PONTICI, Vasi

Enciclopedia dell' Arte Antica (1996)

Vedi PONTICI, Vasi dell'anno: 1965 - 1996

PONTICI, Vasi (v. vol. VI, p. 375)

A. Canciani

Nella sua ricerca ancora oggi fondamentale, il Dohrn (1937) registrava 122 vasi p. di varia forma, attribuendoli a quattro pittori, denominati rispettivamente di Paride, di Tityos, di Anfiarao, del Tritone. Grazie al considerevole incremento della documentazione il quadro si presenta ora notevolmente più articolato; L. Hannestad, dopo accurate ricerche, ha catalogato complessivamente 196 pezzi. Ai pittori di Paride (v. vol. V, p. 953), di Tityos, (v. vol. VII, p. 887), di Anfiarao (v. vol. I, p. 372) (che ingloba ora quello del Tritone) si sono aggiunti quelli del Sileno e del Pittore dell’oinochòe 178 della Bibliothèque Nationale di Parigi.

Il fondatore della bottega, che la statistica dei rinvenimenti consente di localizzare a Vulci, è il Pittore di Paride, così chiamato per la scena del giudizio di Paride raffigurato sull'anfora Monaco 837, attivo tra il 550 e il 520 a.C.; anche se è spesso problematico identificare la nazionalità di un artefice unicamente in base alla sua opera, è probabile che egli fosse un greco residente in Etruria, per il suo composito bagaglio culturale e la sua curiosità verso il mito (Hemelrijk, 1984). Le sue origini ioniche sono evidenti; egli si ispira però per le anfore, che costituiscono la parte maggiore della sua produzione, a quelle «tirreniche», dalle quali deriva la forma del vaso e la sintassi della decorazione per le sue opere più antiche, contraddistinte da un fregio a carattere narrativo sulla spalla e due fregi fitomorfi attorno al corpo. In seguito egli elabora elementi di chiara derivazione ionica, quali le file di pernici o il fregio a meandri e stelle. Sua caratteristica sono le figure aggraziate in ordinato movimento. Gli altri ceramografi appartengono a una generazione successiva, e sono attivi tra il 530 e il 520/510 a.C.; oltre alle anfore e alle oinochòai essi decorano anche più spesso forme tipiche del repertorio etrusco, quali il calice, il kỳathos, la coppa globulare.

Il Pittore di Anfiarao, che prende il nome dall'anfora Monaco 838 con la partenza dell'eroe (il tema ritorna pure sull'anfora Basilea Ζ 209), presenta anche scene di battaglia di probabile soggetto mitologico, ma di incerta esegesi. Le sue composizioni sono spesso affollate e sulle anfore aumenta il numero dei fregi, ma le sue figure non hanno l'equilibrio e la grazia di quelle del Pittore di Paride.

Il Pittore di Tityos, così chiamato per l'anfora 171 della Bibliothèque Nationale di Parigi con la punizione dell'empio gigante per mano di Artemide e Apollo, mostra una spiccata predilezione per la figura di Eracle, che appare ben sei volte su sue opere. Sull'anfora Reading 47.VI.1 - se l'esegesi è esatta - egli dà un'inconsueta, brutale rappresentazione del mito di Troilo, con Achille che porta all'altare, quasi come una vittima sacrificale, il giovane principe troiano. La sua pittura si contraddistingue per una grande dinamicità, ma è nel contempo affrettata e imprecisa.

Il Pittore del Sileno, forse il più vicino al Pittore di Paride per il ritmo cadenzato delle sue composizioni, deve il suo nome alla prevalenza dei temi dionisiaci. Sull'anfora Louvre E 703 egli dipinge un'insolita versione del mito di Troilo, in cui anche Polissena viene sacrificata da Achille sull'altare.

Il Pittore dell’oinochòe 178 della Bibliothèque Nationale di Parigi, forse l'ultimo dei pittori pontici e, assieme al Pittore di Paride, uno dei migliori, presenta composizioni di notevole equilibrio, con pretese di raffinatezza formale. Purtroppo i pochi vasi - soltanto cinque - che gli possono venire attribuiti non consentono di precisare meglio la sua personalità.

La maggior parte dei vasi p. conosciuti proviene da vecchie collezioni o dal mercato antiquario. È perciò di particolare interesse la recente edizione di tre complessi. Il corredo della tomba 177 della necropoli dell'Osteria a Vulci comprende un'oinochòe della maturità del Pittore di Paride, un'altra oinochòe e un kỳathos del Pittore di Anfiarao, due piatti del Pittore di Tityos, un secondo kỳathos e tre calici non attribuiti; a essi sono associati tra l'altro un lỳdion marmorizzato e una coppa attica a labbro risparmiato (Rizzo, 1981). Dalla tomba 135 della stessa necropoli provengono invece due oinochòai e un kỳathos, probabilmente attribuibili al Pittore del Sileno, e vasi attici a figure nere, tra cui un'anfora del Pittore dell'Altalena e un'idria della cerchia del Pittore di Antimenes; la cronologia della ceramica d'importazione in questo secondo caso è più puntuale, circoscritta al 530-510 a.C. (Rizzo, 1981). Importante e problematico è il corredo della ex-Collezione Hirschmann, in cui tre calici non attribuiti e due oinochòai, decorate forse in collaborazione dal Pittore del Sileno e dal Pittore di Tityos, sono associate a due coppe attiche, rispettivamente di Sakonides e del Pittore del Corridore, e a un'anfora tirrenica del Pittore dei Nasi Appuntiti, con un'escursione cronologica che va dal 550 al 520 a.C. (Bloesch, 1982).

L'attenzione rivolta ai miti greci, rappresentati in parte secondo iconografie codificate, come la partenza di Anfiarao, in parte in modo da non trovare riscontri nell'arte greca (p.es. le vicende di Troilo), fa supporre che la loro conoscenza si trasmettesse non solo attraverso le arti figurative, ma anche tramite fonti letterarie (Hampe, Simon, 1964; Krauskopf, 1974).

Si è osservato che i riscontri più precisi per la Tomba dei Tori di Tarquinia si trovano sui vasi p. (Giuliano, 1969); manca un'analisi altrettanto approfondita di altre tombe tarquiniesi di età arcaica, per poter ulteriormente estendere tali confronti. La stretta relazione tra pittura vascolare e pittura funeraria - che si può osservare già nel VII sec. a.C. - viene così spiegata ipotizzando che le stesse botteghe fossero attive in entrambi i campi, e anzi riconoscendo nell'inadeguatezza dei ceramografi ad affrontare compiti così complessi quali la decorazione delle tombe, una delle cause determinanti della crisi formale della ceramografia della fine del VI sec. a.C. in Etruria (Giuliano, 1988). Altri preferisce invece spiegare le corrispondenze tra i due generi riferendole a una comune matrice culturale (Buccellato, Gatti, 1978).

I confini del gruppo pontico non sono ancora tracciati con precisione: due anfore di tipo B, Bonn 386 C e in collezione privata, assegnate dal Dohrn (1963) ma espunte dalla Hannestad (1976), assieme ad altri pezzi formano un piccolo gruppo che, anche se non dovesse rientrare pienamente tra i vasi p., è con questi in stretta relazione. Va segnalata la notevole somiglianza dei cani sulla spalla dell'anfora in collezione privata con la decorazione di alcune coppe dei Maestri Miniaturisti ionici (v. vol. V, p. 38), che il Kunze ha localizzato a Samo.

Non ancora chiariti sono i rapporti tra vasi p. e idrie ceretane, certamente prodotte a Caere tra il 530 e il 500 a.C. da Greci immigrati, probabilmente da Focea. Alcuni elementi stilistici e decorativi - figure di cavalli, metope con croci a volute - possono indicare contatti tra i pittori di vasi p. della seconda generazione e quelli delle idrie, senza che vi sia peraltro certezza (Hemelrijk, 1984). Sfuggenti sono pure i rapporti con il più prolifico ceramografo vulcente della fine del VI sec. a.C., il Pittore di Micali (v. vol. IV, p. 1103), attivo tra il 530 e il 500 a.C., in coincidenza quindi con la fase tarda della bottega pontica. Una certa affinità si può osservare con il Pittore di Tityos, ma i caratteri generali sono diversi: il Pittore di Micali predilige composizioni con poche figure e ampie superfici di vernice, ben lontano in questo dalla sovrabbondanza ornamentale dei vasi p. (Spivey, 1987).

Bibl.: T. Dohrn, Etruskische Amphora in Basler Privatbesitz, in AntK, VI, 1963, p. 62 ss.; L. Hannestad, The Paris Painter. An Etruscan Vase-Painter, Copenaghen 1974; ead., The Followers of the Paris Painter, Copenaghen 1976; Μ. A. Tiberios, Οι «τυρρενικοι» (αττικοί) αμφορείς. Η σχεοη τους με τους «ποντικούς (ετρουσκικούς) και τον Νικοσθενη, in AEphem, 1976, p. 44 ss.; C. Stibbe, Pontic Vases at Oxford, in MededRom, XXXIX, 1977, p. 4 ss.; M. A. Rizzo, Contributo al repertorio iconografico della ceramica pontica, in Prospettiva, 32, 1983, p. 48 ss.; ead., La ceramica a figure nere, in M. Martelli (ed.), La ceramica degli Etruschi. La pittura vascolare, Milano 1987, p. 31 ss.; ead., La ceramografia etrusco tardo-arcaica, in Un artista etrusco e il suo mondo. Il Pittore di Micali (cat.), Roma 1988, p. 29 ss.; I. Lund, A. Rathie, Italie Gods and Deities on Pontic Vases, in Proceedings of the 3rd Symposium on Ancient Greek and Related Pottery, Copenhagen 1987, Copenaghen 1988, p. 352 ss.

Corredi funerari: Per le tombe 135 e 177 della necropoli dell'Osteria a Vulci: M. A. Rizzo, Corredi con vasi pomici da Vulci, in Xenia, 2, 1981, p. 13 ss.

Corredo in collezione privata: H. Bioesch, Griechische Vasen der Sammlung Hirschmann, Zurigo 1982, pp. 36 ss., 96, nn. 13-21.

Nuovi vasi pomici: B. Freyer-Schauenburg, Die Geranomachie in der archaischen Vasenmalerei. Zu einem pontischen Kelch in Kiel, in Wandlungen. Studien zur antiken und neueren Kunst E. Homann-Wedeking gewidmet, Waldsassen 1975, p. 76 ss.; W. Hornbostel, Aus Gräbern und Heiligtümern. Die Antikensammlung W. Kropatschek, Magonza 1980, pp. 231 ss., n. 133 (anfora del Pittore del Sileno), 235 ss., n. 134 (oinochòe non attribuita); Kunstwerke der Antike, Münzen und Medaillen A.G., Auktion 56, Basilea 1980, p. 23, n. 50, tav. XVI (tazza globulare); R. M. Becker, Ein etruskisches Lydion in der Sammlung des Archäologischen Instituts Tübingen, in Praestant Interna. Festschrift für U. Hausmann, Tubinga 1982, p. 199 ss.; I. Krauskopf, in LIMC, II, 1984, p. 778 s., n. 24a, s.v. Artemis/Artumes (anfora del Pittore di Tityos sul mercato antiquario). Per altri esemplari inediti vedi M. A. Rizzo, La ceramica a figure nere..., cit., p. 39 s., n. 3.

Sulla relazione con le tombe dipinte: A. Giuliano, Osservazioni sulle pitture della «tomba dei Tori» a Tarquinia, in StEtr, XXXVII, 1969, p. 3 ss.; A. Buccellato, S. Gatti, Gruppo dei vasi «pontici». Alcune osservazioni sul problema dei rapporti con la coeva pittura tombale tarquiniese, in ArchCl, XXX, 1978, p. 193 ss.; A. Giuliano, Pittura vascolare e pittura parietale, in Un artista etrusco e il suo mondo..., cit., p. 39 ss.

Sulla mitologia greca in Etruria: R. Hampe, E. Simon, Griechische Sagen in der frühen etruskischen Kunst, Magonza 1964; G. Camporeale, Banalizzazioni etnische di miti greci. III, in StEtr, XXXVII, 1969, p. 59 ss.; K. Schauenbürg, Zu griechischen Mythen in der etruskischen Kunst, in Jdl, LXXV, 1970, p. 28 ss.; I. Krauskopf, Der thebanische Sagenkreis und andere griechische Sagen in der etruskischen Kunst, Magonza 1974.

Alle anfore Bonn 386 C e in collezione privata (T. Dohrn, art. cit.) si aggiungono, formando un gruppo, le anfore Tarquinia RC 7946 (A. Buccellato, S. Gatti, art. cit., tav. LXXVII) e Louvre CA 1870 (G. Camporeale, La caccia in Etruria, Roma 1984, tav. LIX, b); cfr. M. A. Rizzo, La ceramografia etrusca tardo-arcaica..., cit., p. 34, che aggiunge l'oinochòe Monaco 921 e il kỳathos Monaco 973.

Per la relazione con le idrie ceretane: J. M. Hemelrijk, Caeretan Hydriae, Magonza 1984, p. 188 ss. - Per la relazione con il Pittore di Micali: N. J. Spivey, The Micali Painter and His Followers, Oxford 1987, pp. 6 ss., 79 ss.; M. A. Rizzo, La ceramografia etrusca tardo-arcaica..., cit., p. 33.