VETRO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

VETRO (XXXV, p. 260)

Mariano SANTANGELO

Costituzione. - Poco si conosce sulla costituzione del vetro: i dettagli sugli aggruppamenti atomici e molecolari, nonché la loro disposizione spaziale, non sono ancora ben chiariti. Per dare una descrizione il più possibile soddisfacente di tale struttura sono state studiate per via sperimentale alcune delle proprietà più caratteristiche del vetro a temperature che si trovano al disotto o al disopra della temperatura di ricottura: le proprietà dei vetri infatti cambiano nettamente con la zona di temperatura scelta; in quella chiamata di ricottura si presentano delle brusche discontinuità che possono essere interpretate solo ricorrendo a fenomeni di riorganizzazione molecolare.

Dalle più recenti ricerche eseguite sull'argomento, specie da quelle condotte con l'ausilio dei raggi X da B. E. Warren, W. H. Zachariasen ed altri, la struttura di un vetro può rappresentarsi come quella di un reticolo cristallino non simmetrico e non periodico (vedi figura), in accordo con l'idea, diverse volte avanzata, di una costituzione simile a quella tipica per i liquidi, in cui le configurazioni atomiche caratteristiche vengono a fissarsi per la grande viscosità che i vetri assumono a temperatura ordinaria.

Un vetro si può dunque considerare come un liquido "surraffreddato"; esso viene ad essere una sostanza inorganica in uno stato chimico-fisico particolare che deriva per raffreddamento a partire da uno stato fuso e che ha acquistato un tale grado di viscosità da poter essere considerato per gli scopi pratici un corpo rigido.

I vetri organici di cui si conoscono oggi parecchie varietà, differiscono sostanzialmente dai vetri veri e proprî; la loro composizione, i metodi di fabbricazione e le loro proprietà costituiscono un diverso campo della tecnologia chimica: in molti usi essi si sono sostituiti con vantaggio ai vetri comuni.

Durante la seconda Guerra mondiale il largo impiego di mezzi meccanici dotati di apparati ottici rese necessaria la produzione su larga scala dei vetri d'ottica e di semi-ottica; la necessità di avere materiali leggeri con caratteristiche particolari, come si richiedono spesso nelle costruzioni aeronautiche ha fatto allargare il campo di sfruttamento del vetro inorganico ed organico sicché il suo impiego è oggi diffusissimo.

Si può dire che il vetro è uno dei materiali sintetici più studiati; tutte le sue proprietà, meccaniche, ottiche, elettriche e magnetiche, sono state investigate con rigore scientifico; i risultati di queste ricerche hanno portato la tecnica a studiare ed allestire una varietà di tipi straordinariamente grande, ognuno dei quali presenta caratteristiche rispondenti allo scopo cui lo si vuole destinare.

Composizione dei vetri. - Dal punto di vista chimico un vetro non è un composto ben definito: i due elementi fondamentali, presenti sempre nella miscela vetrificabile sono il silicio e l'ossigeno. Oltre agli ossidi tradizionalmente impiegati nell'industria del vetro: K2O, Na2O, B2 O3, CaO, PbO, Al2O3, MgO, ZnO, P2O5, ecc., se ne sfruttano altri come l'ossido di Gemianio, l'ossido di Cerio, di Zirconio, di Vanadio e di Uranio. A questi che sono i componenti essenziali della miscela vetrificabile si aggiungono poi altri ossidi che hanno funzione o di decoloranti (ossidi di nichelio e di bario) o di correttori del processo di fusione (sesquiossido di arsenico) ed infine altri ancora che servono a dare al vetro colorazioni particolari. Tutte le miscele vanno studiate in maniera tale che il prodotto abbia alcuni requisiti indispensabili: sufficiente fluidità a temperatura non troppo elevata, perché la fusione si possa eseguire su scala commerciale, giusta viscosità per evitare i fenomeni di devetrificazione e perché il vetro possa essere lavorato e conservi le sue proprietà.

I vetri d'ottica presentano la più grande varietà di composizione, i progettisti di sistemi ottici hanno oggi a disposizione vetri le cui caratteristiche variano entro limiti molto estesi. L'allestimento di questi vetri particolari è una operazione molto delicata per il fatto che per essi non è tollerabile alcun difetto: per questo è necessario che gli ingredienti della miscela abbiano purezza quasi assoluta e che tutti i processi di lavorazione: scelta delle materie prime, loro giusta granulazione, fusione, affinaggio, ricottura, siano condotti con criterî tecnici rigorosi se si vuole che le caratteristiche del vetro (indice di rifrazione, rifrazione specifica, ecc.) oltre che essere quelle desiderate siano anche riproducibili.

Resistenza meccanica. - La distinzione tra proprietà fisiche e proprietà chimiche (l'indice di rifrazione e la dispersione ad es. tra le prime è la corrosione da parte degli acidi tra le seconde) nel caso del vetro non è mai netta, ché in ultima analisi ogni proprietà macroscopica della materia deve potersi ricondurre alla struttura dei sistemi atomici e molecolari che è poi legata alla natura chimico-fisica della sostanza stessa. C'è in verità una transizione continua tra le proprietà puramente fisiche e quelle chimiche: ad es. la colorazione verde ad un vetro può essere data con l'aggiunta nella miscela degli ossidi di cerio e di vanadio (0,5% in peso); se si espone alla luce solare un tale vetro la sua colorazione diventa porpora per il trasferirsi di un elettrone dallo ione Ce+++ a V+++ il quale ultimo a sua volta diventando uno ione bivalente V++ acquista proprio la colorazione porpora. In questo caso lo spettro di assorbimento (proprietà caratteristicamente ottica) è diverso da quello di origine: il vetro di colore porpora si deve considerare a rigore come una sostanza chimicamente differente.

I primi ricercatori che utilizzarono sistematicamente i concetti chimici per l'interpretazione delle proprietà meccaniche come la viscosità, la diffusione, la resistenza alla trazione, furono H. Eyring ed i suoi collaboratori, seguiti subito da altri.

La resistenza meccanica è indubbiamente una delle più importanti proprietà del vetro dal punto di vista tecnico; i risultati ottenuti nelle più recenti ricerche di W. A. Weyl (The Glass Industry, 1946) portano alla conclusione che tale proprietà dipende essenzialmente da quattro fattori principali:

1) Fattore forma. Si constata che la resistenza del vetro alla rottura risulta sperimentalmente molto più bassa di quella calcolata che è di circa 105 kg/cm2. Questa discordanza è dovuta alla esistenza nella massa di "punti laschi": ossia fessure di dimensioni submicroscopiche rivelate nei cristalli a mezzo dei raggi X. A questo fatto va attribuita la grande resistenza alla trazione presentata dai fili, la quale può diventare fino a 100 volte maggiore rispetto a quella di bacchette di più grandi dimensioni.

2) Fattore tempo. Per intervalli di tempo brevi un vetro può sopportare pesi 3 o 4 volte maggiori di quelli che sopporta senza rompersi durante periodi lunghi.

3) Effetto della temperatura. Si sa che la resistenza del vetro alla trazione varia con la temperatura: si constata infatti che con l'aumentare della temperatura fino a 500° C la resistenza decresce, passa per un minimo e poi cresce di nuovo. La resistenza meccanica del vetro può aumentare anche di molto con un brusco raffreddamento (tempera).

4) Influenza del mezzo in cui è immerso il vetro. Fibre messe sotto prova nel vuoto resistono di più di quelle esposte all'aria; nella paraffina si ha un aumento di circa il 20% nella resistenza. Questi fatti si spiegano con reazioni chimiche tra la superficie del vetro e gli agenti del mezzo circostante: secondo il Weyl per idrolisi verrebbero distrutti i legami Si-O-Si con conseguente propagazione delle fessure.

L'aspetto chimico della resistenza risulta ancora più evidente nella molitura e lucidatura del vetro; si sa infatti che dal punto di vista pratico il liquido più conveniente da impiegare in tali processi è l'acqua il cui attacco sul vetro può essere accelerato o smorzato dall'aggiunta di opportuni prodotti chimici: ad es. l'acetone, il nitrobenzene ed il butanolo riducono la resistenza del vetro all'abrasione.

Viscosità. - Con lo sviluppo delle macchine automatiche che hanno quasi completamente sostituito la lavorazione a fiato del vetro, il fattore viscosità è divenuto di primaria importanza; si richiede infatti per la lavorazione meccanica non solo una viscosità ben definita e costante del prodotto, ma anche la conoscenza esatta della relazione viscosità-temperatura e di quella viscosità-composizione che dà ai tecnici il mezzo di preparare le loro miscele. R. E. Powell ha discusso il comportamento viscoso del vetro dal punto di vista delle velocità di reazione; secondo questo modo di vedere i vetri, specialmente nella zona di alta viscosità, devono considerarsi come liquidi "non newtoniani", nei quali cioè la viscosità stessa è funzione decrescente delle forze di taglio applicate. In conseguenza di tale fatto la diminuzione della viscosità con il crescere della temperatura viene spiegata con una diminuzione del calore latente di attivazione in accordo con quanto avviene durante la fusione in cui la frequenza di rottura delle catene più stabili Si-O-Si cresce quando la temperatura aumenta.

Sono legati alla viscosità del vetro numerosi fenomeni; in alcuni di essi anzi si verifica un vero e proprio trasporto di gruppi ionici: gli effetti termici residui (abbassamento dello zero del termometro), le variazioni della conducibilità elettrica, lo smorzamento delle vibrazioni meccaniche, sono dovuti oltre che agli spostamenti degli elementi costitutivi della massa anche alla loro migrazione. Le vibrazioni meccaniche, ad esempio le onde sonore, producono una leggera distorsione nei legami Si-O, mentre gli ioni alcalini che sono i più mobili sono anche i più fortemente influenzati; il loro spostamento provoca lo smorzamento delle vibrazioni; è questa la ragione per cui i vetri a base di silice hanno una costante di smorzamento molto piccola. Durante la seconda Guerra mondiale in Germania, per risparmiare metallo, sono stati allestiti vetri con costante di smorzamento tanto basso da poter essere impiegati per la fabbricazione di campanelli.

È stato trattato in questi ultimi anni, pure dal punto di vista chimico, il fenomeno della dispersione dei gas attraverso il vetro. La rappresentazione meccanica della diffusione che finora si era sempre data si è dimostrata del tutto insufficiente a spiegare i risultati sperimentali recentemente ottenuti in questo campo. Come nelle reazioni chimiche, nella diffusione, la molecola salta da un posto all'altro: l'energia di attivazione del processo chimico corrisponde all'energia necessaria perché la molecola possa superare una barriera costituita dai campi elettrici dovuti agli ioni. Così si spiega perché l'idrogeno diffonde molto più lentamente dell'elio: quest'ultimo ha in effetti una affinità chimica per l'ossigeno molto minore di quella dell'idrogeno. La tempera in un vetro rallenta la velocità di diffusione; questo si spiega con l'aumento dell'energia d'attivazione degli elementi diffondenti; dal punto di vista meccanico il vetro temperato, avendo minor densità, dovrebbe diffondere più facilmente.

Dilatazione. - La conoscenza della curva di dilatazione di un vetro e la sua dipendenza dalla composizione della miscela e dal trattamento termico di essa, è, per il largo impiego che si fa di questo materiale, una proprietà di importanza scientifica e tecnologica. Il problema della saldatura vetro-metallo è stato in questi ultimi anni quasi completamente risolto, data la larga possibilità che hanno i tecnici di fondere vetri con caratteristiche tanto diverse. Dopo i vetri speciali Pyrex, Nonex ed altri, G. D. Redston e J. E. Stanworth, a seguito di loro ricerche, hanno preparato un nuovo tipo di vetro che si salda ottimamente con il Molibdeno. Anche le proprietà elastiche del vetro sono state indagate con rigore scientifico, misure accurate sono state eseguite per la determinazione del modulo di Joung, del modulo di rigidità e del modulo di compressibilità: N. H. Taylor e collaboratori hanno condotto uno studio sistematico sui fenomeni combinati di plasticità, elasticità ed azioni susseguenti.

Il Weyl ha messo tali caratteristiche del vetro a confronto con quelle analoghe di composti organici (vetri organici, resine indurenti e non indurenti). Questo confronto permette oggi di comprendere meglio le relazioni esistenti tra struttura e proprietà della materia; nel caso nostro, si possono prevedere le proprietà legate alla resistenza meccanica di vetri di diversa composizione: borati, borosilicati, silicati e alluminofosfati.

Proprietà elettriche. - Il problema della conduttività elettrica del vetro è stato pure risolto nei recenti anni; si conosce infatti oggi la dipendenza della resistenza elettrica di un vetro dai fattori: umidità, natura della pulitura delle superfici e composizione. Per un aumento dello stato igrometrico da 0 al 100% è stata ottenuta una diminuzione della resistività di circa il 40%. Questa resistività migliora sensibilmente quando il vetro è sottoposto a una disalcalinizzazione superficiale: è questo il caso degli isolatori sottoposti all'azione continua della pioggia.

La pulitura meccanica delle superfici dà una resistività massima che va decrescendo quando si passa alla pulitura naturale e a quella con acido. Per quanto riguarda la composizione si può dire che il tenore in alcali è quello che determina in modo prevalente il valore della conduttività.

Tecnica delle lavorazioni. - In questo campo i progressi fatti sono enormi; il numero dei brevetti concessi nella tecnologia del vetro si arricchisce giornalmente di nuove macchine e sistemi di lavorazione. Dai processi per migliorare la durata dei recipienti di vetro a quelli per il trattamento delle superfici per ridurne la porzione di luce riflessa, dai nuovi forni elettrici per la fusione a tutte le macchine utensili progettate, è un continuo miglioramento dei sistemi di produzione e delle caratteristiche fisico-chimiche dei vetri. E stata tentata in Svizzera nel 1945, così come è stato fatto per la metallurgia delle polveri (sinterizzazione), la fabbricazione di vetro pressato con struttura porosa a partire da polvere di vetro di granulazione sferica. Questo primo tentativo, se avrà in avvenire successo, apre nuovi campi di sfruttamento dei residui vetrosi; la lavorazione per stampaggio di pezzi semirifiniti viene semplificata e diventa economicamente vantaggiosa.

Classificazione dei vetri. - La classificazione dei vetri è stata fatta finora in base alla loro composizione e qualche volta, nell'uso comune, in base all'impiego pratico di essi. Nel campo dei vetri di ottica sono tradizionali alcuni tipi che, derivando dalle due primitive categorie: flint e crown, si sono via via moltiplicati ingenerando molta confusione. Nei cataloghi delle ditte produttrici di vetri di ottica: Shott di Jena, Vetreria dell'Esercito Italiano, Parra-Mantois di Parigi, per distinguere i diversi tipi di vetro veniva aggiunto al simbolo una qualificazione: leggero, pesante, pesantissimo, ecc.; si aveva così vetro FPP cioè flint pesantissimo, CBL2 per individuare un crown al bario leggero (anzi molto leggero, il 2 sta ad indicare il grado di leggerezza). È chiaro che una simile nomenclatura è irrazionale al massimo grado: per sistemare questa materia in Italia durante la passata guerra, nel 1942, si era costituita una commissione presso il Consiglio nazionale delle ricerche; essa non portò mai a compimento il proprio lavoro per le contingenze inerenti allo stato di guerra dell'Italia; comunque aveva rivolta la propria attenzione ad una rappresentazione simbolica da cui risultava in maniera immediata il valore approssimato dell'indice di rifrazione e della dispersione specifica (inverso del numero di Abbe), che sono i dati più importanti per gli ottici. Se si riportano su un grafico i punti corrispondenti a coppie di valori di nd e di ν, si d ottiene una distribuzione quasi continua su un piano, l'osservazione di questo dà a prima vista con buona approssimazione le caratteristiche ottiche fondamentali dei tipi che può fornire una casa produttrice. La Ditta Shott und Genossen di Jena e la Vetreria di Roma allegavano già al catalogo completo dei vetri riportante tutti i dati, il diagramma nd - ν.

Industria del vetro in Italia. - In Italia l'industria del vetro comune e d'arte (vetro di Murano) ha una gloriosa tradizione, le maestranze italiane prima dell'avvento delle macchine americane erano molto ricercate; dopo la guerra la quasi totalità delle industrie ha ripreso la sua attività. Negli anni 1941-43 aveva preso grande impulso la fabbricazione di vetro d'ottica: la Vetreria dell'Esercito produceva in quegli anni circa 70 tipi diversi di vetri d'ottica che andavano dal vetro comune al boro al flint pesantissimo di indice nd 1,79; anche la SAIVO, società derivata dalla vecchia Borosilicio del principe Ginori di Firenze, cominciava a fondere qualche tipo di vetro d'ottica di più facile allestimento.

Dopo la guerra serie difficoltà, tra le altre anche quella dovuta alla devastazione di parte degli impianti, hanno rallentato la ripresa di questo ramo, importantissimo per l'Italia, dell'industria del vetro. In Europa la Francia riprende la sua attività e la Germania comincia a dare segni di volere ritornare alle antiche sue affermazioni nel campo del vetro d'ottica.

Bibl.: R. B. Sosman, The properties of Silica, New York 1927; G. Morey, The properties of Glass, ivi 1938; B. E. Warren, J. Biscoe, in Journ. Ceram. Soc., 21, 1938; W. H. Zachariasen, in Journ. Amer. Chem. Soc., 1932; Journ. Chem. Physics, 3, 1935; R. Houwink, Materie plastiche, Milano 1946; id., in N. H. Taylor, E. P. Mc Namara e J. Shermank, in Journ. Soc. Glass Techn., 21, 1937; W. A. Weyl, The Glass Industry, 1946; H. Eyring, Journ. Chem. Physics, 1936; S. Glasstone, K. J. laidler, H. Eyring, The theory of rate processes Mc Graw, new York 1941; V. Von Engelhardt, Kolloia Ztsch., 102, 1943; G. D. Reston, J. E. Stanworth, Contraintes dans les soudures verremétal, in Bulletin de l'Institut du verre, 1946; M. Kantzer, Conductivité électrique des verres, in Bulletin de l'Institut du verre, 1946; The Glass Industry, Propositions du Comité verrier de l'A. C. S., 1946; M. Santangelo, Variazione dell'indice di rifrazione di un vetro con il trattamento termico "Ottica", Firenze 1948; S. Glasstone, Text-book of physical chemistry, New York 1944.

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