VENETO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

VENETO

Dario Croce
Bianca Maria Scarfì
Francesco Monicelli
Mario Dal Mas

(v. venezie, tre, XXXV, p. 78; App. II, II, p. 1096; III, II, p. 1077; veneto, App. III, II, p. 1076; IV, III, p. 805)

Nel 1983, per la prima volta nella sua storia, il V. ha registrato un saldo naturale negativo di 2536 unità. Al di là della curiosità del dato in se stesso, esso di fatto sottolinea una vera e propria rivoluzione nel trend demografico. Se fino alla metà degli anni Sessanta il tasso di natalità era ancora superiore al 20ı, esso è rapidamente sceso negli anni successivi (alla fine degli anni Ottanta superava di poco l'8ı) per attestarsi su poco meno del 9ı nei primi anni Novanta (8,6ı nel 1993); il tasso di mortalità si è sostanzialmente assestato poco al di sotto del 10ı (9,2ı nel 1993). Il saldo migratorio, divenuto positivo dal 1986, ha compensato questa caduta. Ciò è dovuto soprattutto al rientro dall'estero degli emigrati e a una contrazione delle partenze legate alla difficile situazione venutasi a creare nel mercato internazionale del lavoro. Da questi fattori deriva l'assestamento della popolazione residente che è passata dai 4.123.411 abitanti del censimento 1971 ai 4.345.047 del 1981, ai 4.380.797 del 1991, ai 4.413.163 delle più recenti rilevazioni anagrafiche (1993).

Questo fenomeno non deve essere interpretato come sinonimo di stabilità o di stazionarietà, in quanto si sono prodotte sostanziali modificazioni nella struttura per sesso e soprattutto per età. In particolare a fronte di un notevole numero di adulti vi è un sensibile calo di giovani (dal 1951 al 1991 i giovani fino a 14 anni sono passati dal 27% al 14,2%) e un numero crescente di anziani (le persone con più di 65 anni sono passate dal 7,7% al 15,3%). Il rapido invecchiamento della popolazione rende sempre più problematica una ripresa della natalità e, conseguentemente, la capacità di autoriproduzione della popolazione. In particolare nell'area centrale, i poli urbani denunciano una diminuzione demografica mentre i comuni delle cinture metropolitane presentano evidenti sintomi di forte sviluppo demografico. Nelle aree marginali montane (bellunese e vicentina) solamente i comuni a netta vocazione turistica (Cortina d'Ampezzo, S. Vito, Asiago, ecc.) presentano una dinamica demografica positiva che si oppone alla forte emorragia di popolazione dai comuni a tradizionale economia agricola. Analogamente nel Polesine la popolazione dei comuni minori è in netto declino, mentre nei poli urbani (Rovigo, Adria) è ancora in atto una fase di inurbamento.

Condizioni economiche. - Nel V., come in tutte le zone economicamente evolute, si è largamente affermato il processo di terziarizzazione (il settore dei servizi impiegava, nel 1994, oltre il 53% della forza di lavoro complessiva) ma, a differenza di altre regioni italiane, rimane considerevole (con oltre il 40% della forza di lavoro occupata) l'apporto dell'industria. Nell'ambito del secondario le lavorazioni di base hanno subito sensibili ridimensionamenti, a favore dei comparti manifatturieri e delle lavorazioni ad alta tecnologia. La disoccupazione è attestata su valori frizionali mentre si è praticamente estinta la sottoccupazione agricola. Le trasformazioni sociali e le rapide modificazioni delle tecniche produttive hanno favorito la formazione di una diffusa imprenditorialità agricola, e lo stesso si è verificato all'interno del comparto industriale. Nel complesso le condizioni economiche della regione sono piuttosto evolute, anche se permangono alcuni episodi di arretratezza, legati alle zone ove l'incidenza dell'occupazione agricola è più elevata. Mediamente il reddito pro capite è ovunque superiore alla media nazionale, mentre le ricorrenti indagini sulla ''qualità della vita'' presenti nelle città italiane vedono le aree urbane del V. sempre a ridosso delle migliori.

L'agricoltura, che pur occupava fino a pochi anni fa un posto di tutto rilievo nel quadro economico regionale, con il trascorrere del tempo ha progressivamente perso di importanza. Gli occupati sono ridotti a meno del 6% (1994) della forza di lavoro complessiva, e il settore contribuisce con poco meno del 4% alla formazione del prodotto regionale. Accanto a residue forme di abbandono si sono progressivamente affermate nuove forme di imprenditorialità agricola, sono sempre più diffuse le famiglie a reddito misto e il part-time agricolo rappresenta un'altra forma di risposta alle nuove esigenze delle strutture aziendali e dei mutati rapporti tra l'agricoltura e gli altri rami economici. Nel periodo intercensuario 1970-90 sono grandemente diminuite le aziende agricole (erano 225.000 al censimento del 1990 e anche la superficie coltivata ha fatto segnare sensibili regressi).

Il declino più accentuato è sicuramente registrato nell'area montana, a testimonianza della crisi del settore, mentre nelle aree di pianura e collina sul piano strutturale si registra un sensibile ampliamento della dimensione media aziendale, specie per le aziende superiori ai 20 ha. I mutamenti hanno in particolare interessato gli orientamenti colturali e il potenziamento dell'allevamento. Particolare sviluppo ha avuto la coltura del mais, con un incremento della superficie dell'80% e con rese di 70-80 q/ha, e in anni più recenti della soia, mentre le contrazioni più accentuate riguardano il frumento (−30,1%) e le foraggere avvicendate (−38%). Fenomeno recente ma a sempre più ampia diffusione è il ''contoterzismo'' in grado di fornire un aggiornamento costante, una manutenzione dei mezzi meccanici e un contenimento dei consumi energetici.

L'industria è stata la vera protagonista dello sviluppo regionale degli ultimi decenni, tanto che già negli anni Sessanta il V. è diventato la terza regione industriale italiana. Del complesso degli addetti all'industria censiti al 1991 il 40% spetta al settore occidentale (Verona, Vicenza), il 50% a quello orientale (Padova, Treviso e Venezia) e il rimanente 10% alle aree marginali di Belluno e Rovigo. Trasformazioni si sono verificate nella struttura produttiva sia con processi di specializzazione nei settori tradizionali sia con l'affermarsi di nuovi settori ad alto contenuto tecnologico. Ciò è stato favorito da una ricca intelaiatura stradale che ha consentito una diffusione e un irrobustimento dei processi, ma soprattutto dal formarsi e consolidarsi di distretti industriali in grado di offrire alle singole imprese una maggiore flessibilità nell'organizzazione, mobilitando le risorse locali e sfruttando le economie di scala operanti a livello di area.

Le attività tradizionali, spesso di matrice artigianale, caratterizzate da imprese di piccola e media dimensione e con un'elevata occupazione di manodopera femminile, tendono a concentrarsi in aree specializzate: le aree della calzatura nella Riviera del Brenta e nel Trevigiano settentrionale (Montebelluna, Cornuda), la conceria delle pelli nel pedemonte vicentino (Arzignano, Chiampo), le ceramiche a Bassano, i mobili d'''arte'' a Cerea e Bovolone, l'oreficeria nel vicentino, l'occhialeria nel Cadore, ecc. Una forte diffusione si è poi verificata, proprio a partire dagli anni Settanta, dell'''abbigliamento in serie'' di cui l'esempio più eclatante è quello della Benetton di Ponzano Veneto, azienda leader a livello mondiale. Particolari specializzazioni produttive hanno caratterizzato il ramo delle macchine elettriche e della meccanica di precisione con l'affermarsi di nuove imprese con elevati investimenti per addetto e alta terziarizzazione interna. Queste presentano, però, una localizzazione urbana e periurbana nell'area forte (Padova, Verona, Venezia). A questo scenario così dinamico resta sostanzialmente estraneo il polo industriale di Marghera con la grande industria di base (chimica, metallurgica, petrolifera, ecc.), quasi un corpo estraneo alla realtà industriale veneta. A causa della sua rigidità non ha avuto una funzione trainante ed è attualmente su una posizione difensiva di fronte a una divisione del lavoro in profondo mutamento. Le conseguenze di questo macroscopico sviluppo economico sono chiaramente evidenziate dall'incremento delle esportazioni e da un saldo attivo sui 12.000 miliardi.

I 777.916 attivi censiti al 1981 nel vasto ed eterogeneo raggruppamento del settore terziario, passati nel 1994 a circa 950.000 (il 53% circa della popolazione attiva), sottolineano con grande evidenza il profondo processo di ristrutturazione dell'economia regionale. Poco più di un terzo degli addetti è occupato nel ramo commerciale, un altro terzo nei servizi pubblici e privati, e la parte restante è abbastanza equamente suddivisa fra i rami dei trasporti e comunicazioni, degli alberghi e pubblici esercizi e del credito e assicurazioni. Particolare rilevanza rivestono le attività terziarie rivolte alle imprese con lo sviluppo di poli fortemente infrastrutturati atti a servire la domanda locale e a gestire gli scambi con l'estero.

I principali nodi intermodali (porti, aeroporti, nodi ferroviari) di importanza nazionale e internazionale sono localizzati all'estremità dell'asse centrale a Verona e nell'area Padova-Venezia-Treviso. A Verona e Chioggia sono incentrate le infrastrutture per la commercializzazione anche internazionale dei prodotti alimentari, mentre esiste una rete diffusa di centri attrezzati sia per bacini di utenza ad ampiezza regionale (Padova, mercati ortofrutticoli e ittici della provincia di Rovigo) sia per aree locali. Il commercio all'ingrosso per i settori extragricoli si appoggia ad aree specializzate diffuse nell'area forte. Di grande rilievo è l'affermarsi dell'innovazione telematica a innescare una rivoluzione che privilegia lo spostamento di informazioni piuttosto di quello di merci e persone. In questo ambito la gerarchia è marcata e vede la concentrazione di questi servizi ''direzionali'' nelle province in cui sono situate le città maggiori (Venezia, Padova e Verona).

Il turismo, per le sue risultanze economiche e per la rilevanza del suo assetto organizzativo, si conferma uno dei principali settori produttivi. Tuttavia a partire dagli anni Settanta esso ha manifestato significativi cambiamenti qualitativi proprio per meglio diversificare l'offerta in risposta sia alla crescente domanda di turismo congressuale, fiere, viaggi d'affari, ecc., legata ai processi di terziarizzazione del sistema produttivo, sia a cambiamenti dei modelli di consumo conseguenti l'aumentato benessere. Gli anni Ottanta non sono stati caratterizzati, come nel passato, da una grande crescita. Con un debole aumento degli arrivi, le presenze in un primo tempo sono diminuite, quindi hanno ripreso a incrementarsi, fino a sfiorare i 47 milioni. Mete privilegiate, soprattutto dalla componente straniera, sono le aree tradizionali a sviluppo consolidato, e cioè le località marine e lacustri, seguite dalla montagna vicentina, bellunese e veronese e dai centri termali (Abano, Montegrotto). Ma anche il sistema insediativo centrale è stato fortemente coinvolto dal turismo. In particolare si è avuto un accentuato sviluppo delle seconde case nelle aree collinari mentre s'intensificano sempre di più fenomeni di pendolarismo sia dai centri urbani alle aree di turismo domenicale, sia dalle aree turistiche ai centri storici e a Venezia in particolar modo.

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Preistoria e archeologia. - La regione benacense, a partire dal Bronzo medio, diventa una delle più importanti zone di promozione metallurgica italiane ed europee, nella quale Bor di Pacengo prima e Peschiera poi rappresentano i centri maggiori. In questo periodo compaiono le prime punte di lancia con immanicatura a cannone, i falcetti, le asce ad alette, le spade e le daghe. Durante il Bronzo medio, e soprattutto nel Bronzo recente, nuove porzioni di territorio vengono densamente popolate: la pianura veronese (Castello del Tartaro, S. Zeno di Cerea, Fabbrica dei Soci, Fondo Paviani, Stanghelletti, ecc.) e la regione berico-euganea (Sossano, Castellon del Brosimo, M. Crocetta di Arcugnano, Alonte, Altavilla sui Colli Berici; Marendole, M. Rosso, Malandrina, Galzignano, Mandriola, Valbona nel padovano). In queste regioni si fanno sempre più stretti i contatti con gli ambiti culturali peninsulari (appenninici e subappenninici), come indicano gli stringenti confronti con le forme e le decorazioni ceramiche. Numerose informazioni circa la struttura di queste comunità vengono dalle necropoli, in cui si riscontrano anche diversità di rituali. Quelle di Povegliano, Bovolone, Franzine Nuove, per es., testimoniano l'uso del rito sia dell'inumazione che della cremazione. Durante il Bronzo recente prevale invece il rito della cremazione, parallelamente attestato nel resto dall'Europa nell'ambito dei Campi di Urne.

Il V. nord-orientale rimane tuttora poco conosciuto, ma gli sporadici ritrovamenti di materiali soprattutto bronzei fanno ritenere che questa regione fosse attivamente inserita nella fitta rete di scambi che legava l'Italia settentrionale all'Europa continentale. Verso la fine dell'età del Bronzo recente (12° secolo a.C.) molti insediamenti collinari e di pianura vengono abbandonati a causa di una concomitanza di fattori quali il deterioramento climatico, l'esaurimento delle risorse naturali e i mutamenti nell'assetto politico/sociale delle comunità. La continuità di abitazione è documentata in alcuni siti del vicentino (M. Madarosa, Castellon del Brosimo) e della pianura veronese (Fabbrica dei Soci, Fondo Paviani, Castello del Tartaro).

Per il Bronzo finale la prosecuzione delle ricerche nelle già note località del veronese (Bovolone, Franzine, Oppeano, Gazzo, Isola Rizza), del padovano (Montagnana) e del Polesine (Frattesina) ha dato notevole apporto alla conoscenza sia del periodo tra la fine dell'età del Bronzo e l'inizio dell'età del Ferro (10°-9° secolo a.C.), momento di particolare interesse per la protostoria veneta, sia dei periodi successivi, dall'età del Ferro alla romanizzazione. Nell'insieme della protostoria del V. assume importanza sempre più notevole l'insediamento protovillanoviano di Frattesina che, per sviluppo economico e attività commerciale, l'uno e l'altra dovuti alla posizione geografica, appare il precursore in età protostorica di quello che in età storica fu il centro commerciale di Adria. Alle scoperte dell'abitato si sono recentemente aggiunte quelle delle necropoli a incinerazione databili dall'11° al 10° secolo a.C. La conferma dell'importanza preminente di Este in età paleoveneta è fornita dalla ripresa degli scavi in una delle necropoli settentrionali (Casa di Ricovero) con la scoperta di più di cento tombe; di particolare rilevanza quella di una donna, Nerca Trostiaia, a grande sarcofago, con corredo molto ricco degli inizi del 3° secolo a.C. Molti scavi condotti nelle aree urbane, dovuti alla necessità di seguire opere pubbliche e interventi privati, hanno spesso portato a risultati di notevole interesse, dal momento che tutte le città del V. furono sede di insediamenti protostorici e divennero poi in età romana municipi o colonie (Concordia).

Indubbiamente le scoperte di maggior spicco, dovute a scavi urbani, sono quelle relative a Verona e a Oderzo. A Verona si è identificato e datato al 1° secolo a.C. il Capitolium ubicato a nord del foro (Piazza delle Erbe), al di sotto di Palazzo Maffei, e si è invece identificato nella Curia l'edificio a ovest del foro in cui si era precedentemente creduto di riconoscere i resti del tempio capitolino. Sempre a Verona si sono scoperti la struttura a corte centrale e il basamento di uno dei due torrioni poligonali che fiancheggiavano la fronte esterna della porta Leoni di età tardo-repubblicana (metà del 1° secolo a.C.). Molti tratti di strade confermano il tracciato regolare dell'impianto urbano veronese, che recenti misurazioni indicano formato da isolati rettangolari, con lati di m 74 e m 78; la conoscenza dell'edilizia privata, però, rimane lacunosa, non solo per la fase tardo-repubblicana e augustea ma anche per quelle successive. È comunque certo che Verona si estese al di fuori delle mura almeno dalla prima metà del 1° secolo d.C.; restauri e rifacimenti di pavimentazioni la mostrano città ancora vitale fino al 4° secolo. Nel centro di Oderzo sono conservati in vista, al di sotto di un moderno complesso edilizio, una parte del lastricato del foro di età cesariana, le fondazioni dell'attigua basilica e pregevolissimi pavimenti in battuto a fondo bianco di una casa signorile, databili alla seconda metà del 1° secolo a.C. Una strada e pavimenti di altre case, scoperti a nord del foro, permettono di comprendere l'impianto del municipio romano, di cui è attestata continuità di vita fino al 4° secolo d.C. per la presenza dei noti mosaici pavimentali di una grande domus urbana tardo-antica.

Anche a Feltre è conservata sotto la piazza della cattedrale un'ampia area archeologica comprendente le fondazioni del primo battistero e di costruzioni altomedioevali, una strada romana basolata, due grandi aule pavimentate a lastre di marmo e a mosaico; una statua marmorea di Esculapio di grandezza superiore al vero, qui trovata, indica che la zona ebbe, dall'età romana in poi, destinazione pubblica e sacrale. Della colonia romana di Concordia si conosceva con buona approssimazione la pianta già alla fine dell'Ottocento; gli scavi recenti confermano l'ubicazione del teatro, di cui rimangono scarsissimi resti, ai margini dell'area urbana nord-occidentale, e delle mura in mattoni di età augustea, scoperte nel tratto nord-orientale, presso il quale è venuto in luce un edificio termale del 3° secolo d.C. Gli scavi nella piazza della cattedrale, posta a oriente delle mura, fra queste e il sepolcreto delle milizie, documentano l'espansione dell'area urbana al di fuori delle mura già dal 1° secolo d.C. e la sua continuità di vita fino a età tardoantica.

Rimangono ancora ignoti il tipo di insediamento e l'espansione di Vicenza paleoveneta e del primo centro romano, che dovette svilupparsi lungo il percorso della via Postumia. Sono in parte noti il tracciato delle mura di età tardo-repubblicana e di qualche strada urbana; essendo scarsi anche i resti di pavimenti, non si hanno finora dati assolutamente probanti per confermare il già supposto impianto regolare di Vicenza. È stato scoperto un tratto della pavimentazione a lastre del foro, ubicato nell'area di Piazza dei Signori. Permangono scarse anche le vestigia di epoca romana di Padova, che dovette adattare il suo assetto urbano a quello irregolare del fiorente centro paleoveneto a cui si sovrappose. Si sono scoperti all'interno dell'ansa del Medoacus (Brenta) vari tratti delle mura in grandi blocchi di calcare dei Berici: sono da attribuire al primo impianto del municipio romano e da datare al 40-30 a.C. come il ponte S. Lorenzo. Carotaggi e scavi hanno circoscritto l'abitato antico di Adria nell'area meridionale di quello moderno, e le fotografie aeree hanno rivelato l'esistenza dell'agro centuriato a nord-ovest della città; di Adria preromana e romana si conosce però solo quanto è deducibile dallo studio dei materiali delle sue grandi necropoli: quelle finora esplorate, databili tra la fine del 4° secolo a.C. e il 1° secolo d.C., mostrano stretti contatti con l'area volterrana fino al 2° secolo a.C. e poi, dallo scorcio del 2° secolo a.C., contemporaneamente quindi alla costruzione della via Popillia del 131 a.C., una precoce assimilazione di modi e costumanze romane.

L'unico centro del V. che, per le mutate situazioni ambientali della costa dell'alto Adriatico, non ebbe continuità di vita in età moderna fu il municipio romano di Altino; sorto sul margine nordoccidentale della laguna, sull'area di un precedente insediamento paleoveneto, ebbe in età romana le funzioni mercantili e imprenditoriali che furono poi, in età medioevale e moderna, proprie di Venezia. Più di 2000 tombe e molti monumenti funerari di vario tipo e di accurata esecuzione provengono dagli scavi ancora in corso delle amplissime necropoli situate lungo le strade che servivano la città: l'Annia, la Claudia Augusta, la via per Oderzo. Le poche aree dell'abitato che si sono finora potute esplorare sono nella zona nordorientale, dove sono in luce una strada fiancheggiata da mosaici pavimentali di case del 1° e 2° secolo d.C., e le fondazioni di una porta urbica a cavedio, fiancheggiata da torri, del tipo di porta Leoni di Verona, databile alla fine del 1° secolo a.C. e attribuibile quindi all'organizzazione urbana del municipio di età augustea.

In base all'abbondante documentazione archeologica, fornita dai molti scavi degli ultimi anni, sembra di poter affermare che il V. in età romana ebbe un periodo di eccezionale floridezza dalla fine dell'età repubblicana a tutto il 1° secolo d.C. quando, create le grandi strade, furono organizzati gli impianti urbani e, con la centuriazione, anche le campagne; già dal 2° secolo si avvertono i primi sintomi di decadenza, dovuti al diminuito potere economico per l'esaurirsi delle correnti di traffico con le regioni transalpine dell'impero; mancano grandi iniziative edilizie pubbliche e anche quelle private si limitano a riadattamenti di strutture preesistenti. Nel 3° e nel 4° secolo testimonianze di rilievo sono documentate nelle città che assumono importanza militare, Concordia e Verona; si mostrano ancora vitali anche gli appartati centri pedemontani di Asolo, Feltre, Belluno, e capacità di sopravvivere grazie alle loro risorse dimostrano le grandi ville rustiche e piccoli centri di commercio e di transito, come quelli situati presso la costa adriatica ricordati dagli itinerari tardi: Ariano Polesine (mansio Hadriani) e Corte Cavanella di Loreo (mansio Fossis). Già dal 3° secolo, diventate insicure le grandi arterie romane dell'entroterra, assumono prevalentemente importanza le vie costiere ed endolagunari presso le quali sorgeranno nell'alto Medioevo i centri di Eraclea, Jesolo, Malamocco, Venezia. Vedi tav. f.t.

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Arte. - La tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico veneto hanno registrato un sensibile impulso nel corso degli anni Ottanta in seguito alla sinergia che si è venuta a creare tra gli organi istituzionali dello stato rappresentati dalle Soprintendenze giurisdizionalmente competenti e le istituzioni locali, in primo luogo, per quanto concerne l'attività di censimento e di catalogazione, la Regione Veneto. Questa, con L.R. 50/84 art. 44, ha avviato l'inventariazione e catalogazione del patrimonio dei beni storico-artistici dei musei del V., e con L.R. 2/86 ha istituito il Centro Regionale di Documentazione dei beni culturali e ambientali del Veneto. Ulteriore spinta all'attività di catalogazione è stata data dalla l. 4/86 art. 15 (giacimenti culturali) e dalle leggi speciali nn. 84/90 e 145/92. L'attività di restauro, sempre promossa in raccordo con le competenti Soprintendenze, ha subito un notevole incremento sia per intervento statale che per intervento privato. Per quanto concerne l'apporto dello stato, da menzionare i contributi specifici, come i progetti FIO (Fondi Investimento Occupazione) del 1982, per il restauro e la riattivazione dei teatri storici del V. (rinnovato nel 1984) e per le Ville Venete, e le leggi speciali, tra le quali fondamentale la l. 233/91 "Finanziamento per il restauro e il recupero delle Ville Venete", rifinanziata con la l. 538/93, che ha integrato il contributo regionale erogato all'Istituto Regionale per le Ville Venete (IRVV), istituito con L.R. 63/79 dopo che l'Ente per le Ville Venete, istituito con l. 243/58, era cessato il 31 dicembre 1978 in base alla l. 222/78 sulla soppressione degli enti inutili.

Per quanto riguarda l'intervento privato, l'entrata in vigore della l. 512/82 "Regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale", che ha dato una configurazione giuridica alla cosiddetta sponsorizzazione, ha favorito gli interventi finanziati dai privati in relazione sia a opere di restauro che all'attività culturale e alla ricerca scientifica. Tra questi da citare, per la continuità dell'attività: la Banca Popolare di Verona, che ha promosso il complesso recupero della chiesa paleocristiana di San Procolo (1988), del chiostro (1986), della torre e del palazzo abbaziale di San Zeno (1992), con la riscoperta del grande affresco della prima metà del 13° secolo raffigurante l'omaggio delle genti d'oriente a Federico ii, e che si è fatta anche fautore del restauro delle facciate affrescate, ancora numerose a Verona; il Banco Ambrosiano Veneto che promuove dal 1989 campagne annuali di restauro di beni mobili, segnalati dalle Soprintendenze competenti, e la relativa presentazione nella propria sede di palazzo Leoni Montanari a Vicenza; la Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona che ha finanziato, tra gli altri, il restauro e la ricollocazione (1993) nella sede originaria del Paramento Civran, monumentale ciclo pittorico seicentesco raffigurante le storie della ''vera Croce'', voluto dal vescovo Civran a ornamento del presbiterio della cattedrale di Vicenza e rimosso in seguito alle ricostruzioni postbelliche. Considerevole anche l'impulso che è stato dato all'editoria di storia e di arte veneta da parte degli istituti di credito che operano nella regione.

Tra i restauri più significativi condotti a termine negli anni Ottanta nel V. si ricordano a Padova il restauro degli affreschi di Giusto de' Menabuoi nel Battistero del Duomo conclusosi nel 1985, dopo che i lavori, iniziati nel 1976 sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni artistici e storici del V., si sono protratti per quasi un decennio, e quindi il recupero della complessa decorazione plastico-pittorica dell'Odeo Cornaro, tra le più significative architetture rinascimentali della città (1994). A Verona, sempre a cura del medesimo ufficio, sono stati compiuti i restauri delle porte bronzee della basilica di San Zeno Maggiore; significativi i frammenti di policromia emersi con tracce di oro, azzurrite e cinabro. Sono state pulite, con notevoli risultati, anche le sculture del portale del duomo e del portale di San Zeno. A Vicenza si è presentato assai delicato il recupero delle decorazioni a marmorino e stucco del Teatro Olimpico. È stato restaurato anche il complesso ornato plastico di palazzo Porto Barbaran, futura sede del Centro Internazionale di Studi di Architettura (CISA) ''A. Palladio'' e dell'Ufficio periferico delle Soprintendenze, e della loggia del Capitaniato, entrambe opere di A. Palladio. In territorio trevigiano da segnalare i restauri, finanziati dall'amministrazione provinciale, di tre celebri opere di Lorenzo Lotto in occasione del centenario della nascita dell'artista (1980): il monumento Onigo a S. Nicolò in Treviso, l'Assunta del duomo di Asolo e la pala della Madonna e Santi di Santa Cristina al Tiverone. Sempre a Treviso, l'Istituto centrale del restauro ha curato l'impegnativo recupero della decorazione a fresco della cappella degli Innocenti nella chiesa di S. Caterina dei Servi di Maria (1993). A Cittadella da segnalare il ritrovamento nel palazzo Pretorio (1988), e quindi l'inizio dei restauri, di ben tre strati di decorazione affrescata dal 15° agli inizi del 16° secolo. Un cenno merita pure il restauro articolato in più anni delle sale nobili dello storico caffè Pedrocchi di Padova, che ha posto l'accento sulla tutela e sulla destinazione dei pochi locali pubblici storici rimasti. Va anche ricordato che i musei civici veneti realizzano sistematicamente e con continuità, con fondi propri integrati da contributi regionali, campagne di restauro delle opere dei loro depositi.

In relazione alle istituzioni museali, che nel V., tranne la Galleria dell'Accademia, la Ca' d'Oro, il Museo d'arte orientale, il Museo Archeologico di Venezia, il Museo Nazionale Atestino e la Villa Pisani di Stra appartenenti allo stato, rivestono per la quasi totalità la figura giuridica propria del museo civico dipendente dagli assessorati alla Cultura dei singoli comuni, è stato inaugurato a Rovigo nel 1980 il Museo Civico delle Civiltà del Polesine nell'ex monastero olivetano di S. Bartolomeo Apostolo. A Verona sono stati riaperti nel 1982 il Museo Maffeiano, l'istituzione museale più antica della città, la Civica Galleria d'arte moderna di Palazzo Forti, che ha dato vita a un notevole numero di esposizioni d'arte contemporanea, tra cui Picasso in Italia (1990), Da Magritte a Magritte (1991), Paul Klee (1992), Vasilj Kandinskij (1993), e nel 1990 la Fondazione Museo Miniscalchi Erizzo, voluta dall'ultimo rappresentante della famiglia a conservazione del palazzo e delle raccolte aviti, pure impegnata in manifestazioni espositive. A Padova sono stati ultimati i lavori per la nuova sede del Museo agli Eremitani dove sono state trasferite dalla vecchia sede di piazza del Santo le civiche raccolte patavine. L'opera di ricognizione, inventariazione, revisione critica, restauro e collocazione delle opere è stata avviata con l'esposizione intitolata La Quadreria Emo Capodilista (1988), cui sono seguite Da Giotto al Tardogotico (1989), Da Bellini a Tintoretto (1991) e Ponentini e foresti (1992). Completato infine il riordino delle collezioni del Museo Nazionale Atestino a opera della Soprintendenza archeologica del Veneto. Il Museo di Storia e di Scienze naturali ''Bellona'' di Montebelluna, dedicato alle caratteristiche naturalistiche e ai ritrovamenti di scavo del territorio, ha trovato nuova sistemazione nella restaurata barchessa della villa Mocenigo (1980), mentre nel 1986 è stato inaugurato il Museo Diocesano d'Arte sacra di Vittorio Veneto. A Vicenza è stata allestita la nuova sezione d'arte medievale del Museo Civico di Palazzo Chiericati (1987), cui è stata lasciata nel 1990 la raccolta d'arte contemporanea dell'editore N. Pozza, e completato il restauro del complesso conventuale di Santa Corona (1991) per ospitare le collezioni civiche naturalistica e archeologica. A Bassano del Grappa nel 1992 è stata inaugurata la nuova sede della sezione ceramiche delle raccolte del Museo Civico nel restaurato settecentesco palazzo Sturm.

L'attività culturale e scientifica realizzata in questo decennio dalle istituzioni che operano nel V. è stata soprattutto volta ad allargare e precisare le conoscenze storico-artistiche delle situazioni locali emergenti dal complesso tessuto delle opere d'arte e dei manufatti diffusi nel territorio. Così in particolare il Museo di Castelvecchio a Verona, con le mostre Palladio e Verona (1980), Veronese e Verona (1988), Felice Casorati a Verona (1986), Bernardo Bellotto: Verona e le città europee (1990), ha inteso approfondire la conoscenza della posizione artistica veronese, mentre con le esposizioni Le stoffe di Cangrande (1983), Lotze, lo studio fotografico (1852-1909) (1984), La collezione di Stampe antiche (1985), Miniatura veronese del Rinascimento (1986), Disegni veronesi al Louvre (1530-1630) (1994) ha presentato organicamente al pubblico la parte meno conosciuta delle proprie raccolte e fatto conoscere opere d'arte veronese conservate presso altri musei.

Il 1980, anno palladiano, ha visto impegnati soprattutto gli enti culturali vicentini, primo fra tutti il CISA ''A. Palladio''. Palladio: la sua eredità nel mondo e Andrea Palladio il testo, l'immagine, la città sono i titoli delle principali manifestazioni organizzate. Nel 1990 le istituzioni vicentine hanno rinnovato lo sforzo con I Tiepolo e il Settecento vicentino, manifestazione articolata in diverse sedi. Da ricordare in Basilica la presentazione al pubblico nel 1994 della raccolta privata ''Gaetano Marzotto'', tra le maggiori di dipinti italiani del secondo Ottocento.

Anche il Museo Civico di Bassano del Grappa, con mostre come Luca di Leida 1489/94-1533: stampe delle collezioni Remondini (1984), Giovanni Volpato 1735-1803 (1988), Il Mondo Nuovo. Le meraviglie della visione dal '700 alla nascita del cinema (1988), Remondini. Un editore del Settecento (1990), La ceramica degli Antonibon (1990) e soprattutto con la grande mostra dedicata a Jacopo Bassano (1992), realizzata in collaborazione con il Kimbell Art Museum di Fort Worth (Texas), occasione fra l'altro di restauro di opere dell'artista sparse nel territorio, ha promosso una politica culturale di conoscenza del proprio patrimonio. Da segnalare gli affreschi restaurati e recuperati di Jacopo Bassano che decoravano la facciata di casa Dal Corno in piazzotto Montevecchio, ospitati nel museo dal 1983.

Il 750° anniversario della morte di S. Antonio (1981) ha fornito l'occasione per la mostra patavina dal titolo S. Antonio 1231-1981. Il suo tempo, il suo culto e la sua città. Anche con I Benedettini a Padova e nel territorio padovano attraverso i secoli (1980), Alvise Cornaro e il suo tempo (1980) e le successive manifestazioni dedicate a Jappelli e Pedrocchi (1984), a Giotto (1985-87), ai Dondi dell'Orologio (1989), tanto per citarne alcune, le istituzioni culturali operanti a Padova hanno posto in risalto le valenze storiche e culturali della città. Vanno ricordate anche le manifestazioni Pietro Paolo Rubens (1990), I Sadeler (1992), Pietro Damini. 1592-1631 Pittura e Controriforma (1993), Campigli (1994) e Luca Carlevarijs e la veduta veneziana del Settecento (1994).

Treviso ha commemorato i suoi artisti con le mostre Tommaso da Modena (1979), Lorenzo Lotto a Treviso (1980) e Paris Bordon (1984). Da ricordare anche Carlo Scarpa. Il progetto per Santa Caterina a Treviso (1984), Luigi Serena (1985), Arturo Martini (1989 e 1992), questa seconda mostra in occasione dell'acquisto dell'importante gruppo di Adamo ed Eva opera dell'artista. Il tema del manifesto, grazie alla ricchissima raccolta Salce di proprietà statale in deposito al museo, è stato al centro, infine, di una serie di esposizioni al Museo Civico ''Luigi Bailo''. Da segnalare a Conegliano la mostra Cima da Conegliano e il Rinascimento (1993), occasione di restauri di opere nel circondario e di un convegno sull'artista.

La rodigina Accademia dei Concordi ha impostato la propria attività in parte sullo studio delle proprie collezioni con mostre come Le virtù terapeutiche delle piante (1985) e in parte sulla presentazione dei lavori di restauro condotti nella provincia dalle competenti Soprintendenze con la manifestazione, per es., Restauri nel Polesine. Dipinti: documentazione e conservazione (1984).

A Belluno sono da menzionare la mostra Arte del '600 nel Bellunese (1981), Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento (1993), Capolavori della pittura veneta dal Castello di Praga (1994) e le personali dedicate a Tancredi (1990), Tommaso Cascella (1992), Antonio Corpora (1992). A Feltre ha suscitato notevole interesse la manifestazione dedicata a Pietro De Marascalchi. Restauri, studi e proposte per il Cinquecento feltrino (1994), articolata in più sedi e occasione di importanti recuperi.

Tra le attività organizzate da soggetti privati va ricordata la mostra itinerante Pietro Longhi. I dipinti di Palazzo Leoni Montanari (1982), dove sono stati presentati i 14 quadri della collezione Salomon, parte del maestro, parte della scuola, acquistati dalla Banca Cattolica del Veneto, ora Banco Ambrosiano Veneto, per la propria sede restaurata di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza, e l'altra, sempre itinerante, Arturo Martini. La collezione della Banca Popolare di Vicenza (1994), in occasione dell'acquisto, da parte dell'Istituto, dei gessi del cosiddetto Gruppo di Blevio realizzati dall'artista nel 1935. Da ricordare a Verona l'attività della galleria ''Lo Scudo'' con manifestazioni di notevole livello che hanno avuto il patrocinio della Regione Veneto e del Comune di Verona, tra cui Realismo Magico (1989), Boccioni 1912 Materia (1992) e Mario Cavaglieri. Gli anni brillanti (1994).

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Tutela dei beni architettonici. - Il V. ebbe a subire, durante la seconda guerra mondiale, danni incalcolabili al patrimonio architettonico e artistico a causa principalmente dei bombardamenti alleati del 1944-45 che, in varia misura, colpirono le città maggiori. I restauri post-bellici e i parziali ripristini furono affrontati con un preciso senso critico nella scelta del metodo, cogliendo l'occasione per sperimentare tecnologie avanzate. Per citare solo le opere più importanti, a Vicenza furono ricostruite le navate del Duomo, la carena e la copertura della Basilica Palladiana; a Treviso fu operato il salvataggio in situ delle murature perimetrali del Palazzo dei Trecento; simile lavoro fu eseguito anche per il raddrizzamento dei muri longitudinali della duecentesca Chiesa degli Eremitani a Padova, che ebbe anche rifatta la copertura e ricostruita l'abside; a Verona furono ricomposte per analogia le parti mancanti delle chiese romaniche di S. Lorenzo e di S. Giovanni in Valle e furono ricostruiti il ponte di Castelvecchio e il cosiddetto Ponte di Pietra, minati e abbattuti pochi giorni prima della liberazione; Bassano riebbe il suo ponte in legno, riproposto fedelmente secondo il disegno di A. Palladio.

Cessata l'emergenza, le maggiori attenzioni e risorse si concentrarono su Venezia. La città, unicum irripetibile, riconosciuta patrimonio culturale dell'umanità, ebbe a usufruire dell'esperienza di cooperazione internazionale promossa dall'UNESCO e attuata con la Legge Speciale della Repubblica italiana (16 aprile 1973, n. 171).

Il programma seguito per la città lagunare si basò sul mantenimento dei principali nodi culturali per definire i punti significativi della qualità urbana: in quest'ottica si operarono scelte d'intervento nel rispetto dei problemi contingenti e di priorità miranti alla salvaguardia e alla valorizzazione dell'enorme patrimonio demaniale ed ecclesiastico. L'importanza primaria, ovviamente, è stata rivolta al complesso monumentale della piazza di S. Marco, in cui la Basilica impegnò le massime risorse ed energie (dal 1948 al 1972), principalmente per i delicati lavori di consolidamento fondale, per il restauro delle volte e dei catini absidali e per dare stabilità al partito musivo. Altri significativi interventi di consolidamento e restauro sono stati eseguiti nella Basilica dei SS. Maria e Donato a Murano e nell'ex Convento dei Frari, ora Archivio di Stato, per l'adeguamento statico del Refettorio d'estate. È stato predisposto un programma a lungo termine per la progressiva valorizzazione a sede museale del complesso dell'Arsenale della Serenissima. Tra le innumerevoli operazioni di conservazione e tutela vanno menzionati, sempre a Venezia, gli eccellenti restauri di Palazzo Grimani, opera del Sanmicheli, anche per il recupero del partito decorativo, e della Chiesa di S. Zan Degolà come esempio di conservazione integrale. Non può essere ignorata infine, la ristrutturazione di Palazzo Grassi, attuata dal gruppo Fiat, se non altro per la grande risonanza internazionale che il nuovo centro culturale-espositivo ha avuto con una serie di mostre di alto livello.

Nella parte orientale del V. non tutte le operazioni di tutela eseguite antecedentemente agli anni Ottanta si possono definire accettabili (per es., i discutibili interventi riguardanti il campanile e il Duomo di Caorle e il Ponte della Torre a Este), ma in seguito esse si sono caratterizzate per il rispetto filologico e i criteri mirati alla conservazione: la Villa Pisani a Stra ne è un significativo esempio, per la metodica attuata nell'intervento di restauro della villa e del parco-giardino. Vanno altresì ricordati gli interventi di restauro della Rocca medioevale di Andraz (Belluno) nel cuore delle Dolomiti, per i completamenti protettivi del manufatto; il misurato intervento strutturale nella copertura e il restauro nella sua globalità del santuario di S. Vittore e Corona a Feltre; gli interventi architettonici eseguiti per la conservazione dei siti archeologici messi in luce sotto i pavimenti delle Cattedrali di Feltre e di Concordia Sagittaria.

Nel V. occidentale, a Verona spicca, per la eccezionale peculiarità storico-urbana, il recupero della cinta di Cangrande che trova il suo polo nel ricostruito Ponte Scaligero e nel Castelvecchio: quest'ultimo ebbe un'interessante integrazione per mano di C. Scarpa, forse non proprio ortodossa dal punto di vista metodologico della cultura del restauro, ma attuata con piena autonomia di linguaggio critico, pregno di motivata creatività. I più recenti lavori eseguiti in questo settore del V. si sono improntati ai criteri del restauro conservativo, mirando al consolidamento statico. Ricordiamo le Arche Scaligere, la basilica di S. Zeno e la cattedrale di S. Maria Assunta a Verona; il restauro del convento di S. Silvestro e di alcune opere palladiane, quali la Loggia del Capitaniato, la Basilica, Palazzo Chiericati e il restauro dell'intero complesso demaniale di Palazzo Barbaran da Porto a Vicenza; e ancora l'ex abbazia della Vangadizza a Badia Polesine e la cattedrale dei SS. Apostoli ad Adria.

Per quanto riguarda le Ville Venete, sono stati schedati ben 4000 edifici con caratteristiche monumentali, nella maggioranza di proprietà privata, che versano in preoccupante situazione di generale degrado, incuria e abbandono. Negli ultimi anni, l'Istituto regionale per le Ville Venete, specificamente preposto alla tutela di questi edifici, ha potuto usufruire, tramite la Regione, del contributo straordinario dello stato − stabilito con l. 233/91 − e garantire la copertura finanziaria per oltre 300 interventi di salvaguardia.

Tutela dei beni ambientali. - Importanti iniziative sono state proposte, e sono in gran parte in fase di attuazione, per la tutela ambientale nel V.: primeggia l'istituzione con D.L. 20 aprile 1990 n. 24, del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, che mira a salvaguardare, oltre ai valori paesaggistici, naturalistici, faunistici e vegetativi, anche la valenza storico-antropica presente (malghe, mulattiere della grande guerra, ecc.) e il patrimonio architettonico (per es., la cinquecentesca Certosa di Vedana all'inizio della Vallata Agordina, Belluno). A fianco di questa istituzione trainante, per iniziativa della Regione V. sono stati poi istituiti quattro altri grandi parchi regionali: il Parco dei Colli Euganei (L.R. 10 ottobre 1989 n. 38), che congloba nel suo interno cospicui paesi; il Parco della Lessinia (L.R. 30 gennaio 1990 n. 12) che riguarda un territorio ricco di attività economico-produttive; il Parco delle Dolomiti d'Ampezzo (L.R. 22 marzo 1990 n. 21), dato in gestione alla comunità locale rappresentata dalle Regole; il Parco del Sile (L.R. 28 gennaio 1991 n. 8). Inoltre il Piano territoriale regionale di coordinamento del 1991 individua 68 aree del V. sottoposte a norme di salvaguardia ambientale: si citano quelle del Massiccio del Grappa, del Bosco del Cansiglio, delle Marmarole, dei monti Pelmo e Civetta, della Laguna Veneta, del Pasubio, ecc. Va ricordato infine che è in via di approvazione una legge quadro per la creazione del Parco interregionale del Delta del Po. Vedi tav. f.t.

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