BELANDO, Vincenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BELANDO, Vincenzo

Anna Migliori

Attore e letterato siciliano, fiorì nella seconda metà del sec. XVI e gli inizi del secolo successivo.

E. Teza ha proposto l'identificazione del B. con Vincenzo Errante, scrittore del tardo Cinquecento e autore della commedia Inganni d'amore (Palermo 1603); in tal caso il B. sarebbe originario di Castelbuono in Sicilia.

Ma, in realtà, l'ipotesi che conferirebbe una maggiore complessità alla personalità del B. astrivendogli la paternità di una commedia regolare in cinque atti e in lingua, non èfondata su elementi validi; il confronto delle opere dei due autori ci rivela personalità artistiche distinte e nell'Errante maggiore senso drammatico, un dialogo più sapiente, mentre più stretta è l'adesione alle regole. Inoltre gli stessi repertori bibliografici siciliani conservano la distinzione fra i due.

Nell'assoluta mancanza di notizie sicure concernenti la vitadel B., possiamo trarre qualche indicazione utile da accenni contenuti nelle sue opere, ricche anche di particolari sul protettori dell'autore o i suoi amici. A Parigi egli pubblicò i due soli lavori che di lui si conoscano: nel 1588, per l'editore Abel l'Angelier, le Lettere facete, e chiribizzose in lengua antiga, venitiana, et una a la gratiana, con alguni sonetti, e canzoni piasevoli venitiani, e toscani e nel fin trenta villanelle a diversi signori e donne lucchesi et altri, e nel 1609, presso David Gilio, Gli Amorosi Inganni, definita "comedia piacevole" e divisa in tre atti secondo l'uso spagnolo.

Alcuni particolari linguistici nella commedia fanno supporre che l'autore fosse originario della provincia di Messina: ipotesi suffragata dal fatto che si nomina il villaggio. di Naso sito appunto in quella zona. Che poi il B. fosse un attore lo dice egli stesso, aggiungendo al proprio nome l'appellativo di Cataldo Siciliano, sotto il qúale evidentemente era noto in teatro. (Sarà interessante ricordare che anche nel Teatro di Flaminio Scala esisteva la maschera di Cataldo, ed era quella di un pedante). Dei suoi "comici assercitij" il B. parla nelle Lettere (pp. 4-5); eppure le notizie raccolte da vari studiosi intorno alle numerose "troupes" di comici italiani in Francia nel tardo Cinquecento non contengono alcun riferimento al Belando. Egli ricorda con ammirazione, nella dedica della commedia, Isabella Andreini, morta a Lione nel 1604, che chiama "mia singularissima, et antica padrona", lasciando supporre che almeno per qualche tempo - in Italia o in Francia - egli avesse fatto parte della compagnia dei Gelosi. Infine l'editore, presso il quale il- B. pubblicò nel 1588 le Lettere, stampò in quegli stessi anni altri componimenti poetici di attori italiani allora a Parigi: nel 1584 La Fiammella, pastorale in quattro dialetti del veronese Bartolomeo Rossi e nel 1585 la commedia Angelica di Fabrizio de Fornaris (il celebre capitan Coccodrillo). È questo il clima culturale in cui nacquero le opere del B., che con quegli autori e comici forse ebbe rapporti.

Quanto alle vicende biografiche del B. prima del suo arrivo a Parigi, sarà utile rilevare ciò che nella commedia Gli Amorosi Inganni il siciliano Catonzo - servo del capitano e personaggio che indubbiamente l'autore ha creato servendosi di molti elementi autobiografici - afferma a proposito delle sue peregrinazioni. Dopo l'osservazione che non c'è mestiere nel quale egli non si sia provato, Catonzo parla di un soggiorno a Napoli, poi a Roma dove fu imprigionato, e a Milano; ricorda inoltre, la fuga a Genova e di lì a Marsiglia, ad Avignone, quindi a Lione, dove si finse pellegrino per S. Iacopo di Compostella, e infine a Parigi (Gli Amorosi Inganni, pp. 24 s.).Considerando inoltre la nostalgia di Catonzo per la Sicilia - che è una delle note più sincere del personaggio - il ricordo del suo casato che, oltre a godere di un certo benessere, era nell'isola rispettato e onorato, e la malinconica osservazione che a Parigi Catonzo "ha lasciato la robba, e la gioventù, e così mendico vi lascierà lo stracco, et infelice corpo" (ibid., introduzione), avremo, un'immagine piuttosto fedele dello stato d'animo del B., che non più sotto le spoglie di Catonzo, ma rivolgendosi come autore della commedia a Gabriel de Guénégaud tristemente ricordava "I'Inverno cadente della sua età matura" e quei "miseri ultimi anni, e torbidi tempi" di esule ormai da "quarantaquattro anni fuori della patria" (ibid., introduzione).

Nel racconto di Catonzo non è però nominata Lucca, che fu forse tappa importante durante i vagabondaggi del B., come sembra lecito dedurre dai riferimenti a uomini e cose della città. Nella parodia di una maschera della commedia dell'arte - il dottor Graziano - il B. si firma "Accadernic balord" (Lettere, p. 31) e non possiamo dimenticare che a Lucca esisteva un'Accademia dei Balordi, che era poi la più antica della città. A personaggi lucchesi - alcuni dei quali però furono in Francia negli anni in cui dimorava il B., l'autore dedicò le trenta villanelle stampate insieme con le lettere: ricorrono spesso nomi di appartenenti a famiglie fra le più note della città (Guinigi, Cenami, Sanminiati, Pema), mentre a Giacomo Sardini, gentiluomo lucchese che all'inizio del Seicento compilò delle Cronache e Memorie di famiglia, è dedicata una canzone della stessa raccolta. Quanto poi alle relazioni del B. a Parigi, l'unica amicizia documentata nel campo dello spettacolo fu quella di Arcangelo Tuccaro, il famoso acrobata abruzzese poi al servizio dei re di Francia con la qualifica di "saltarin du roi", che il B. chiama suo compare e al quale è indirizzato lo Scudo d'Amanti, componimento poetico accluso alle Lettere. Fra coloro cui il B. dedica i suoi scritti, numerosi sono i personaggi influenti, i nobili o i mecenati dai quali il B. aveva ottenuto favori o sperava di ottenerne. A Gabriel de Guénégaud, segretario e tesoriere del re, che pare avesse usato molte cortesie al B., è dedicata la commedia; a Sebastien Zamet (lo stesso cui Isabella Andreini nel 1603 dedicò le Rime), celebre finanziere che era originario di Lucca e personaggio molto in vista nell'ambiente di corte, le Lettere, ognuna delle quali poi - venne indirizzata a personaggi diversi. Fra questi si ricordano il cancelliere di Francia (e poi cardinale) Renato Birago, alla cui ospitalità accenna il B., Ph. Desportes, il de Lansac, la duchessa di Retz.

Nelle opere del B. troviamo anche alcuni riferimenti alle sue teorie letterarie: propone nella commedia la completa indipendenza dalle regole "perché Dio m'ha fatto libero, in paese libero" (Gli Amorosi Inganni, p. 61), concludendo che la sua opera più che una commedia è uno "spasso". Nella prefazione alle Lettere citroviamo di fronte ad un'arguta apologia della letteratura, comica: indirizzandosi ai lettori il B. difende la sua "non pensata novità di senso, et di forma insieme di parlare" (Lettere, avviso al lettore). Si professa ignorante, ma non lo è al punto in cui vorrebbe far credere, e, se possiamo prestargli fede laddove afferma che gli è mancata un'istruzione regolare, dobbiamo però rilevare che i maggiori autori della nostra letteratura gli erano noti (nella commedia una fantesca recita anche un passo dell'Orlando Furioso), mentre non ignorava il pensiero di Cicerone né le cinquecentesche dispute intorno alla natura damore. Questa pretesa mancanza di cultura di cui l'autore fa sfoggio sarà quindi da interpretare come una schietta adesione al mondo della commedia antiletteraria e dei comici dell'arte, anch'esso tuttavia retto da regole ben precise. E in realtà nel B. la personalità dell'attore domina quella dello scrittore, condizionandone l'attività poetica. Le piacevoli, scoppiettanti tirate, gli agili accostamenti atti a suscitare il riso, il fuoco d'artificio delle metafore scoprono in lui una vena comica e un'abilità che è l'esatta trasposizione letteraria del gioco scenico di un attore della commedia improvvisa. Così come dal repertorio degli attori del tempo provengono la volgarità a volte sconcertante, i doppi sensi, i lazzi.

Anche per quel che riguarda il personaggio del capitano spagnolo in Gli Amorosi Inganni il B. segue un gusto diffuso e codificato, diremmo, da Le Bravure del Capitan Spavento (1ediz., Venezia 1607) di Francesco Andreini, che egli afferma di aver letto con profitto. Le "rodomontate" erano veri e propri pezzi di bravura anche in commedie letterarie ed erano spesso improntate ad un gusto del grottesco spinto all'inverosimile. Nell'introduzione alla commedia il B. mostra di ritenerle elemento essenziale nell'economia dell'opera e si difende dall'accusa di, aver plagiato una raccolta di "rodomontate" (forse da identificarsi con le Rodomuntadas Castellanas [1607] di J. Gaultier) che egli d'altronde giudica in confronto alle proprie "tronche e a guisa d'ossa senza carne". Il capitano del B. ha nome Basilisco, come nell'Altilia, di M. A. Francesco Raineri (1550) e ne La Furiosa di G. B. Della Porta (1609), e l'importanza di questo personaggio nella codificazione del "tipo" è stata riconosciuta dal Rasi.

In perfetta aderenza con il gusto dell'epoca è l'idea animatrice delle Lettere facete, e chiribizzose (tra l'altro "gheribizzi" si qualificavano anche le lettere di Andrea Calmo nella loro prima edizione del 1572). La varietà, del dialetto veneziano offriva al poeta l'opportunità di mettere in. luce il suo indiscutibile estro, mentre il ricordo della cominedia dell'arte riaffiorava con la gustosa parodia della maschera di Pantalone nel sonetto di "Pantalon a la soa crudel Rizzolina" (cfr. Lettere, p. 123).

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