VERGERIO, Pietro Paolo, il Giovane

Enciclopedia Italiana (1937)

VERGERIO, Pietro Paolo, il Giovane

Benedetto Nicolini

Giurista e riformatore religioso, nato a Capodistria nel 1498, morto a Tubinga il 4 ottobre 1565. Già doctor in utroque, giudice, professore universitario e avvocato, mortagli appena la moglie, Diana Contarini (1527), si pose, pur restando laico, ai servigi della Chiesa cattolica. Nel 1533 fu mandato nunzio in Germania; nel 1536, consacrato; lo stesso giorno, prete e vescovo, ottenne primamente la diocesi di Modrus in Croazia, poco di poi (6 settembre) quella di Capodistria. Recatosi nel 1540 al convegno di Worms, quale rappresentante ufficiale della Francia, si oppose bensì, conforme segrete istruzioni romane, ai disegni conciliativi di Carlo V: sennonché, già incline alle tendenze moderate del cardinale Gasparo Contarini, rese ancora più stretti taluni suoi rapporti, cominciati sin dal tempo della sua nunziatura, con i principali riformatori tedeschi, allontanandosi sempre più, in cuor suo, dalla religione cattolica. Pertanto, tornato a Capodistria, intensificò siffattamente talune già iniziate riforme da essere denunziato quale luterano (1544) e subire a Venezia un processo (1546), dal quale, per altro, uscì assolto. Tuttavia, ormai quasi deliberato a professare apertamente il protestantesimo, anziché obbedire alla Curia pontificia, che, dopo nuova inchiesta sulla sua attività riformatrice, lo aveva chiamato a Roma per discolparsi, esulò in Svizzera (10 maggio 1549), dove s'immatricolò nell'università di Basilea e ottenne il pastorato di Vicosoprano. Nel novembre 1553 si trasferì a Tubinga quale consigliere del duca Cristoforo di Württemberg; nell'estate del 1536 si recò in Polonia, nel 1557 compì un giro di propaganda luterana a Berna, a Ginevra e a Basilea; nel marzo del 1558 era nel Friuli; nel 1560, per la seconda volta, in Polonia, dove, pur non riuscendo a fare adottare la confessio augustana, ottenne per lo meno che i nobili lituani mandassero i figliuoli alle università evangeliche. Falliti, dopo il suo ritorno a Tubinga, parecchi suoi disegni politico-religiosi, pose ogni impegno a sventare maneggi romano-spagnoli tendenti a fare espellere gli esuli italiani dai Grigioni, non senza compiere, dal novembre 1561 al giugno 1562, parecchie gite a Coira, dove, al suo solito, svolse attiva propaganda anticonciliare, e, malvisto dalle autorità ecclesiastiche locali, divulgò parecchi libretti d'ispirazione luterana. E anche negli ultimi suoi anni compì frequenti missioni nella stessa Coira, a Zurigo e nella Valtellina, senza riuscire nemmeno allora, come non v'era riuscito prima, a porsi a capo degli esuli italiani per causa di religione, ma continuando tuttavia a rendersi avversario così temibile del papato, da rendere perfettamente spiegabile come mai, sin dalla sua dimora a Vicosoprano, la Chiesa di Roma, dopo inani tentativi d'impadronirsi della sua persona, ponesse in opera inutili blandizie, compresa l'offerta d'un cappello cardinalizio, per indurlo a tornare alla fede avita.

La sua copiosa attività letteraria, strettamente congiunta con quella politico-religiosa, e quindi essenzialmente propagandistica, consta di traduzioni italiane di opere di altri riformatori e di molti opuscoli e volumetti, redatti quasi tutti nella sua lingua natia. Fra le prime meritano ricordo quella del Catechismo (1553) e della Confessio Württembergica (1556) e dei Prolegomena del Brenz; fra i secondi: Della creatione del nuovo papa Giulio III (novembre 1550), De' portamemi di papa Giulio III (novembre 1550); la satira Bolla della inditione et convocatione del concilio (fine del 1550); una raccolta di documenti con commento, intitolati Concilium Tridentinum fugiendum esse omnibus piis (agosto 1551). Tra altre sue polemiche, famose soprattutto due: quella, svolta in altrettanti opuscoli, contro i vari indici dei libri proibiti veneto (1548), fiorentino (1553), milanese (1554) e romano (1559); e l'altra combattuta, in collaborazione con il Brenz, contro il De Soto e l'Osio, e che culminò nei Dialogi quatuor de libro quem Hosius contra Brentium et Vergerium edidit (1550).

Bibl.: C. H. Sixt, P. P. Vergerius, eine reformationsgeschichtliche Monographie, Brunswick 1885; L. A. Ferrai, Il processo di P. P. V., in Studi storici, padova 1892, pp. 62-209; F. Hubert, Vergerios publizistische Tätigkeit, Berlino 1893; R. Renier, Vergeriane, in Giorn. stor. d. lett. ital., XXIV (1894), p. 452 segg.; F. C. Church, I riformatori italiani, trad. Cantimori, Firenze 1933, passim.