D'ANNA, Vito

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986)

D'ANNA, Vito

Maria Grazia Paolini

Figlio di Giuseppe, ricco costruttore di carrozze, e di Rosalia Coppolino, nacque a Palermo il 14 ott. 1718 (Giuliana Alajmo, 1949, p. 8). Come risulta dal contratto stipulato il 3 genn. 1736 fra il padre e Pietro Paolo Vasta, che risiedeva allora a Palermo (Vigo, 1826, pp. 60, 79), divenne discepolo di costui, ma un affresco (perduto) con la Pietà nella chiesa dell'Addolorata in S. Caterina in Aci, firmato e datato 1734, comproverebbe un rapporto con il pittore acitano anteriormente al contratto (ibid., p. 36). Un atto del 4 maggio 1744 (ibid., p. 80) documenta la fine dell'alunnato presso il Vasta. Al ritorno a Palermo il D. entrò nella bottega di O. Sozzi (Villabianca, ms.) o comunque ebbe stretti rapporti con lui; ne sposò la figlia, Aloisia, il 24 febbr. 1745 (doc. in Giuliana Alaimo, 1954, p. 10). Per l'intervento probabile del suocero in data non precisata, ma successiva, si recò a Roma, come scrivono molti autori (Fedele da San Biagio) 1788; Villabianca, ms.; Gallo, 1830; Vigo, 1826) che concordano sulla brevità del soggiorno romano, dovuta "anche" (Dalbono, 1859) alle non buone condizioni di salute. Gli stessi scrittori testimoniano del tirocinio compiuto a Roma presso il Giaquinto, che sembra averlo molto apprezzato e che, secondo il Vigo (1897-1900, pp. 612 s.), scrisse una lettera al Sozzi altamente elogiativa per aver egli ammirato "li studi finiti" e i quadri "abbozzati" che il D. veniva conducendo per la parrocchia di S. Margherita a Palermo (compiuti poi in questa città, secondo lo scrittore).

Tuttavia, poiché il Vigo - che pure merita attenzione in quanto, come il Dalbono, desumeva dalle Memorie biografiche (perdute) di F. Manno, che era stato allievo del D. - ricorda la vicenda come un aneddoto (non inconsueto per gli artisti siciliani), la notizia relativa ai quadri, mai da altri menzionati, rimane fortemente insicura. Sempre come aneddoto, è riferita dal Vigo (ibid., p. 613) e dal Dalbono (1859, che assegna l'intervento al suo ritorno da Roma, fornendo per altro minori particolari) la rapidissima esecuzione di un affresco con la Purità nella cappella della Concezione in S. Sebastiano (Palermo): l'intonaco era stato preparato per il Sozzi, ammalatosi, per cui la decorazione (Vigo: "della chiesa") fu compiuta dal D. (ma cfr. documenti in Di Equila, 1940, p. 53).

Le prime opere eseguite a Palermo anteriormente alla partenza per Roma secondo Vigo (1897-1900, p. 612; cfr. Dalbono, 1859, p. 209) furono un affresco nella volta d'una sala del palazzo dei principi Pietraperzia (opera distrutta nell'Ottocento), raffigurante Il carro di Armida con le ninfe e zeffiri, e un altro di poco successivo, nella chiesa di S. Anna, con l'Ascensione (esistente).

Relativamente al periodo del discepolato presso il Vasta ad Acireale, il Vigo gli assegna (1826, e 1897-1900), oltre alla Pietà menzionata ed ad altro affresco perduto, alcuni dipinti che mostrano caratteri non assimilabili a quelli delle opere successive e documentate: fra questi l'affresco con la Madonna e fedeli nella chiesetta dei Raccomandati e il ritratto del Prevosto Gambino nel duomo di Acireale, cui è riferita per tradizione la causa della rottura con il Vasta. Maggiormente attendibile l'individuazione di tracce della maniera del D. in diverse opere del Vasta, fra le quali alcuni dipinti e affreschi nel duomo, la cui decorazione era stata iniziata durante il periodo del discepolato, nei "quadroni" a fresco delle pareti nella cappella del Sacramento in S. Sebastiano, laddove era stata spesso indicata la mano del D. (Lanza, 1884; Raciti Romeo in Blanco, p. 28), e anche in parti delle decorazioni delle chiese dei Crociferi e del Suffragio (Raciti Romeo, 1897; Mauceri-Agati, 1910), iniziate l'una anteriormente, l'altra successivamente alla metà del secolo. Presenza che confermerebbe l'asserzione del Vigo, relativamente al fatto che mai s'interruppero i rapporti fra i due pittori (1897-1900, p. 588). Discutibile è anche l'assegnazione al periodo iniziale della sua attività a Palermo di due quadri laterali a fresco nella cappella di S. Rosalia a Casa Professa con Storie della santa (Gallo, mss.; Di Giovanni, ms.), a meno che l'influsso dei Garzi, ivi notato (Paolini, 1977 e 1982),non testimoni dell'intervento del Vasta durante il suo soggiorno a Palermo durato circa tre anni e mai potuto provare con la collaborazione in subordine del D'Anna.

Si susseguono a Palermo fittissimi impegni. Il 22 maggio 1750 il D. si obbligò a eseguire gli affreschi della volta della chiesa dei Tre Re - "come pure due emblemi ai lati di detto quadrone" - "secondo il tenore del disegno dato dall'architetto F. Ferrigno ed idea fatta da don Filippo Cono" (Meli, 1938). Compì anche, entro il 1752 (Parrino, 1932, pp. 23 s.), la decorazione delle pareti dell'abside con Battesimo e Martirio di uno dei re Magi, affreschi oggi deterioratissimi. Reca la data 1751 e il suo nome la cupola della chiesa di S. Caterina (Gloria dei santi domenicani),lodatissima da scrittori siciliani e da viaggiatori stranieri, che si rifà ad esempi del Lanfranco ma è rovinata e restaurata: di sua ideazione, ma con qualche durezza esecutiva, i pennacchi con Allegorie dei quattro continenti, due dei quali oggi lacunosi, mentre i due riquadri con Angeli nelle volte della crociera e alcuni tondi con Putti e Figure allegoriche negli arconi, assai più fini pittoricamente, gli sono ragionevolmente ascritti (Parrino, 1932; Di Equila, 1940). Fu eseguito in tale anno (Di Equila, 1940) l'affresco del salone centrale di palazzo Beninati, poi Ospizio ventimigliano, con il Trionfo di Minerva: ivi, secondo Fedele da San Biagio (1788), il D. fece "due quadroni a fresco" (ne resta uno con tre figure allegoriche). Recava la data 1753 e il nome l'affresco "in volta di una sala" in via Castrofilippo (già casa Rossi) menzionato dal solo Lanza (1884).

Il 18 marzo 1754 il D. ricevette dalla Unione dei Miseremini l'incarico di "presiedere, regolare, approvare", insieme all'architetto Ferrigno, le opere di decorazione della chiesa di S. Matteo e di affrescarla per intero (docum. in Daddi, p. 126, e in Parrino, 1932, pp. 24 s.; cfr. Meli, 1938, p. 367).

Il 23 aprile sono menzionati pagamenti per la pittura "di sott'in su che dovrà fare nella chiesa" (Parrino, p. 25); fu terminato per altro nello stesso anno l'affresco centrale che reca il suo nome e la data 1754.Ma il carattere particolarmente accurato dell'insieme, che comprende la cupola, i pennacchi e i riquadri lobati della navata e del transetto - da considerare nelle figurazioni di questi: Anime purganti, S. Matteo e s. Mattia, Ascensione di Cristo con Adamo e Eva, Glorificazione di s. Gregorio, tonalità rarefatte e ombre trasparenti, veramente giaquintesche - conferma la data conclusiva della decorazione: 1756 (fornita dal Vigo e confermata dal Gallo, 1830). Il soffitto di S. Matteo risulta uno dei più raffinati del Settecento palermitano e si affianca, per la frequente rispondenza nella decorazione tardo barocca tra edifici religiosi e profani, alla decorazione rinvenibile nei palazzi coevi. Nella cupola, conformemente alle dimensioni, il D. ridusse il numero delle figure, lasciando prevalere una spazialità più libera, in cui dominano le immagini dei protagonisti: la Vergine, del tutto lanfranchiana ma perfetta nella resa, il Cristo, interpretato in atteggiamento dinamico con una espressione ispirata e profetica che è quanto di meglio possa riscontrarsi nella produzione siciliana dopo gli esempi del Monrealese.

Nel 1755-56 il D. soprintese ai lavori di intonaco e di abbellimento del battistero della chiesa di S. Antonio abate (del 3 ott. 1756 parziali pagamenti per il quadro dell'Addolorata a olio che "dovrà fare" per la sacrestia: doc. in Giuliana Alajmo, 1954, p. 9). Firmava e datava nello stesso anno l'affresco di palazzo Castelluccio con il Trionfo delle arti e delle scienze (DiEquila, 1940; distrutto durante la seconda guerra mondiale). Il 7 ott. 1758 diede inizio alla decorazione ad affresco del porticato della villa Filippina, allogata dalla Congregazione dell'Oratorio piccolo di Palermo, continuata dal '69 dal discepolo A. Manno (documenti in Parrino, 1932, pp. 27 s.).

Gli episodi con Storie della vita di Cristo sono oggi quasi integralmente scomparsi, ma i pochi resti, sino a qualche anno fa, comprovavano la presenza di due mani principali - una senz'altro del D., riconoscibile per preziosità pittoriche e soluzioni paesistiche raffinate - oltre che di esecutori minori.

Sempre a Palermo nel 1758 appose il nome e la data nell'affresco con Allegoria dell'Abbondanza sul soffitto di palazzo Airoldi, che, distrutto il palazzo, fu trasportato in larghi frammenti nel monastero della Pietà (Di Equila, 1940; oggi nella Galleria regionale della Sicilia). Il 31 ag. 1759 il D. ricevette acconti per due "quadroni" sulle pareti laterali del cappellone della chiesa di S. Sebastiano (a Palermo), menzionati già dal Villabianca in Bibl. stor. e letter., s. 2, III, 1878, p. 481; documenti in Di Equila, 1940, p. 53 s.): il primo di essi, Sansone che abbatte il tempio, recava il nome e la data 1759; l'altro, pressoché scomparso, rappresentava Mosè e gli ebrei nel deserto. Nello stesso anno eseguiva un quadro per la "cappelletta" dell'oratorio di S. Filippo Neri (Palermo), raffigurante Il santo che presenta a Maria SS. della Vallicella i padri e i fratelli dell'Oratorio (documenti in Parrino, 1932, pp. 18 s.). Nell'anno 1760 datò e firmò l'affresco con l'Apoteosi di Palermo nel soffitto di palazzo Isnello (Palermo), dove lavorò con il cognato F. Sozzi e altri allievi (Di Equila, 1940). Firmata e dat. 1761 era l'Allegoria della Fortuna nel palazzetto Sciara a Palermo (distrutto nella seconda guerra mondiale) dove, in altra sala, l'affresco con Deità dell'Olimpo recava le sue iniziali intrecciate e la data 1763; a questo, come all'insieme decorativo della camera da letto formato anche da sovraporte, parteciparono gli aiuti (Di Equila, 1940). Al 1762 risale l'affresco firmato e datato di palazzo Pietratagliata con il Trionfo dell'uomo giusto - opera anch'essa di collaborazione - contornato agli angoli da figure allegoriche di Virtù in monocromo, in una delle quali sembra di avvertire la presenza del fine e giaquintesco Interguglielmi. Nello stesso anno firmava e datava la volta della sala della musica a villa Resuttano con il Trionfo delle arti e delle scienze. Alla concezione dello sfondato di tale soffitto, cui introduce una balaustra scorciata, sembrerebbe aver collaborato un quadraturista esperto, ma è probabile che sia integralmente opera del D. - vi è sviluppata analoga soluzione introdotta da G. Serpotta nell'oratorio di S. Domenico - in quanto ricordato quale "bravo prospettivo", abile nel congegnare "macchine" (Dalbono, 1859) e pertanto capace di desumere dal ricco repertorio di quadraturisti, operosi a Napoli come a Messina e a Palermo. L'effetto d'insieme fu integrato nella parte sottostante da figure volanti ad opera, forse, del pittore Gaspare Fumagalli, romano, che anche eseguì, nel 1794, i pannelli che decorano le pareti (Di Equila, 1940).

Il 5 giugno 1762 "commorante in Palermo" (Vigo, 1897-1900, p. 586; una versione nei mss. del Gallo lo dà presente a Roma), il D. fu eletto membro dell'Accademia di S. Luca (cfr. Malignaggi, 1978); altri aggiunge (Fedele da San Biagio, 1788; Villabianca, ms.) che fu conte palatino e cavaliere papale. Ma già nel febbraio 1763 iniziava a Palermo la decorazione della cupola del SS. Salvatore (Gloria di s. Basilio) commissionata ed eseguita durante il priorato di A.M. Marziani (documenti in Parrino, 1932, p. 34, e Di Equila, 1940, pp. 49-53). I lavori, comprendenti anche la volta dell'atrio e i due quadroni laterali con Storie di s. Basilio (a questi dedicò soltanto la supervisione), furono compiuti nell'ottobre 1765.

La cupola fu solennemente inaugurata il 27 ottobre, ma già gli affreschi furono ritoccati dal La Farina nel 1823 e due anni dopo; rovinata quindi nel corso della seconda guerra mondiale, fu ricomposta nelle parti superstiti durante gli anni '60; furono distrutti invece al completo gli affreschi dell'atrio. Il prevalente intervento degli aiuti, scarsamente seguiti dal D., ammalatosi in quegli anni, causò a detta dei contemporanei uno scadimento qualitativo notato dallo stesso pittore, e in effetti riscontrabile nelle parti superstiti.

Quanto alle tecniche usate, l'artista, oltre che ad olio, dipinse a guazzo (Fedele da San Biagio, 1788) e a pastello (Gallo, mss.). Esiste un carteggio dal febbraio al settembre 1763 (La Corte Cailler, 1911; Parrino, 1932, pp. 33 ss.) con la badessa del monastero di S. Teresa in Messina che lo richiedeva per la decorazione di quella chiesa, che però non ebbe luogo. Il carteggio ha notevole interesse perché testimonia il metodo di lavoro seguito dal D. per quel che riguarda l'affresco.

Morì a Palermo il 13 ott. 1769 e fu sepolto in S. Matteo nel Cassaro (Villabianca, in Bibl. stor. e letter. ...,s. 1., XIV, 1875, p. 190). Lasciò incompiuto un quadro con la Strage degli Innocenti (Fedele da San Biagio, 1788, p. 256), di cui non vi è traccia.

Fra gli affreschi attribuiti al D., oltre a quelli menzionati, ricordiamo la decorazione dell'oratorio degli Angelini (S. Maria del Piliere, Palermo: Gallo, mss.; Parisi) con Nascita di Sansone nello scomparto centrale, Storie bibliche e figure di Sibille nelle lunette (molto rovinato lo scomparto centrale, rifatti prevalentemente quelli delle lunette). L'insieme ha così accentuati caratteri alla Sozzi (e dal Conca) da far credere che questi ne sia l'autore; o tale impronta è spiegabile con un momento di stretta contiguità fra i due che ancora persisteva (fra l'altro il disegno per la scena laterale di Sacrificio è riferito piuttosto al D. che al Sozzi; cfr. Genova, 1985). Inoltre la volta del cappellone della chiesa di S. Francesco di Paola con figure di Virtù (Gallo, mss.; Di Giovanni, ms.); I tre angeli dinanzi ad Abramo (oratorio del Sacramento, Palermo), che assegnati al Borremans dal Di Marzo (1912) manifestano invece modi del D. o di un allievo a lui molto ligio; altri affreschi gli sono riferiti in casa Notarbartolo di Villarosa (Giachery, 1923).

Fra i quadri a olio sono: Angelo custode, in S. Domenico a Palermo, già nella cappella Montalbani (Villabianca, ms.); Battesimo di Gesù, Palermo, Museo diocesano, già nella chiesa di S. Giovanni l'Origlione (Parrino, 1932, p. 18); bozzetto per il quadro centrale della navata della chiesa di S. Matteo, Palermo, Gall. region. della Sicilia; Immacolata Concezione, Naro, chiesa di S. Francesco, in origine nella cappella senatoria in S. Francesco a Palermo (Alessi, ms.; Giuliana Alajmo, 1945); Natività, Acireale, chiesa di S. Maria della Grotta; Autoritratto, ibid., Pinacoteca (ma il Vigo in un secondo tempo [1897-1900, p. 588] lo definisce "replica"); Angelo custode, Immacolata, datati 1763, e S. Nicola, datato 1767, Ragusa Ibla, cattedrale; Madonna del Carmine, dat. 1768, ibid., chiesa di S. Maria di Valverde; Madonna e santi, dat. 1768, Ispica, cattedrale; Nascita di Sansone, firmato e datato 1763 (eseguito per l'ammissione all'Accademia di S. Luca), Roma, Accademia di S. Luca; Autoritratto (ibid.; Susinno, 1974); altra versione a Palermo, Gall. reg. della Sicilia (anche Vigo, 1897-1900, p. 588). Verosimilmente gli appartiene l'ideazione e la parziale esecuzione di S. Francesco di Paola battesima il figlio di Carlo VIII e L'abbraccio del santo con Sisto IV, Palermo, chiesa di S. Oliva (Di Giovanni, ms.). Perduti o non rintracciati: S. Filippo Neri dinnanzi alla Vergine con santi e padri dell'Oratorio, Palermo, cappelletta dell'oratorio di S. Filippo Neri; S. Matteo e S. Mattia, Palermo, cattedrale (Parrino, 1932); S. Matteo, Palermo, chiesa di S. Matteo (Gallo, 1930); S. Gaetano, S. Silvestro pontefice, Madonna del Rosario, datati 1768, Palermo, distrutta chiesa di Castellammare; S. Rosalia pellegrina, Bisacquino, chiesa di S. Maria del Bosco (ma vedi Collura, 1977). L'Houel (1782) riferisce genericamente di altri quadri in S. Zita a Palermo e a villa Resuttano, di cui non vi è traccia.

Testimonia la grande quantità di quadri eseguiti dal D. e dalla sua bottega Fedele da San Biagio (1788, p. 256), che al suo elenco, per altro breve, aggiunge: "moltissimi quadri a olio in varie chiese che non accenno per brevità".

A giustificare molte attribuzioni incerte, e che gradualmente vanno rivelandosi erronee, è la fama acquisita dal pittore che ha finito col convogliare sotto il suo nome anche opere spurie ed eseguite dagli allievi. Questi furono assai numerosi, e oltre che intervenire negli affreschi, dovettero collaborare e accollarsi l'esecuzione di quadri, che però uscivano dalla bottega del D. e quindi sotto il suo nome. Una prevalente collaborazione è da supporre per i dipinti posteriori al '62, data in cui gli scrittori riferiscono che era già ammalato.

Fra gli allievi e collaboratori furono tra i migliori A. e F. Manno, F. Sozzi, E. Interguglielmi, G. Crestadoro; non scadente anche T. Pollace, che fu attivo in provincia sino al 1830; altri di cui pure si conoscono i nomi non sono stati ancora sufficientemente individuati, ma, come M. Di Bella, che fu tra gli aiuti nella cupola del Salvatore, dovettero essere abbastanza scadenti. Fra i collaboratori vanno ricordati i figli nati dal matrimonio con Aloisa Sozzi (1745), Olivio, Alessandro (v. voce) e Rosalia, mentre il maggiore, Giuseppe, divenuto musicista, si rese "famoso in Europa come suonatore di violino" (Gallo, mss.).

Il D. ebbe anche funzione di imprenditore e coordinatore di decorazioni, ma il Dalbono (1859) precisa: "diresse architettonici lavori", attività di cui al momento non vi è traccia. Anche il Parrino (1932, pp. 19 s.) accenna, sulla base di altri autori, a nuove idee architettoniche manifestate in due presepi, uno con la Nascita nella grotta, l'altro con I re magi dinanzi a Erode, allora presso i padri filippini all'Olivella. I resti di ambedue, passati in proprietà dei principi di Mazzarino ("a tempera su carta", Asta..., 1964), sono oggi presso l'antiquario Burgio (Palermo) e in minor numero di pezzi (tredici figure) in casa Lanza Tomasi (Palermo).

Altri scrittori dicono che il D. sia stato musicista, suonatore di salterio e anche compositore e poeta, oltre che "coltivato" negli studi di grammatica e di latino (compiuti in gioventù) e nelle "matematiche" (Dalbono, 1859).

Nei quadri ad olio il vincolo accademico e classicista è ancor più evidente ed è giustamente meritata la fama del D. di rilevante pittore, soprattutto di grande frescante e decoratore. I dipinti con le Storie di s. Francesco di Paola (Palermo, chiesa di S. Oliva), anche se non integralmente autografi (vi collaborò probabilmente il figlio Alessandro, cui talvolta sono stati attribuiti), sono eccellenti quadri "di storia" e gareggiano nelle molte definizioni dei personaggi, con le capacità ritrattistiche del Serenario, mentre il raffinato Autoritratto, pervenutoci in molte versioni, si pone in consapevole antitesi - di sapore illuministico e pertanto privo di retorica - dei ritratti "di parata" nei quali anche il Serenario aveva eccelso.Il corpus dei disegni, che molto potrebbe aiutare nella distinzione della parte autografa della produzione del D., pur depennato dai riferimenti più impropri, non risulta ancora del tutto omogeneo e sicuro. Ma, se a lui appartengono le Tre figure per affresco in palazzo Beninati (Gall. region. della Sicilia) e copia da un disegno del Giaquinto (ibid., attrib. dalla Siracusano [1973] e dal Fittipaldi [1977]), sono caratterizzati da un ductus essenziale e sicuro che soprattutto sembra desunto dalla sua esperienza presso lo stesso Giaquinto oltre che dalla consuetudine con il Sozzi, anch'egli disegnatore assai fine.

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