Vita quotidiana e matematica

Enciclopedia della Matematica (2013)

vita quotidiana e matematica

Angelo Guerraggio

Vita quotidiana e matematica

Da sempre la matematica si è sviluppata in stretta connessione con le esigenze della vita quotidiana. Aritmetica e geometria sono nate nell’antichità per contare gli animali di un gregge, misurare l’estensione dei campi, esprimere lunghezze e pesi, scambiare denari e manufatti, dividere le quote di un raccolto, calcolare il numero di mattoni necessari per costruire un edificio ecc. Se si leggono i racconti della mitologia classica, si scopre che un’intera area della ricerca matematica – il calcolo delle variazioni – è nata dal problema della regina Didone, che ottenne dal re della Numidia tutta la terra che si potesse racchiudere con la pelle di un toro. È il capostipite dei cosiddetti problemi isoperimetrici. In forme diverse, il legame tra matematica e vita quotidiana si è conservato anche in tempi meno remoti. Nel Seicento il calcolo infinitesimale si sviluppò per fornire una risposta a problemi quali lo studio di un moto, le questioni di ottica e la costruzione di lenti, il calcolo della gittata di un cannone o quello di aree e volumi ecc. In epoca moderna, il flusso di richieste avanzate dalla vita quotidiana alla matematica, con conseguenti risposte e applicazioni, non si è certo interrotto, anche se i problemi di cui si parla sono più raffinati e complessi. Si pensi in generale alle applicazioni militari – già presenti comunque anche in epoche precedenti – o agli usi civili e militari di una scienza specifica come la crittografia. Ma si possono ricordare anche applicazioni che riguardano da vicino la vita di tutti i giorni, la “matematica del cittadino”, per così dire: Internet anzitutto, il sistema satellitare di navigazione gps, i moderni prodotti finanziari (opzioni, futures ecc.), i sintetizzatori di musica elettronica, la tac, la risonanza magnetica, la cucina, lo sport, il cinema con i suoi effetti speciali o i film di animazione con la grafica computerizzata che si basa sulla geometria tridimensionale e il calcolo dei fotogrammi intermedi per interpolare una successione di immagini fluide.

La rappresentazione grafica dei dati. Senza spingersi verso applicazioni così sofisticate, dalla semplice lettura dei giornali si osserva che nella vita quotidiana la matematica serve anzitutto per rappresentare in forma sintetica e immediatamente comunicativa una serie di dati. Spesso vengono coinvolti solo i numeri interi o i razionali, che comunque sono sufficienti per dare una prima idea quantitativa dei fenomeni in esame permettendone la misura di alcune caratteristiche. È l’evoluzione delle misure elementari introdotte per esprimere lunghezze, aree, volumi. Un segnalatore dello stato fisico di un individuo, per esempio, è dato dall’indice di massa corporea definito come il rapporto tra il suo peso (espresso in kg) e il quadrato della sua altezza, espressa in cm; è considerato in sovrappeso l’individuo che ha un indice di massa corporea compreso tra 25 e 30, mentre è ritenuto obeso chi ha un indice superiore a 30. I cosiddetti diagrammi a torta permettono di cogliere immediatamente la numerosità e la rilevanza di un sottoinsieme di un dato universo. Con gli istogrammi comincia a essere espressa una relazione tra due variabili, misurate però ancora in senso discreto. Il passaggio a diagrammi espressi da curve continue (o quasi sempre continue) è semplice: la lettura di un elettrocardiogramma o dei grafici che rappresentano l’andamento della borsa o di un certo mercato oppure l’altimetria del percorso di una corsa ciclistica, sono diventati familiari anche a chi non possiede particolari conoscenze matematiche. Chi segue le previsioni meteorologiche ha familiarità con le isobare (linee che congiungono punti aventi la stessa pressione), che altro non sono che curve di livello di una funzione di più variabili. A volte la rappresentazione grafica della correlazione tra due variabili facilita la scelta tra diverse alternative. Un esempio (con dati puramente indicativi) può essere fornito dal mondo della telefonia. Si supponga che sul mercato siano presenti tre gestori (indicati con A, B, C) che propongono tre diverse offerte. Se si effettua una chiamata con il gestore A, si paga 1 euro alla risposta e 30 centesimi per ogni minuto di conversazione; le stesse cifre diventano rispettivamente 50 e 40 centesimi per il gestore B mentre il gestore C non fa pagare nulla alla risposta, ma ha una tariffa di 60 centesimi per ogni minuto di telefonata. Per il consumatore il problema consiste nell’individuare l’offerta più conveniente. Per arrivare a prendere una decisione, deve allora considerare le tre funzioni di costo (in centesimi) dove x rappresenta la durata in minuti di una telefonata: CA = 30x + 100, CB = 40x + 50, CC = 60x. Sono tre funzioni lineari, ognuna delle quali è rappresentata quindi da una semiretta (rispettivamente sA, sB, sC considerate solo per valori non negativi di x). È facile ricavare l’ascissa del punto d’intersezione delle semirette sA e sB: x = 5. Analogamente, il punto di intersezione tra sA e sC ha ascissa x = 10/3; quello tra sB e sC ha ascissa x = 5/2. L’obiettivo è quello di minimizzare il costo delle telefonate. Si è dunque interessati alla funzione min(CA, CB, CC). Proprio il grafico mostra poi che per telefonate inferiori a 150 secondi (5/2 di un minuto) conviene utilizzare il gestore C, per telefonate di durata compresa tra 150 secondi e 200 secondi (10/3 di minuto) è più conveniente il gestore B mentre per telefonate più lunghe, di durata superiore a 5 minuti, si risparmia se ci si rivolge al gestore A.

Un altro classico esempio può essere dato dal problema della dieta, che consiste nel costruire con la minima spesa un regime alimentare e che continua a costituire una delle introduzioni alla programmazione lineare e alla ricerca operativa. Si supponga di avere a disposizione due integratori alimentari, A e B, che forniscono una quantità aggiuntiva di sali e di vitamine. Ogni mese, bisogna assumerne rispettivamente almeno 400 mg e 135 mg. Ogni confezione dell’integratore A contiene 10 mg di sali e 5 mg di vitamine e costa 6 euro; le stesse cifre per l’integratore B diventano 50 mg, 3 mg, 3 euro. Se chiamiamo x e y il numero di confezioni acquistate rispettivamente dell’integratore A e dell’integratore B, nel piano la regione ammissibile è data dai punti (x, y) le cui coordinate soddisfano le seguenti disuguaglianze: x ≥ 0, y ≥ 0, 10x + 50y ≥ 400, 5x + 3y ≥ 135. Inoltre, trattandosi di confezioni sia x sia y devono essere numeri interi (in particolare, naturali).

La funzione di costo che si intende minimizzare è la funzione (ancora una volta lineare) C = 6x + 3y. Dal grafico che rappresenta la regione ammissibile e dalle curve di livello della funzione C (x, y) = 6x + 3y, si vede che il valore minimo della funzione C nella regione ammissibile si ha in corrispondenza del punto (0, 45). L’acquisto più conveniente, tenendo conto dei vincoli presenti nel regime alimentare prescelto, si concentra esclusivamente sull’integratore B (di cui occorre comprare 45 confezioni). Anche questa volta la scelta della decisione ottimale è stata favorita dalla rappresentazione grafica delle grandezze in questione (e dalla conoscenza di semplici nozioni di geometria analitica).

Gli esempi della scelta ottimale del gestore e della dieta si riferiscono a processi lineari in cui (per esempio nel primo) il costo della telefonata è proporzionale alla sua durata, con l’eventuale aggiunta di un costo fisso (scatto alla risposta). La loro formalizzazione ha portato quindi a funzioni lineari. Questo tipo di processo è il più semplice e il più frequentemente osservato anche nella vita quotidiana. Non mancano comunque altre dipendenze funzionali, per esempio quella che, nel discreto, porta a scrivere per la variabile dipendente una progressione geometrica (anziché aritmetica) e nel continuo porta a considerare una funzione esponenziale.

Un caso viene dall’interesse composto (anziché semplice) che matura sui depositi bancari. Un altro fa riferimento alla dinamica delle popolazioni nell’ipotesi che queste ogni anno (o ogni determinato periodo) moltiplichino per un fattore costante la loro consistenza, per esempio raddoppino e triplichino o dimezzino il loro numero. È quanto accade con le cellule che si sviluppano per mitosi: il DNA raddoppia, ogni cromosoma si duplica e da una cellula se ne formano due con lo stesso patrimonio cromosomico. Se una qualunque popolazione è composta inizialmente da n0 elementi e raddoppia questo numero a ogni intervallo di tempo considerato, si avrà per gli stadi successivi: n1 = 2n0; n2 = 2n1 = 4n0 = 22n0; n3 = 2n2 = 23n0; ...; nk = 2kn0. Se il tempo t viene considerato come variabile indipendente continua, la dinamica della popolazione sarà espressa dalla funzione esponenziale n(t) = n0 ⋅ 2t.

Matematica e sport. Anche nello sport si ricorre a concetti e strumenti matematici; e non soltanto, in modo banale, ai numeri, necessari per registrare punteggi o tempi. Già la predisposizione di un torneo in cui più soggetti o squadre si confrontino in partite a coppie richiede la scelta di una organizzazione formalmente descrivibile in modo matematico. Un torneo (di calcio, di tennis o di qualunque altro sport che preveda partite tra due contendenti) può essere infatti all’inglese, cioè a eliminazione diretta (in cui chi perde è eliminato dal torneo), oppure all’italiana, più comunemente detto girone all’italiana (in cui ogni partecipante incontra ciascuno degli altri). Un torneo a eliminazione diretta assume una struttura ad albero binario: le foglie rappresentano i partecipanti mentre la radice dell’albero rappresenta il vincitore del torneo. Il numero n dei partecipanti deve quindi essere una potenza di 2 mentre il numero delle successive eliminatorie per giungere all’ultimo incontro tra i finalisti è uguale a log2(n). Nel girone all’italiana, il numero delle squadre partecipanti deve invece essere pari (se non lo è, a ogni turno una squadra riposa). Poiché ciascuna squadra deve incontrare ogni altra, il problema è formalmente identico a quello di determinare il numero dei segmenti di retta che congiungono a due a due n punti del piano che siano a tre a tre non allineati: i punti rappresentano le squadre mentre i segmenti rappresentano gli incontri. La figura che si forma è un poligono piano completo e il numero dei segmenti – e quindi degli incontri tra le n squadre – è n(n − 1)/2. Per esempio un girone all’italiana con 6 squadre può essere schematizzato da un esagono completato con le sue diagonali. Mentre nei tornei a eliminazione diretta non è attribuito un punteggio all’esito di una partita (dal momento che l’esito determina il passaggio alla fase successiva del vincitore e l’eliminazione dal torneo dello sconfitto), nei gironi all’italiana si attribuisce un punteggio che determina le posizioni in classifica dei partecipanti. La semplice scelta dei punteggi attribuiti influenza in qualche modo il gioco; per esempio, fino al 1994, nel campionato di calcio italiano si attribuivano 2 punti alla squadra vincitrice, 1 punto ciascuno alle squadre in caso di pareggio e 0 punti alla squadra sconfitta. Per scoraggiare un gioco mirante a non perdere e stimolare un gioco che puntasse alla vittoria (e quindi più spettacolare), la FIGC (Federazione italiana giuoco calcio) decise di aumentare a 3 i punti per la squadra vincitrice.

Singolare è poi il sistema dei punteggi per il tennis che si articola in partite (set) e game. Vince un incontro chi si aggiudica 3 set; ognuno di essi vale 1 punto e lo si vince con il successo, con due punti di scarto, in almeno 6 game (ci sono tuttavia diverse varianti). All’interno di ogni game i punteggi non sono indicati dai numeri successivi da 0 in poi, ma, progressivamente, dai numeri 0, 15, 30, 40: un antico retaggio, questo, della suddivisione in quarti d’ora, scelto probabilmente per evitare confusione con i punteggi dei set. Curiosamente, con questo doppio sistema di punteggio (per i game e per i set) un incontro di tennis può anche essere vinto da chi in realtà ha perso più punti nella totalità dei game (del resto, anche nel calcio la squadra prima in classifica può aver subito più gol di quanti ne abbia segnati).

Numeri, o meglio, misure caratterizzano le discipline dell’atletica leggera: lunghezze, in orizzontale come nel salto in lungo o nel lancio del peso o del giavellotto, o in verticale, come nel salto in alto, oppure tempi, come nelle corse. In questi casi, oltre agli ordini d’arrivo nelle singole gare, sono significativi i risultati migliori, che costituiscono i record e possono considerarsi funzioni monotòne del tempo. Per esempio, se si riportano in un grafico i valori dei record mondiali relativi ai 100 metri piani maschili a partire dal 1968 (anno in cui fu introdotto il cronometraggio elettronico, per cui tali tempi non sono confrontabili con quelli degli anni precedenti misurati con cronometraggio manuale) si osserva come l’andamento sia, come è ovvio, quello di una funzione monotòna decrescente (dai 9″95 secondi del 1968 agli attuali 9″58). Poiché i record registrano soltanto i valori dei tempi minori di quelli precedenti, l’andamento di tale funzione non può che continuare a essere non crescente, ma il record sui 100 metri non può – per limiti fisici oltre che umani – convergere a 0. Esiste quindi certamente un numero positivo che ne costituisce il limite (per il numero degli anni tendente... all’infinito), ma tale limite non può essere determinato a priori. È quindi questo un classico caso in cui la dimostrazione dell’esistenza di un valore non comporta la possibilità di determinarlo. Una considerazione analoga vale naturalmente per record crescenti, come per esempio quelli relativi al salto in alto o in lungo.

In ambito sportivo sono talvolta utilizzati anche semplici simbolismi formali; nel calcio, per esempio, una terna ordinata di numeri interi a somma dieci indica un tipo di schieramento: gioca con il 4-4-2 una squadra che, oltre al portiere, che non è compreso nel conteggio, schiera quattro giocatori nei reparti difesa e centrocampo e due nel reparto d’attacco. Dagli sport, inoltre, si potrebbe trarre lezione per distinguere tra buone definizioni – non ambigue e che delimitano esattamente ciò che intendono definire – e definizioni ambigue o legate alla comune “destinazione d’uso” dell’elemento definito: così, nel gioco del calcio, il portiere non è definibile come «colui che cerca di impedire i gol» giacché questo compito può essere assolto da qualunque giocatore; per definizione, esplicita e non ambigua, il portiere è, piuttosto, «l’unico giocatore che può toccare il pallone con le braccia o le mani entro la propria area di rigore».

Il dilemma del prigioniero. Si è osservato come a volte le sollecitazioni che giungono alla matematica dalla vita quotidiana provengono purtroppo dalla guerra e comunque da situazioni di conflitto o di pena. Ne rimane traccia, ma in modo quasi ludico, nel famoso dilemma del prigioniero. Costituisce anch’esso un’introduzione alla teoria dei giochi che studia l’interazione strategica, cioè le situazioni in cui i risultati conseguiti da un agente dipendono anche dalle scelte di altri agenti.

Il dilemma del prigioniero tratta il caso di due detenuti che devono decidere se confessare (C) o non confessare (NC) la partecipazione di entrambi a un delitto particolarmente efferato. La loro eventuale confessione è cruciale in quanto non si avrebbero altrimenti prove sufficienti per condannarli. Gli anni di prigione che il giudice comminerà in funzione del loro atteggiamento sono descritti dalla seguente bimatrice:

• se entrambi confesseranno, verranno condannati a 15 anni di carcere ciascuno;

• se uno dei due confessa la partecipazione di entrambi al delitto, mentre l’altro non confessa, sarà liberato per la sua collaborazione e l’altro si vedrà condannato a 20 anni;

• se nessuno dei due confessa, il giudice potrà condannare entrambi, ma solo a 1 anno di detenzione (per reati minori).

Per ognuno dei due detenuti – si suppone che entrambi siano persone razionali, ma che non abbiano la possibilità di comunicare tra di loro – si tratta di trovare il comportamento che garantisca la minor pena. Ecco il ragionamento di uno dei due: se l’altro detenuto confessa e lui non confessa, sconterà 20 anni ma, se anche lui confessa, starà in carcere “solo” 15 anni. Dunque, gli conviene confessare. Anche nel caso in cui l’altro detenuto non confessi, a lui conviene confessare in quanto verrà liberato (mentre altrimenti avrebbe avuto una pena di 1 anno). Lo stesso ragionamento è seguito naturalmente anche dall’altro prigioniero: per entrambi l’unico comportamento razionale è quello di confessare e di “accontentarsi” di 15 anni di detenzione (in realtà, ne avrebbero potuto scontare solo 1 ciascuno se avessero potuto comunicare, decidendo di confessare entrambi e di mantenere poi il loro patto).

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