ADRIANA, VILLA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

ADRIANA, VILLA (v. vol. I, p. 74)

F. Rakob
M. Lolli Ghetti

Nella lunga storia degli scavi compiuti a Villa Α., il fatto di avere infine riportato completamente alla luce gli edifici della Valle del Canopo, che formano un unico grande complesso architettonico con la loro decorazione statuaria ormai pienamente accertata, costituisce il risultato più importante conseguito dagli studi sulla villa imperiale. Mentre gli originali scultorei hanno trovato posto nelle immediate vicinanze dei luoghi di ritrovamento, all'interno di una serie di vani di età romana, la risistemazione di copie ed elementi architettonici rende chiaro l'aspetto originario del bacino monumentale, circondato da statue e portici. A questi lavori di restauro è seguita la parziale anastilosi elementi costruttivi anche in altri complessi architettonici della villa (come p.es. l'edificio triabsidato, il Teatro Marittimo, la Piazza d'Oro, il Tempio di Venere, e altri) e la rimessa in luce definitiva di complessi finora non esplorati (lo stadio, l'estremità meridionale delle Grandi Terme, gli edifici al di sotto della Piazza d'Oro). Tra gli interventi di ampio respiro a fini conservativi e di restauro vanno menzionati quelli sulle biblioteche e sulle Grandi Terme, condotti sotto la direzione di C. Caprino secondo і più moderni criteri di tutela dei mоnumenti. A parte il consolidamento dei resti attuali e l'eliminazione dai due complessi dei grandi contrafforti del sec. XIX, che li alteravano architettonicamente e ne compromettevano la stabilità gli esiti di tale rimessa in luce corrispondono a uno «scavo sopraterra». Soltanto ora essi rendono apprezzabile la complessa organizzazione spaziale dei due edifici, mentre nel frigidarium delle Grandi Terme l'opera di restauro e di innalzamento delle imponenti volte ormai in rovina, ripristino alla loro collocazione originale con notevole precisione, ha permesso di sostituire a una visione più romantica tanto spesso riprodotta, dei ruderi, l'esatta impressione spaziale che offriva originariamente la più grande sala termale della villa.

La connessione fra le costruzioni in superficie della villa e un sistema sotterraneo di comunicazioni che collegava і gruppi di edifici lontani tra loro era già nota sin dai più antichi rilievi in pianta e in alzato; tuttavia essa non è mai stata indagata nel suo insieme.

La nuova esposizione e interpretazione non solo spiega tale sistema di rifornimento sotterraneo, costituito sia da strade carrozzabili che da gallerie pedonali, ma ne consente anche l'attribuzione a varî gruppi di edifici e a funzioni differenziate a seconda degli utenti. Allo stesso tempo, in base all'estensione del sistema viario destinato al trasporto sotterraneo, diventa possibile determinare l'area del territorio della villa effettivamente abitato; esso fu ampliato lungo queste vie con successivi provvedimenti edilizî; ma già nella prima grande fase di pianificazione ed edificazione degli anni 118-125 d.C. era stato previsto per un'estensione pari a quella raggiunta nello stato finale. All'estremità occidentale della Valle di Tempe conduceva un vecchio tratto di strada repubblicana, modificato rispetto al tracciato originale nella forma di una galleria trapezoidale passante sotto l'altopiano a E dell'Accade, che era stato in parte sistemato come piazzale di manovra con scuderie e magazzini per la neve (ghiacciaie?). Al di sotto delle sostruzioni del Pecile un diverticolo della Via Tiburtina con funzione di strada di servizio conduceva le terme, e in seguito fu prolungato verso E. In base alla posizione di queste vie sotterranee di servizio e rifornimento, gli spazi nelle sostruzioni del Pecile, le «Cento camerelle», vanno intesi come alloggi del personale addetto, analogamente a quelli nelle altre sostruzioni del Pretorio e della Caserma dei Vigili; invece la sistemazione a due piani della valle O del Canopo e і lussuosi hospitalia spettavano a una diversa, più elevata categoria di frequentatori della villa. Un'altra serie di criptoportici serviva alla comunicazione diretta tra gruppi di edifici, mentre il criptoportico del palazzo sopra la Valle dello Stadio, come si può arguire dalla sua sistemazione, è pertinente al settore signorile e corrisponde ai deambulatori sotterranei noti dalla tipologia delle ville romane, che venivano climatizzati tramite un bacino idrico posto più in alto. Già il criptoportico della villa di età repubblicana, perlomeno nell'ala della prima metà del sec. .C. decorata con l'insolito mosaico sulla volta, era stato trasformato dalla reale funzione di fondazione della basis villae in luogo di soggiorno estivo, prima di essere degradato a mero luogo di transito nella villa di età imperiale.

Nel suo raggruppamento dei complessi edilizî, esteso tramite il vasto spianamento e terrazzamento del раеsaggio naturale, l'impianto complessivo è il risultato di un ambizioso progetto di pianificazione completato in poco più di un decennio; і lavori ano effettuati tradizionalmente durante і dell'imperatore, che se dopo le ultime ricerche non è più dimostrabile l'ipotesi, avanzata in precedenza, di una fase conclusiva posteriore al ritorno di Adriano dal suo ultimo viaggio nel 134 d.C.

Le numerose ricerche specialistiche più recenti sull'architettura della Villa A. non dipendono in particolar mоdo dai risultati di nuovi scavi e scoperte. Anche le monografie su edifici e complessi edilizî, o le descrizioni esaurienti e dettagliate dei rinvenimenti e delle conseguenti ricostruzioni, costituiscono parte di un'interpretazione globale della villa imperiale, e forniscono un'immagine nuova sia del carattere particolare dell'architettura di tutto il complesso edilizio, sia di quella pertinente alle ville coeve e ai palazzi imperiali, immagine che amplia e al contempo supera la ricerca condotta sinora.

Sull'isolato gruppo architettonico sud-orientale del palazzo, che ampliava il nucleo originario della villa di età repubblicana, come anche la Piazza d'Oro pertinente agli edifici di rappresentanza, sono state eseguite due nuove ricerche, che divergono nella questione fondamentale, ossia nella ricostruzione dell'ottagono centrale a nicchie. All'ipotesi tradizionale di una cupola a ombrello divisa in otto spicchi e sospesa sopra allo spazio centrale, ne viene contrapposta un'altra, che per ragioni di statica contesta la soluzione con copertura a cupola in materiale cementizio. Per una ricostruzione a cupola manca finora un calcolo preciso sui problemi di statica; sono tuttavia carenti anche le discussioni in merito a una copertura alternativa con capriata in legno o con finta volta sospesa. Il vestibolo ottagonale di questo insieme volumetrico, chiuso rispetto al paesaggio naturale, con il suo cortile-giardino ornato di piscine e aiuole, appartiene ai maggiori edifici a volta dell'architettura adrianea. Conformemente alle tendenze di tale architettura, qui per la prima volta la struttura costruttiva della cupola a ombrello divisa in otto spicchi, sorretta in apparenza da colonne, diventa immediatamente percepibile nello spazio esterno, e prepara così la strada per lo sfondamento ideale del muro nei suoi segmenti murarî secondarî.

Dopo l'eliminazione dei grandi contrafforti di età mоderna e lo scavo del cortile-giardino, si sono potuti studiare gli edifici a torre della Biblioteca Greca e di quella Latina, la cui caratteristica costruzione a più piani è assolutamente singolare nell'architettura delle ville romane. A giudicare dai dettagli architettonici e tecnici dei plessi, di poco successivi, della Biblioteca Greca e del Teatro Marittimo, la costruzione della Biblioteca Latina, un po' più piccola, deve risalire alle primissime fasi della Villa, se non va addirittura spostata a epoca anteriore all'ascesa al trono dell'imperatore. La precedette un insolito edificio centrale, demolito fino all'altezza del pavimento seguito ai primi provvedimenti architettonici dell'epoca adrianea che, secondo gli indizi forniti dal pavimento in opus sectile, in cattive condizioni di conservazione, era coperto: si tratta di un triconco aperto verso N con un nartece absidato, il cui impianto presuppone una sistemazione delle terrazze con giardini con sostruzioni già prima dell'età di Adriano. La Biblioteca Latina, orientata a N come l'oecus cyzicenus, era fornita di un altro piano principale, raggiungibile dalla copertura del peristilio della biblioteca e sul cui lato E s'impiantava un basso mezzanino. Quando la sala posteriore con volta a botte mutò la sua funzione originaria trasformandosi in un santuario dedicato ad Antinoo, in sostituzione venne aggiunta un'altra sala a E, alla quale fu ugualmente anteposto un vano aperto direttamente sul cortile-giardino. Come nel caso delle due latrine confinanti con volte a crociera, a ogni unità volumetrica è assegnata una fontana per marcare l'asse visivo, laddove due fontane poligonali, poste agli estremi dell'euripus che corre parallelo al muro delle terrazze, costituiscono le cerniere tra le ali divergenti dell'edificio. Al contrario di quanto riscontrato nella piccola Biblioteca Latina, la vicina torre della Biblioteca Greca è chiusa verso l'esterno. Tutte e due le sale del piano terreno con coperture a crociera decorate con mosaici sono illuminate parcamente da finestre ritagliate nel muro perimetrale della volta.

Qui si ripete lo schema, corrispondente alla Biblioteca Latina, di due ali principali a due piani e una costruzione a tre piani apposta all'estremità E. Tuttavia il piano della torre viene sfruttato con accortezza in maniera differente: una tromba di scale di servizio autonoma fa accedere sia al mezzanino orientale, che per il suo arredo fa parte del complesso di servizio, sia all'alto praefurnium del riscaldamento del piano superiore, sbarrato rispetto ai settori signorili, e posto al di sopra della chiave di volta della sala principale sottostante. Un'altra scala collegava la torre superiore col limitrofo Teatro Marittimo, in mоdo che nel loro isolamento entrambi gli edifici, appartenenti alla tipologia delle diaetae, stessero in relazione come torre e isola.

L'impianto del Teatro Marittimo, con і ricurvi come una villa isolata con atrio a esedra, è l'espressione amplificata di un diaeta-refugium del struttivo delle ville romane. Esso poteva venire isolato grazie a due ponti mobili in legno, e il suo canale/fossato formava al contempo una seconda frigidarium-natatio per il piccolo complesso termale privato; a completare l'isolamento, contribuiva il limitato panorama godibile dal muro del ninfeo esterno. In contrasto con il percorso anulare della «villa-isola» coperto con volte a botte, di fronte a essa si erge la torre, collegata a quello tramite una scala «segreta», che poteva essere riscaldata al piano superiore e assai aperta sul paesaggio circostante.

A questo nucleo interno del palazzo privato e ai vasti ampliamenti della parte di rappresentanza posti ai suoi estremi nella prima fase costruttiva, appartiene anche un complesso termale, collegato al Teatro Marittimo da un criptoportico che contemporaneamente conduceva fino allo stadio-giardino. Gli spazî interni delle terme, che si aprivano verso О mediante grandi finestroni, formano un insieme compatto, dalla pianta asimmetrica, e la cui sala a cupola, per il sistema adottato di eliminazione forzata dell'aria calda, è conforme per tipologia e funzione non tanto a un heliocaminus quanto piuttosto a un laconicum о a un sudatorium.

La ricerca del sistema sotterraneo di trasporti ha dimostrato che і delle Grandi e Piccole Terme, posti all'uscita NE della Valle del Canopo, erano destinati a due categorie di visitatori. Infatti le Grandi Terme, che rientrano ancora nella fase principale della villa, con і praefurnia essere raggiunte immediatamente a livello sotterraneo dagli alloggi del personale di servizio posti nelle sostruzioni del Pecile; invece le Piccole Terme competono all'area del palazzo. Nonostante la loro scarsa superficie in pianta, oltre ai normali spazî provvisti, come le Grandi Terme, di finestroni sul lato O , esse mostrano una ricchezza di forme spaziali, le une a ridosso delle altre, insolita nell'architettura romana delle terme. Basti pensare al cilindro ottagonale di un volume con quattro alte finestre, che si eleva al di sopra dei tetti del compatto blocco architettonico. L'ambivalente sistema compositivo in pianta, determinato dai vani affiancati ai muri esterni e a E formato da tratti di muro incurvati di fronte ad altri rettangolari, mostra l'alternarsi di pareti piane e convesse, che il conglomerato cementizio segue adattandovisi. Questa sala a cupola, conservatasi in buona parte, dovette poi ispirare l'architettura successivi con la sua costruzione finestrata di dimensioni ridotte.

Le aree adibite a giardini nella maggior parte degli edifici della Villa A. vanno intese come semplici superfici e non sono in grado di restituire alcuna impressione del legame fra l'architettura e l'area verde circostante. Invece, a fianco del cortile-giardino della Piazza d'Oro, lo stadio-giardino è l'unico esempio ricostruibile integralmente e della sua collocazione ambientale nella villa. Anche qui pianificazione e realizzazione cadono nel periodo costruttivo principale e vennero determinate dallo strato tufaceo spianato a E del complesso a tre esedre, dall'ampliamento della sua sala e dalla facciata scoscesa del palazzo superiore, il quale poteva essere utilizzato anche in inverno grazie all'installazione del riscaldamento. Qui è rimasto solamente l'abbozzo della forma tipologica di base riscontrabile negli stadi delle ville romane, cioè il lungo asse in senso N-S, disposto trasversalmente all'ala media del complesso a tre esedre sulla facciata occidentale del palazzo superiore. Le alte colonne del portico qui delimitano una zona aperta, senza alcun ambiente costruito al di sopra e pavimentata solo ai margini. Delimitata dai basamenti delle statue di fronte alla del palazzo, questa area è il segno di demarcazione del centro dello stadio e del suo asse trasversale. Il ritrovamento in loco di numerosi frammenti di un gruppo dei Niobidi in calcare nero indica che una grande opera evidenziava il punto di intersezione di questi assi visivi. Nella metà settentrionale dello stadio, costruita per prima, un ampio giardino con euripus e aiuole, precede un complesso volumetrico che delimita e chiude l'area. Segue una sala, nella cui struttura interna si combinano un atrium impluvium un oecus Corinthius. Di fronte all'asse di ogni finestra sono disposte all'aperto basi di fontane con zampilli d'acqua. A tale suddivisione corrisponde nella zona meridionale dello stadio un alto plesso unitario con una partizione interna a semicolonne fra grandi finestre con alto parapetto. Come nel pendant a N, nello spazio esterno le proprietà acustiche e climatizzanti dell'acqua erano associate alla sala interna, da cui una cavea-cascata a cielo aperto e fioriere, una grotta artificiale e un bacino ornamentale posti sullo stesso asse visivo delimitano a S l'area dello stadio dal paesaggio circostante.

Le statue ritrovate recentemente nell'euripus Valle del Canopo non hanno potuto confermare l'interpretazione, a lungo ritenuta valida, secondo cui l'intero edificio era una reminiscenza egizia, con il Serapèion sala a semicupola. La ripartizione architettonica dei lunghi del bacino non è ancora chiarita del tutto. Se l'ampiezza degli spazi fra le colonne sul lato E e gli spazi destinati a piante negli intercolumni suggeriscono un viale pergolato conducente alla sala a semicupola, come già precedentemente proposto, anziché l'unica fila di colonne ricostruita, anche la parte O del deve aver avuto una sistemazione architettonica. Mentre a N nella chiusura a del bacino le sculture poggiavano sui loro basamenti sotto gli archivolti del colonnato disposto secondo lo serliano, sulla base dei fori d'imperniatura e delle canalette di fusione, le quattro kòrai і sileni fianchi erano sì inserite in un colonnato, il cui architrave però non poteva essere sorretto direttamente dalle figure di sostegno, a causa della grande ampiezza degli intercolumni. Nuovi sondaggi non sono riusciti a confermare la supposizione di Kähler, qui la zona di sepoltura di Antinoo con la piazza per l'obelisco. La nuova lettura dei geroglifici rende più collocazione della tomba e dell'obelisco nella Porticus Adonaea, fianco SE del Palatino a Roma.

All'estremità meridionale della valle, una cupola a оmbrello, soluzione architettonica sviluppatasi in epoca adrianea con articolazione dei singoli segmenti struttivi a mоsaico policromo, sovrastava un monumentale triclinio a esedra. Fiancheggiate da due «avancorpi» con absidi colonnate, quattro monumentali colonne in marmo cipollino coronate da un architrave a serliana formano una delimitazione trasparente tra la sala della semicupola e l'ala con bacino sul lato che dà sulla valle. Come nel cortile della biblioteca nell'area della villa repubblicana, alla Biblioteca Latina aperta come oecus cyzicenus corrispondeva un analogo programma volumetrico nella doppia sala mоnumentale della Biblioteca Greca chiusa al piano terreno verso l'esterno; così al di sopra della semicupola, alla base della terrazza di sostruzione dell'Accademia, è una sala semicupola, sostanzialmente analoga a quella inferiore, ma chiusa verso l'esterno, che una scala collegava al sottriclinio a grotta. Questo complesso nella Valle del Canopo, con la combinazione di giochi d'acqua rego, dagli effetti acustici e climatizzanti, nonché l'isolamento della klìne semicircolare circondata da bacini, costituisce l'esempio più monumentale di un triclinio a grotta romano, che dall'età di Tiberio è incluso nel repertorio delle ville imperiali. Lo stretto passaggio nell'asse della cupola, fornito di nicchie per statue, termina con una grotta a nicchia artificiale e racchiude una piattaforma, isolata sull'acqua sotto un baldacchino a volta, la cui notevole dimensione blocca lo sguardo verso lo spazio aperto, e con l'illuminazione indiretta contribuisce a ciril luogo destinato a ricevere statue (per l'illuminazione in una delle chiese più note di questo secolo, il santuario di Ronchamps, questa raffinata successione di luci ha ispirato una soluzione analoga all'architetto Le Corbusier).

Dato che la consistenza tipologica di Villa A. trova і suoi antecedenti nelle ville imperiali e nei palazzi del I sec. d.C., le singolarità reperibili nella pianta e nelle forme delle volte vanno probabilmente poste in relazione immediata con la committenza imperiale. Così nella nuova interpretazione і disegni «a zucca», così denominati nella disputa fra Adriano e l'architetto di fiducia di Traiano, Apollodoro di Damasco (Dio Cass., LXIX, 4), e tipici dell'epoca adrianea, vengono collegati a quelle deformazioni plastiche delle calotte a volta nelle cupole a ombrello. I peristilî a pianta curvilinea, che ricordano forme architettoniche assai posteriori, e gli elementi murarî degli spazi centrali, forzati in un andamento curvilineo, rimangono esempi isolati nell'architettura coeva. L'invenzione della costruzione finestrata, dai grandi sviluppi futuri, e degli edifici centrali a volta ripartiti in piani come spazi interni, nonché arricchiti all'esterno da elementi di facciata, che preludono agli autonomi monumenti a cupola, si ritrovano per la prima volta qui e nelle costruzioni adrianee a Baia. Già in edifici della seconda metà del I sec. d.C. l'illuminazione interna era stata migliorata e raffinata tramite la creazione di aperture che, essendo poste in alto, celavano la fonte di luce visibile; anche la graduazione delle serie di sostegni interni si era raffinata, sulla base di calcolati effetti di luce sfumata. Pure ricca di sviluppi è la costruzione delle volte monumentali a crociera (Grandi e Piccole Terme, Biblioteca Greca e Latina), la cui stabilità statica all'attacco delle volte tramite blocchi di travertino decorati e aggettanti è già sottolineata nel vestibolo della Piazza d'Oro per mezzo di colonne inserite. Altre innovazioni mostra il primo sistema struttivo monumentalizzato di travatura su colonne secondo lo schema ad arcate (Grandi Terme, Tempio di Venere, il complesso a tre esedre, il Canopo): il problema costituito dalla grande ampiezza degli intercolumni venne superato grazie all'uso di archi di piattabanda in mattoni, armati, legati con blocchi di pietra a cuneo e rivestiti di marmo, che vennero usati qui per la prima volta.

Alle figure che in pianta appaiono spesso complicate, corrisponde un semplice schema metrologico, misurabile a grandezza originale sul luogo di costruzione. Il sistema di incrostazione, attualmente in rovina è intuibile nelle proporzioni e nella ripartizione in base ai fori di grappe; sfugge tuttavia la policromia della copertura muraria, per la quale fornivano materiali tutte le cave di pietra del patrimonio imperiale dislocate nel bacino Mediterraneo e destinate all'esportazione. Almeno nello stadio-giardino si trova l'insolito accostamento di colonne di pavonazzetto e basi di pilastri neri, nonché capitelli di marmo frigio chiaro, in un contrasto cui contribuiscono anche numerose sculture in marmo nero o in colori scuri. Mentre і mosaici pavimentali bianchi e neri, come nei piani del mezzanino delle biblioteche, qualificano spazî di infimo rango, non si possono più ricostruire quelli in pasta vitrea (Glasmosaiken), percepibili solo a tratti sulle coperture delle cupole, con і loro effetti di colore al di sopra delle incrostrazioni policrome delle pareti.

In complesso la Villa A. rimane legata al doppio carattere di villa e residenza permanente: con і suoi elementi costruttivi, solo ampliati in misura e decorazione, ancora nella tradizione tipologica della villa, e con і suoi grandi edifici di rappresentanza, adatti a una villa e residenza imperiale ma probabilmente accessibili anche al pubblico, dove coordinamento e organizzazione potevano essere assicurati dal vasto sistema sotterraneo di trasporti. Alla riproduzione di famosi capolavori del mondo classico tramandata da autori antichi non corrisponde di fatto nessuno degli edifici tiburtini imperiali, probabilmente neppure il tempio rotondo dorico di Afrodite Cnidia, a cui era connesso un gruppo volumetrico disposto a semicerchio, con un portico a esedra e la sua membratura ad archivolti della trabeazione colonnata come immagine visiva e barriera allo sguardo aperto sul paesaggio circostante. Mentre nell'architettura delle ville flavie l'occhio corre liberamente nel paesaggio che appare incorniciato ed estremamente sviluppato dai complessi struttivi, qui sembra bloccato e conchiuso dalla maggior parte delle strutture edilizie. Secondo l'opinione di Drerup, si esprime in tal modo il rapporto, divenuto problematico, col mondo esterno, a cui nella Villa A. corrisponde la conformazione differenziata dello spazio interno e la collocazione di isolati corpi di fabbrica in spazî liberi e interni capricciosamente separati, nell'altezza scalata delle loro coperture a volta, nella studiata discrepanza fra asse ottico e asse del percorso, nella disposizione calcolata di giochi d'acqua verso aperture nelle pareti e vedute otticamente graduate e limitate.

In questo senso l'intero complesso della villa imperiale non caratterizza la creazione stravagante a uso privato di un imperatore che si dilettava di architettura, bensì è il sintomo di un mutamento, che sarà gravido di conseguenze, dell'antica concezione dello spazio e dell'architettura. Tuttavia questa realizzazione in sé così grande non fu superata da nessun'altra espressione architettonica coeva, né per le dimensioni, né per la tipologia, né per la ricchezza formale.

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Tecnica, edilizia, forme particolari: F. Rakob, Litus Beatae Veneris Aurem. Untersuchungen am 'Venustempel' in Baiae, in RM, LXVIII, 1961, p. 114 ss.; F. L. Brown, Hadrianic Architecture. Essays in Memory of K. Lehmann, New York 1964, p. 55 ss.; C. F. Giuliani, Volte e cupole a doppia calotta in età adrianea, in RM, LXXXII, 1975, p. 329 ss.; A. Oliver, Sommiers de piatebandes, appareillées et armées à Conimbriga et à la Villa d'Hadrien à Tivoli, in MEFRA, XCV, 1983, p. 937 ss. - Villa A. nell'ambito dell'architettura della villa romana: H. Drerup, Die römische Villa, in MarbWPr, 1959, p. I ss.; id., Bildraum und Realraum in der römischen Architektur, in RM, LXVI, 1959, p. 147 ss.; J. B. Ward-Perkins, Roman Imperial Architecture, Harmondsworth 1981; W. L. MacDonald, The Architecture of the Roman Empire, New Haven-Londra 1982; P. Grimal, Les jardins romains, Parigi 19847; H. Mielsch, Villa. Die römische Villa. Architektur und Lebensform, Monaco 1987.

Biblioteca Latina e Greca: F. Rakob, Ambivalente Apsiden zur Zeichensprache der römischen Architektur, in RM, XCIV, 1987, p. I ss.

(F. Rakob)

Museo didattico. Il Museo Didattico Centro Visitatori è stato progettato per essere il punto di partenza della visita di Villa A. dando le prime informazioni riguardo alla storia della villa, alle sue fasi costruttive e alla personalità dell'imperatore Adriano, oltre a una scelta di percorsi di visita illustranti particolari aspetti del monumento: 1) Architettura; 2) Tecnica e Materiali; 3) Marmi; 4) Mosaici; 5) Acqua e Verde; 6) Criptoportici.

Ciascun tema è stato preso in esame da studiosi che hanno provveduto a redigere testi di introduzione generale e a scegliere, tra і molti edifici della villa, quelli maggiormente significativi per l'illustrazione degli argomenti mediante pannelli didattici, fotografie, disegni e materiali antichi.

Sono stati utilizzati і tre piani di un edificio inserito in un vasto giardino, appartato, ma in immediata comunicazione con l'area monumentale: al piano terreno vengono fornite le informazioni generali sul museo e sulla villa, unitamente alla presentazione di tre percorsi a tempo, mentre і due piani superiori sono riservati ai percorsi a tema e all'esposizione di pezzi archeologici e campionature di supporto.

In aggiunta a questa illustrazione, due stanze sono dedicate alla presentazione di due aspetti particolarmente importanti anche per la comprensione del ruolo svolto da Villa A. nella diffusione dell'arte e dell'architettura romana: і materiali ― statue, marmi, mosaici ― ritrovati nel corso degli scavi e oggi ospitati nei maggiori musei del mondo, e l'immagine, cioè il modo in cui Villa A. è stata vista e di conseguenza disegnata o dipinta dagli artisti di ogni tempo e paese.

(M. Lolli Ghetti)

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