Alfieri, Vittorio

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Alfieri, Vittorio

Silvia Zoppi Garampi

Un poeta di forti passioni

Scrittore di tragedie, piemontese, Vittorio Alfieri attraversa la seconda metà del Settecento con irruenza, passione e coscienza civile. Fieramente avverso a ogni forma di tirannia, nelle sue opere celebra la libertà contro il dispotismo delle monarchie e descrive violenti e dolorosi sentimenti umani.

Viaggi d'iniziazione

Nasce ad Asti nel 1749 da una ricca famiglia di nobiltà terriera. Trascorsa l'adolescenza a Torino, a diciotto anni non ancora compiuti inizia i suoi avventurosi viaggi: gli consentono questa scelta la mancanza di forti legami familiari e l'agiatezza economica, mentre lo spingono l'aspirazione a un'aristocratica libertà e il carattere esuberante. Percorre a cavallo l'Italia fino a Napoli per poi risalire verso la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda. Torna a Torino nel 1768 con un baule pieno di libri; un episodio raccontato da Alfieri nella Vita (la sua autobiografia) ci attesta che a dieci anni, a causa dell'amore per la lettura, barattò i suoi pranzi domenicali in collegio con le opere di Ariosto, possedute da un compagno. Subito dopo riparte per un secondo viaggio che dura tre anni: dall'Austria alla Finlandia, al Portogallo, itinerario che gli permette di diventare un personaggio della mondanità internazionale, di provare le prime passioni amorose per donne affascinanti, ma principalmente di apprendere nuovi modi di vivere e di pensare. Conosce la cultura e i sentimenti dell'Illuminismo e inizia a leggere gli autori classici ‒ come Virgilio e Plutarco, che lo appassiona con "trasporto di grida, di pianti, e di furori" ‒, Machiavelli, autore allora proibito ai giovani per le idee politiche professate e gli autori dell'Encyclopédie, Voltaire e Rousseau.

Di nuovo a Torino, si dedica allo studio del latino e dell'italiano ‒ dopo cinque anni nei quali aveva parlato solamente il francese, la lingua allora più diffusa in Europa ‒ e si avvicina con fervore alla letteratura e al teatro mostrando presto la volontà di rinnovare la grande tragedia greca e latina.

Scrittore di tragedie e cantore della libertà

Nelle prime tragedie di argomento classico Alfieri esprime un messaggio, maturato in quasi dieci anni di riflessioni sulle Vite parallele di Plutarco, che sia utile per tutti gli uomini. Lo scontro che mette in scena è sempre tra due protagonisti. Uno di essi è il principe o il tiranno, l'altro è l'uomo libero che, con un gesto eroico, salva sé stesso dalla servitù politica risorgendo a una nuova vita civile. Per questo motivo i personaggi di Alfieri sono pochi e non vi sono episodi corali e lotte collettive. I temi delle sue tragedie rispecchiano i fermenti ideologici europei contro il dispotismo delle monarchie e degli imperi; e prendono forma poetica utilizzando un linguaggio vibrante ed essenziale e un ritmo spezzato dei versi che vuole sostituirsi a quello orecchiabile del teatro francese.

Con le 'tragedie di libertà' Alfieri approfondisce, pur fra timori e dubbi, la sua posizione filorepubblicana. Ma successivamente si convince della impossibilità, per i letterati, di incidere con il loro messaggio sulla vita politica di uno Stato e giunge a credere che l'unica libertà a cui possa aspirare il poeta sia quella di rifugiarsi nei valori degli antichi, sconosciuti ai contemporanei. Le soddisfazioni letterarie per la composizione del Saul e della Mirra, le tragedie nelle quali la sua poesia tocca i livelli più alti, e la raggiunta serenità sentimentale non bastano a distogliere Alfieri, convinto sostenitore degli ideali democratici, da un lucido esame della realtà europea. Questo atteggiamento critico si accentua quando, dopo i primi entusiasmi per la Rivoluzione francese, resta deluso per il precipitare della spinta libertaria nel Terrore. Il suo sentimento, all'indomani di questa esperienza vissuta direttamente a Parigi, è l'indignazione. Egli ritiene definitivamente fallito l'ideale che aveva ispirato i suoi drammi: liberare il popolo dal dispotismo e dalla tirannide. L'opera dell'Alfieri che meglio rappresenta il suo odio contro i Francesi e la sua sensazione di solitudine è il Misogallo, in cui, attraverso il malinconico appello agli Italiani di unirsi contro lo straniero, egli esprime la prima essenziale voce del Risorgimento italiano. Muore a Firenze nel 1803.

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