LAUD, William

Enciclopedia Italiana (1933)

LAUD, William

Florence M. G. Higham

Arcivescovo di Canterbury, nato a Reading il 7 ottobre 1573, morto il 10 gennaio 1645. Figlio di un sarto, fece i suoi studî nel St John's College a Oxford laureandosi nelle materie letterarie e filosofiche nel 1598. Ordinato sacerdote nel 1601, nel 1608 si addottorò anche in teologia e divenne cappellano presso Neile, vescovo di Lincoln. Nel 1611 fu eletto preside del St John's College di Oxford, posto che conservò fino al 1621, quando fu nominato vescovo di St David.

Nel 1626 divenne vescovo di Bath e di Wells, e nel 1628 vescovo di Londra. Diventato uno dei personaggi più eminenti nei circoli di corte dopo l'assunzione al trono di Carlo I fu fatto consigliere privato nel 1627.

Le sue idee religiose, nelle quali subì l'influenza del suo maestro Buckeridge, erano in decisa opposizione col calvinismo e il puritanismo che allora dominava la Chiesa inglese. Egli non amava perdersi nella discussione dei dettagli dei dogmi, ritenendo che l'essenza della fede anglicana stesse nei sacramenti, e che, purché fosse conservato il nucleo della credenza formulata nel Credo, potessero essere permesse varie interpretazioni delle dottrine non fondamentali. Il suo principale lavoro controversista, pubblicato nel 1639, fu il risultato di un dibattito che ebbe luogo alcuni anni prima, quando L. era vescovo di St David, col gesuita Fisher, che aveva ottenuto la conversione della duchessa Buckingham. L. affermava che le credenze della chiesa anglicana avevano per base le Sacre Scritture, e negò qualunque differenza fondamentale fra le dottrine della Chiesa anglicana e cattolica, rifiutando però la dottrina del magistero infallibile della Chiesa romana e affermando che essa non era l'unica chiesa vera, ma una chiesa vera che era caduta poi nell'errore, e che le decisioni del concilio in accordo con la Sacra Scrittura, costituivano le migliori interpretazioni della verità.

Caduto in disgrazia l'avversario principale di L., Williams, vescovo di Lincoln, per le questioni politiche del 1628, L. passò al primo posto, e quando l'arcivescovo di Canterbury, Abbott, morì (1633), Carlo I nominò L. a succedergli.

L. assunse il suo nuovo compito con grande impegno. Egli era un uomo di forte sentire, di sincero amore per il bene, ma di poco tatto, troppo attivo per badare alle piccole convenienze della vita, autoritario, quando avrebbe dovuto essere persuasivo, e quindi facile a crearsi dei nemici, tanto fra i colleghi che gli avversarî. La regina diffidava di lui, considerandolo il suo unico rivale serio, poiché egli esercitava un vero dominio nella vita religiosa del re, l'unica sfera in cui essa non aveva alcuna influenza. Appena nominato, L., con l'appoggio del re, si diede senz'altro ad attuare nella Chiesa inglese le riforme che vagheggiava. Furono da lui introdotti mutamenti nelle forme devozionali e nelle condizioni materiali delle chiese, cercò d'innalzare il livello morale e intellettuale del Clero. La resistenza provocata da questa sua attività fu schiacciata inesorabilmente, poiché per Carlo e i suoi consiglieri il tener poco conto dei diritti divini dei vescovi voleva dire tener poco conto dei diritti divini dei re. Le punizioni ai recalcitranti erano inflitte dalle Conciliar Courts della Star Chamber e dalla Ecclesiastical Commission, nella quale L. non era che uno dei tanti membri. Però la veemenza con cui egli espresse le sue opinioni, e la prontezza con cui egli deferì a queste corti non solo i ribelli all'autorità politica ed ecclesiastica, ma anche i nobili di scarsa moralità, fece apparire il L. come una potenza che faceva causa comune con l'assolutismo della monarchia.

L'influenza di L. nella politica secolare era intanto cresciuta, e la controversia sorta a proposito del Ship-Money (destinato alle costruzioni navali) e le crudeli punizioni inflitte a Prynne, a Burton e a Bastwick, furono degli esempî di quella politica intransigente che egli sosteneva. Anche il re Carlo mostrava ora di aspirare più di prima all'assolutismo, ma subì uno scacco nella Scozia. L., nella sua qualità di arcivescovo, aveva emanato una liturgia modificata che doveva essere usata dalla Chiesa scozzese. Però il sentimento nazionale e quello religioso portarono la Scozia a opporsi ad essa, e il tumulto nella chiesa di St Giles a Edimburgo, quando quella liturgia fu promulgata per la prima volta nel luglio del 1637, fu seguito dalla firma del Patto Nazionale del febbraio 1638. Fra tutti i consiglieri privati inglesi il re si era confidato solo con L., e fu per consiglio di lui, e contro il proprio impulso, che rifiutò di ritirare la Liturgia. I tentativi di conciliazione fatti più tardi fallirono, e nel 1639 la rivolta si trasformò in guerra aperta. Quando ritornò in Inghilterra Strafford nel 1640, L., nel propagarsi della rivolta del parlamento, aveva perduto quasi ogni autorità. Costretto prima a rifugiarsi a Whitehall, nel dicembre 1640, fu messo in prigione per ordine del "Long Parliament" e rimase nella Torre di Londra per quattro anni. Nel marzo del 1644 egli fu processato per tradimento, e nel gennaio del 1645 fu decapitato all'età di 72 anni.

Il suo diario e le lettere scritte a Strafford dipingono bene il suo spirito sincero, di profondo sentire, ma incapace, per la forza dei suoi propositi e il sentimento della propria autorità, di tollerare opposizioni.

Bibl.: Laud, Works, in Library of Anglo-Catholic Theology (voll. 7), Oxford 1847-60; Archbishop L. Commemorat., I, Londra 1895; H. Bell, Archbishop L. and Priestly Governement, Londra 1905.

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