ARSENIO, vescovo di Orte

Enciclopedia Italiana (1929)

ARSENIO, vescovo di Orte

Pio Cenci

È una delle più spiccate figure della diplomazia pontificia nella seconda metà del sec. IX.

Nulla sappiamo intorno alla sua famiglia: ma era certo romana, e delle più autorevoli. Arsenio deve esser nato sulla fine del sec. VIII; da giovane, o come laico o come semplice chierico, fu ammogliato, ed ebbe due figli, Eleuterio ed Anastasio (v.), il celebre bibliotecario. Pare anche che Adone di Vienna fosse suo nipote. Rimasto vedovo, A. passò allo stato ecclesiastico, ottenendo poi la sede episcopale di Orte. Ma tutta la sua attività doveva venire assorbita dalla politica, nella quale egli si legò al partito franco, specialmente a Lodovico II. Lo troviamo dapprima segretario (detto erroneamente archiepiscopus) di un sinodo tenuto in Roma nei primordî del pontificato di Leone IV (848-849), (Mabillon, Acta Sanctor. ord. S. Bened., VI, 222). Fin d'allora doveva essere l'apocrisarius Sedis Romanae presso l'imperatore, o il missus... de parte apostolica richiesto dalla costituzione di Lotario dell'824. Il Libellus de imperatoria potestate riferisce che A. era stato innalzato a tale grado da Lodovico II, essendo uomo ornato sanctitate et scientia.

In realtà la santità non era troppa. Destro negli affari, scaltro, e di pochi scrupoli, A. era di un'audacia che mal si confaceva a un ecclesiastico, anche in quel secolo rude. E ne dette prova alla morte di Leone IV. Lodovico II gli aveva raccomandato un'elezione a lui gradita: ma vinse il partito romano e fu eletto Benedetto III. Arsenio richiamò dall'esilio Anastasio. L'incontro fra padre e figlio avvenne a Gubbio: una sgrammaticatura del biografo di Benedetto III fece anzi credere erroneamente che A. fosse vescovo di quella città. Anastasio riuscì a entrare nel patriarchio lateranense, ma per esserne scacciato poco dopo. L'atto sacrilego non fu punito dall'eletto, e ciò dimostra l'autorità di A., che restò al suo posto.

Nell'aprile 858, quando venne a morte Benedetto III, Lodovico II era in Roma; ma A. non credette opportuno d'insistere per la candidatura di suo figlio. Fu scelto un uomo inclinato al partito imperiale, Nicolò I. Di questo papa A. godette la piena fiducia, e fu inviato in delicate missioni prima nell'862, quindi nell'864 per ottenere da Carlo il Grosso il passaggio ai legati pontifici; ma ciò non gli riuscì. L'anno successivo ebbe un compito più delicato: conciliare fra loro i discendenti di Carlo Magno, dividere da Lotario la concubina Waldrada, e riunirlo alla moglie legittima Teutberga, comporre gravi vertenze sorte fra i vescovi, esigere i censi della Chiesa romana, e in fine portare in Roma Waldrada ed Engeltrude (moglie di Bosone), accusate di adulterio. Nicolò aveva presentato il suo legato con parole assai lusinghiere; racconta Incmaro, ch'egli si comportò con tale autorità, come se fosse il pontefice stesso. Una quarta volta, per dirimere un contrasto sorto fra l'imperatore Lodovico e Nicolò, A. andò legato a Benevento.

Insaziabile fu la sua cupidigia. Non solo nell'862, ma anche nell'865 serbò per sé il denaro raccolto per la Chiesa in Germania; alle lagnanze fatte dal papa con Lodovico II del mancato pagamento dei censi, ebbe in risposta che li aveva tutti esatti il legato Arsenio; Nicolò tacque, ma non dimenticò: un giorno, essendosi A. presentato in una processione vestito di pelliccia, more iudaeorum, fu respinto dal papa.

Nell'elezione di Adriano II (862) l'apocrisario pontificio poco potè influire: però Adriano mantenne A. nel suo grado e nominò Anastasio bibliotecario della Chiesa romana. Ma A. sperò anche di più per sé e per la sua famiglia: d'accordo con Anastasio, consigliò al figlio Eleuterio di rapire la figlia che Adriano aveva avuto prima di essere ecclesiastico. Fu un colpo al cuore di Adriano; perciò chiese all'imperatore la punizione dei rei. A. prese la fuga e si recò con i suoi tesori a Benevento presso l'imperatrice Ingelberga: incontratosi ad Acerenza con l'imperatore si ammalò e (dice Incmaro) "conversando con i demoni, privo della comunione ecclesiastica" morì nell'agosto 868, lasciando le sue ricchezze in mano dell'imperatrice.

Bibl.: Liber Pontificalis, ed. Duchesne, vita di Sergio II (n. 29), Leone IV, Benedetto III, Nicolò I, Adriano II; A. Lapôtre, De Anastasio bibliothecario, Parigi 1885, p. 62 segg.; id., L'Europe et le Saint-Siège à l'époque Carolingienne, Parigi 1899; Dümmler, Geschichte des Ostfränkischen Reiches, II, Lipsia 1887, p. 127 segg.; R. Parisot, Le Royaume de Lorraine sous les Carolingiens, Parigi 1899, p. 274; Bibliotheca Cassinensis, III, 139; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, I, 2ª ed., Torino 1926.

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