ZANI

Enciclopedia Italiana (1937)

ZANI

Fausto Nicolini

. Secondo un'opinione, accennata già dal Perrucci (1699), svolta ampiamente dal Riccoboni (1723) e rincalzata ai giorni nostri da parecchi eruditi (De Amicis, Dieterich, Reich, ecc.), negli zani (o, all'italiana, "zanni") si sarebbero perpetuati, con ininterrotto processo storico, i quasi preistorici sanniones delle Atellanae, ricordati da Cicerone. È una fantasticheria, della quale già nel sec. XVII, prima che venisse in mente ad alcuno, Carlo Dati faceva preventiva giustizia, dimostrando in modo inconfutabile che "zani", così nell'uso teatrale come nel linguaggio corrente, non è altro che forma dialettale (lombardo-veneta) del nome proprio "Giovanni". Con ciò non si vuole negare che alla formazione dei tipi degli zani, avvenuta nella seconda metà del sec. XV, concorressero, nell'estrinseco e subordinatamente, gl'istrioni mascherati di cui s'hanno notizie sin dall'alto Medioevo e, più particolarmente, quelli a cui nelle sacre rappresentazioni erano affidate le parti, generalmente comiche, di diavoli. Sennonché, sta in fatto che nelle compagnie comiche della Valle Padana (la culla della commedia dell'arte) gli zani incarnavano originariamente due ignorantissimi e poverissimi villani o facchini delle "valade de Bergamo", parlanti il rustico dialetto natio e indossanti abitualmente il vestito di quei valligiani dai costumi primitivi: larga camicia bianca con alla cintola una corda; calzoni lunghi, larghi e parimente bianchi; calzari semplicissimi e privi di tacco; al lato sinistro una scarsela (borsa) di cuoio e il famoso batocio; e in testa un cappellaccio floscio, spesso biforcuto e adorno di quella non men famosa coda di lepre che, ancora ai tempi del Goldoni, usava nelle valli bergamasche. Evidente, dunque, che il tipo dello zani sorgesse quale satira cittadinesca del villano che s'inurba, o, come forse si sarà detto, di "Gianni il villano" (in tedesco "Hans", ossia "Giovanni", significa, tra l'altro, anche "zotico", "villanzone" e simili). Comunque, la commedia dell'arte, già perfetta nella seconda metà del sec. XVI, tolse il nome primitivo ("comedia de zani") proprio dai già preesistenti zani, di cui, prima che essa nascesse, era abituale servirsi come di soli attori di quella sorta d'intermezzi comici chiamati "ludi zanneschi". Sennonché la mancanza di documenti non permette d'indicare attraverso quali trapassi gli zani, nella commedia dell'arte, si riducessero abitualmente a due, incarnanti, particolarmente nei primi tempi, il servo furbo (primo zani) e il servo sciocco (secondo zani): quello, prototipo di Brighella e dei molti suoi fratelli (Pedrolino, Pierrot, ecc.); questo, di Arlecchino e, di fra i molti suoi fratelli, di Pulcinella, che, fra tutte le varie incarnazioni del secondo zani, serbò, anche negli ultimi suoi tempi e con minori infedeltà, il vestito primitivo degli zani.

Bibl.: V. arlecchino.

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