GATTI, Vincenzo Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GATTI, Vincenzo Maria

Massimo Cattaneo

Figlio di Agostino, nacque a Riva Ligure, nella diocesi di Ventimiglia, il 15 marzo 1811. Seguendo le orme di uno zio appartenente all'Ordine dei frati predicatori, entrò nel 1828 come novizio nel convento domenicano di S. Sabina a Roma, pronunciando la professione di fede nel novembre 1829. Studiò quindi a Viterbo e a Roma, dove nel 1838 fu promosso lettore presso il collegio di S. Tommaso de Urbe, per poi andare nel 1847 a Lucca al convento di S. Romano, di cui fu per due volte priore (1849 e 1856). Nella città toscana ebbe anche la cattedra di teologia nel seminario arcivescovile e fu esaminatore prosinodale, cappellano delle milizie ducali e confessore delle monache.

Le vicende politiche e belliche del 1848 videro il G. apertamente schierato a favore di una soluzione neoguelfa della questione italiana. In questo anno egli pubblicò a Lucca un opuscolo (Indipendenza d'Italia e religione), dedicato alla gioventù italiana, profondamente influenzato dalle idee giobertiane e caratterizzato dalla particolare veemenza retorica con cui, guardando con speranza al pontificato del primo Pio IX, vi si teorizzava la compatibilità tra l'impegno per l'indipendenza nazionale e la fedeltà alla religione cattolica. Lo scritto del G. era già pronto quando nel marzo del 1848 i fatti di Milano e Venezia spinsero l'autore ad aggiungervi, prima di consegnarlo definitivamente alla stampa, una breve Addizione in cui, auspicando la massima unità del fronte patriottico, esprimeva, sulla situazione creatasi in Italia, un giudizio che era anche un invito a mettere da parte le "vane chiacchiere" sui futuri assetti e a pensare unicamente a ottenere l'indipendenza e la libertà. Ogni altra decisione doveva essere demandata a un futuro "gran parlamento nazionale" da convocare a Roma sotto la presidenza del papa (p. 71). Di lì a poco il voltafaccia di Pio IX e la sconfitta del Piemonte vanificarono ogni speranza.

Già in questa prima opera il G. attaccava aspramente il protestantesimo, denunciandone, in polemica con la cultura laica, il carattere retrogrado e opponendogli la natura progressiva del cattolicesimo. Su tali temi tornò più ampiamente nel 1854 con l'opera in due volumi Principio protestante e principio cattolico, apparsa a Lucca e dedicata all'arcivescovo di Genova mons. A. Charvaz. Il G. si inseriva così nella rinnovata polemica contro il protestantesimo che, in nome dell'intransigentismo antimodernista, vedeva in quegli anni gesuiti e domenicani far fronte comune in una battaglia al tempo stesso teologica e politica. Non a caso nel 1855 La Civiltà cattolica ebbe a definire l'opera del G. "uno dei migliori libri che abbia veduto la luce in Italia da non pochi anni" (s. 2, IX [1855], p. 661).

Alla delusione provocatagli dagli sviluppi negativi del 1848 vanno probabilmente fatti risalire il graduale ritiro del G. negli studi teologici e la rinunzia a ogni ulteriore polemica. L'anno di svolta fu il 1856, quando, secondo il memorialista casanatense P.T. Masetti, che lo conobbe di persona, il G. "fu preso da alienazione mentale" e "oppresso da tetra ipocondria, che faceva temere di finire in follia" (Masetti, Memorie, p. 297). Per facilitarne la guarigione il G. fu allora richiamato a Roma, dove godeva della stima del maestro generale dell'Ordine A.-V. Jandel, di cui nel 1857 diventò socius. Fu inoltre nominato coadiutore del bibliotecario casanatense, padre P.D. Modena. Nel 1859 diventò bibliotecario della prestigiosa biblioteca domenicana, succedendo al padre A. Guglielmotti. Mantenne tale carica fino al 1866.

Nel confortevole e stimolante ambiente casanatense, il G. ritrovò salute e tranquillità interiore. Riprese a dedicarsi con assiduità agli studi tomistici e come bibliotecario proseguì l'opera dei suoi predecessori arricchendo di nuovi testi la biblioteca, pur nei limiti impostigli dalle finanze, scarse e assorbite in larga parte dall'attività di restauro dei libri.

In seguito, talune obiezioni furono sollevate sulla sua gestione economica, in particolar modo per le vicende legate all'acquisto di numerose case poste sulla via di S. Ignazio, contigue quindi alla Biblioteca Casanatense, dal convento di S. Maria sopra Minerva che ne era proprietario.

Nel 1866 il G. diventò prefetto casanatense, carica ricoperta fino all'inizio del 1870. Frattanto il suo prestigio come teologo cresceva notevolmente, anche grazie alla pubblicazione di un'importante opera, scritta su ordine del p. Jandel: le Institutiones apologetico-polemicae de veritate ac divinitate religionis et Ecclesiae catholicae (I-III, Romae 1866-67). Si trattava di un vero e proprio corso di teologia, destinato a essere adottato nelle scuole e nelle università dell'Ordine. Nel primo libro il G. affrontava il tema dei fondamenti della religione, naturale e rivelata; nel secondo libro si occupava della religione naturale e soprannaturale; nel terzo libro della divinità della religione e della Chiesa cattolica. L'opera, di grande erudizione e di solida dottrina tomistica, valse all'autore il consenso di Pio IX, impegnato in quegli anni a promuovere un forte rilancio del pensiero teologico dell'Aquinate. A conferma della fama ormai raggiunta, nel 1867 il G. entrò a far parte dell'Accademia di religione cattolica di Roma dove, nello stesso anno, tenne una conferenza dal titolo S. Pietro vive e giudica nei suoi successori.

In questi anni il G. fu anche impegnato, in qualità di consultore della congregazione speciale per la Revisione dei concili provinciali (1863) e della commissione speciale per la Revisione dell'Indice dei libri proibiti (1868), nei lavori di preparazione del concilio Vaticano I, al quale partecipò come teologo del cardinale G. Antonelli. Il 17 genn. 1870 Pio IX lo nominò segretario della congregazione dell'Indice di cui era prefetto il cardinale A. De Luca, e finché mantenne la sua carica (22 nov. 1872), il G. difese con vigore il dogma dell'infallibilità papale affermato dal concilio, facendosi promotore della richiesta di stampare una nuova edizione dell'Indexlibrorum prohibitorum. A tal fine egli auspicava l'istituzione di una commissione ad hoc che individuasse criteri adeguati ai nuovi tempi in cui si trovava a operare la Chiesa, sostenendo la necessità di espellere dall'Index quei testi che ormai non potevano più essere considerati pericolosi e di inserirvi invece nuove opere meritevoli di condanna. Tra i libri colpiti dal decreto di censura in questo periodo figura l'opera di R. Ardigò, La psicologia come scienza positiva (Mantova 1870).

Nel periodo che seguì la fine del potere temporale la vita del G. fu direttamente toccata dagli eventi politici ed egli fu costretto ad abbandonare il convento di S. Maria sopra Minerva dopo aver subito "l'espropriazione violenta e l'occupazione dell'appartamento" (lettera a G. Sanvito, 1° febbr. 1873, cit. in Dict. d'hist. et de géogr. eccl., col. 7; il G. vi annunciava anche di aver rinunciato alla presidenza dell'Accademia di S. Tommaso cui era stato eletto con voto unanime). Ma anche in questo difficile passaggio egli continuò a salire i gradini del tradizionale cursus honorum domenicano, potendo contare sulla completa fiducia e stima del pontefice. Il 23 nov. 1872 Pio IX lo nominò maestro del Sacro Palazzo apostolico, carica di grande prestigio, e fino a pochi anni prima anche di grande potere, tradizionalmente riservata a vita a un esponente dell'Ordine domenicano.

Il maestro del Sacro Palazzo era di fatto il teologo del papa e nella gerarchia di curia occupava il posto di quarto prelato della famiglia pontificia. Nel ricoprire il delicato incarico il G. dimostrò duttilità e comprensione della particolare complessità dei tempi, che a ben vedere sconsigliavano eccessive asprezze e chiusure. Nel 1876 si trovò coinvolto direttamente nelle accese polemiche riguardanti la questione del "dimittantur" pronunziato dalla congregazione dell'Indice a favore delle opere di A. Rosmini Serbati, precedentemente censurate. Con una lettera-articolo al direttore dell'Osservatore romano pubblicata nel numero del 16 giugno 1876, il G. si dissociò da quanti avevano interpretato in senso restrittivo il "dimittantur", considerandolo un semplice permesso alla divulgazione e alla lettura (ed equiparandolo in altri termini a un "permittantur"), che non eliminava quindi la condanna sul piano dottrinale, e riaffermò con energia che era volontà di Pio IX e della congregazione dell'Indice dichiarare false le accuse mosse al Rosmini in passato. Il suo autorevole intervento suscitò un comprensibile entusiasmo sia negli ambienti rosminiani, sia sulla stampa laica, tanto da essere più volte ripubblicato, e sulle pagine dell'Ateneo illustrato ci fu chi si spinse a dire che la sua lettera avrebbe segnato un'epoca nella storia della Chiesa. In questo frangente, il G. sembrò aver recuperato, seppur cautamente, le aperture nei confronti della cultura cattolica liberale che avevano contraddistinto i suoi primi passi di pubblicista.

Gravi problemi di salute afflissero gli ultimi anni di vita del Gatti. Su consiglio dei medici, nel luglio 1881 si recò nella natia Riva Ligure nella vana speranza di trarre qualche giovamento dal cambiamento d'aria.

Qui il G. morì l'8 nov. 1881.

La data di morte si evince dalla documentazione conservata presso l'Archivio del convento di S. Maria sopra Minerva, Province romane, G.V. 1.7 (ancora di recente alcuni autori hanno indicato come anno della morte il 1882 o il 1884). Il G. aveva steso già nell'ottobre 1877 un primo testamento in cui nominava eredi universali i domenicani A. Salini e R. Pierotti. Il giorno prima della morte ne aveva fatto uno nuovo, che mutava completamente quanto già disposto: eredi diventavano ora in larga parte i fratelli, Giovanni Battista e Sebastiano, e il nipote Agostino. L'inventario dei beni - comprendenti, tra gli altri, libri, dipinti e un pianoforte - e gli estratti del conto corrente bancario intestato al G. mostrano una maggiore agiatezza rispetto a quanto emergeva dal precedente testamento.

Oltre a quelli citati si ricordano del G. i seguenti scritti: Coroncina di meditazioni e preghiere… ad onore di Maria Ss. de' Miracoli che si venera nella chiesa di S. Romano di Lucca, Lucca 1856; Lettere del r.mo p. maestro del S. Palazzo apostolico V. Gatti e di s. em. Antonio De Luca, prefetto della s. congregazione dell'Indice, relative al giudizio della S. Sede intorno alle opere di Antonio Rosmini, Parabiago 1879.

Fonti e Bibl.: Ricchi di informazioni biografiche sono i lavori di G.P. Saccheri, Cenni biografici del p. V.M. G. domenicano, maestro del Sacro Palazzo apostolico, s.n.t. (Roma, Bibl. Casanatense, Vol. Misc. 667/2 e 588/6, con indicazione dell'autore ad indicem); P.T. Masetti, Memorie istoriche della Biblioteca Casanatense dalla sua fondazione 1700 sino al giorno in cui fu tolta ai pp. domenicani nel 1884, ms. conservato presso l'Archivio di S. Maria sopra Minerva, II.11.13 (una copia, sempre ms., si trova in Roma, Bibl. Casanatense, ms. 5068, e a questa si è fatto riferimento nel testo). Notizie sparse si trovano in: Roma, Arch. generale Ordinis praedicatorum, V, 73, Carteggio Larroca (1879-1891); XI-3100, S. Maria sopra Minerva: Acta rr. pp. curatorum Operis Casanatensis ab anno 1837 (ad annum 1884), ms., pp. 71, 84, 96; XIII, 11252: Prov. romana, 1868-72; 11254: Prov. romana, 1873-74; 16150: Congregazione di S. Sabina, Libro delle vestizioni e professioni, (in particolare 13 ottobre e 9 nov. 1829). Presso l'archivio dell'Accademia di religione cattolica, tra le carte di P. Cirino (anno 1867) è conservato il sunto della conferenza tenuta dal G. presso l'Accademia. Di grande importanza sono le memorie e i documenti consultabili nell'Archivio del convento romano di S. Maria sopra Minerva: ms. II.29: P.T. Masetti, Appunti di memorie storiche della Biblioteca Casanatense, pp. 48, 50; Provincia romana, G.V. 1.7 (cartella contenente vari manoscritti relativi all'eredità Gatti, e in particolare il testamento del 7 ott. 1877 e un atto notarile datato Roma, 14 nov. 1881, con le nuove disposizioni testamentarie e un inventario dei beni che si trovavano nell'appartamento del G. in via de' Ginnasi al momento della morte); Convento Minerva, II.11.2: P.T. Masetti, Bibliotecari Casanatensi, 1665-1882, anno 1859; PR.N., G.I.8.11 (lettera mortuaria scritta dal maestro generale G.M. Larroca, Roma, 22 nov. 1881).

L'attività del G. come segretario della congregazione dell'Indice è ricostruibile attraverso la copiosa documentazione conservata presso l'Arch. della Congregaz. per la Dottrina della fede, nel fondo della Segreteria della S. Congregaz. dell'Indice: Index, Appendici e decreti 1841-1898; Index, Atti e documenti, 1867-1874, docc. 94-102; Index, Diarii, vol. XX (1866-89), pp. 43-74; Index, Protocolli, Gatti 1870-1872; Index, Causes célèbres, 5, Affare Rosmini (va ricordato che, a differenza dei suoi predecessori, il G. scrisse i suoi atti su fogli volanti; successivamente, il padre M. Cicognani li fece trascrivere da L. Marella sulle pagine dei Diarii della congregazione). Lettere inviate o ricevute dal G. sono conservate presso la Bibl. apostolica Vaticana, Autografi Ferrajoli, Raccolta Ferrajoli, nn. 6191, 6194, 6933, 8381, 9828; Vat. lat., 10150. Una poesia autografa del 1852 si trova in Autografi Ferrajoli, Raccolta Ferrajoli, n. 9194. Notizie sul periodo in cui il G. fu maestro del Sacro Palazzo sono reperibili in Arch. segreto Vaticano, Segr. di Stato, Epoca moderna, 1872, rubr. 1, fasc. 2; 1879, rubr. 1, f. 3.

Brevi informazioni biografiche sul G. sono fornite da A. Guglielmotti, Catal. dei bibliotecari, cattedratici e teologi del Collegio Casanatense nel convento della Minerva, Roma 1860; J.-J. Berthier, Le couvent de Sainte-Sabine à Rome, Roma 1912, pp. 651, 692; I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, pp. 208-216; Id., Hierarchia Ordinis praedicatorum, Romae 1916, pp. 62, 120; La Biblioteca Casanatense, a cura di A.A. Cavarra, Firenze 1993, pp. 16, 34; V. De Gregorio, La Biblioteca Casanatense di Roma, Napoli 1993, pp. 163-199, 223; Lexikon für Theologie und Kirche, IV, col. 530; Enc. cattolica, V, s.v.; Dict. d'hist. et de géogr. eccl., XX, coll. 6 s. Sul ruolo svolto dal G. nell'ambito del tomismo romano della seconda metà dell'Ottocento cfr. A. Piolanti, Pio IX e la rinascita del tomismo, Città del Vaticano 1974, pp. 60-63; Id., L'Accademia di religione cattolica. Profilo della sua storia e del suo tomismo, Città del Vaticano 1977, ad indicem. Per quanto concerne l'intervento del G. nella questione rosminiana cfr. C. Bergamaschi, Bibliografia rosminiana, I-II, Milano 1967, schede 928, 934, 943, 958, 2713.

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