YEMEN

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

YEMEN (XXXV, p. 834; App. II, 11, p. 1135; III, 11, p. 1142)

Paolo Minganti
Giovanni Garbini

A partire dal novembre 1962 il regno yemenita è divenuto una Repubblica araba. Al censimento del 1975 la popolazione era di 5.237.893 ab., distribuita su una superficie di 195.000 km2 (con una densità media di 26,8 ab./km2). Il tasso di accrescimento della popolazione si aggira sul 3% annuo (media 1970-77). La capitale Ṣan'ā' nel 1975 contava 447.898 abitanti. Fra le altre città solo due superavano i 100.000 ab.: Ta'izz (320.323 ab.) e Hodeida (147.982 ab.). Altri centri di rilievo sono Hajjah (40.000 ab.), Ibb (35.000 ab.), Sa'dah (30.000 ab.) e Radā' 30.000 ab.).

Condizioni economiche. - L'agricoltura è sempre il settore base dell'economia yemenita. Contribuisce, infatti, con il 70% alla formazione del prodotto nazionale lordo e ospita oltre il 75% delle forze di lavoro complessive. Più del 50% della superficie del paese, la sezione più interna, è incolta e improduttiva. La fascia costiera presenta favorevoli condizioni per lo sviluppo agricolo: il clima caldo-umido è adatto alla coltivazione del riso, destinato al consumo locale, del tabacco (60.000 q nel 1977), del cotone (180.000 q di semi e 100.000 q di fibra), oltre che delle palme da datteri (700.000 q di datteri). La sezione costiera dell'altopiano, dotata di buone precipitazioni estive, consente le colture di mais (700.000 q), sorgo (8 milioni di q), orzo (800.000 q), frumento (500.000 q). Il patrimonio zootecnico contava, nel 1977, quasi 11 milioni di capi fra ovini e caprini, 1 milione di bovini, 121.000 cammelli e 650.000 asini. Per quanto riguarda le risorse minerarie, una certa importanza ha il sale (100.000 t); giacimenti petroliferi in fase di esplorazione. Modeste le attività industriali, in prevalenza orientate sul settore tessile. Nel 1970 erano presenti 60 imprese industriali con meno di 5000 addetti complessivi. Cementificio nei pressi della capitale (100.000 t annue) e una raffineria in corso di costruzione. È in vigore un piano di sviluppo (1976-81) i cui obiettivi sono concentrati sul potenziamento delle più importanti infrastrutture. Le comunicazioni si avvalgono di una rete di 1650 km di strade asfaltate; porto a Hodeida e aeroporti a Ṣan'ā', Ta'izz e Hodeida.

Storia. - L'imām Aḥmad, dopo essere sfuggito a un attentato nel marzo 1961, morì nel settembre 1962; gli succedette il figlio Moḥammed el-Badr, ma un gruppo di militari guidati dal colonnello ‛Abdallāh Sallāl s'impadronirono del potere e proclamarono la repubblica; il nuovo regime fu immediatamente riconosciuto dagli SUA e dall'URSS e accolto agl'inizi del 1963 nelle Nazioni Unite. Fortunosamente sfuggito alla morte, el-Badr si rifugiò sulle montagne e, con l'appoggio di tribù rimastegli fedeli, organizzò una lotta armata; la Gran Bretagna mantenne il riconoscimento al suo governo. In appoggio dei repubblicani si schierò l'Egitto (allora Repubblica araba unita), che inviò contingenti di truppe, mentre l'Arabia saudiana aiutò i realisti. Con alterne vicende, i combattimenti durarono fino al 1968; vano fu l'intervento delle Nazioni Unite, una cui missione fu nel paese fra il luglio 1963 e il settembre 1964. Nel febbraio 1964 un accordo stipulato a Gedda fra Arabia saudiana ed Egitto sembrò preannunciare una soluzione della crisi: esponenti repubblicani e monarchici s'incontrarono in una località del Sudan e concordarono una tregua e la convocazione di un congresso nazionale di pacificazione. Dissensi procedurali ne ritardarono però la riunione, e i realisti ripresero i combattimenti mentre nascevano dissensi in campo repubblicano. Nuovi contatti fra Egitto e Arabia saudiana nell'agosto 1965 si conclusero con un nuovo accordo che prevedeva la cessazione dei combattimenti e il ritiro degli appoggi concessi ai due campi quale preludio a un referendum sulla forma istituzionale, da tenersi nel novembre 1966; anche questo accordo rimase però inapplicato, e i combattimenti si aggravarono. In campo repubblicano, lo scontro fra i fautori di una pacificazione, primo passo della quale doveva essere il ritiro delle truppe egiziane, e quelli della lotta a oltranza guidati da Sallāl si concluse con la vittoria di questi ultimi. Tuttavia la guerra arabo-israeliana del giungo 1967 e l'impegno assunto da stati arabi fra cui l'Arabia saudiana di sostenere finanziariamente l'Egitto indussero questo a dichiararsi pronto (agosto 1967) ad applicare l'accordo del 1965, e in tal senso fu stipulato un nuovo accordo. Nel gennaio 1968 lo sgombero delle truppe egiziane (che avevano raggiunto gli 80.000 uomini) fu completato. Le forze realiste ripresero vigore, mentre in campo repubblicano si verificò nel novembre un colpo di stato con la deposizione di Sallāl, sostituito da un Consiglio di presidenza. Anche in campo realista, malgrado i successi militari, si ebbero dissensi, e nel giugno el-Badr fu deposto; seguì il progressivo disfacimento del fronte monarchico, cui cominciò anche a mancare ogni appoggio esterno. Nel marzo 1970 il primo ministro e ministro degli Esteri repubblicano, Muḥsin el-‛Ainī, ebbe a Gedda colloqui non ufficiali con esponenti saudiani, in seguito ai quali nel maggio personalità realiste (con esclusione dei membri della famiglia reale) ebbero incarichi nel governo e nell'amministrazione; nel dicembre 1970 fu promulgata una nuova Costituzione, e nel marzo 1971 furono tenute elezioni politiche.

Risolto il problema interno, un nuovo motivo di tensione si verificò sul confine meridionale. Lo Y. aveva appoggiato la lotta per l'indipendenza dell'Arabia del Sud attraverso il FLOSY e la Lega dell'Arabia del Sud, che però al momento del conseguimento dell'indipendenza erano stati esclusi dal potere. L'ammassarsi sul confine di elementi delle due formazioni, postesi all'opposizione nei riguardi del governo di Aden, provocò, a partire dai primi mesi del 1972, una crescente tensione. Una missione della Lega araba riuscì nell'ottobre a ottenere dalle due parti la conclusione di una tregua, e nel novembre, a Tripoli di Libia, i presidenti dei due Y. stipularono un accordo che prevedeva la fusione dei due stati; ciò malgrado gli scontri sul confine continuarono. Nel marzo 1974 un nuovo governo, presieduto da Ḥasan Makkī, si propose esplicitamente l'applicazione dell'accordo, ma il 13 giugno un colpo di stato incruento portò al potere una giunta militare di 7 persone guidata da Ibrāhīm el-Ḥamdī; l'atto fu giustificato con la necessità di porre rimedio al disordine economico e amministrativo. Una Costituzione provvisoria fu promulgata il 19 giugno, e il 21 fu formato un nuovo governo presieduto da Muḥsin el-Ḥamdī: il programma stabiliva una politica di collaborazione con gli stati arabi e di non allineamento, e confermava il proposito di raggiungere l'unità dei due Yemen. Il nuovo regime si sforzò di frenare l'agitazione delle tribù del Nord, in lotta contro il potere centrale. L'uccisione (11 ottobre 1977) di Ibrāhim el-Ḥamdī, sostituito come capo dello Stato da un triumvirato militare, riportò il paese in una nuova crisi, risolta con l'elezione di Alì Abdallāh Saleh (17 luglio 1978).

Bibl.: Oriente Moderno, voll. XL-LIV, Roma 1960-74; H. Ingrams, The Yemen: Imans, rulers and revolutions, Londra 1963; M. W. Wenner, Modern Yemen 1918-1966, Baltimora 1967; E. O'Ballance, The war in the Yemen, Londra 1971.

Archeologia. - La ricerca archeologica nel territorio della Repubblica araba yemenita e nella Repubblica democratica popolare dello Y. ha compiuto, tra il 1960 e il 1975, limitati ma significativi progressi. Nel Nord, gli scavi condotti a Marib dagli Americani all'inizio degli anni Cinquanta sono rimasti senza seguito, ma a partire dal 1969 si sono avute diverse missioni ricognitive, specialmente ad opera di studiosi italiani, tedeschi e sovietici. Monumenti preislamici conservati all'interno di moschee sono stati per la prima volta visti da studiosi europei, finalmente ammessi a visitarli; diverse località archeologiche di grande importanza, precedentemente ignote, sono state individuate e rilevate.

In questo si sono particolarmente distinti G. Benardelli e A. E. Parrinello, ai quali si deve la scoperta d'importanti resti megalitici preistorici (i primi nella penisola araba) sul Gebel Masnac, di altri monumenti megalitici di età imprecisata nella Tihāma (Moḥamdīd al-Ḥamlī), di una città himyarita sul Gebel Masnac e di un centro preislamico a Ḥuṣn al-Asharāf (Tihāma). Manufatti paleolitici sono stati raccolti a Sūq Beyt Nacam (G. Garbini). Delle località archeologiche esplorate dalla missione tedesca sono da ricordare specialmente il santuario rupestre presso il Wādī Ḍahr (scoperto da italiani residenti a Ṣancā), le figure incise sulla roccia nelle vicinanze del santuario stesso, gl'insediamenti urbani di Baynun e quello sul Gebel Kanin. Delle esplorazioni sovietiche si hanno finora i risultati ottenuti nella zona di Arḥab. La ricognizione archeologica è stata sempre accompagnata dalla raccolta di materiale epigrafico, in cui spiccano una bilingue sabeo-ebraica, alcune iscrizioni frammentarie in gecez e un'iscrizione latina (ancora inedita). Particolarmente ricca di pezzi di scultura è la zona di Zafār, l'antica capitale himyarita, famosa per il numero delle sue dighe in parte ancora visibili.

Nella parte meridionale dello Y. e nel Ḥaḍramawt, dopo la già ricordata missione americana si sono avute solo sporadiche ricognizioni e limitate ricerche da parte del Servizio di antichità; solo nel 1975 J. Pirenne ha condotto un piccolo saggio di scavo a Shabwa, l'antica capitale del Ḥaḍramawt. Numerosi manufatti paleolitici sono stati ritrovati sul Gebel Tala (poco a N. di Laheg); resti megalitici di età storica sono stati scoperti a Ghanam al-Kuffar; centri sudarabici sono stati individuati ad Amcadiyya e a Ḥuṣn al-Ghurab. Una ricognizione effettuata nel Ḥaḍramawt da una missione americana tra il 1961 e il 1962 ha portato alla scoperta di una ricca serie d'insediamenti preistorici, dal Paleolitico al Neolitico, attardatosi qui fino al 2° millennio a. Cristo.

Le ricerche fin qui ricordate non consentono ancora di delineare un quadro organico del passato dello Y.; la pubblicazione del materiale scavato in precedenza e lo studio delle iscrizioni permettono tuttavia di fissare intorno al 1000 a. C. l'inizio della civiltà sudarabica e non prima della fine del 5° secolo a. C. l'inizio della documentazione scritta. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Government of Aden, Antiquities report, i (1960-61), 8 (1965-66); G. W. Van Beek, G. H. Cole, A. Jamme, An archeological reconnaissance in Hadhramaut, South Arabia, in Smithsonian report, 1963, pp. 521-45; R. L. Cleveland, An ancient South Arabian necropolis, Baltimora 1965; M. Bafaqīh, Atar wa-nuqūš al-cUqlah, Cairo 1967; H. von Wissmann, Zur Archäologie und antiken Geographie von Südarabien, Istanbul 1968; G. W. Van Beek, Hajar Bin Ḥumeid, Baltimora 1969; G. Garbini, Antichità yemenite, in Annali Ist. Orient. di Napoli, 30 (1970), pp. 400-04, 537-48; G. Benardelli, A. E. Parrinello, Note su alcune località archeologiche del Yemen, ibid., 30 (1970), pp. 117-20; 31 (1971), pp. 111-18; W. Radt, Bericht über eine Forschungsreise in die A.R.Y., in Arch. Anz., 1971, pp. 253-93; B. Doe, Southern Arabia, Londra 1971; P. Costa, Antiquities from Ẓafar (Yemen), in Annali... Napoli, 33 (1973), pp. 185-206; P. A. Graznevič, K topografii central' nogo Arḥaba, in Drevnjaja Aravija, Leningrado 1973, pp. 55-71.

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