BRUNFORTE, Villanuccio da

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRUNFORTE, Villanuccio da

Gino Franceschini

Discendente da una nobile famiglia marchigiana di tradizione ghibellina, imparentata con gli ultimi rami degli Svevi (uno zio, Ottaviano, aveva sposato nel 1297 una nipote di Corrado d'Antiochia), seguì le sorti dei suoi maggiori, che, nel generale sbandamento delle forze ghibelline seguito alla discesa in Italia di Ludovico il Bavaro, si dettero come tanti altri rampolli della nobiltà rurale al mestiere delle armi. Signori della regione montuosa dell'Ascolano fra Sarnano e San Ginesio, fra i Sibillini e il Tronto, i Brunforte furono dai loro interessi costretti a prender parte attiva anche alle vicende del Regno di Napoli.

Nato intorno al 1320 da Gualtieri di Rainaldo e da Trusilla di Rinalduccio da Monteverde, fece le sue prime prove di armi al seguito di Luigi d'Angiò, re d'Ungheria, sceso nel Regno a vendicare la morte del fratello Andrea, primo marito della regina Giovanna I; ma solo alquanto più tardi lo troviamo a capo di una grossa formazione di venturieri assai malfamata, detta la compagnia del Rampino o dell'Uncino. Nel 1370 scorreva con le sue bande l'alta valle del Tevere al servizio di Masio Tarlati da Pietramala, e per suo conto tolse a Perugia il castello di Citerna. Dopo un decennio di oscure vicende, passato per lo più al soldo della Chiesa, il B. ricompare fra i capitani di Carlo di Durazzo, che si accingeva, su invito di Urbano VI, a scendere nel Regno per contendere il trono a Giovanna, sostenitrice dell'antipapa Clemente VII. Il 15 luglio 1381 si trovava nei pressi di Nola, dove il re Carlo, prima d'affrontare il nemico, passò in rassegna le sue genti: in quest'occasione il B. è ricordato tra i principali capitani dell'esercito, insieme con Alberico da Barbiano, Berardo Varano da Camerino e altri. Aveva con sé anche due suoi nipoti, Federico da Brunforte e Antonio di Sant'Angelo, detto l'Ungaro. Il 25 ag. 1381 le truppe durazzesche sconfissero il duca Ottone di Brunswick, quarto marito della regina Giovanna, che fu ferito e fatto prigioniero da uno squadriero del B., Andriolo di Maso di Sant'Angelo in Pontano. Dopo la vittoria, il B. ebbe dal re riconoscimenti e cospicue ricompense: fu investito di alcuni feudi, che divennero in seguito il fondamento delle fortune dei Brunforte nel Regno.

Quando ai primi del 1382 Carlo di Durazzo decise di rimuovere dal governo d'Arezzo il vescovo di Giurino e di sostituirlo con Iacopo Caracciolo, il B. fu mandato in Toscana con le sue truppe a sostenere quest'operazione: verso la fine di gennaio era in val di Chiana e allora Perugia si rivolse a lui per ottenere, almeno in parte, la restituzione di una grossa partita di grano intercettata dai suoi soldati. Avvicinatosi ad Arezzo, gli Aretini, ch'erano stati dati in preda alla compagnia di San Giorgio di Alberico da Barbiano, credettero che il B. venisse a liberarli, ma furono amaramente delusi: entrate in città, le sue genti si adoperarono bensì per cacciare il conte Alberico e i suoi, ma soltanto per essere soli a profittare di quel poco bottino ch'era rimasto dopo il primo saccheggio.

Nella primavera del 1382, alla notizia della discesa di Luigi d'Angiò, che veniva a riscattare l'eredità della regina Giovanna, re Carlo lo richiamò con le sue genti nel Regno. Ma prima di riprendere il cammino, il B., bisognoso di preda e di denaro, mosse contro il territorio fiorentino. Per il Senese e il Perugino il B. si trasferì finalmente nell'agro fermano per opporsi alle genti di Luigi d'Angiò. Per rimunerarlo dei servizi resi durante la lotta contro il pretendente angioino, Carlo di Durazzo il 25 genn. 1384 lo elevò alla dignità di maresciallo del Regno e gli concesse altri feudi; il 27 novembre dello stesso anno, poi, dopo la morte dell'Angiò, gli confermò l'alto ufficio e i feudi.

Durante il grande conflitto esploso tra Carlo di Durazzo e Urbano VI il B., il 27 genn. 1385, fu mandato dalla regina Margherita in Puglia in soccorso del re, insieme con Andrea Mormile. In febbraio partecipò all'assedio di Nocera, dove il papa si era rinchiuso. Non pare che fosse tra quei capitani che seguirono re Carlo nell'impresa ungherese. Morì con tutta probabilità non molto tempo dopo, certamente prima del 16 ag. 1387, quando in un documento è ricordato come defunto. In questa data infatti Margherita di Durazzo concesse ai nipoti del B., Federico da Brunforte e Antonio di Sant'Angelo, un assegno annuo di 2.000 fiorini goduto in precedenza dal B., che non pare avesse lasciato discendenti diretti.

Fonti e Bibl.: Ser Naddo da Montecatini, Memorie storiche, in Delizie degli eruditi toscani, XVIII, Firenze 1780, pp. 33 s.; Antonio di Niccolò, Cronaca fermana, a cura di G. De Minicis, in Doc. di storia italiana, IV, Firenze 1870, pp. 9, 123; Cronicon Siculum incerti authoris, a cura di J. de Blasiis, Neapoli 1887, pp. 57-59, 62, 66-69, 125; Giovanni Sercambi, Cronaca, a cura di S. Bongi, Roma 1893, pp. 223 s.; Matthei de Griffonibus Memoriale historicum de rebus Bononiensium, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XVIII, 2, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, p. 77; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina,ibid., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, p. 328; Leonardo Bruni, Historiarum Florentini Populi libri XII,ibid., XIX, 3, a cura di E. Santini e C. Di Pierro, p. 232; Bartolomeo di Ser Gorello, Cronaca dei fatti d'Arezzo,ibid., XV, 1, a cura di A. Bini e G. Grazzini, pp. 101, 119, 147-155; I diurnali del duca di Monteleone,ibid., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, pp. 26, 39, 63; E. Gamurrini, Istoria geneal. delle famiglie nobili toscane ed umbre, II, Firenze 1641, pp. 332-33; T. Benigni, Albero geneal. dei signori di Brunforte, in Antichità picene, XXIII (1795), p. 349; G. Gaye, Carteggio ined di artisti dei secc. XIV,XV,XVI, I, Firenze 1839, p. 8; E. Ricotti, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, I, Torino 1847, p. 180; N. Barone, Not. stor. tratte dai registri della cancelleria di Carlo III di Durazzo, in Arch. stor. per le prov. nap., XII (1887), pp. 204-206; A. Valenti, Margherita di Durazzo,ibid., XL (1915), pp. 446, 497; B. Feliciangeli, Sul passaggio di Ludovico I d'Angiò e di Amedeo VI di Savoia attraverso la Marca e l'Umbria, in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le Marche, IV (1907), pp. 251 s.; G. Franceschini, Il gran conestabile Alberico da Barbiano e i conti di Urbino, in Studi romagnoli, IV (1953), p. 24; Alcune lett. ined. del cardinale Galeotto da Pietramala, in Italia mediev. e umanistica, VII (1964), p. 393; G. Mira, Le difficoltà finanz. del Comune di Perugia alla fine del Trecento, in Boll. della Deput. di storia patria per l'Umbria, LXIII(1966), p. 137; A. Ascani, Due cronache quattrocentesche, Città di Castello 1966, pp. 69 s.; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angió-Durazzo, Napoli 1969, pp. 38, 40, 44.

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