Gilbert, William

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Medico e filosofo naturale (Colchester 1540 - Londra 1603). Compiuti gli studî a Cambridge, a trent'anni si trasferì a Londra dove divenne medico di fama. In vita pubblicò solo il fortunato De magnete, magneticisque corporibus et de magno magnete tellure (1600). Un motivo quasi religioso anima l'opera: conoscere la Madre Terra non con presuntuosa baldanza ma consci di poter entrare nei suoi penetrali e formulare ipotesi attendibili solo a partire da fenomeni analizzati metodicamente, di cui quelli magnetici sono i più significativi. Alla ricerca è sottesa una teoria degli elementi che ne riconosce due, uno fluido e uno consistente. Al primo, cui G. attribuisce il carattere materiale della realtà fisica, ineriscono virtù deboli, alla terra quelle "prepotenti" e nobili (o formali): i corpi derivati dall'acqua (ambra, gemme) saranno capaci di azione elettrica, quelli composti di terra di azione magnetica. Le due azioni non derivano da un processo analogo: gli effluvî che promanano dall'elemento fluido sono "sostanziali", qualcosa di materiale che cattura i corpi dove quell'elemento prevale, mentre quelli magnetici sono immateriali, qualcosa che proviene dalla forma, dall'anima, come aveva detto Talete. G. vede nel magnetismo la manifestazione di una forma interiore propria a ogni corpo per natura sferico: i corpi celesti sono gli unici a presentarsi così, ma la realtà materiale tende a imitare la Madre, dalla cui forza deriva la compattezza del globo, il cui "ordine" è tipico della natura terrosa dei metalli. Di questi G. propone una teoria affine a quella aristotelica (si tratta del prodotto di esalazioni), rifiutando ogni correlazione fra pianeti e metalli, che sono infatti dieci e di cui studia il ferro, la cui natura considera, con gli alchimisti, quella "terrosa" per eccellenza. Le proprietà magnetiche di esso lo interessano di più, ma le straordinarie virtù medicinali attribuitegli da varî autori sono riferite con cura, anche se G. sembra personalmente convinto solo dell'efficacia della pratica tradizionale dell'assunzione di polvere di ferro. La parte centrale dell'opera è dedicata all'osservazione metodica dei movimenti di un ago magnetico, espressi da declinazione e coitio, termine che egli sostituisce ad attractio, che riserva ai fenomeni elettrici. L'opera affronta anche i moti della Terra: G. accetta da Copernico solo quello di rotazione, e nega l'esistenza dell'ottava sfera, le cui stelle non si trovano a distanze uguali dalla Terra. L'altra opera di G., il De mundo nostro sublunari philosophia nova, venne pubblicato soltanto nel 1651, ma non ebbe risonanza (sono poco più che appunti di cosmologia e meteorologia). La sola novità di rilievo che vi si trova è la decisa riduzione degli elementi alla sola terra e una discussione sull'eliocentrismo, mai però accettato chiaramente.

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