FIEMME, VALLE DI

Enciclopedia Italiana (1932)

FIEMME, VALLE DI (A. T., 24-25-26)

Lino BERTAGNOLLI
Giuseppe GEROLA
Carlo BATTISTI

Si chiama così la parte media della valle dell'Avisio: il confine settentrionale, verso la Val di Fassa (v.), che è il tronco superiore dell'Avisio, è segnato dalla sezione angusta e poco abitata tra la confluenza del Rio S. Pellegrino e quella del Travignolo; il limite inferiore è segnato dalla confluenza del Rio di Cadino. Si presenta come un vallone regolare fra due grandi catene di porfido, diretto da NE. a SO., tutto verde di prati e di boschi, limitato a E. dall'uniforme catena del Lagorai, parallela alla Cima d'Asta; a O. dal gruppo dolomitico del Latemar e da quelli porfirici di Pala di Santa e di Cima della Rocca. Le falde dei monti sono coperte da boschi secolari di conifere e in basso, sulle terrazze che corrono lungo l'Avisio, estesi sono i prati e i campi seminati a cereali. La popolazione della valle vive dei prodotti dell'agricoltura, dell'allevamento (buone mucche da latte e molte capre) e dei boschi, di cui la Magnifica Comunità di Fiemme, ente secolare autonomo, è ricchissima (11.705 ettari). Estesi sono pure i boschi demaniali, specialmente nella secondaria Val Cadino, che s'apre di fronte a Molina. Fra le industrie, abbastanza importanti sono quelle dei giocattoli e del mobilio (Predazzo) e le estrattive: pregiato è specialmente il granito roseo di Predazzo, con cui fu costruita la parte architettonica del monumento a Dante in Trento. La Val di Fiemme è amministrativamente compresa nel territorio dei comuni di Castello di Fiemme (1697 ab. nel 1921; 54,48 kmq.), Cavalese (4730 ab.; 91,72 kmq.), Tesero (2346 ab.; 50,40 kmq.), Ziano (1860 ab.; 56,01 kmq.), Predazzo (3692 ab.; 109,84 kmq.) e Moena (1861 ab.; 82,70 kmq.). I centri più notevoli, oltre Cavalese (v.), il capoluogo della valle, sono: Castello (667 ab.) ricco di segherie e fabbriche di laterizî; Carano (498 ab.), che ha acque minerali; Daiano e Varena (697), nel comune di Cavalese; Tesero (1969 ab.); Ziano (594 ab.) e Panchià (627 ab.), di fronte alla valle di Cavelonte, coi bagni salino-ferruginosi nel comune di Ziano; Predazzo (v.), importante centro turistico. Due rotabili e una ferrovia a scartamento ridotto mettono in comunicazione la Val di Fiemme con quella dell'Adige: la carrozzabile che sale da Lavis per Cembra e quella che insieme alla ferrovia sale da Ora per il Passo di S. Lugano (1190 m.) a Cavalese e Predazzo.

Monumenti. - Cavalese vanta una bella parrocchiale (consacrata nel 1134 e restaurata nel 1510) in stile gotico, la torre di S. Sebastiano, il palazzo della Magnifica Comunità, fatto decorare dal vescovo Bernardo Cles nella prima metà del Cinquecento, con buoni affreschi e una galleria di quadri, il "banco della Rasón", dove si convocava il popolo all'aperto. Notevoli anche, nella valle, le chiese affrescate di Castello, di Carano, di Tesero (soprattutto la gustosissima cappella di S. Rocco), di Predazzo, di Moena, ecc. La Val di Fiemme ebbe nel Trentino l'unica scuola di artisti locali, che si inizia, se non con Orazio Giovanelli e con Francesco Furlanel, con Giuseppe Alberti (morto nel 1716), culmina con la genealogia degli Unterpergher, e con Valentino Rovisi, declina col padre Antonio Longo, architetto e pittore, e giunge fino ai nostri tempi coi Vanzo. (V. tavv. XLVII e XLVIII).

Storia. - La valle sembra sia stata abitata fin dall'età del bronzo. Dell'epoca romana furono scoperte in varî luoghi monete e altre documentazioni. Fiemme fece parte del principato vescovile di Trento sin da quando esso si costituì (1004). Ma più antiche relazioni preesistevano, come si può arguire da particolari costumanze giuridiche della valle, derivanti dal diritto longobardo e dalla distribuzione in arimanie: fatti che ci riconducono al ducato longobardico di Trento. Circa un secolo dopo (anno 1110), il vescovo Ghebardo riconobbe l'ordinamento tradizionale della valle in una comunità suddivisa in quattro quartieri, ognuno con speciale carta di "regola".

A capo della comunità, stava lo scario che veniva nominato fra quattro "regolani", uno per quartiere, scelti dall'assemblea annuale, e che, insieme con gli altri quattro capi dei singoli quartieri, assisteva il gastaldione vescovile nell'amministrazione della giustizia. Nell'ordinamento amministrativo e giuridico della comunità, i singoli quartieri avevano autonomia nella gestione dei proprî fondi, che veniva fatta secondo norme fondamentalmente eguali, chiamate quaderno. Gl'interessi generali, invece, erano affidati al Consiglio di valle, che si radunava due volte l'anno, nella piazza di Cavalese, partecipandovi 40 rappresentanti delle singole regole, sotto la presidenza dello scario. Esso trattava, sia di affari di amministrazione generale sia, in sede di appello, di cause private già decise dalle regole e di vertenze fra singole regole o quartieri. Scario, regolani e ufficiali duravano in carica un anno. Il gastaldione vescovile, secondo i patti ghebardiani, si recava due volte all'anno a Cavalese per amministrare la giustizia tanto nel civile quanto nel criminale, secondo lo statuto (Consuetudines) della valle, che contemplava nel primo libro gli ordinamenti comunali e amministrativi, nel secondo il diritto civile e nel terzo quello penale. Soltanto in casi dubbî o non contemplati, valeva il diritto tridentino. Una posizione speciale ebbe il comune di Moena, per il fatto che esso, ultimo villaggio della valle verso Fassa, entrò più tardi a far parte della Magnifica Comunità. A Moena si tenevano placiti come a Cavalese, e vi concorrevano anche i regolani di Predazzo; e quel comune aveva anche diritto al primo voto nelle assemblee generali e il privilegio, non trovando di suo gradimento i tre candidati proposti alla carica di scario, di presentarne un quarto.

Molto fieri della loro indipendenza erano e rimasero questi regolani di Val di Fiemme. Perciò, non si piegarono alla prepotenza dei conti di Tirolo; e nel 1282 ne distrussero la rocca in Castello. Nel 1314, i conti dovettero ridare la valle usurpata da Mainardo II al vescovo, che garantì i patti già fatti da Ghebardo. Queste libere istituzioni non furono intaccate neppure con le occupazioni del vescovato, con Lodovico di Brandeburgo e Federico d'Austria, e rimasero in vigore sino alla fine del dominio principesco. Anche quando l'ultimo principe-vescovo di Trento, Pier Vigilio Thun, volle sostituirvi il nuovo statuto progettato dal Barbacovi, i Fiamazzi trovarono nell'illustre giureconsulto Carlo A. Pilati uno strenuo difensore. Solo l'invasione francese (1796), il dominio odiato dei Bavaresi (1806), l'inclusione nel Regno italico (1810-14) e la restaurazione austriaca distrussero la vecchia costituzione.

Gli statuti della comunità, prima latini, furono stesi in italiano nel sec. XVI; in questa occasione alle tre parti dello statuto fu aggiunto il regolamento dei boschi. Di signorie feudali, poco o nulla, in questa valle. Che la valle, dalle più antiche documentazioni (sec. XII) in poi, sia sempre stata italiana è fuori dubbio. Furono tuttavia intedescati i due minuscoli comuni di Trodena e Anterivo, che ebbero forti relazioni coi comuni germanizzati del basso Bolzanino. Nel primo, gli atti in tedesco cominciano, sporadicamente, nel Cinquecento; del tutto tedesca diventa la lingua comunale soltanto nel Settecento. In Anterivo, il giudice d'Egna, Goscalco di Bolzano, ottenne nel 1321 dal principe del Tirolo, re Enrico, il permesso di fondare 10 nuovi "masi": inizio di colonizzazione, con cui è avviato l'intedescamento di questo centro. Ma anche qui, come a Trodena, onomastica e toponomastica sono, ed ancor più erano, prevalentemente italiane.

Bibl.: H. Voltelini, Das welsche Südtirol, Vienna 1910, p. 142 segg. Sugli ordinamenti giuridici, Sartori, nella Zeitschrift des Ferdinandeums, XXXVI, e G. Perini, Statistica del Trentino, II, 1852, pp. 120-134. L'elenco degli scarî, dal 1322 al 1771, in Fr. Ambrosi, Commentari della storia trentina, Rovereto 1887, II, pp. 218-225. Dei possessi del capitolo di Trento in Fiemme, Chr. Schneller, Tridentinische Urbare, Innsbruck 1898, pp. 87-92. Sull'italianità della valle, cfr. O. Stolz, Die Ausbreitung des Deutschtums in Südtirol, Monaco 1927, I, pp. 78 segg., 153; II, pp. 274-281. Sui monumenti e le scuole artistiche locali, v.: H. Schmölzer, Kunsttopographisches aus Südtyrol, in Mittheilungen der K. K. Central Commission, s. 2ª, XXV (1899); XXVI (1900); F. Menestrina, Bernardo Clesio e i restauri del palazzo di Cavalese, in Tridentum, VII (1904); L. Felicetti, Guida di Predazzo, Cavalese 1911; L. Felicetti e V. Canal, Memorie storiche di Tesero, Panchià e Ziano, Cavalese 1912; R. Rasmo, Pittori e scultori di Fiemme, Trento 1914.

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