MOSCATO, Yehudah ben Yosef Aryeh

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MOSCATO, Yehudah ben Yosef Aryeh (Leone)

Saverio Campanini

– Nacque a Osimo nel 1533 o alla fine dell’anno precedente, da genitori di cui non si è conservata notizia.

La data di nascita si desume dall’atto di morte, recentemente rinvenuto nell’Archivio di Stato di Mantova (Archivio Gonzaga, Registri necrologici, 18), che attesta che il defunto aveva 57 anni (Miletto, 2009A).

Si hanno scarse notizie sulla sua vita precedente lo spostamento a Mantova, che data per lo meno al 1564, come ha mostrato Bernard Dov Cooperman (Veltri-Miletto, 2012) sulla base di un responsum rabbinico di Moshe Provenzal (Yani, 1989, p. 116); è probabile che Moscato abbia lasciato lo Stato pontificio in conseguenza della legislazione repressiva inaugurata da Paolo IV (1555-59) nei confronti degli ebrei. Che il matrimonio con Ester Minzi Berettaro, figlia del banchiere mantovano Salvatore, abbia preceduto il passaggio alla città dei Gonzaga, può dedursi dal testamento di Moscato stesso, registrato presso l’Archivio di Stato di Mantova (Miletto, 2009B), dal quale risulta che la primogenita Anna era già sposata nel 1575; dal matrimonio nacquero anche Judith, Angelo e Isacco. Dopo il trasferimento, Moscato fu sostenuto inizialmente dal suocero, che gli affidò l’incarico di precettore del proprio figlio Shemu’el; a quest’ultimo, in segno di riconoscenza, egli dedicò in seguito la sua prima opera. A Mantova si affermò come dotto studioso, e nel Me’or ‛Enayim di ‛Azaryah de Rossi (composto nei primi anni Settanta del Cinquecento) è ricordato in termini elogiativi; dopo la pubblicazione di quest’opera così innovativa e controversa, lo si ritrova tra i rabbini coinvolti nella lacerante disputa sulla sua proibizione (Apfelbaum, 1900, pp. 10 s.). Nell’estate del 1581, per incarico della segreteria del duca Guglielmo Gonzaga (1550-87), insieme a Yeudah da Pisa Moscato raccolse presso le altre capitali padane una documentazione utile a stornare il recepimento, nel ducato, della legislazione antiebraica di recente emanata da Gregorio XIII (1572-85; Veltri - Miletto, 2011).

Nel 1587 divenne rabbino capo della comunità mantovana; a questo stesso anno risale l’episodio, portato alla luce da recenti ritrovamenti archivistici (Miletto, 2007-08), che sintetizza le condizioni drammatiche entro cui si svolsero la sua vita e il suo insegnamento. Essendo in corso il tentativo di convertire il musicista di corte Abramino dell’Arpa, suo zio Sansone e Moscato stesso intervennnero per dissuaderlo dal farsi battezzare. Quando il duca ne ebbe notizia, fece incarcerare tutti e tre, il 29 giugno 1587. Mentre Abramino e lo zio, sotto tortura, cedettero alla prospettiva del battesimo, Moscato oppose tenace resistenza; fu rimesso in libertà solo il 21 agosto 1587, in seguito alla morte di Guglielmo. Altre informazioni frammentarie sulla sua vita si evincono da responsa coevi, per esempio da quelli di Avraham Yagel (Ruderman, 1990, pp. 7, 13, 209).

Morì a Mantova il 20 settembre 1590.

La fama di Yehudah Moscato riposa sulle sue attività principali di predicatore e filosofo. Verso la fine della sua vita raccolse sotto il titolo di Nefutzot Yehudah (Venezia, Giovanni di Gara, 1588) 52 sermoni, corrispondenti alle porzioni settimanali dell’anno liturgico – a formare idealmente un ciclo completo – e composti in un ebraico molto ricco e fiorito. Da più parti (Dan, 1975; Saperstein, 1989; Cooperman, in Veltri - Miletto, 2012) è stata sollevata la questione della lingua in cui tali sermoni furono tenuti: attualmente si propende per l’italiano e per una successiva intensa rielaborazione in vista della stampa (Campanini, 2002). Singolare caratteristica dei sermoni è la varietà delle fonti e dei riferimenti culturali. Particolare notorietà ha ottenuto il primo, dedicato alla musica, in cui vengono esposte le teorie pitagoriche e neoplatoniche sull’armonia del cosmo: a una ragguardevole conoscenza delle fonti e dei dibattiti della cultura dell’epoca sull’armonia in senso musicale e più ampiamente filosofico, Moscato associa il progetto, sempre decisivo nella sua opera, di restituire al giudaismo e alla Torah una posizione centrale in un quadro il più possibile universalistico. Nel clima di persecuzione e isolamento che segna la prima età dei ghetti, i sermoni di Moscato testimoniano così una notevole apertura di interessi e un coinvolgimento profondo negli sviluppi della cultura maggioritaria, in particolare una non episodica consonanza con il platonismo del primo Rinascimento: tra gli autori cristiani più vicini nel tempo da lui citati si annoverano Giovanni Pico della Mirandola e Marsilio Ficino (Idel in Preachers ..., 1992). Un progetto di edizione del testo ebraico con traduzione inglese di tutti i sermoni è stato avviato da Giuseppe Veltri e Gianfranco Miletto (J. Moscato, Sermons, I-II, Leiden-Boston 2011).

Altra grande opera è il postumo Qol Yehudah («La voce di Giuda», in Y. Ha-Levi, Sefer ha-Kuzari, Venezia, Giovanni di Gara, 1594), commento filosofico a un classico della letteratura ebraica medievale, il Sefer ha-Kuzari, nella traduzione ebraica di Yehudah Ibn Tibbon. Questo ampio commento è incentrato sull’obiettivo filosofico-teologico che permea già il Kuzari, quello di difendere e illustrare la «religione disprezzata», ovvero l’ebraismo, in un confronto serrato con le altre religioni monoteistiche e con le correnti filosofiche di matrice aristotelica (Shear, 2008). A questo fine, in linea con la cultura ebraica del suo tempo, Moscato ricorre tra l’altro alle dottrine mistiche della qabbalah, identificata in particolare con il Sefer ha-Zohar, entro una cornice neoplatonica comune anche ai coevi cabbalisti cristiani (Idel, in Veltri - Miletto, 2012). Il Qol Yehudah ha assunto status canonico e accompagna di norma le ristampe del Kuzari a tutt’oggi. Una certa considerazione gli fu accordata dagli ebraisti cristiani, tra i quali vanno ricordati almeno Athanasius Kircher (Veltri - Miletto, 2009) e Johannes Buxtorf il giovane, traduttore in latino del Kuzari (Liber Cosri, Basel, 1660).

Di Moscato si sono conservati anche alcuni componimenti poetici (tra gli altri tre elegie in morte di Margherita di Savoia, l’ultima delle quali, un artificioso componimento palindromo di gusto già barocco, è stata giudicata severamente da Rhine, 1911, p. 364). Dopo i saggi offerti da Apfelbaum (1900, pp. 53-60), una parte significativa della sua produzione poetica è stata pubblicata da Bregman (1987). Un commento al Kuzari intitolato Bat qol Yehudah, conservato nel manoscritto 5 (Perani, 1997; Bernheimer, 1915) della Biblioteca del Talmud Torah di Livorno accanto al Qol Yehudah, appare come una versione abbreviata di quest’ultimo (secondo Bernheimer composta dallo stesso Moscato). Tra le opere perdute va annoverato un commento al Cantico dei Cantici (Apfelbaum, 1900, p. 52). Una rassegna, ampia ma non esaustiva, dei manoscritti contenenti opere di Moscato può leggersi in Miletto, 2012.

Fonti e Bibl.: E. Carmoly, Analecten, in Israelitische Annalen, XIII (1839), p. 101; A. Apfelbaum, Toledot ha-gaon R. Yehudah Moscato [in ebr.], Drohobycz 1900; A.B. Rhine, The secular poetry of Italian Jews, in Jewish studies quarterly, I (1911), pp. 341-402; C. Bernheimer, Catalogue des manuscrits et livres rares hébraïques de la Bibliothèque du Talmud Tora de Livourne, Livourne 1915, col. 26; I. Bettan, The sermons of J. M., in Hebrew Union College Annual, VI (1929), pp. 297-326; J. Dan, The sermon Tefillah we-Dim‘ah of R. J. M. [in ebr.], in Sinai, LXXVI (1975), pp. 209-232; I. Adler, Hebrew writings concerning music in manuscripts and printed books from geonic times up to 1800, München 1975, pp. 221-239; S. Simonsohn, History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977; D. Harrán, Cultural fusions in Jewish musical thought of the Later Renaissance, in F. Della Seta - F. Piperno, In Cantu et in Sermone. For Nino Pirrotta on his 80th birthday, Firenze 1989, pp. 141-154; She’elot u-teshuvot rabbenu Moshe Proventzalo, a cura di A.J. Yani, Jerusalem 1989; M. Saperstein, Jewish preaching 1200-1800: An anthology, New Haven-London 1989, pp. 253-269; D. Ruderman, A valley of vision. The heavenly journey of Abraham ben Hananiah Yagel, Philadelphia 1990; Preachers of the Italian Ghetto, a cura di D. Ruderman, Berkeley-Los Angeles-London 1992 (con interventi, tra gli altri, di M. Saperstein e M. Idel); D. Bregman, A bundle of Gold. Hebrew sonnets from the Renaissance and the Baroque, Jerusalem-Beer Sheva 1997, pp. 86-93; M. Perani, I manoscritti della biblioteca del Talmud Torah di Livorno, Livorno 1997, pp. 36, 135, tav. 5; S. Campanini, Anima in itinere. Un’orazione funebre di Avraham da Sant’Angelo, in La cultura ebraica a Bologna tra medioevo e rinascimento, a cura di M. Perani, Firenze 2002, pp. 129-168; A. Shear, J. M.’s scholarly self-image and the question of Jewish humanism, in Cultural intermediaries. Jewish intellectuals in Early modern Italy, a cura di D. Ruderman - G. Veltri, Philadelphia 2004, pp. 149-177; G. Miletto, Rabbi Yehuda Moscato and a case of forced conversion, in Frankfurter Judaistische Beiträge, XXXIV (2007-08), pp. 149-163; Ph. Bobichon, Manuscrits en caractères hébreux conservés dans les bibliothèques de France, I, Hébreu 669 à 703. Manuscrits de théologie, Turnhout 2008, pp. 118-121; A. Shear, The Kuzari and the shaping of Jewish identity, 1167-1900, Cambridge 2008, pp. 135-169; G. Veltri - G. Miletto, Mathematical and biblical exegesis: Jewish sources of Athanasius Kircher’s musical theory, in G. Veltri, Renaissance philosophy in Jewish garb, Leiden-Boston 2009, pp. 129-143; G. Miletto, New documents from the State Archives of Mantua about J. M., in Revue des études Juives, CLXVIII (2009A), 1-2, pp. 2001-2008; Id., A new look into J. M.’s Life: his recently discovered last will and testament from the State Archives of Mantua, in European journal of Jewish studies, II (2009 B), 2, pp. 293-298; Id., The human body as a musical instrument in the sermons of J. M., in M. Diemling - G. Veltri, The Jewish body. Corporeality, society, and identity in the Renaissance and Early modern period, Leiden-Boston 2009, pp. 377-394; G. Veltri - G. Miletto, “A sagacious man”. Rabbi J. M. and the Jewish intellectual world of Mantua in 16th-17th Century, Leiden-Boston 2012 (con interventi, tra gli altri, di M. Saperstein, B. Cooperman, M. Idel).