TOSATTI, Vieri

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TOSATTI, Vieri

Sandro Marrocu

– Nacque il 2 novembre 1920 a Roma, unico figlio di Alfredo, avvocato modenese, e di Vittoria Morozzo della Rocca, insegnante di lettere, discendente di una famiglia dell’aristocrazia di spada piemontese tra i cui illustri antenati sono da annoverare il generale Enrico Morozzo della Rocca, Carlo Filippo, gran cancelliere di Savoia, Luigi Ludovico, primo presidente del senato di Piemonte, nonché il cardinale Giuseppe. Risaltano inoltre due zii paterni del compositore: Maria Barbara, poetessa, e Quinto, eletto senatore della Repubblica italiana il 18 aprile 1948, esponente di rilievo del comitato direttivo della Democrazia cristiana fino al 1953.

Compiuti i primi ordini scolastici a Roma, Tosatti entrò al liceo scientifico ma interruppe gli studi a sedici anni per votarsi alla musica. Le prime lezioni di armonia gli furono impartite nel 1937 da Cesare Dobici, con il quale studiò fino al 1939, quando fu ammesso al conservatorio di S. Cecilia, al quinto anno del corso di composizione nella classe di Carlo Jachino. In itinere, seguì anche alcune lezioni di Goffredo Petrassi, i cui insegnamenti tuttavia, frequentati saltuariamente, poco incisero sulla sua formazione. D’altro canto, e più in generale, pressoché tutto il periodo del «cosiddetto studio regolare» fu per lui «tutt’altro che regolare» (Tosatti, 1967, 2014, p. 239): coincise infatti con una stagione in cui fu tormentato dalla tubercolosi e dalle complicanze conseguenti alle cure. La precarietà economica della famiglia lo indusse inoltre a «ultimare gli studi in tutta fretta onde tentare di guadagnare il necessario per vivere» (ibid.). Così, già il 27 giugno 1942 conseguì il diploma di pianoforte principale, e il 27 settembre quello di composizione. Lo stesso anno apparve la sua prima composizione a stampa, Le Canzoni nuziali, per coro misto a sei voci.

Nel 1943, iscritto alla scuola di perfezionamento di Ildebrando Pizzetti all’Accademia di S. Cecilia, vinse il premio Montefiore come miglior allievo del corso. Tra i compagni figuravano Nicola Costarelli, Sergio Lauricella, Guido Turchi e Mario Zafred; con loro e con Petrassi fondò nel 1944 l’associazione di concerti Musica viva, «che più che una società di concerti avrebbe potuto definirsi una fede estetica, un dogma musicale» (Roma, Accademia nazionale di S. Cecilia, Archivio Tosatti, quaderno di appunti manoscritti senza segnatura: V. Tosatti, Le cronache drammatiche di Musica Viva, 1945). Tosatti si discostò dal gruppo dopo appena un anno. Per l’intero arco della carriera, tuttavia, continuò a professare quella stessa «fede estetica» e a coltivarne i dogmi, appunto, nonché i principali intenti, di cui uno in particolare divenne per lui una sorta di ragione personale avvertita come un’urgenza: tornare a rivolgere la produzione musicale all’«umanità», in un’accezione intrisa di reminiscenze romantiche (ibid.). Contro tale umanità, a suo giudizio, continuava infatti a ergersi «la torre d’avorio degli intellettuali», donde l’invito loro rivolto «a porgere orecchio ai caldi appelli del popolo che attende» (ibid.), e soprattutto a farlo con onestà, rinunziando agli aristocratici inganni congeniali, per esempio, alle esperienze d’avanguardia, che già a partire dalla loro fase storica, complice la critica, volevano ammantare di progressismo e razionalità ciò che al musicista, all’opposto, pareva una mera abolizione della nozione stessa di linguaggio. Si annunciava così la strenua battaglia che, a partire dalla metà degli anni Cinquanta e poi per tutto il corso della vita, Tosatti avrebbe condotto contro la critica e soprattutto contro la cosiddetta Neue Musik. In questo senso fu emblematico il suo Concerto della demenza (o dell’avanguardia), burlesque concepito nel 1946 e poi proposto al Circolo degli artisti di Roma il 3 aprile 1948. Nell’occasione si esibì in duo con la pianista Valeria Ravot-Licheri (7 dicembre 1922 - 30 marzo 2013): «Il successo e lo scandalo provocati dall’evento ebbero il giorno dopo il suggello del matrimonio tra i due artisti», nella chiesa di S. Roberto Bellarmino in Roma (Teodori, 1993, p. 19).

Il concerto della demenza fu una mera provocazione, certamente non rappresentativa della serietà e dell’efficacia con cui invece, negli stessi anni, Tosatti elaborò le principali eredità lasciate dalla prima metà del secolo e le volle riesprimere, in termini assai originali, in lavori quali La sonata del Sud per pianoforte (1944) o la Piccola sonata per violino e pianoforte (1945), nelle quali emerge la vivacità con cui egli sapeva manipolare elementi atonali, dodecafonici e politonali. Ben presto, tuttavia, avvertì l’esigenza di ricondurre il proprio linguaggio al dominio della tonalità e di definirlo in termini funzionali a quella che, sempre più, vedeva come sua naturale vocazione: il teatro. Il primo apprezzabile esito in questo senso fu Diòniso (1946), dramma musicale che, seppur inedito (peraltro poi smembrato dall’autore a favore di altre composizioni, tra cui 2 frammenti del dramma musicale per orchestra del 1951), rappresenta una tappa rilevante nella sua maturazione. Appunto sulla base di questa esperienza, tra il 1948 e il 1949, elaborò Il sistema della dolcezza, «dramma musicale assurdo» in due quadri ispirato a un racconto di Edgar Allan Poe, The system of doctor Tarr and Professor Fether (1845); la prima rappresentazione (Bergamo, teatro Donizetti, 25 ottobre 1951, direttore Ettore Gracis) conferì a Tosatti una certa notorietà, che divenne fama, letteralmente, grazie al clamoroso successo della Partita a pugni, «dramma da concerto in un’introduzione e tre rounds» per soli, coro e orchestra, testo di Luciano Conosciani, composta nel 1952 e data a Venezia l’8 settembre 1953. In seguito a tale successo, ricevute le prime commissioni dai maggiori enti lirici nazionali nonché due proposte editoriali da Schott e Ricordi, Tosatti cedette a quest’ultima i diritti e, abbandonato il posto statale già ricoperto a partire dal 1948 nell’Accademia di danza di Roma, poté dedicarsi in toto alla composizione.

Entro la fine del settimo decennio compì tutti i lavori più ragguardevoli del proprio opus, tra cui quattro drammi: Il Giudizio universale (1954, testo di Cesare Vico Lodovici), nonché – parole e musica – L’isola del tesoro (1956-1958), La fiera delle meraviglie (1959-1961) e Il paradiso e il poeta (1964-1965).

In special modo nella Fiera delle meraviglie espresse la propria avversione per i circuiti operistici dell’epoca e ancor più per la preponderanza delle principali tendenze sperimentali europee, delle quali avvertiva con sospetto la pervasiva acclimatazione nel contesto italiano, percependole (sia pure in maniera indistinta) come esperienze intellettualmente disoneste, che si trattasse di musica concreta o di ricerca elettronica, di serialità e puntillismo o dei decorsi aleatori di fine anni Cinquanta. Negli anni successivi continuò comunque a comporre, sempre animato dalla fiducia di poter contribuire all’evoluzione del linguaggio musicale dell’Occidente, la cui diritta via, smarrita a suo dire nei labirinti delle sperimentazioni e, più in generale, dei disparati orientamenti compositivi che caratterizzarono il Novecento in musica, si sarebbe potuta ritrovare seguendo il fil rouge della tradizione, il «filo dell’avventura tonale, rimasto in sospeso col Parsifal» (Tosatti, 1967, 2014, p. 245).

Nel 1964 compose un Requiem e concepì di getto l’ultimo suo dramma, Il paradiso e il poeta. Riprese anche a comporre lavori strumentali, tra cui spiccano pagine di valore come il Concerto per viola (1966) e il Quartetto (1968). E tuttavia in un appunto autobiografico del 1967 Tosatti manifestò crescente sfiducia nella possibilità di continuare a comporre per professione, «soprattutto considerando che ai nostri giorni la pratica musicale viene esplicata da un lato nella gretta routine di una falsa e mediocre tradizione; dall’altro lato, nell’altrettanto gretta ostentazione di alcune goffe e puerili pratiche ‘sperimentali’ che presso un esiguo pubblico di inibiti e baggiani viene spacciata come arte d’Avanguardia» (ibid., p. 240). Anche per questo, a partire dal 1966, cercò una possibile alternativa nella direzione d’orchestra, cui tuttavia dovette rinunciare già intorno al 1974 a causa del rapido deterioramento della vista, che infine lo condusse alla cecità verso il 1980.

Il medesimo lasso temporale coincise, oltretutto, con il graduale abbandono del lavoro che sino ad allora, più o meno clandestinamente, aveva svolto per Giacinto Francesco Maria Scelsi, del quale all’epoca veniva considerato un mero ancorché esperto copista. In realtà, di molte importanti opere del compositore spezzino egli curò non tanto la trascrizione quanto piuttosto l’elaborazione ragionata su carta delle idee e delle sonorità suggerite dalle originali bozze elettroacustiche che Scelsi creava su supporto magnetico a mo’ di prototipi delle proprie composizioni, da sviluppare per differenti organici. Grazie a tale prestazione collaborativa, durata quasi trent’anni a partire dal 1947, Tosatti non solo aveva sorretto economicamente la propria autonomia di compositore ma, paradossalmente, aveva contribuito alla genesi di alcune tra le opere scelsiane più accreditate presso i circoli dell’avanguardia del Novecento exeunte. In questo senso, il suo apporto creativo – numerose ricerche recenti lo hanno comprovato – fu sostanziale e il dato rivela la peculiare sensibilità con cui Tosatti, facendo del proprio magistero tecnico uno strumento maieutico, seppe immedesimarsi in un universo poetico diverso dal proprio, conferendogli un vivido corpo sonoro.

Con il 1970, l’anno del Concerto iperciclico per clarinetto e della Deutsche Sonate per pianoforte, considerò definitivamente conclusa la propria carriera e salvo occasionali ricorsi – nel 1972 l’orchestrazione dei Wesendonk-Lieder di Richard Wagner, nel 1977 i Sette preludi e fughe per pianoforte e il Gedichtkonzert – non scrisse più musica, dedicandosi invece per intero all’attività letteraria.

Tra il 1972 e il 1984 concepì due raccolte di sette racconti l’una (Altri paesi, 1973, pubblicato a Roma nel 1980; e Nostre avventure, 1980, Roma 1981), un volume di brevi saggi e riflessioni (Capitoli scompagni, scritti tra il 1978 e il 1979, Roma 1981), un romanzo (Principe azzurro, 1983, Roma 1984) e infine uno zibaldone di cinquanta poesie in lingua tedesca intitolato Ausgewählte Gedichte (scelte, appunto, tra le circa settanta stilate dal musicista tra il 1972 e il 1978, Roma 1988; quattro di esse vennero utilizzate per il citato Gedichtkonzert).

Protrasse fino al 1986 l’impegno di cattedra tenuto a partire dal 1966 nel Pontificio Istituto di musica sacra e accettò, tra il 1974 e il 1978, la docenza nel conservatorio di S. Cecilia. Visse gli ultimi anni circondato dall’affetto della moglie, dei figli Valentino (Roma, 28 ottobre 1948) e Teodora (Roma, 3 marzo 1954) e di alcuni allievi.

Morì il 22 marzo 1999, per ictus.

Fonti e Bibl.: Le partiture autografe, le bozze compositive nonché i numerosi manoscritti e l’epistolario sono custoditi a Roma nell’Archivio Tosatti della Bibliomediateca dell’Accademia nazionale di S. Cecilia. Per un elenco completo della produzione, letteraria e musicale, edita da Ricordi ed Edizioni Bideri, nonché per quella autoprodotta sotto la sigla E.O.T. (Edizioni Opere di Tosatti), cfr. M.G. Teodori, V. T., musicista e scrittore, Roma 1993, pp. 68-79. Cfr. anche: V. Tosatti, Confidenze di un compositore, in Corriere mercantile, 16 agosto 1958; Id., Serialità e puntillismo, ibid., 8 luglio 1958; Id., Appunti su V. T., compilati dal medesimo (1967), in S. Marrocu, Il regista e il demiurgo. Giacinto Scelsi e V. T.: una singolare sinergia creativa, tesi di dottorato, Università di Roma Tor Vergata, 2014, pp. 238-245 (anche sul ruolo di Tosatti nella genesi delle musiche di Scelsi); R. Pozzi, T., V., in Grove music online, 2001, https://doi.org/10. 1093/gmo/9781561592630.article.28196 (26 giugno 2019); F. Jaecker, «Der Dilettant und die Profis». Giacinto Scelsi, V. T. & Co., in MusikTexte. Zeitschrift für Neue Musik, 2005, n. 104, pp. 27-40 (trad. italiana, in Musica/ Realtà, 2009, n. 88, pp. 93-122); M. Mila, T., V. (con aggiornamenti), in MGG online, 2016, https://www.mgg-online.com/mgg/ stable/23419 (26 giugno 2019).

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