Vittorio Amedeo II

Dizionario di Storia (2011)

Vittorio Amedeo II


Duca di Savoia, re di Sicilia, re di Sardegna (Torino 1666-Rivoli 1732). Figlio di Carlo Emanuele II, aveva nove anni quando il padre morì (1675) e la madre Giovanna Battista di Nemours assunse la reggenza, che tenne anche dopo che il figlio ebbe raggiunto la maggiore età (1680). Venuto presto a contrasto con la madre, della quale non condivideva la stretta dipendenza politica da Luigi XIV, nel 1684 assunse in pieno il governo dello Stato. Ribaditi i legami con Luigi XIV sposandone la nipote Anna d’Orléans, intraprese una notevole opera di riorganizzazione economica e militare dello Stato, con disegni riformatori. Costituitasi la Lega di Augusta (1686), strinse i contatti con l’impero, mentre trattava con l’Inghilterra. Nel 1690 entrò nella Grande alleanza, in guerra contro la Francia; battuto più volte, negoziò con Luigi XIV, duramente impegnato sul Reno e nei Paesi Bassi, una pace separata (Trattato di Torino, 1696), che rafforzò il suo prestigio, escludendo l’Austria da Casale e sbarrando la via d’Italia ai francesi. Poco dopo, la pace generale si concludeva a Rijswijk (1697). La guerra di Successione di Spagna offrì a V.A. una nuova occasione di grandi disegni politici. Nella prima fase del conflitto, alleato della Francia, ebbe il comando supremo delle forze ispano-francesi in Italia (aveva intanto dato in moglie la figlia Maria Luisa Gabriella a Filippo V); ma, resosi conto del fatto che rischiava di cadere sotto la completa egemonia francese, avviò trattative con l’imperatore, con l’Olanda e l’Inghilterra e nel 1703 passò nel campo avverso. Dopo vicende assai gravi, culminate nell’assedio francese di Torino (giugno-sett. 1706), fu salvato dai rinforzi imperiali guidati da Eugenio di Savoia, che trionfò a Torino costringendo i francesi a ripassare le Alpi. Nelle ulteriori vicende politiche si comportò con grande abilità, finché con le Paci di Utrecht (1713) e Rastatt (1714) ottenne la Sicilia col titolo regio e ampliamenti verso la Lombardia. Il disegno di permutare la Sicilia con la Sardegna gli riuscì nel 1718, benché dovesse attendere il 1720 per ottenere l’effettiva consegna dell’isola da Carlo VI. Particolarmente acuto si era fatto intanto il problema dei rapporti con la Santa Sede; fermo sostenitore del diritto dello Stato di fronte alla Chiesa, V.A. lottò per le proprie leggi sui valdesi, incurante del decreto papale di condanna, combatté le pretese pontificie sulla Sicilia, impose tributi al clero, svuotò di ogni significato il tribunale dell’Inquisizione e giunse a espellere da Torino l’internunzio. Notevole fu la sua opera all’interno dello Stato: principe assoluto, ebbe però grandi cure per le riforme e l’assestamento dell’amministrazione (organizzazione del Consiglio di Stato, 1717), della finanza (nuovo catasto, 1698-1730; avocazione e vendita di feudi abbandonati; limitazione di immunità ecclesiastiche). Attese al riordinamento della legislazione, che culminò nella promulgazione, in due successive elaborazioni (1723 e 1729), delle Leggi e costituzioni di Sua Maestà. Nel 1730 V.A. abdicò in favore del figlio Carlo Emanuele III e si ritirò a Chambéry; ma un anno dopo, convinto che il figlio non fosse all’altezza del compito, si stabilì a Moncalieri, chiedendo la revoca dell’abdicazione. Di fronte al suo contegno e al pericolo di sollevazioni interne, Carlo Emanuele III lo fece arrestare, ed egli morì in prigionia.

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