BALDINI, Vittorio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BALDINI, Vittorio

Alfredo Cioni

Scarse notizie si hanno sulla sua origine (fu veneziano o forse lombardo), né si conosce la data del suo definitivo trasferimento a Ferrara, ma è certo che nel 1566 aveva già una ben fornita tipografia nella città ducale, come è provato dal grazioso libretto contenente la narrazione delle feste, giostre e tornei tenuti nella città estense in occasione delle nozze di Alfonso II con Barbara d'Austria: la compilazione anonima, dal titolo Cavalerie de la città di Ferrara, che contengono il Castello di Gorgoferusa, il Monte di Feronia e il Tempio d'Amore (1566), non reca il nome del tipografo, ma certamente uscì dalla stamperia del B., come chiaramente dimostrano i caratteri, identici a quelli usati per L'isola beata,altra descrizione di torneo che avvenne a Ferrara in occasione della visita di Carlo d'Austria (25 maggio 1569).

In quegli anni tra il 1560 e il 1600 - durante la lunga signoria di Alfonso II - l'arte tipografica continuava a fiorire in Ferrara, seguendo la grande tradizione umanistica della corte estense: editori e tipografi, quali Antonio Sivieri, i fratelli Niccolini da Sabbio, Valente Panizzi, Domenico Mammarelli, gli eredi di Giovanni Rossi, i fratelli Cagnaccini, Simone Vasalini, Paolo Tortorino, svolgevano un'intensa e proficua attività. Una importanza senza confronto maggiore assunse però ben presto il B.: non solo tipografo diligente, bene attrezzato, ma anche uomo di cultura, buon disegnatore e incisore, facile versificatore. Il Mazzuchelli gli assegna la compilazione di quella Cronologia ecclesiastica: Vite de' Pontefici da s. Pietro a Clemente VIII,che il B. pubblicò tra il 1600 e il 1604. Alcuni suoi sonetti sono tra le Rime piacevoli di Cesare Caporali e di altri (1587).

Disegnò ed incise per l'Accademia degli Intrepidi l'emblema che contraddistingue le edizioni delle opere fatte pubblicare dall'Accademia e affidate per la stampa al B., fra le quali s'annovera la pastorale di Guidubaldo Bonarelli, Fillidi Sciro,che uscì nel 1607 con le deliziose tavole incise da G. Valeggio. Per proprio conto stampò talune opere del Tasso: l'Aminta nel 1581 - subito dopo l'edizione manuziana - e la replicò nel 1582; pure nel 1581 pubblicò l'edizione della Gerusalemme liberata curata da Carlo Bonnà, con le "Allegorie" dell'autore, cui fece seguito, tra il 1584 e il 1589, l'edizione delle liriche; nel 1586 le Rime di Tasso e di altri per le nozze di Cesare d'Este con Virginia de' Medici. Nel 1587 stampò il Re Torrismondo e quella Lettera consolatoria all'Ambasciatrice di Toscana (Dorotea degli Albizzi) composta dal Tasso in occasione della morte del marito di lei; nel 1605 diede la prima edizione del Monte Oliveto.

Importante fu la sua attività di editore e stampatore di opere musicali. Tra il 1570 e il 1600 stampò le opere dei più segnalati maestri della corte di Ferrara: dal Fontanelli al Luzzaschi, dal Milleville a Gesualdo da Venosa. Tra queste stampe, oggi rarissime e apprezzatissime, sono da ricordare: IlLauro verde e il Lauro secco (1582 e 1583) madrigali a sei voci, su versi del Tasso; Ilnuovo Echo di Lodovico Agostini (1583) e i Madrigali a sei voci di Girolamo Belli (1583), di Giulio Eremita (1584), di G. B. Gabella (1585). Dal 1575 al 1597 fu stampatore ducale e quando, per la morte di Alfonso II, la discendenza diretta degli Estensi si esaurì e a don Cesare non restò che il feudo imperiale di Modena - occupata Ferrara dal cardinale Pietro Aldobrandini (1598) - al B. fu riconfermata la carica di stampatore ufficiale col titolo di stampatore camerale. Questo incarico egli mantenne sino alla morte avvenuta nel 1618.

Del B. si conoscono oltre trecentoventi edizioni; detrattene le molte stampate come tipografo dello Stato (bandi, decreti, leggi, ecc.), ne restano oltre cinquanta che attestano la sua eccellenza. Scomparso il B., la tipografia, come del resto ogni attività intellettuale di Ferrara, decadde rapidamente: a Modena si trasferirono oltre diecimila ferraresi che vollero seguire il loro signore; nella città - destinata a divenire una delle "città del silenzio" - non vi era più luogo per grandi aziende editoriali.

Il B. ebbe la sua bottega tra la Giovenca e Borgo de' Leoni, al cantone detto "della campana" (dall'insegna del suo negozio), che egli usò anche come marca editoriale, assieme a molte altre (circa dieci), e talune singolari per ideazione ed incisione, tutte dovute alla sua fantasia di incisore e di disegnatore.

Bibl.: G. M. Mazzuchelli, GliS crittori d'Italia,II, 1, Brescia 1758, p. 139; G. Agnelli, La stampa in Ferrara, in Tesori delle Biblioteche italiane: Emilia e Romagna, Milano 1932, pp. 475 s.; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina in Italia, Firenze 1953, V. 51; G. Fumagalli, Lexikon typographicum Italiae, Florence 1905, p. 129.

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