Zeugma

Enciclopedia Dantesca (1970)

zeugma

Francesco Tateo

Figura retorica, conosciuta nella tradizione latina anche col nome di detractio, consistente nel collegare una serie di membri paralleli del periodo con un solo verbo. Nella sua forma più semplice essa coincide con l'ellissi. Uno z. particolare, che comporta una più sottile ricerca, e che apparentemente non rispetta la correttezza lessicale, è la sillessi, per cui due o più vocaboli sono collegati da un verbo che si adatta perfettamente solo a uno di essi.

La prima specie di z. si riscontra ovviamente in D., ma non è una caratteristica del suo stile, che preferisce e nella prosa dottrinale e nella poesia la ripetizione e la variazione all'ellissi.

E tuttavia tale z. può ritrovarsi in elencazioni come quella di Pd XXVI 109 ss., in cui l'iniziale tu vuogli udir regge la proposta dei temi, che occupa con una disposizione parallela la terzina successiva (cfr. come in XXXIII 88 la mancata ripetizione di ‛ vidi ' ponga in risalto l'eccezionale oggetto della visione: sustanze e accidenti...), o dove al poeta interessa sostenere l'antitesi dei sostantivi (lei lo vedere, e me l'ovrare appaga, Pg XXVII 108), o evidenziare un predicato sopprimendo il verbo (Troppo sarebbe larga la bigoncia / ... e stanco chi..., Pd IX 55-57; Le facce tutte avean di fiamma viva / e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco, XXXI 13-14). Dello stesso tipo è lo z. di VIII 100 ss., anch'esso in funzione dell'evidenza dialettica del discorso dottrinale, come l'anastrofe che vi concorre (E non pur le nature provedute / sono... / ma esse insieme con la lor salute). La brevitas ottenuta con lo z. riesce particolarmente espressiva nella preghiera di Bernardo, un esempio tipico, se pur raro, dove la disposizione del verbo e l'anafora concorrono a creare un forte effetto di stile grande: In te misericordia, in te pietate, / in te magnificenza, in te s'aduna... (XXXIII 19 ss.). In concomitanza con lo stile grande richiesto dal ricordo mitologico è lo z. classico di Pg XXVIII 50-51 (Proserpina nel tempo che perdette / la madre lei, ed ella primavera), che è al limite con la sillessi, poiché nella seconda proposizione il senso metaforico dell'oggetto riversa sul verbo una sfumatura diversa.

Quest'ultimo è il genere di z. più degno di nota nella poesia dantesca, anche se sostanzialmente limitato alla Commedia. Si vedano innanzitutto i casi più evidenti (in cui talora un verbo corrisponde solo a uno dei complementi): così fec'io con atto e con parola (Pd III 94); parlare e lagrimar vedrai insieme (If XXXIII 9); Ed ecco piangere e cantar s'udìe (Pg XXIII 10); fuori sgorgando lagrime e sospiri (XXXI 20). Uno z. come quello di Pd XIV 10-11 (... nol vi dice / né con la voce né pensando ancora) va tuttavia riportato alla situazione del Paradiso, dove i beati percepiscono anche il pensiero di Dante.

Altra volta lo z. assume un aspetto più ricercato perché l'improprietà del verbo è in effetti dovuta all'uso metaforico di un vocabolo: così in Pg XXIX 37-38 (se fami / freddi o vigilie mai per voi soffersi), in Pd XXXII 32-33 ('l deserto e 'l martiro / sofferse), in XXXI 34 (veggendo Roma e l'ardüa sua opra) la ‛ proprietà ' del verbo è garantita dall'uso metonimico dei vocaboli vigilie, deserto, opra. Un caso analogo, ma particolare, è quello di Pd XXIII 64-65 (chi pensasse il ponderoso tema / e l'omero mortal), dove pensasse è usato nel primo caso in senso etimologico, quantunque traslato (cfr. PARONOMASIA) e nel secondo caso è sottinteso nel suo senso traslato consueto. In Pg XXVI 18 (rispondi a me che 'n sete e 'n foco ardo) in realtà il poeta gioca sul duplice significato di ‛ ardere '; mentre in XXVII 74-75 (ci affranse / la possa del salir più e 'l diletto) si verifica l'estensione del valore metaforico di affranse; e in Pd XV 135 (fui cristiano e Cacciaguida) il verbo ‛ essere ' viene sottinteso nel suo valore più pregnante.

Un raro esempio di z. sintattico può considerarsi quello di Pd I 47 (vidi rivolta e riguardar nel sole), dove la costruzione è solo appropriata al secondo verbo.