VISCOSITÀ

Enciclopedia Italiana (1937)

VISCOSITÀ

Tommaso COLLODI
Guido VERNONI

Si chiama "viscosità" o anche "attrito interno" di un corpo la resistenza che si incontra facendo scorrere uno strato del corpo in esame, rispetto agli strati contigui. Tale resistenza è praticamente infinita nei solidi propriamente detti, perfettamente elastici, come per esempio l'acciaio, nei quali ìl moto di scorrimento di uno strato rispetto ad altri non può. aver luogo; grandissima nei solidi anelastici, come il piombo; molto minore nei liquidi ed estremamente piccola nei gas. I liquidi con attrito interno relativamente grande, per es. la glicerina, sono detti vischiosi, quelli con attrito interno molto piccolo, per es. l'acqua, l'alcool, ecc., scorrevoli.

Lo studio della viscosità è particolarmente interessante nel caso dei liquidi, in cui si verifica comunemente il movimento di strati vicini con differenti velocità: consideriamo, per fissare le. idee, il caso di un liquido che si muova in una direzione orizzontale fissa, ma con una velocità diversa secondo la profondità. Gli strati scorrenti gli uni sugli altri sono in questo caso piani e orizzontali; consideriamo ora una superficie piana S sita nell'interno del liquido; essa separa idealmente il liquido in due parti. Queste due parti esercitano l'una sull'altra, attraverso la superficie di separazione, una forza d'attrito che si può porre proporzionale alla superficie S di separazione e alla derivata dv/dh della velocità secondo la direzione perpendicolare alla superficie di separazione. Possiamo dunque scrivere

dove η è un coefficiente, detto coefficiente di viscosità o di attrito interno, che dipende dal liquido in esame ed è facilmente accessibile all'esperienza.

Si consideri infatti un liquido in moto uniforme entro un tubo capillare di lunghezza l e di raggio r; il liquido, che si suppone bagni perfettamente le pareti, può essere pensato come diviso in tanti strati cilindrici coassiali, ciascuno dei quali ha una certa velocità, variabile da zero (per lo strato aderente alla parete) a un massimo (per il filetto centrale). Sopra ogni strato agisce la forza dovuta alla differenza tra le pressioni ai due estremi del tubo (Δp), avente il senso del movimento, e quella dovuta all'attrito interno, avente senso opposto. Tali forze, se il moto è uniforme, debbono essere uguali: si ottiene così un'equazione differenziale, che permette di calcolare la velocità di ogni strato cilindrico e quindi, con una semplice integrazione, la portata del capillare (cioè il volume di liquido che effluisce nell'unità di tempo) in funzione della pressione agente, delle dimensioni del tubo e del coefficiente di viscosità del liquido considerato. L'espressione della portata è la seguente (formula di J.-L.-M. Poiseuille):

dalla quale è facile determinare il coefficiente di viscosità, misurando la portata del capillare.

Spesso, piuttosto che il valore assoluto del coefficiente, interessa conoscere un valore relativo, cioè il rapporto η/η0 tra il coefficiente di viscosità del liquido in esame e quello (noto) di un liquido campione. In tal caso si misura il tempo necessario affinché effluisca dal capillare una certa quantità del liquido in esame, ovvero un uguale volume di liquido campione; detti t, t0 questi tempi, si ha evidentemente

(infatti il tempo necessario per l'efflusso è inversamente proporzionale alla portata, e questa, in base alla formula del Poiseuille, è a sua volta inversamente proporzionall al coefficiente di viscosità).

Un altro metodo, per la misura del coefficiente η, consiste nell'appendere un disco piano orizzontale per il suo centro a un filo metallico e provocare oscillazioni di torsione, sia quando il disco si trova nel vuoto, sia quando viene immerso nel fluido in esame; determinando, nei due casi, il decremento logaritmico delle oscillazioni, si può risalire alla misura di η (metodo di Ch. (A. Coulomb).

I dispositivi che pemettono la misura, sia assoluta sia relativa, del coefficiente η si chiamano "viscosimetri" e sono specialmente usati, nella tecnica, per la misura della viscosità dei lubrificanti.

Il coefficiénte di attrito interno varia con la temperatura e aumenta (spesso assai rapidamente) col diminuire di questa. A titolo d'esempio si riportano i valori del coefficiente η in unità C. G. S., per l'acqua e per la glicerina: a) acqua: a 0°, η = 0,018, a 10°, η = 0,013; a 20°, η = 0,010; a 30°, η = 0,008; b) glicerina: a 2°,8, η = 42,2; a 20°, η = 8,3; a 26,5, η = 4,9.

Per i gas, il coefficiente di attrito interno è risultato molto piccolo (aria, η = 0,00019; ossigeno, η = 0,00021; azoto, η = 0,00018; idrogeno, η = 0,00009) e indipendente, entro larghi limiti, dalla pressione del gas. Tale coefficiente è legato al cosiddetto "cammino libero medio molecolare" λ (spazio percorso, mediamente, da una molecola tra due urti successivi) dalla semplice relazione

dove m rappresenta la massa specifica del gas e v la velocità media quadratica delle molecole. La conoscenza del coefficiente η ci permette dunque di calcolare il cammino libero medio molecolare.

La viscosità del sangue.

In medicina si dà valore alla viscosità del sangue in quanto costituisce un fattore assai importante nella meccanica circolatoria, ed è suscettibile di notevoli variazioni patologiche. Su queste variazioni può influire tanto la componente liquida del sangue (plasma), quanto le cellule in essa sospese. La viscosità del plasma è di poco superiore a quella del siero (residuo liquido del plasma dopo coagulazione) e si misura di regola quest'ultima. Essa varia regolarmente con il variare del contenuto del siero in sostanze proteiche, per cui dalla viscosità del siero si può dedurre approssimativamente la concentrazione proteica del sangue. Per questo quando il sangue si diluisce (idremia), come in certe nefriti e anemie, la viscosità s'abbassa, e quando il sangue si concentra - come in seguito a sudorazione, purganti, in certe nefriti, nell'arteriosclerosi - la viscosità aumenta. Le variazioni patologiche più importanti della viscosità del sangue sono dovute a variazioni del volume complessivo delle cellule sanguigne, nonché del loro singolo volume. La viscosità aumenta nelle poliglobulie e nelle leucemie (aumento numerico rispettivamente dei globuli rossi e bianchi); aumenta anche con l'aumento dell'emoglobina. Diminuisce nelle anemie di ogni genere. Il sangue venoso è più viscoso di quello arterioso perché il CO2 che esso contiene in maggior quantità fa rigonfiare i globuli rossi. Per conservare al sangue la normale viscosità, quando s'iniettano nelle vene soluzioni saline, come in tante malattie è indicato, conviene aggiungere gomma arabica o gelatina al liquido di trasfusione per renderlo isovischioso col sangue.