Novarina, Valère

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Scrittore, drammaturgo e regista svizzero di lingua francese (n. Chêne-Bougeries, Ginevra, 1942). Le istanze di rinnovamento della concezione teatrale di N. si sono concretizzate in una serie di testi molto originali che, pur partendo da alcune convenzioni teatrali, risultano non rappresentabili ma fruibili piuttosto da un pubblico di lettori. Lo stesso N. ha provveduto, in molti casi, a fornire una versione più breve e più semplice dei suoi testi, che potesse essere messa in scena e che è stata a sua volta pubblicata. La sua cifra stilistica è ben riconoscibile: le sue opere sono prive di intreccio, di logica narrativa e di ambientazione, come anche di personaggi tradizionali con una propria psicologia. L'unica protagonista sia del testo scritto, che comunque conserva un rapporto strettissimo con l'oralità, sia della messa in scena teatrale è la lingua, e l'unica azione possibile nel mondo costruito da N. è parlare; anche sotto questo aspetto si dimostra originalissimo, proponendo un linguaggio ricco di termini tecnici tratti da lessici specializzati, di parole desuete o di neologismi. La parola non esprime e non comunica, e il testo risulta costellato di lunghissimi elenchi, litanie che non richiamano più la realtà ma creano quasi uno stato di trance ritmata.

Vita e opere

Dopo gli studi alla Sorbona, ha lavorato come assistente regista e come attore, dedicandosi poi esclusivamente alla scrittura e alla pittura fino a individuare nel teatro il campo privilegiato della sua ricerca espressiva. La sua prima opera, L'atelier volant (1974, trad. it. 1998), non mostra ancora i segni dell'estrema sperimentazione a cui l'autore giungerà in seguito. Il dramma ruota attorno a otto personaggi ed è ancora visibile la scansione classica in atti e scene. Il problema della lingua è già centrale, perché coloro che possiedono lo strumento linguistico sono in grado di esercitare il dominio su tutti gli altriI primi drammi. I drammi successivi (Falstafe (d'après Shakespeare), 1976; La lutte des morts e Le drame dans la langue française, 1979), pur rispettando alcune convenzioni sceniche e drammaturgiche, già mostrano l'originalità della sua concezione teatrale. A partire da Le drame de la vie (1983), testo a cavallo di più generi letterari in cui compaiono oltre duemila personaggi, esseri umani e animali, le opere di N. sono prive di intreccio, di logica narrativa e di ambientazione, come anche di personaggi tradizionali con una propria psicologia. Unico protagonista sia del testo scritto sia della messa in scena è il linguaggio, ricco di neologismi o di parole desuete, e costellato di lunghissimi elenchi, litanie che creano quasi uno stato di trance. Esplicitamente teorizzata in Le théâtre des paroles (1989), in cui sono raccolti, con diversi altri scritti, Pour Louis de Funès (trad. it. 1988), e la Lettre aux acteurs (trad. it. 1992), già pubblicati insieme nel 1986, l'identificazione tra linguaggio e corpo trova espressione in alcuni testi emblematici: L'espace furieux (1992; trad. it. 1996), nuovo adattamento del precedente Je suis (1991), in cui gli attori si cibano di loro stessi, della parola, «nostra carne mentale», e La chair de l'homme (1994), enorme banchetto cui partecipano seimila commensali, in cui la metafora, esplicita già nel titolo, è ribadita nello sterminato elenco di nomi, tutti connessi con la funzione del mangiare (Mangeur Coriace, Jean Mangeori, ecc.). Tra le altre realizzazioni: Vous qui habitez le temps (1989); L'inquiétude (1993), adattamento per il teatro di Le discours aux animaux (1987); L'opérette imaginaire (1998); Devant la parole (1999); L'origine rouge (2000); La scène (2003). N. è anche autore del romanzo Le babil des classes dangereuses (1978), un compendio di lingue minoritarie che ricorda C. E. Gadda e J. Joyce, in cui sembra voler indicare che è proprio il caos delle lingue e delle voci che potrà rompere l'ordine totalitario; e di drammi radiofonici (Le théâtre des oreilles, 1980; Les cymbales de l'homme en bois du limonaire retentissant, 1994).

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