confronto ai prezzi di razionamento, pur rimanendo al disotto degli antichi prezzi del mercato commerciale (tessuti, calzature, confezioni). I salarî e gli stipendî, a termini della legge 14 dicembre 1947, devono continuare ad essere pagati in rubli nuovi, al loro valore nominale, venendo quindi a essere rivalutati.

Bibl.: J. Stalin, Rapporto sull'attività del Comitato centrale del Partito comunista dell'URSS, presentato al XVIII Congresso del partito il 10 marzo 1939, in russo, Mosca 1939; V. Molotov, Rapporto sul 3° piano quinquennale, presentato al XVIII Congresso del partito il 15 marzo 1939, in russo, ivi 1939; A. Abramson, Le développement économique de l'URSS au cours des deuxième et troisième périodes quinquennales, in Revue internationale du travail, febbraio 1940; M. Dobb, Soviet planning and labour in peace and war, Londra 1942; id., Soviet economic development since 1917, ivi 1948; C. Bettelheim, La planification soviétique, 3ª ed., Parigi 1945; N. Voznesenkij, Rapporto sul 4° piano quinquennale 1946-50, presentato al Consiglio supremo dell'URSS, il 15 marzo 1946, in russo, Mosca 1946; id., Economia di guerra dell'URSS, in russo, ivi 1947; Legge sul piano quinquennale di ricostruzione e di sviluppo dell'economia nazionale dell'URSS, 1946-50, in russo, ivi 1946; A. Zverev, Bilanci di stato dell'URSS 1938-45, in russo, ivi 1946; Le quatrième plan quinquennal de l'URSS, in Revue internationale du travail, luglio-agosto 1946; A. Baykov, The development of the Soviet economic system, An essay on the experience of planning in the USSR, Cambridge 1946; Piano statale di ricostruzione e di sviluppo dell'economia nazionale dell'URSS per il 1947, in russo, Mosca 1947; A. Andreev, Provvedimenti a favore dell'agricoltura nel periodo post-bellico, in russo, ivi 1947; Vera Micheles Dean, Russia's internal economic problems, in Foreign Policy Reports, luglio 1947; id. e O. K. D. Ringwood, Wages and prices in the USSR, ibidem, luglio 1947; L. Chiavarelli, Considerazioni sulla probabile entità delle riserve auree ufficiali dell'URSS, in Giornale degli economisti, maggio-giugno 1948; Direction de la conjoncture et des études économiques, La situation économiques en URSS au début de 1948, in Études et Conjonctures, Économie mondiale, Parigi, maggio 1948; S. N. Prokopovicz, Der vierte Funfjahresplan der Sovjetunion 1946-50, Zurigo-Vienna 1948; v. anche le riviste: Bolševik; Planovoe Chozjajstvo (Economia pianificata) e Economia internazionale, Genova 1948.

Legislazione sovietica (XXXIV, p. 822).

L'attività del Soviet supremo dell'URSS, che secondo la costituzione vigente esercita in maniera esclusiva il potere legislativo (art. 32), è stata nell'ultimo decennio assai intensa.

1. La dottrina giuridica socialistica, di cui sono palesi i recenti tentativi volti alla elaborazione d'una teoria generale dello stato sovietico, conosce un "diritto statale" (gosudarstvennoe pravo), definito entro i limiti della costituzione vigente, che intende per costituzione l'attività diretta alla fondazione dello stato e alla formulazione delle leggi necessarie. a creare e a perfezionare il regime politico da esso discendente. Nell'ambito del "diritto statale" vanno innanzi tutto esaminate le numerose modifiche apportate alla costituzione vigente (5 dicembre 1936), la quale è stata, d'altra parte, fonte in questi ultimi anni d'una intensa attività legislativa intesa a dare assetto definitivo all'ordinamento costituzionale.

Le modifiche più importanti - dopo quelle del 1940 che elevarono da 11 a 16 il numero delle repubbliche federate costituenti l'URSS - sono quelle introdotte, con la procedura stabilita (art. 146), dal Soviet supremo dell'URSS a mezzo delle leggi del 1° febbraio 1944. La prima legge (Sull'attribuzione dei pieni poteri, ecc.) riconosce ad ogni repubblica federata il diritto di "entrare in relazioni dirette con stati esteri, di concludere con essi accordi e di scambiare rappresentanti diplomatici e consolari" (art. 18, a). Di conseguenza, viene riconosciuta la rappresentanza delle repubbliche federate nelle relazioni internazionali (art. 60, e) e creato un Commissariato, oggi Ministero degli affari esteri per ogni singola repubblica. La seconda legge (Sulla creazione di formazioni militari, ecc.) riconosce ad ogni repubblica federata il diritto di organizzare un esercito nazionale-repubblicano (art. 18, b). Di conseguenza, viene creato un Commissariato, oggi Ministero della difesa per ogni singola repubblica (art. 60, f). Logicamente, per il limite che trova la sovranità delle repubbliche federate nelle materie di competenza esclusiva dell'URSS (art. 15), la determinazione delle norme generali tanto per le relazioni delle repubbliche federate con gli stati esteri quanto per la creazione di eserciti nazionali-repubblicani, è di spettanza dell'URSS, rappresentata dai suoi organi supremi di potere (art. 14, a e g). Godono attualmente delle prerogative anzidette le sole repubbliche dell'Ucraina e della Russia Bianca.

Nell'ambito del diritto statale è ancora da segnalare la modifica alla legge elettorale del 9 luglio 1937, modifica introdotta con la legge dell'11 ottobre 1945, per la quale l'età per l'elettorato passivo viene elevata da 18 a 23 anni. Il diritto di proporre candidati spetta esclusivamente alle organizzazioni del partito comunista, ai sindacati, alle cooperative, al Komsomol ed alle altre organizzazioni registrate in confomiità della legge (art. 56 legge elett., e 141 cost.). Qualsiasi cittadino, che abbia 23 anni e goda dei diritti elettorali, può essere eletto anche al Soviet supremo, ma si esclude che gruppi di privati possano presentare candidati a qualsiasi tipo di Soviet.

L'attività legislativa del Soviet supremo dell'URSS s'indirizza, fin dal 1938, ad attuare i principî costituzionali dell'eguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge e della indipendenza ed eleggibilità dei giudici. La legge del 16 agosto 1938 sull'Ordinamento giudiziario dell'URSS precisa infatti la struttura, le funzioni ed i compiti dei tribunali dell'URSS. Il principio della eleggibilità dei giudici (art. 113 cost. e 22 legge sull'ord. giud.) ha trovato di recente attuazione completa nella RSFZR, la maggiore delle repubbliche federate. L'ukaz del 25 settembre 1948 ha ratificato lo Statuto delle elezioni dei giudici popolari, traducendo in legge positiva i principî affermati nella costituzione e dettando norme precise per la organizzazione delle elezioni.

La legge, ratificata dal Soviet supremo dell'URSS il 26 agosto 1948 e intitolata Sul diritto dei cittadini all'acquisto ed alla costruzione di case individuali d'abitazione, segna una tappa notevole nell'evoluzione del diritto statale sovietico. Limitato, all'inizio, all'appezzamento di terreno attinente alla casa, per i kolchoziani; ammesso per tutti successivamente, per le abitazioni in località rurali, il diritto di proprietà personale viene esteso nel 1948 ad ogni cittadino, relativamente alla casa di abitazione. Il nuovo ukaz riconosce il diritto di comprare o costruire per proprio uso una casa di abitazione di uno o due piani, con un numero di stanze da una a cinque, così in città come in campagna (art. 1). I lotti di terreno, in città o fuori, per la costruzione di case individuali di abitazione, sono concessi ai cittadini, in godimento perpetuo. La misura dei lotti di terra assegnati è determinata dagli organi del potere locale in armonia con il piano regolatore e con le norme generali stabilite dal consiglio dei ministri dell'URSS (art. 2). La proprietà personale nell'ordinamento sovietico è frutto esclusivamente del lavoro personale e del risparmio dei cittadini, i quali traggono origine e titolo dal fondamento economico socialistico dello stato (art. 4 cost.) che non consente, per la sua stessa organizzazione giuridica e sociale, guadagni capitalisti, ossia non derivanti direttamente dal lavoro prestato.

2. La legislazione penale sovietica - che ha per scopo la difesa dello stato proletario e dell'ordine socialistico instaurato mediante l'applicazione di pene (art. 1 cod. pen.) - ha seguìto, di pari passo con la trasformazione della società, una linea di evoluzione costante, dall'istituzione dei tribunali rivoluzionarî (decr. 24 novembre 1917) all'abolizione della pena di morte (ukaz 26 maggio 1947). La politica penale è diretta a realizzare gli scopi della dittatura, che coincidono con quelli assegnati alla pena stessa (art. 9 cod. pen., repressione, prevenzione e riadattamento sociale). Ed è perciò legata alle fasi del processo ricostruttivo della società. Già nel 1937, l'ukaz del 2 ottobre aveva apportato una modifica sostanziale all'art. 28 dei Principî fondamentali della legislazione generale dell'URSS" elevando il minimo della reclusione da 10 a 25 anni. All'inizio del conflitto in Europa, nei codici penali delle repubbliche sovietiche sono state introdotte nuove previsioni di reato, dalla produzione industriale di merci di cattiva qualità o difettose parificata al sabotaggio (ukaz 10 luglio 1940), ai "piccoli furti" ed all'indisciplina - "azioni di teppismo)" - nelle imprese di produzione (10 agosto 1940). Nel periodo della guerra, la legislazione penale dell'URSS, come quella di tutti i paesi belligeranti, si è ispirata alla esigenza del mantenimento dell'ordine interno. Appartiene a questo periodo, e va menzionata per i suoi riflessi internazionali, la legge istitutiva di una "Commissione straordinaria statale per l'accertamento e l'istruttoria relativa ai delitti commessi ed ai danni procurati dai nazi-fascisti sul territorio sovietico" (ukaz 2 nov. 1942).

Terminata la guerra, la legislazione penale dell'URSS si orienta sui presupposti della pace "assicurata per lungo tempo", e si appresta a contribuire alla normalizzazione del paese onde passare dalla fase del socialismo a quella del comunismo. La pena di morte - che l'art. 21 del cod. pen. prevedeva temporaneamente, come misura eccezionale di difesa dello stato - viene abrogata nella considerazione ch'essa "non è più necessaria nelle condizioni del tempo di pace" (ukaz 26 maggio 1947). Nello stesso tempo il Soviet supremo dell'URSS interviene con due nuove leggi, entrambe pubblicate il 4 giugno 1947, a dare assetto stabile e sicuro all'ordinamento giuridico sulla base delle leggi statali già promulgate. La prima di queste leggi (Sul rafforzamento della difesa della proprietà personale dei cittadini) mira a realizzare la tutela penale di quell'istituto della "proprietà personale" sorto recentemente nelle condizioni di vita socialistiche. La seconda legge (Sulla responsabilità penale per le appropriazioni di beni statali e sociali) non innova come la prima, in quanto già la legge del 7 agosto 1932 sulla difesa dei beni statali disponeva sullo stesso oggetto, ma disciplina meglio la materia, adegua le pene detentive al nuovo limite dei 25 anni in rapporto all'abolizione della pena di morte che la legge del 1932 frequentemente comminava per i reati contro la proprietà socialista.

3. Nel settore del diritto del lavoro l'attività legislativa del Soviet supremo dell'URSS è stata notevole nelle tre fasi della preparazione militare, della guerra e della ricostruzione postbellica. Al riguardo, sono da ricordare: l'ukaz del 26 giugno 1940, che aumentando ad 8 ore la giornata lavorativa normale determinava in tale senso la modifica dell'art. 119 della Costituzione; l'ukaz del 26 giugno 1941 (Sul regime di lavoro in tempo di guerra), relativo all'obbligo del lavoro straordinario ed alla mobilitazione civile, e le numerose altre disposizioni, in buona parte rimaste in vigore, sui compensi straordinarî per i lavori di ricostruzione, sull'esonero dalle tasse in favore degl'invalidi e delle loro famiglie, sull'assunzione al lavoro degli orfani di guerra. Nella fase attuale sono in atto disposizioni dirette a migliorare le condizioni di lavoro dei reduci, alla riqualificazione al lavoro degl'invalidi e al risarcimento dei danni di guerra.

4. La politica attuata nell'ultimo decennio dal regime sovietico nell'ambito della famiglia si ravvisa dominata da un motivo fondamentale: quello di dare certezza e stabilità ai rapporti familiari. Dopo la fase iniziale della secolarizzazione (dai decreti del dicembre 1917 al codice del 1926), il potere sovietico è entrato con la legge 27 giugno 1936 (relativa all'obbligo della comparizione delle parti davanti allo stato civile ed alla punizione penale degli aborti), nella fase del rafforzamento della famiglia. Ma la guerra ha accelerato i tempi del riordinamento dell'istituto familiare e inaugurato la fase attuale della legalizzazione dei rapporti familiari. L'ukaz dell'8 luglio 1944 riafferma l'imperio della legge nell'ambito dei rapporti di famiglia. Esso innanzi tutto stabilisce che "soltanto il matrimonio registrato genera i diritti e i doveri tra i coniugi contemplati dal codice della famiglia" (art. 19). Conseguentemente, alla madre che non ha registrato il matrimonio, e quindi ha procreato fuori delle "giuste nozze", la legge non riconosce più il diritto di adire il tribunale con domanda intesa a stabilire la paternità e ad esigere gli alimenti (art. 20). Il figlio nato da un matrimonio non registrato è iscritto allo stato civile col cognome della madre (art. 21). In relazione al mutato concetto del matrimonio - nuovamente riconosciuto dalla legge come contratto solenne, persino con il ripristino della forma della celebrazione (art. 30) - anche il divorzio riceve dall'ukaz citato diversa e rigorosa disciplina. Il divorzio con la legge dell'8 luglio 1944 può ottenersi soltanto con l'instaurazione d'uno speciale giudizio avanti al tribunale (art. 23 e 24) ed è dichiarato dal giudice, soltanto quando "venga riconosciuta la necessità di sciogliere il matrimonio" (art. 26). L'ukaz dell'8 luglio 1944 dispone una serie di provvidenze in favore sia delle madri prolifiche sia delle madri nubili. Col sussidio per le madri nubili lo stato tempera il rigore della disposizione, avanti ricordata, che vieta alla madre di adire il tribunale per stabilire la paternità. La stessa legge detta altre provvidenze in favore delle donne incinte e delle famiglie numerose, mentre stabilisce nuove e gravi imposte a carico non soltanto di chi è privo di figli ma anche di coloro che ne hanno meno di tre.

Bibl.: G. Ambrosini, La Costituzione dell'URSS, Firenze 1946; M. Karaeva, Sul problema della partizione del diritto in pubblico e privato, in Sov. Gos. (Lo Stato Sovietico), n. 4, 1939; T. Napolitano, La politica criminale sovietica, Padova 1936; id., Il P.C. dell'URSS, Roma 1945; id., Il sistema elettorale sovietico, Firenze 1946; id., La famiglia sovietica, Roma 1947; id., L'attività legislativa del Soviet Supremo dell'URSS nell'ultimo decennio, in Nuova Antologia, 1949, n. 2; Političeskij Slovar' (Dizionario politico), Mosca 1940; Ugolovnyj Kodeks (Il Codice penale), ed. 1947; Vedomosti Verchovnogo Soveta SSSR (La Gazzetta delle leggi del Soviet Supremo dell'URSS), annate 1944-48; A. Vyšinskij, Su alcune questioni della teoria dello stato e del diritto, in Sov. Gos. (Lo Stato Sovietico), n. 6, Mosca 1948.

Storia (XXXIV, p. 820; App. I, p. 1099).

Gli anni immediatamente precedenti la seconda Guerra mondiale segnano una svolta caratteristica nella politica interna ed estera sovietica. I dirigenti dell'URSS hanno la chiara sensazione che l'urto bellico sia ormai inevitabile e vicino. Gli avvenimenti cecoslovacchi del 1938 e specialmente l'accordo di Monaco li hanno sempre più convinti del pericolo di una capitolazione da parte delle potenze democratiche di fronte alla Germania hitleriana, o di un accordo fra quegli stati a danno dell'URSS. Da un lato non si rinuncia ancora ad un tentativo di alleanza con la Francia e con l'Inghilterra per salvare la pace e per prevenire l'attacco germanico; dall'altro lato si tende a mantenere spregiudicatamente una certa libertà d'azione e ad ottenere concrete contropartite nel caso di eventuali accordi. Sul terreno della politica interna si cerca di avere l'adesione di vasti strati di popolazione, in vista della possibile guerra. I grandi e clamorosi processi politici contro gli oppositori in seno al partito, iniziatisi nel 1934, vengono a terminare - in grandi linee - nel 1938.

Nonostante lo scalpore che quei processi hanno avuto in tutto il mondo, la posizione di Stalin e della direzione del Partito bolscevico ne è uscita rafforzata. Il partito è ormai disciplinatissimo e privo di correnti di opposizione interna che possano minarne la compattezza. Nello stesso tempo, in vista di un urto armato che appare sempre più verosimile, vengono potenziati tra i cittadini dell'URSS i sentimenti patriottici.

Questo nuovo atteggiamento coincide con una critica serrata a tutto un precedente indirizzo storico che aveva il suo più caratteristico esponente in M. N. Pokrovskij. Contemporaneamente si viene fortemente attenuando la campagna antireligiosa.

L'atteggiamento sovietico nei mesi che precedettero immediatamente la seconda Guerra mondiale trova la sua più significativa espressione in un importante discorso di Stalin dinnanzi al XVIII congresso del Partito bolscevico.

Stalin affermava che "tre stati aggressori" avevano ormai capovolto tutto il sistema del regime di pace postbellico: "Il Giappone ha spezzato il trattato delle Nove potenze, la Germania e l'Italia il trattato di Versailles. Per avere le mani libere questi tre stati sono usciti dalla Società delle Nazioni". Stalin si domandava come mai i "paesi non aggressivi" avessero rinunciato senza resistenza alle loro posizioni; egli non credeva alla "debolezza") degli stati pacifici; piuttosto vedeva la causa di tanta "debolezza" nella paura di certi "politici borghesi" dinnanzi ad una possibile rivoluzione e nella rinuncia da parte delle "potenze pacifiche" ad una politica di sicurezza collettiva. Tuttavia Stalin non comprometteva l'avvenire della politica estera sovietica: "Noi siamo - affermava - per la pace e per il rafforzamento dei vincoli commerciali con tutti i paesi; siamo e resteremo su questa posizione fino a quando gli altri paesi terranno lo stesso atteggiamento verso l'Unione Sovietica... Noi siamo a favore di rapporti pacifici, diretti, caratteristici per buoni vicini, con tutti gli stati che hanno una frontiera comune con l'URSS; siamo e resteremo su questa posizione fino a quando gli altri paesi terranno lo stesso atteggiamento verso l'URSS".

In vista dell'attacco nazista alla Polonia che si andava delineando sempre più palesemente nella primavera e nell'incipiente estate del 1939, la Francia e l'Inghilterra iniziarono delle trattative con l'URSS per prevenire un'aggressione tedesca o, eventualmente, per organizzare un blocco potente e compatto in caso di guerra. La politica nazista degli ultimi anni sembrava aver fatto dileguare parecchie prevenzioni, tanto nel campo delle democrazie occidentali, quanto in quello sovietico. La politica del "fronte popolare" in Francia, la sempre più minacciosa pressione tedesca, l'accesa polemica antinazista da parte della stampa sovietica, sembravano aver creato un clima adatto ad un'alleanza, sia pure di durata transitoria, in vista di una guerra col Reich nazista.

Peraltro, la politica estera sovietica era venuta assumendo un sempre più spiccato accento "nazionale". Stroncato ormai il movimento trotzkista, affermatasi definitivamente la tesi staliniana della possibilità di costruire il socialismo in un solo paese, apparivano sempre più superati gli schemi di politica estera, dominati dagl'interessi immediati del Komintern. L'Unione Sovietica aveva oramai la chiara coscienza di essere una grande potenza. Le perdite subìte dopo la prima Guerra mondiale erano sentite dolorogamente, e i dirigenti dell'URSS non si sarebbero adattati a stringere accordi impegnativi, senza una seria revisione delle frontiere occidentali. D'altro lato, le potenze democratiche occidentali, venute in urto con il Reich per la difesa delle piccole nazioni, potevano ben difficilmente aderire a concessioni a danno degli ztati Baltici e della Polonia, per ottenere l'alleanza russa. Lunghe trattative tra l'URSS e gli anglo-francesi, svoltesi nel corso della primavera e dell'estate del 1939 non approdarono a nessun risultato. Mentre le delegazioni francese ed inglese si trovavano ancora a Mosca, l'opinione pubblica di molti paesi restò profondamente sorpresa dall'annuncio di un improvviso accordo fra Germania ed URSS. La sostituzione, avvenuta qualche mese innanzi, del commissario agli Esteri Litvinov con Molotov, se aveva lasciato supporre qualche cambiamento nella politica estera sovietica, non aveva tuttavia fatto prevedere siffatto sviluppo. Nel patto di non aggressione fra i due stati, firmato il 23 agosto 1939, veniva affermato, fra altro, che Germania ed URSS si sarebbero tenute in continuo contatto per scopo consultivo e che nessuna delle due parti contraenti avrebbe dovuto partecipare ad una coalizione di stati diretta, immediatamente o mediatamente, contro l'altro contraente.

Scoppiata la seconda Guerra mondiale, gli eserciti tedeschi raggiunsero in pochi giorni le porte di Varsavia e di Leopoli. Il 17 settembre 1939 il governo sovietico comunicava a sua volta al govenno di Varsavia che le truppe dell'URSS avrebbero varcata la frontiera polacca. In breve la resistenza della Polonia fu stroncata: Sovietici e Germanici si fermarono gli uni di fronte agli altri, su una linea di demarcazione prestabilita, tagliante approssimativamente la Polonia in due. Il 28 settembre il governo del Reich e quello dell'URSS firmarono un ulteriore accordo, in base al quale i due governi si impegnavano a compiere comuni sforzi per porre a termine la guerra. "Se però questi sforzi - così era detto nell'accordo - dovessero rimanere senza risultato, resterebbe allora stabilito che l'Inghilterra e la Francia porterebbero la responsabilità della continuazione della guerra".

Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre 1939 l'URSS concludeva con i Paesi Baltici dei trattati che le concedevano il diritto di tenere sui loro territorî dei presidî di forze armate. Successivamente peraltro le tre repubbliche baltiche venivano incorporate nell'URSS. Dopo i patti con gli Stati Baltici, l'URSS tentò, nell'autunno del 1939, di realizzare un analogo passo con la Finlandia. In seguito alla resistenza del governo finlandese e ad alcuni incidenti di frontiera, le truppe dell'URSS penetrarono in Finlandia. Dopo 100 giorni di alterne vicende militari (v. finlandia) si giunse, in certo qual modo, ad una pace di compromesso. La Finlandia aveva le simpatie del mondo anglosassone; ma l'America era lomana e ancora neutrale e l'Inghilterra era impegnata nella guerra con il Reich. Ogni speranza di aiuto, da quella parte, poteva apparire astratta ed irreale. L'URSS, a sua volta, non aveva interesse a restare troppo a lungo impegnata in una "piccola", ma dura guerra: il 12 marzo 1940 veniva firmato a Mosca il trattato di pace fra l'URSS ed il governo di Helsinki.

Con l'occupazione della metà orientale della Polonia, degli Stati Baltici, di importanti strisce di territorio finlandese (compresa la città di Vijpuri) l'URSS aveva riconquistato, in gran parte, le posizioni da essa tenute anteriormente alla prima Guerra mondiale. In seguito all'attività militare e diplomatica delle potenze dell'Asse la Romania si vide obbligata a importanti concessioni territoriali a vantaggio dell'Ungheria e della Bulgaria. L'URSS approfittò di questa mutata situazione nell'Europa orientale ed occupò, senza colpo ferire, la Bessarabia, perduta dai Russi nel 1918, nonché la metà settentrionale della Bucovina.

Questi grandi successi erano stati ottenuti dall'URSS attraverso la politica di accordi con il Reich. Tuttavia l'amicizia germano-sovietica non poggiava su basi solide. L'accordo con Mosca era, per Hitler, una mossa tattica, per colpire più agevolmente la Polonia ed i suoi alleati anglo-francesi. Analoghe ragioni di carattere tattico e momentaneo avevano spinto l'URSS agli accordi con il Reich. L'URSS cercava di avvantaggiarsi dell'impegno di grosse forze tedesche in occidente per ottenere ulteriori vantaggi nella zona balcanica ed in quella degli Stretti. I dirigenti germanici si impressionarono però sempre più di questa crescente pressione sovietica. Essi temevano, a torto o a ragione, un attacco sovietico nel momento in cui la Germania fosse impegnata con tutte le sue forze contro l'Inghilterra. Si sviluppò così fra i dirigenti nazisti l'opinione di "liquidare la Russia", prima di tentare il colpo decisivo contro l'Inghilterra.

L'attacco tedesco all'URSS (per le operazioni militari v. guerra mondiale; russia, in questa App.) giunse peraltro violento ed improvviso il 21 giugno del 1941. Alle forze germaniche si unirono quelle ungheresi e romene. Dopo una breve esitazione, anche la Finlandia partecipò alla guerra contro l'URSS, nella speranza di riconquistare i territorî che le erano stati tolti nel 1940. La Finlandia mantenne peraltro un orientamento in certo qual modo indipendente, tanto nella sua politica estera, quanto in quella interna.

La guerra contro l'URSS cominciò con una serie di successi clamorosi che, all'inizio dell'autunno, spinsero il comando germanico ad annunciare solennemente la distruzione totale delle forze armate sovietiche. Ma nonostante le importanti vittorie militari dei Tedeschi le cose stavano in realtà ben diversamente. L'inverno 1941-42 fu particolarmente crudo per i Tedeschi e fu causa di gravissime preoccupazioni per il comando germanico che, in molti settori del fronte, dovette improvvisare difficili ritirate.

Intanto l'URSS si era riavuta dai primi, duri colpi. Una forte ondata di patriottismo in tutto il paese sconvolse i piani degli invasori. Nonostante l'attività intensa dell'aviazione e dell'arma sottomarina, numerosi ed importanti convogli anglo-americani giungevano in Russia, recando carri armati, materiale bellico e vettovaglie d'ogni genere. La stampa sovietica sottolineava la necessità che si aprisse in Occidente un secondo fronte, per alleggerire la pressione che gravava sulle forze armate sovietiche. Tuttavia l'orientamento del governo sovietico, della stampa e della radio era radicalmente mutato: se all'inizio della seconda Guerra mondiale non si faceva nessun velo ad una palese ostilità all'indirizzo della Francia e dell'Inghilterra, ormai si proclamava invece la necessità di una crociata di tutte le forze "democratiche" contro il "fascismo" (sotto il quale termine si intendeva anche, e soprattutto, il nazismo). Sembrava che tra l'URSS ed i suoi alleati occidentali dovesse aprirsi una lunga era di collaborazione, un periodo, anzi, di reciproci e profondi avvicinamenti. La soppressione del Komintern nel maggio 1943 sembrò la conferma ben evidente di tutto ciò. In realtà queste speranze di pacifica ed amichevole convivenza tra i due campi, alleati nella lotta comune contro la Germania, avevano il loro fondamento in uno stato d'animo originato dalla guerra e soprattutto su un'interpretazione diversa o addirittura opposta che veniva data dalle due parti alla parola "democrazia".

Dopo l'offensiva tedesca del 1942 il nuovo inverno coglieva i Tedeschi in una posizione particolarmente difficile: un ampio fronte ad arco andava dal Volga al Caucaso; dietro al fronte l'attività dei partigiani si veniva facendo sempre più intensa. Fu così che l'esercito tedesco subì la sua più grave disfatta nella seconda Guerra mondiale, nel corso di una poderosa e complessa battaglia che va generalmente sotto il nome di "battaglia di Stalingrado".

Ormai gli eserciti sovietici passarono decisamente alla controffensiva generale, attraverso una serie di duri e quasi sempre vittoriosi combattimenti, essi giunsero così, nel corso di due anni e mezzo, nella capitale del principale stato nemico, Berlino. Le grandi vittorie dell'esercito rosso diedero luogo a grandi ed imponenti manifestazioni patriottiche in tutto il territorio dell'URSS.

A mano a mano che le armate sovietiche si avvicinavano alla Polonia il problema polacco veniva ad assumere di nuovo una notevole importanza. Dopo l'attacco tedesco alla Russia, la mediazione inglese era riuscita a ristabilire i rapporti tra il governo sovietico ed il govemo polacco esule a Londra (luglio 1941), tanto che tra gli ufficiali e i soldati polacchi deportati dai Russi nel 1939 nel territorio dell'URSS dovevano essere costituite delle unità combattenti nella guerra contro i Tedeschi. Peraltro i dirigenti sovietici apparivano sempre in un atteggiamento sospettoso nei riguardi degli uomini politici polacchi rifugiati a Londra che non avevano voluto neppure discutere il problema delle frontiere orientali polacche. A loro volta, solo per la pressione anglosassone, i dirigenti polacchi si mostrarono disposti a trattare con i Sovietici. La scoperta a Katyn (v. in quest'App.) di un eccidio in massa di militari polacchi (primavera 1943) del quale la propaganda tedesca accusò i Sovietici, condusse all'aperta rottura delle relazioni diplomatiche fra i due governi. Preoccupati di aver in Polonia un governo a sé favorevole, i Sovietici favorirono a Lublino un governo polacco filosovietico. Gli anglo-americani, tutti presi dalla guerra con la Germania, desiderosi di non urtare frontalmente l'URSS, fecero di tutto perché si giungesse ad un compromesso polacco-sovietico e perché il governo polacco non si irrigidisse su posizioni intransigenti. Si veniva così delineando, sia pure indirettamente, una frizione tra Russi ed Anglosassoni. La tensione fra l'URSS ed i suoi alleati occidentali doveva peraltro apparire in tutta la sua serietà soltanto alla fine della seconda Guerra mondiale. Ancora durante la conferenza di Ṭeherān la parola d'ordine era quella della solidarietà assoluta e di una accelerata e intensificata lotta contro il comune nemico. Le divergenze d'interessi e di ideologie apparvero peraltro sempre più chiare nelle successive conferenze di Jalta e di Potsdam (v. in quest'App.).

Nel frattempo si era venuta sviluppando sempre più in tutta l'URSS una volontà di non rinunciare ai frutti della vittoria, uno stato d'animo profondamente diverso, insomma, da quello che dominava il paese alla fine della prima Guerra mondiale. Se da parte inglese si sottolineava il fatto che l'Inghilterra era stata "in linea" fin dal 1939, fin dal tempo cioè del patto russo-tedesco, da parte sovietica si tenne a mettere in rilievo invece che il peso massimo della guerra terrestre era stato sopportato dalla Russia. Un odio profondo contro gl'invasori tedeschi si era impadronito di gran parte del popolo sovietico. Uomini politici, scrittori, giornalisti esprimevano il concetto che la nazione germanica dovesse esser chiamata collettivamente ad espiare sul piano territoriale ed economico le proprie colpe. Nello stesso tempo, a fianco dell'ondata patriottica che aveva portato alla rivalorizzazione di molte glorie nazionali dei secoli passati, si erano venute riaffermando alcune ideologie di solidarismo slavo (v. panslavismo, in questa App.). La figura di Stalin, già dominante da molti anni nella vita del partito e dello stato, venne intanto, in relazione alla fine vittoriosa della guerra, ad assumere l'aspetto di padre della patria. Le ideologie ufficiali dell'Unione Sovietica mostrarono insomma alcuni tratti nuovi, anche se le terminologie potevano apparire non molto alterate.

I risultati della vittoria furono davvero notevoli. L' URSS appariva ormai come uno dei pilastri fondamentali del nuovo ordinamento mondiale. Gl'ingrandimenti territoriali dell'URSS furono notevoli. L'URSS, nell'estate del 1945, mentre il Giappone si trovava già alla vigilia della capitolazione di fronte agli Stati Uniti d'America ed all'Inghilterra, svolse una rapida guerra contro il Giappone medesimo, ottenendo successi non indifferenti. L'"onta del 1905", come venne ufficialmente affermato, era stata lavata. Su Port-Arthur era stata ammainata la bandiera giapponese. L'intera isola di Sachalin era tornata alla Russia: i Russi occuparono pure, tra altro, una metà della Corea, dove, dopo qualche tempo, costituirono un regime affine a quello dell'URSS.

In Occidente l'URSS vedeva, in grandi linee, confermati i vantaggi ottenuti nella precedente guerra con la Finlandia: anche l'importante zona mineraria di Petsamo passava all'URSS, cui pure rimanevano gli Stati Baltici; per di più l'Unione Sovietica incorporava la metà settentrionale della ex-Prussia orientale, con la capitale Konigsberg, ribattezzata in Kaliningrad. Con lievi ritocchi, veniva riconfermata all'URSS la linea di frontiera russo-polacca, quale risultava, all'ingrosso, dagli accordi russo-tedeschi del 1939. La Romania doveva, a sua volta, cedere nuovamente la Bessarabia e la parte settentrionale della Bucovina. Inoltre l'URSS annetteva la cosiddetta Rutenia Carpatica, cioè quel territorio abitato prevalentemente da Ucraini che, prima del 1918, apparteneva all'Ungheria poi era stato cecoslovacco e successivamente di nuovo ungherese.

Questi ingrandimenti apparivano ancora ben più importanti, messi in relazione con le nuove frontiere ottenute dagli altri stati slavi, strettamente alleati con l'URSS. La Polonia, in cambio delle sue gravi perdite nel settore orientale, ottenne ad ovest la frontiera dell'Oder. Dai nuovi territorî polacchi fu espulsa la popolazione germanica; anche la nuova Cecoslovacchia ha espulso dal suo territorio la quasi totalità dei Tedeschi. Polacchi e Cecoslovacchi, Bulgari e Iugoslavi, auspice la Russia, superavano vecchi loro dissidî. La Iugoslavia spingeva le sue frontiere in avanti, a detrimento dell'Italia.

La tensione tra l'URSS e le potenze anglosassoni, in prima linea gli Stati Uniti, si veniva intanto accentuando.

I motivi di questo nuovo, serio dissidio, sono molteplici e si possono, brevemente, riassumere nei seguenti punti:

I regimi interni degli stati e dei territorî, rientranti nell'orbita di occupazione sovietica. L'Inghilterra e l'America sostengono infatti che, in contrasto con i precedenti accordi e con solenni assicurazioni, ogni libertà politica sia stata ivi soppressa dai Sovietici, con la creazione di governi comunisti o filocomunisti, sorti da elezioni non libere.

L'espansionismo anglosassone ed in particolare americano in varie parti del globo. L'URSS sostiene l'esistenza di un imperialismo americano che si manifesterebbe con la presenza di navi nel Mediterraneo, di truppe in Grecia, di aiuti all'Europa occidentale ed al governo nazionale cinese.

Germania. Anglosassoni e Russi non sono riusciti a mettersi d'accordo sulla costituzione di un governo germanico e sulle riparazioni tedesche. L'urto più aspro si è avuto a Berlino, dove gli occidentali hanno organizzato un "ponte" aereo per il rifornimento della città, dopo il blocco russo di tutte le altre comunicazioni (fino al 12 maggio 1949).

Austria. La suddivisione quadripartita dell'Austria presenta aspetti analoghi alla suddivisione quadripartita della Germania: tuttavia la possibilità di giungere ad accordi può apparire in Austria alquanto maggiore che per la Germania.

Trieste e Venezia Giulia. Anche a proposito di questa regione si sono avuti momenti di notevole tensione tra Russi ed Anglosassoni. La mancata nomina del governatore di Trieste e la presenza di truppe anglo-americane e iugoslave nel Territorio Libero mantiene tuttora latente questo dissidio, nel quale la Russia non è peraltro interessata direttamente.

Grecia. La Grecia è divenuta uno dei massimi punti di dissidio e di tensione. L'URSS accusa gli Anglosassoni di appoggiare in quel paese le forze "reazionarie". Gli Anglosassoni, a loro volta, accusano la Russia ed i suoi minori alleati balcanici di fomentare la guerra civile in Grecia.

Turchia. A più riprese l'URSS ha cercato di ottenere una sostanziale revisione della sua frontiera con la Turchia ed un nuovo regolamento dello statuto degli Stretti. La Turchia si è opposta energicamente a queste richieste ed ha rafforzato i suoi legami con l'America e con l'Inghilterra, ottenendo aiuti finanziarî e militari.

Īrān. Dopo la fine della seconda Guerra mondiale, nel territorio dell'Azerbaigian occupato dai Sovietici si era costituito un governo filocomunista. La tensione tra Irān e URSS si era trasformata in tensione fra URSS e Anglosassoni. In seguito ad un accordo fra Irān ed URSS, le truppe sovietiche abbandonarono quel territorio, dove, dopo breve tempo il regime filocomunista venne abbattuto da una rivolta. Successivamente la tensione fra i due stati ebbe momenti assai acuti, tanto a causa del petrolio iraniano, quanto a causa dei rapporti tra Īrān e Stati Uniti: questi ultimi vengono accusati di riorganizzare, attraverso una missione militare, le forze armate iraniane.

Estremo Oriente. La tensione fra Stati Uniti e URSS deriva dalla suddivisione in due parti della Corea, dai criterî dell'occupazione americana in Giappone e dal regime ivi instaurato, da questioni di pesca e di navigazione, ma soprattutto dalla situazione venutasi a creare in Cina, in preda ad una guerra civile tra le forze del governo nazionale e le forze comuniste che dalla fine del 1948 hanno ovunque preso il sopravvento.

Creazione del Kominform. La tensione fra il mondo anglosassone e l'URSS ha avuto motivo di acuirsi per causa della costituzione del Kominform, nel settembre 1947, nel quale le potenze occidentali hanno visto una ricostituzione diretta o indiretta del vecchio Komintern.

Questi gravi motivi di disaccordo ideologico, politico, territoriale ed economico hanno creato il più serio e preoccupante dissenso del momento presente.

Internamente l'URSS cerca di rimarginare le gravi ferite avute dalla guerra. Durante la guerra, ufficialmente definita "patriottica" l'attività del partito era passata in certo qual modo in seconda linea. Tuttavia il partito domina oggi interamente tutte le leve del paese, imprimendo le sue direttive precise a tutta quanta la vita economica, politica e culturale, non ostacolato, praticamente, da nessuna opposizione. Gli ex-combattenti vittoriosi sono venuti ad occupare una posizione morale di primo piano, analoga in certo qual modo a quella degli stachanovisti e dei funzionarî del partito. Il cambio della moneta del dicembre 1947, se da un lato si deve riconnettere alle ineluttabili necessità derivate dalla guerra e dal dopoguerra, sotto altri aspetti mirava probabilmente a colpire quelle categorie di cittadini che erano riuscite ad accumulare risparmî anche sensibili.

L'atteggiamento patriottico della chiesa e del clero che avevano tenuto degnamente il loro posto nel fronte interno e nella resistenza ebbe riconoscimento ufficiale il 4 settembre 1943 quando il metropolita di Mosca, Sergio, venne ricevuto ufficialmente da Stalin; l'8 settembre 1943 egli veniva eletto patriarca di Mosca e di tutta la Russia. Così, dopo venti anni, la chiesa ortodossa aveva una amministrazione ecclesiastica legittima, mentre per le relazioni con lo stato nell'ottobre del 1943 veniva creato il consiglio per gli affari della chiesa ortodossa presso il consiglio dei commissarî del popolo dell'URSS, presieduto da G. G. Karpov. Il 31 gennaio 1945 il concilio panrusso approvò lo "Statuto dell'organizzazione ecclesiastica della chiesa russa ortodossa", che fissa in 48 articoli il diritto canonico della chiesa patriarcale. Con esso il patriarcato russo ha adattato il proprio ordinamento giuridico alla costituzione sovietica del 1936.

Tutte le forze dell'URSS sono mobilitate per la realizzazione dei "piani" e per il potenziamento delle forze armate.

Nel febbraio del 1948 il governo dell'URSS iniziava delle trattative con il governo finlandese per un trattato mirante ad una comune difesa militare contro un eventuale futuro attacco da parte della Germania o di un'altra potenza. In base a questo progettato accordo le forze armate dell'URSS potrebbero occupare, in caso di necessità una parte del territorio finlandese.

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Arte.

I profondi cambiamenti avvenuti nell'organizzazione politica e sociale dell'URSS negli ultimi decennî, hanno influito sul carattere dell'architettura che si è conformata alle nuove esigenze collettive. Sono nati così grandi complessi come "clubs dei lavoratori", "palazzi della cultura", sanatorî, case di riposo, ecc., contenenti ognuno i più vari servizî, dalle palestre alle biblioteche, ai teatri e all'asilo infantile (tipico a questo proposito il palazzo della Cultura di Mosca). Nello stesso tempo tutte le principali imprese architettoniche sono state subordinate a piani generali di ricostruzione e spesso di costruzione di intere città (es. Magnitogorsk tra gli Urali e Zaporož′e sul Dnepr, Igarka sotto il circolo polare, Stalinsk in Siberia, Avrostroj vicino a Gor′kij, ecc.). Va rilevata infine l'apparizione sulla ribalta nazionale delle più lontane repubbliche dell'Unione (dal Caucaso alla Mongolia), che hanno ognuna caratteristiche proprie.

Gli architetti sovietici si sono dunque trovati davanti a problemi nuovi e gravissimi: dalla costruzione dei nuovi centri agricoli alla sistemazione urbanistica delle antiche città orientali (Alma Ata nel Kazakistan, Ašchabad nel Turkmenistan, ecc.); dalla creazione di nuove città industriali alla creazione dei tipi più convenienti di abitazione. Per risolvere questi problemi, gli organismi responsabili, guidati in primo luogo dal comitato centrale del Partito comunista bolscevico dell'URSS (sono famose le deliberazioni del 1931 sulla ricostruzione delle vecchie città e la costruzione delle nuove, e del 1935 sul "piano generale di ricostruzione della città di Mosca"), hanno fatto proprî in linea di massima i seguenti principî: 1) evitare sia le ville sia i grattacieli e limitarsi a case di soli 5 0 6 piani, eliminando la disposizione degli isolati a filari paralleli, troppo monotoni; 2) tendere alla massima unità possibile tra gl'interessi della produzione e gli interessi degli abitanti; 3) sviluppare al massimo i servizî sociali utili (asili, ristoranti pubblici, lavanderie, ecc.); 4) dividere la città in zone (industriali, di abitazione) e connetterle razionalmente tra loro; 5) considerare la creazione di un'opera architettonica non come un fatto staccato, ma come l'inserzione organica entro un complesso già esistente, sfruttando le più importanti caratteristiche naturali delle città (l'altezza, il fiume, la riva marina, ecc.), la quale viene perciò concepita come "un organismo vivo, dotato di una propria personalità".

Da un punto di vista formale tra il 1910 e il 1920 si reagì, in Russia come altrove, all'eclettismo e al Liberty con il "funzionalismo", e altri movimenti come il "suprematismo" e il "costruttivismo" forme violente d'avanguardia, capeggiate da figure come K. Malević o V. Tatlin, per tacere di moltissimi altri. Queste tendenze continuarono a svolgersi, sia pure in forma attenuata, all'incirca fino al 1932 e i loro prodotti lasciano intravvedere influenze di Mondrian e di Gropius (es. cucina e ristorante comunale a Mosca, edifici a Traktorstroj) o di Le Corbusier (es. casa di abitazione dei Soviet a Leningrado).

Nel 19321 in seguito a una revisione generale della situazione dell'architettura nell'URSS, provocata dalle deliberazioni del Partito comunista e dalle discussioni che ne seguirono, le quattro principali associazioni di architetti si unificarono e i motivi dell'architettura d'avanguardia furono abbandonati decisamente e sostituiti da motivi classicheggianti, ritenuti più idonei a esprimere le esigenze e gl'ideali del popolo sovietico. Tali motivi, spesso appena accennati (es. gli edifici della via Bol'šaja Kalužskaja a Mosca), sono giunti a svilupparsi in forme che aspirano al grandioso e al solenne (es. casa dei Soviet a Leningrado, archit. Trockij, 1944), senza però mai sconfinare nell'inumano. È in questo secondo periodo che si sviluppano, nelle varie e più lontane repubbliche, forme riflettenti motivi architettonici locali (es. il Museo Nizami a Baku, architetti S. Dadašev e M. Syainov, 1940-41). Tra gli architetti più importanti vanno ricordati: J. Žoltovskij (n. nel 1867), teorico dell'architettura classica, V. Steinko, B. Jofan e V. Helfrejch, autori del progetto del palazzo dei Soviet di Mosca (1933), l'armeno A. Tamanian (1873-1936) e infine V. Vesnin (n. 1882), che ha diretto i lavori per la Centrale idroelettrica del Dnepr; I. Fomin (1874-1936) e altri ancora, autori della metropolitana di Mosca (iniziatasi nel 1934); sotto la guida di A. Strinsev e K. Alabian si sono approntati recentemente i progetti di ricostruzione di Novgorod e Stalingrado.

Gli stessi fatti che hanno influito sull'architettura hanno influito anche sulle altre arti, che hanno subìto, perciò, un'evoluzione analoga. In particolare tra gli atti fondamentali del governo sovietico al riguardo va ricordata la nazionalizzazione dei più insigni complessi artistici, la creazione di nuovi musei, di scuole artistiche, ecc. Importantissimo il decreto del 1918, con il quale si commissionavano ai fini della "propaganda monumentale" i ritratti dei maggiori personaggi della tradizione rivoluzionaria russa.

Per quanto riguarda pittura e scultura, la tendenza ad abbandonare le forme d'avanguardia del Proletkult, che tendevano a fare tabula rasa del passato, si sviluppò assai presto in base al principio di Lenin, che "la cultura proletaria, deve essere lo sviluppo regolare di quelle riserve di conoscenza che l'umanità ha elaborato sotto l'oppressione della società capitalistica, della società degli agrarî e dei funzionarî dello stato". Nel 1921 sorse un'associazione di pittori con intenti realistici (la NO2 di Mosca) e si risvegliò l'attività dei Peredvižnik, artisti viaggianti che esponevano le proprie opere evitando i salons accademici; nel 1922 essi fecero la loro 47a mostra richiamandosi ai principî del realismo. Pure nel 1922 si formò il più importante raggruppamento sovietico di artisti, denominato "Associazione degli artisti della rivoluzione" (ACHRR), che si prefiggeva il compito di perpetuare con la propria opera gli eventi della rivoluzione e la vita del popolo sovietico. A tale associazione appartennero artisti come Brodskij (un discepolo di Repin, 1883-1939), V. Jakovlev (n. 1894), e A. Gerasimov (n. 1884), uno dei più noti e stimati artisti sovietici. La tradizione accademica si mescolò ai formalismi "di sinistra" in una sorta di estetismo decadente e morboso nel gruppo prerivoluzionario più influente, denominato "Il mondo dell'arte" (K. Bogaevskij, 1872-1942, A. Ostroumova Lebedeva, Lansere, Krymov, ecc.). I nomi più importanti di questo gruppo sono però l'armeno Martyros Saryan, Pavel Kuznecov e soprattutto Kosma Petrov-Vodkin (nato a Leningrado nel 1878, morto nel 1939), che riassorbe le stilizzazioni e i grafismi delle icone in un senso classico della composizione (Mattino, 1918, Leningrado, Museo russo di stato; La morte del commissario, 1928, Mosca, Galleria Tretjakov). Taluni di questi si raccolsero nel 1927 nella "Associazione dei pittori di Mosca" (OMCH) assieme ad altri artisti provenienti da diverse associazioni (tra questi ultimi: S. Gerasimov, nato nel 1885).

Tra coloro (raccolti nel gruppo OST, cioè dei pittori di cavalletto), che più si sono preoccupati delle esperienze formali della pittura occidentale, soprattutto francese, e ne risentirono l'influenza, vanno citati David Šteremberg (nato a Mosca nel 1881) e Aleksander Ševčenko (nato a Mosca nel 1886).

Tra il 1927 e il 1931 vi fu una riacutizzata nostalgia per le esperienze formalistiche da parte di gruppi di giovani artisti, ma questo non fece che rinvigorire sempre più l'esigenza di creare un "fronte unito" dell'arte; cosi è avvenuto che, dopo il 1932, la grande maggioranza degli artisti ha posto il "realismo socialista" alla base della propria attività, informiandola ai principî di accessibilità, verità e umanità.

In testa ai pittori delle nuove generazioni va citato A. Dejneka (nato a Mosca nel 1899), tipico per le scene in movimento ritratte con ritmi scanditi e asciutti (famosa la Difesa di Pietrogrado, 1927, Galleria Tretjakov), in cui il colore è subordinato alla costruzione grafica e lineare. Eminentemente coloristi sono invece P. Vil′jams, G. Rjažskij, Juri Pimenov (nato a Mosca nel 1903), A. Gončarov (nato a Mosca nel 1903), A. Samochvalov (nato a Leningrado nel 1894), ecc.

Nelle varie repubbliche tendono a sparire del tutto il folklore e gli orientalismi superficiali e, laddove imperava l'islamismo che vietava la rappresentazione della figura umana, si sono potute sprigionare nuove energie.

Quanto agli scultori, tra quelli provenienti dalla vecchia tradizione accademica sono assai noti soprattutto I. Šadr (nato a Mosca nel 1890), V. Domogacky e N. Andreev, famosi, specialmente l'ultimo, per i ritratti di personaggi storici o dei più popolari artefici della rivoluzione. Proviene invece da esperienze impressioniste e cubiste Boris Korolev (nato a Mosca nel 1885). Scultori animalisti sono V. Vatagin e I. Efimov, autore di eleganti oggetti decorativi. Tra le donne emergono Sara Lebedeva (n. 1892) e soprattutto Vera Mulchmina (nata a Mosca nel 1891) dotata di un forte talento plastico e autrice del famoso gruppo della kolchosiana e dell'operaio, simboleggiante l'unione dell'industria e dell'agricoltura. Tra i più giovani va citato G. Motovilov.

In seguito alla rivoluzione hanno avuto nell'URSS uno sviluppo assai rigoglioso il bianco e nero e il cartellone di propaganda, in quanto arti a carattere di larga diffusione. Il cartellone di propaganda, in ispecie, che già nel 1917-21 aveva creato una sua ricca tradizione sotto l'impulso di artisti come V. Deni (1892-1946) e D. Moor (1883-1946), che avevano lavorato con Majakovskij, è arrivato, durante la seconda Guerra mondiale, a un livello assai alto per vigore espressivo e finezza di esecuzione. Tra gli autori più noti in questo genere di lavori è P. Sokolov-Skalja (nato nel 1899). La xilografia, la litografia, il disegno e anche, talvolta, l'acquarello, hanno avuto e hanno tuttora vasta applicazione nelle caricature, nelle vignette satiriche (sono famose "le finestre" della Pravda e le vignette del Krokodil) e soprattutto nell'illustrazione dei libri (classici della letteratura russa, libri per bambini, ecc.), riuscendo molto bene a esprimere, con modestia e arguzia, un'atmosfera sociale di umana cordialità. Queste arti sono coltivate da molti degli artisti che abbiamo già menzionati. Sono assai famosi e lavorano assieme sotto il nome comune di Kukriniksy i tre artisti M. Kuprjanov (nato nel 1903), P. Krylov (nato nel 1902) e N. Sokolov (nato nel 1903).

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