Hugo, Victor

Enciclopedia Dantesca (1970)

Hugo, Victor

Felice del Beccaro

Scrittore francese (Besançon 1802 - Parigi 1885), la cui conoscenza dell'opera di D. sembra non sia andata molto al di là della lettura dell'Inferno nella traduzione in prosa di Rivarol. Tuttavia, nella sua lunga vita, H. mostra, analogamente a quanto avvenne in Chateaubriand, un qualche significativo progresso nell'intelligenza dell'intero poema. Egli, comunque, appartiene a quel gruppo di romantici francesi che nutrirono una vera ammirazione per D. e che contribuirono a renderlo popolare - almeno di nome - nel proprio paese dopo due secoli d'incomprensione e di giudizi negativi. Ma l'uso che H. fa di elementi dell'opera dantesca, sia direttamente che in funzione mediatrice, è per lo più occasionale e subordinato alle esigenze di un forte temperamento. D. è insomma per H. motivo di suggestione, stimolo a un'alta ed eloquente trasfigurazione della realtà. La personalità di D. riprese, in quel tempo propizio, un prestigioso dominio, non perché se ne ammirasse il vigore e la potenza attraverso la conoscenza attenta dell'opera, ma per la consonanza con la contemporanea disposizione dello spirito romantico, tanto nel campo morale quanto in quello estetico.

Fin dagli anni dell'attiva collaborazione (1818-19) a " Le Conservateur littéraire ", da lui fondato, H. fa menzione di D. fra i pochi scrittori italiani che cita. È però nella famosa prefazione al Cromwell (1827), considerata il manifesto per eccellenza del Romanticismo francese, che H. esprime su D. un suo circostanziato punto di vista non privo, accanto a generici apprezzamenti da ascriversi all'evoluzione del gusto dell'epoca, di osservazioni valide e penetranti. Così, quando sottolinea l'importanza del grottesco nel pensiero moderno con le conseguenze, da un lato, del deforme e dell'orribile, dall'altro del comico e del buffo, egli si richiama a D. e a Milton: il grottesco è quello che " jette dans l'enfer chrétien des hideuses figures qu'évoquera l'âpre génie de Dante et de Milton ". Relativamente a D., egli insiste sulla mescolanza degli esiti del grottesco con il sublime: " il serait exact aussi de dire que le contact du difforme a donné au sublime moderne quelque chose de plus pur, de plus grand, de plus sublime enfin que le beau antique ... Croit-on que Françoise de Rimini et Béatrix seraient aussi ravissantes chez un poëte qui ne nous enfermerait pas dans la tour de la Faim et ne nous forcerait point à partager le repoussant repas d'Ugolin? Dante n'aurait pas tant de grâce, s'il n'avait pas tant de force ". Considerato il dramma come il fine supremo della poesia moderna, H. afferma che la Commedia, " ce poème multiforme est une émanation du drame, non de l'épopée ... On voit donc que les deux seuls poëtes des temps modernes qui soient de la taille de Shakespeare [D. e Milton] se rallient à son unité. Ils concourent avec lui à empreindre de la teinte dramatique toute notre poésie; ils sont comme lui mêlés de grotesque et de sublime; et, loin de tirer à eux dans ce grand ensemble littéraire qui s'appuie sur Shakespeare, Dante et Milton sont en quelque sorte les deux arc-boutants de l'édifice dont il est le pilier central, les contre-forts de la voûte dont il est la clef ". Mentre nella prefazione a Les Rayons et les ombres (1840), H. dice di sé stesso: " La Bible est son livre. Virgile et Dante sont ses divins maîtres ".

Richiami all'opera dantesca limitati alla funzione suggestiva e talvolta pittoresca sono reperibili innanzi tutto nelle frequenti epigrafi a poesie o capitoli di romanzo, secondo un uso che fu consueto a W. Scott. Tali citazioni, non sempre a proposito, si trovano ne Les Orientales (1829), XVII (Le Ravin), XXV (Malédiction), XXVIII (Les Djins), XXXVI (Rêverie); ne Les Feuilles d'automne (1831), XXV; in Notre Dame de Paris (1831) VIII 4 (con riferimenti anche nel testo), XI 2. In Les Djins qualcuno ha creduto di cogliere un'eco di If V a proposito dell'immagine della bufera.

Di questa conoscenza parziale ma indicativa del poema dantesco, testimonia pure la poesia Après une lecture de D. datata " 6 août 1836 " che fa parte de Les Voix intérieures (1837), XXVII. Il primo verso enuncia il tema del componimento: " Quand le poëte peint l'enfer, il peint sa vie ": infatti, l'Inferno dantesco vi è interpretato come condizione umana, a tinte fosche e drammatiche, con la conclusione: " Oui, c'est bien là la vie, o poëte inspiré! / Et son chemin brumeux d'obstacles encombré. / Mais, pour que rien n'y manque, en cette route étroite, / Vous nous montrez toujours debout à votre droite / Le génie au front calme, aux yeux pleins de rayons, / Le Virgile serein qui dit: Continuons! ".

Nel libro terzo (Les Luttes et les rêves) de Les Contemplations (1856) è inclusa la poesia Ecrit sur un exemplaire de la ‛ Divina Commedia ' datata " Juillet 1843 ", un breve componimento di quattordici versi, a rima baciata, in cui il poeta dice di aver veduto, una sera, passare un uomo " vêtu d'un grand manteau comme un consul de Rome, / et qui me semblait noir sur la clarté des cieux ". Quell'uomo è D. e gli parla: nelle ere antiche fu " une haute montagne emplissant l'horizon "; poi salì di un grado nella scala degli esseri e fu una quercia ed ebbe " des autels et des prêtres, / et je jetai des bruits étranges dans les airs " (evidente allusione ai riti druidici); successivamente fu " un lion rêvant dans les déserts, / parlant à la nuit sombre avec sa voix grondante "; infine è diventato un uomo: " maintenant, je suis homme, et je m'appelle Dante ".

Nell'ambiziosa trilogia de La Légende des Siècles iniziata nel 1840 e portata innanzi fino alla morte (la prima parte, La Légende, pubblicata in tre tempi: 1859-77-83; le altre due, postume: La Fin de Satan, 1886, e Dieu, 1891), H. richiama, sia pure alla lontana, il disegno dantesco: la vicenda dell'uomo concepita come lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre e, pertanto, vicenda drammatica sostenuta da un'intima religiosità. Nel Groupe des idylles (che costituisce la sez. XXXVI dell'opera) un componimento è intitolato a D. (XII) e reca la data 7 aprile 1874, ma non offre nessuna indicazione circa l'intelligenza della poesia dantesca, poiché tratta di timori misogini, a meno che non voglia dire che Beatrice è creatura dell'immaginazione, con quel richiamo: " Les femmes après tout sont peut-être des rêves ". Più esplicito nel componimento Un poëte est un monde... (XLVII) nel quale D. figura tra i grandi poeti ed è citato ancora insieme a Beatrice: " Dante sonde l'abîme en sa pensée ouvert ". Infine nel lungo poemetto oratorio La Vision de D. (LIV), di diciassette parti e datato 24 febbraio 1853, destinato in un primo tempo all'ottavo libro degli Châtiments, H. prende spunto da D. condannatore di papi per fare, sullo sfondo della storia contemporanea, il processo a Pio IX al quale non perdona l'appoggio dato a Napoleone III. D. gli appare e gli parla rivelando che una voce lo ha destato dal sonno eterno per esortarlo a porre fine al suo poema in quell'anno 1853 onde far giustizia di Pio IX. Nella scena del giudizio è un tenue richiamo a If v.

Un sia pure limitato progresso nell'intelligenza della Commedia è testimoniato nel William Shakespeare (1864), là dove si allude alla montagna del Purgatorio e ai cieli del Paradiso. Peraltro, anche qui, la tendenza è quella di trasfigurare il pensiero dantesco. Più interessanti sono, in questa medesima opera, talune osservazioni la cui fonte risale a Rivarol (L'Avis de l'éditeur, p. XX della trad. dantesca): che cioè D. " fait loi pour Montesquieu; les divisions pénales de l' ‛ Esprit des lois ' sont calquées sur les classifications infernales de la ‛ Divine Comédie ' ". Né mancano approvazioni incondizionate per il poema dantesco: " Cette oeuvre est un prodige. Quel philosophe que ce visionnaire! quel sage que ce fou!... Ce que Juvénal fait pour la Rome des Césars, Dante le fait pour la Rome des papes; mais Dante est justicier à un degré plus redoutable que Juvénal; Juvénal fustige avec des lanières, Dante fouette avec des flammes; Juvénal condamne, Dante damne ".

L'ammirazione di H. per D. viene coronata dalla lettera che lo scrittore inviò nel 1865 al gonfaloniere di Firenze per il sesto centenario della nascita del nostro poeta (Le Centenaire de D., in Actes et Paroles; II: Pendant l'exil); lettera vibrante, in cui l'Italia è identificata con D. stesso, richiamando l'attenzione sulle vicende contemporanee del Risorgimento.

Bibl. - S.R. Taillandier, D.A. et la littérature dantesque en Europe, in " Revue des Deux Mondes " XXVI (1856) 473-520; T. Delmont, D. et la France, in " Revue de Lille " XIX (1900-1901), 865-899; A. Orvieto, Come V.H. parlava di D., in " Il Marzocco " 26 febbraio 1902; A. Galletti, L'opera di V.H. nella letteratura italiana, in " Giornale stor. " suppl. n. 7 (1904); A. Guiard, La fonction du poète, étude sur V.H., Parigi 1910, 195-217; M. Lange, V.H. et les sources de la ‛ Vision de D. ', in " Revue d'Histoire littéraire de la France " XXV (1918) 532-561; P. Hazard, D. et la pensée française, in " La Minerve française " VI 31, 15 settembre 1920, 699-716; A. De Carli, L'Italia nell'opera di V.H., Torino 1930; A. Pézard, Comment D. conquit la France aux beaux jours du Romantisme, in Studi in onore di Carlo Pellegrini, ibid. 1963, 683-706; L.F. Benedetto, V.H. e D., in " Lettere Italiane " XX (1968) 40-55 (il primo nucleo di questo saggio comparve in " Bull. " LXXIII [1919] 213-214).

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