USSITISMO

Enciclopedia Italiana (1937)

USSITISMO

F. M. BARTOS

. Movimento religioso che prende il nome da Jan Hus e che ha grande importanza nella storia politica e religiosa della Boemia.

Il movimento risale nei suoi primordi al movimento riformatore promosso dal predicatore praghese Milič da Kroměříž (morto nel 1374), il quale fu allievo e compagno del predicatore tedesco Corrado di Waldhausen (morto nel 1369), chiamato a Praga da Carlo IV. Milíč fondò una influente scuola di predicatori e diede al movimento un programma, la cui principale parola d'ordine era il ritorno alla Chiesa originaria di Cristo e degli apostoli, specialmente alla sua povertà nello spirito di S. Francesco d'Assisi, e con una forte coloritura apocalittica. I suoi discepoli furono uniti tra loro specialmente nel culto della povertà e nell'uso della frequente comunione e nella venerazione del loro maestro. Le condizioni più favorevoli per il movimento si presentarono con l'origine del grande scisma d'Occidente (nel 1378), il quale rese libera anche nella Boemia la critica al papato. Vi prese parte anche lo stesso arcivescovo di Praga Giovanni di Jenštejn (1379-1396, morì a Roma nel 1400), specialmente con il suo trattato De consideracione. Sotto il suo patrocinio sorse anche la grande opera programmatica della scuola di Milíč, le Regulae Veteris et Novi Testamenti di Matteo di Janov.

Matteo di Janov, formatosi a Parigi in mezzo alla potente rivolta spirituale al principio dello scisma, poté dare alla scuola di Milíč il miglior corredo della scienza coetanea. La sua critica, abbondantemente nutrita di spirito apocalittico, si servì efficacemente dell'idea allora attuale dell'Anticristo che, secondo l'opinione di Matteo, si trovava già nel mondo per portar a compimento lo scisma della Chiesa da Cristo. Nell'acuta critica degl'inconvenienti ecclesiastici e nelle infiammate contrapposizioni di Cristo e Anticristo, Matteo è il principale maestro della rivoluzione ussita. La volgarizzazione della Bibbia, dovuta probabilmente a lui, contribuì molto al nuovo slancio del movimento, favorito pure dalla fervida attività dello scrittore popolare religioso Tommaso da Štítné, il quale con spirito riformatore elaborava in cèco gli scritti religiosi latini. La persecuzione contro Matteo di Janov. costrinse nel 1391 i seguaci di Milíč a fondare una propria chiesa a Praga, la quale doveva essere esclusivamente dedicata alle prediche e che ottenne un'importanza storica, quando nel 1402 ne diventò amministratore Jan Hus. La chiesa chiamata semplicemente Cappella di Betlemme, ebbe anche una missione nazionale, dato che la Praga interna era allora per la maggior parte tedesca, cosicché le prediche in cèco vi erano solo rare eccezioni.

La lotta per l'eredità spirituale di Milíč, toccata a Hus per la sua chiamata alla Cappella di Betlemme, trovò in lui, che riuniva in sé qualità di scienziato e di capo popolare, un nuovo e grande condottiero. Anche la situazione politica fu favorevole. Il conflitto fra Venceslao IV e il papa Bonifacio IX, il quale nel 1403 approiò la deposizione di Venceslao dal trono di Germania, ebbe per consequenza un reale distacco dello stato Boemo da Roma e creò nell'opinione pubblica una disposizione propizia per la critica del papato e per il proclama della riforma. D'altra parte la Boemia si unita semplicemente alle voci di tutta l'Europa rivolte contro il fiscalismo di Bonifacio IX. In questa situazione Hus e i suoi compagni abbracciarono la dottrina di John Wycliffe, la quale non solo avvinceva a causa della sua arditezza molto più che la mite, opportunistica e relativista filosofia dei nominalisti tedeschi, ma anche si presentava come un'arma conveniente per combattere i rappresentanti di quest'ultima corrente che dominava allora nell'università di Praga. La generazione di Hus salutò naturalmente in Wycliffe anche il difensore eloquente dei diritti dello stato contro il papato; anzi Wicliffe offuscò agli occhi di Hus lo stesso Matteo di Janoï, col fatto che mentre questi aveva preso verso lo stato una posizione negativa, Wycliffe, nello spirito dei legisti di Filippo il Bello e di Marsilio da Padova, si mise totalmente ai servizî dello stato, quando la crisi che lo stato boemo attraiersò durante le guerre civili causate dalla rivolta della nobiltà contro Venceslao II, ne faceva conoscere alla generazione di Hus il vero valore.

Wycliffe diede al movimento rif0rmatore un'armatura efficace, ma contemporaneamente lo espose all'attacco da parte dei suoi avversarî. Poiché Wycliffe era già stato condannato come eretico in Inghilterra, ogni adesione alla sua dottrina portava di conseguenza le pene destinate agli eretici. Il colorito nazionale della lotta attorno al nome di Wycliffe si accentuò, quando i professori tedeschi dell'università di Praga accusarono presso la Curia, nel 1407, il seniore dei loro colleghi cèchi, Stanislao da Znoimo, perché consentiva nella teoria eucaristica di Wycliffe, e ottennero la sua citazione a Roma. Mentre Stanislao umilmente si sottomise, i Tedeschi pagarono la vittoria con la perdita dei loro privilegi all'università (il cosiddetto decreto di Kutná Hora del 1409). Nella lotta ormai impegnata in grandi proporzioni, i Tedeschi trassero dalla loro parte l'arcivescovo Sbinco. Ne approfittò la gerarchia di Praga, che ottenne dal papa la proibizione delle prediche di Hus nella Cappella di Betlemme (1410). Con ciò fu colpito lo stesso nervo del movimento e Hus troiatosi al bivio fra la rivoluzione e la sottomissione, si decise per la prima.

Nella difesa della sua decisione, che ebbe l'espressione più solenne nel suo appello al Cristo (ottobre 1412), Hus diede alla lotta base ancora più vasta e culminò la sua rivolta contro l'autorità della Chiesa specialmente nel ciclo dei trattati, fra i quali il primo e il più importante anello è quello De ecclesia, e nei libri cèchi sulla simonia.

La condanna a morte di Hus (6 luglio 1415) diede ai suoi seguaci un martire e contribuì allo sviluppo di una nuova chiesa. La memorabile protesta della nobiltà boemo-morava, inviata a Costanza contro la condanna di Hus, fu contemporaneamente la base di una confederazione difensiva per proteggere i seguaci di Hus, specialmente fra il clero, che furono sottratti all'obbedienza del concilio di Costanza, e affidati all'università di Praga. Alla formazione della chiesa ussita contribuì non poco anche l'introduzione del calice nella liturgia eucaristica, ciò che fu opera di Jakoubek (Iacobellus) da Stříbro, un altro fondatore dell'ussitismo (circa 1370-1429), e dei suoi compagni. La decisione del concilio di Costanza contraria all'uso del calice nell'Eucaristia (15 giugno 1415), insieme con la condanna a morte di Hus, eseguita poco dopo, fece sì che l'uso del calice si diffondesse rapidamente e diventasse quasi un vessillo degli ussiti; completò pure la trasformazione del movimento in una chiesa particolare, la quale proprio nel calice ottenne una liturgia speciale. Nella primavera del 1417 il calice fu ufficialmente approvato dall'università. Jakoubek, divenuto successore di Hus, organizzò la chiesa con tale successo che quando si arrivò alla battaglia decisiva, l'ussitismo resisté alla burrasca.

Questo momento critico si ebbe, quando dopo la morte di Venceslao IV (1419) ereditò il trono Sigismondo, nemicissimo dell'ussitismo. Gli ussiti gli presentarono, come condizione per il suo riconoscimento, quale re, i quattro articoli di Praga, nei quali riassunsero le loro pretese. A capo dí questo programma era posto il fondamentale postulato della libertà di predica della parola divina per i predicatori ussiti, dore si proclamava la sovranità della Bibbia nella dottrina e nel regolamento della vita. Da questo deriva il postulato del calice (2), l'occupazione dei beni ecclesiastici da parte dello stato (3) e la persecuzione dei peccati pubblici, specialmente del clero (4). Questo programma, non riuscì a mantenere la unità degli ussiti specialmente quando i successi delle armi ussite permisero di trarne le ulteriori conseguenze. Il centro di questa tendenza radicale fu il luogo fortificato, fondato nella primavera del 1420 da Żižka e chiamato Tábor il quale diventò il secondo epicentro dell'ussitismo.

Le origini del taboritismo sono però più antiche del Tábor stesso. I preti taboriti spesso si richiamavano a Jakoubek, ma erano ancora più vicini al suo compagno Nicolò di Dresda (morto nel 1417), il quale aveva combattuto anche per il totale rifiuto del giuramento e del purgatorio. Terreno fertile per le voci radicali divennero le riunioni del popolo, che nell'estate del 1419, sostituirono per gli ussiti le chiese, dalle quali essi furono allora scacciati. Il radicalismo culminò al principio del 1420 nella febbre del chiliasmo, ispirato principalmente alle idee apocalittiche di Matteo di Janov. L'ansietà causata dalle brutalità commesse dal partito regio contro gli ussiti inermi, fece nascere la fede che la fine del mondo era imminente; e quando ciò non avvenne, i predicatori del chiliasmo si cambiarono in profeti della guerra fanatica contro i nemici. L'onda del chiliasmo s'attenuò con i primi successi del giovane taboritismo, ma la reazione contro gli eccessi del chiliasmo a Praga ebbe per conseguenza che i taboriti, ancora nel 1420, si separarono dalla chiesa ussita, istituendo un proprio culto divino nonché una propria amministrazione. La così detta messa taborita si riduceva alla sola predica e alla comunione col calice, accompagnata dai canti ecclesiastici popolari, e servì - cento anni più tardi - attraverso l'Unità dei Fratelli Boemi di modello allo Zwingli. A capo della chiesa taborita fu eletto come vescovo Nicolò da Pelhřimor, il principale teologo taborita e autore della Confessione taborita e dell'Apologia del 1431, nonché del Chronicon sacerdotum Taboriensium. Con ciò i taboriti abbandonarono l'idea della chiesa cattolica sulla "successio apostolica", diventando così il modello per i futuri Fratelli Boemi.

Ma il taboritismo non fu esente da crisi, e particolarmente grave fu quella del 1421, quando, come epilogo della febbre chiliasta, sorse l'adamitismo. Benché questo fosse prontamente soppresso dall'inesorabile Žižka, pure lasciò tracce durature nel piccardismo. Così furono chiamati i partigiani della radicale teoria eucaristica, che aspramente combatteva la venerazione del Santissimo Sacramento e ciò perché si credeva che questa dottrina fosse stata diffusa dal gruppo dei Piccardi rifugiatisi nel 1418 in Boemia per sfuggire all'inquisizione. Ma il piccardismo, che attaccava il sacramento agli Ussiti più caro, fu punito a Praga con la morte. Anche i Taborìti ufficialmente lo rifiutarono, ma sopportando malgrado ciò i Piccardi si alienarono lo stesso Chelčický.

La divergenza fra Tábor e Praga fu ancora inasprita dai conflitti politici e sociali. Praga concentrava gli elementi conservativi della rivoluzione tanto dal lato religioso come da quello politico; Tábor invece gli elementi democratici e radicali con una tendenza manifesta verso la repubblica teocratica, ossia per lo più gli elementi della nobiltà più bassa e delle città, alle quali soltanto la rivoluzione procurò i diritti politici e che durante la guerra si strinsero intorno a Tábor in una potente fratellanza che si estendeva attraverso la Moravia sino nella Slovacchia. La rivoluzione nei suoi primordî più critici poteva poggiarsi quasi esclusivamente sulle città, dato che la nobiltà più alta, quando si arrivò alla rivolta contro il re, rimase fedele al sovrano. Così le città, dalla rivoluzione ben presto cechizzate, entrarono a far parte della dieta del regno appunto con il diritto della rivoluzione, alla quale contribuirono a imprimere il suo carattere democratico. L'unità del paese e la sua difesa poté dunque esser assicurata soltanto dalla dittatura del Tábor e dei sirotci (orfanelli, o orfaniti), un'altra simile fratellanza, fondata nel 1423 da Žižka nella Boemia orientale. La dittatura di queste due fratellanze si poggiava sull'esercito stabile che risultava necessario per la difesa del regno; e sotto Procopio il Grande attirò a sé la maggior parte della città. Il mutamento si ebbe quando la Chiesa, impaurita dalla diffusione della propaganda ussita, la quale seppe far penetrare i proprî manifesti fino in Inghilterra, Francia e Spagna e far provocare un'agitazione pericolosa in Germania, sospese gli attacchi contro gli ussiti e incominciò a trattare con essi in nome del concilio di Basilea, la pace. La trattazione si protrasse, ma i diplomatici del concilio in fine vinsero. Per facilitare il ritorno al trono boemo del re Sigismondo, dal quale speravano che avrebbe poi aiutato la Chiesa nell'abolizione delle concessioni, essi manifestarono la buona volontà di concedere il calice e riconoscere di fatto l'espropriazione dei beni ecclesiastici: con ciò riuscirono a sciogliere l'unità degli ussiti. Gli elementi conservativi sotto la divisa della pace attaccarono gli eserciti dei taboriti e orfanelli, infliggendo loro una sconfitta presso Lipany il 30 maggio 1434, e prepararono così la strada per la pace, la quale in base alle suddette concessioni fu poi firmata nel 1436 a Jihlava. Furono i cosiddetti compactata. Gli ussiti mantennero così la propria chiesa nazionale, ristretta però solo alla maggioranza della nazione, poiché la minoranza cattolica aveva sopravvissuto alla rivoluzione.

I compactata furono però piuttosto una tregua che una vera pace. Per la Chiesa fu un gran vantaggio che gli ussiti nelle trattative di pace non avessero procurato anche il riconoscimento di Giovanni Rokycana, discepolo di Hus e di Jakoubek (morto nel 1471), il quale dalla dieta del regno era stato eletto arcivescovo di Praga. Così le rimase la possibilità di ostacolare agli ussiti la possibilità di completare i ranghi del loro clero, rifiutando la consacrazione ai candidati ussiti. L'ussitismo malgrado ciò s'accresceva, approfittando della pace dopo quindici anni di guerra; e si appianarono anche i vecchi dissensi interni, quando nel 1452 anche il Tábor si sottopose all'autorità di Rokycana. La fioritura dell'ussitismo, avvenuta dopo l'elevazione dell'ussita Giorgio di Poděbrady al trono di Boemia, prese agli occhi di Pio II così minacciose proporzioni che egli si risolse nel 1462 di attaccarlo con l'abolizione del patto di Jihlava. Le guerre che ne derivarono, non riuscirono però a spezzare l'ussitismo, anzi lo rafforzarono. Nel 1485 (pace di Kutná Hora), anche i cattolici di Boemia si riconciliarono con i compactata e li riconobbero come legge del regno. E questa pace fu la base della pacifica convivenza di tutte e due le religioni per un secolo e mezzo, nonché della fioritura dell'Unione dei Fratelli Boemi.

Il mutamento radicale della situazione avvenne con l'origine del luteranesimo e con la quasi contemporanea ascesa al trono della cattolica dinastia degli Asburgo (1526). Ferdinando I si servì della prima occasione per colpire gli ussiti e inflisse loro un grave colpo dopo la sconfitta dei collepati di Smalcalda (1547), togliendo loro il concistoro e rivolgendo i compactata contro gli ussiti stessi. Questi si difesero facendo togliere - subito dopo la morte di Feidinando - i compactata dall'ordinamento del regno e si sforzarono di far approvare la propria confessione (la cosiddetta Confessione boema del 1575), sulla quale si misero d'accordo con l'Unione dei Fratelli Boemi, avvicinandola al più possibile alla Confessione Augustana per procurarle più facilmente il riconoscimento da parte di Massimiliano II, che fu ottenuto però solo nel 1609 con la lettera di maestà di Rodolfo II. Per le sorti ulteriori del movimento ussita, v. boema, confessione; boemi, fratelli.

Fonti: Sbírka pramenů českého hnulí náboženského ve XlV. a XV. století (La collezione delle fonti del movimento religioso in Boemia nel sec. XIV e XV), voll. 19, Praga 1903-1933; Fr. Palacký, Documenta Mag J. Hus vitam, doctrinam, causam et controversias de religione in Bohemia a. 1403-18 motas illustrantia, Praga 1869; J. Sedlák, Studie a texty k náboženským dějinám českým (Studî e testi per la storia religiosa di Boemia), I-III, Bruna 1913-1919; Fr. Palacký, Urkundliche Beiträge zur Geschichte des Hussitenkrieges, voll. 2, Praga 1873; F. M. Bartoš, Manifesty města Prahy z doby husitské (I manifesti della città di Praga del tempo ussita), Praga 1932; Confessio Valdensium (recte Taboritarum), ed. Flacius Illyricus 1568, B. Lydius 1616; C. Höfler, Geschichtsschreiber der hussitischen Bewegung, II, Vienna 1865; Archivum Taboriense, I, Tábor 1935.

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