ZOROASTRISMO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

ZOROASTRISMO

Gherardo Gnoli

(XXXV, p. 1022)

Gli studi sullo z. hanno compiuto notevoli progressi negli ultimi cinquant'anni grazie, soprattutto, all'approfondimento della ricerca filologica e storica. In particolar modo è progredita la filologia avestica, che si è potuta avvalere della ricerca linguistica sui testi medio-iranici scoperti a Turfan dalla missione archeologica dell'Accademia delle Scienze di Berlino nei primi anni del Novecento: l'intera linguistica iranica se ne è avvantaggiata grandemente per merito in primo luogo di W.B. Henning e della sua scuola. Altrettanto si può dire per la letteratura religiosa medio-persiana o pahlavica del 9° secolo d.C.

Numerose sono state le ricerche e gli studi su temi specifici o su singoli testi, che negli ultimi decenni sono stati pubblicati con criteri aggiornati di trascrizione scientifica, con traduzioni e commenti filologici e storici. Hanno giovato anche alla filologia avestica gli studi sul materiale epigrafico antico-persiano (6°-4° secolo a.C.) e medio-persiano e partico (3° secolo d.C.). Di varie parti dell'Avesta sono uscite edizioni corredate di esaurienti commenti filologici. Un posto particolare è spettato alle Gāthā ("Canti"), testi tradizionalmente attribuiti allo stesso Zarathustra, specialmente con i lavori di J. Duchesne-Guillemin, H. Humbach, S. Insler, J. Kellens ed E. Pirart, ma anche altri testi avestici sono stati oggetto di analisi approfondite, dopo la traduzione dell'Avesta di F. Wollf (1910) fondata sul vocabolario antico-iranico di Chr. Bartholomae (1904) e quella degli inni avestici (Yašt), curata da H. Lommel (1927). Spiccano, tra le altre, le edizioni dell'inno a Mithra di I. Gershevitch e dello 'Yasna dei sette capitoli' di J. Narten. Quanto ai testi della letteratura zoroastriana del 9° secolo d.C. − i testi pahlavici − studiosi quali per es. H.W. Bailey, J. de Menasce, R.C. Zaehner, M. Molé, Sh. Shaked si sono particolarmente distinti nello studio di singole opere e di tematiche specifiche della cosmogonia, dell'antropologia, della teologia, della liturgia dello z., nonché, più in generale, della cultura religiosa, filosofica e scientifica dell'Iran sassanide (secoli 3°-7° d.C.).

Verso la fine degli anni Trenta sono apparsi i primi lavori della scuola iranistica svedese, che ha avuto il suo caposcuola in H.S. Nyberg e in S. Wikander e G. Widengren i suoi più brillanti sostenitori. In essi si ritrova uno sforzo comparatistico storico-religioso molto accentuato, diretto soprattutto a mostrare la complessità e la varietà del mondo religioso iranico delle origini zoroastriane. Di quegli anni sono anche le ricerche di un archeologo e storico dell'Iran antico, E. Herzfeld, che ha tentato di fornire di Zarathustra e del suo mondo una ricostruzione storico-culturale e storico-politica, apparsa poi ai più non convincente e oggi pressoché abbandonata, soprattutto dopo la critica che ne fece W.B. Henning alla fine degli anni Quaranta (critica che si rivolse anche alle tesi di H.S. Nyberg).

La teoria di G. Dumézil dell'''ideologia tripartita'' degli Indoeuropei ha esercitato un notevole influsso sugli studi dello z., raccogliendo consensi in studiosi quali J. Duchesne-Guillemin, G. Widengren, S. Wikander e M. Molé. Secondo tale teoria, il 'sistema' degli Ameša Spenta rifletterebbe la struttura della tripartizione funzionale: le entità sarebbero altrettanti sostituti di divinità venerate prima della riforma, fortemente etica, di Zarathustra. La discussione su questo tema è tuttora aperta, anche se sono molte le voci di dissenso (I. Gershevitch, M. Boyce e ora anche, per molti versi, J. Kellens) o gli orientamenti che non ne tengono conto.

Il problema dello zurvanismo è stato al centro di un ampio dibattito, in cui, dopo le ricerche di H.S. Nyberg, sono intervenuti, tra gli altri, H.H. Schaeder, R.C. Zaehner, M. Molé, U. Bianchi, G. Widengren, M. Boyce. Questa dottrina, a volte interpretata come una religione a sé stante, altre volte come un'eresia dello z., sembra attribuire alla figura di Zurwān, il Tempo, un ruolo preminente al di sopra dei due poli del dualismo tradizionale, ben presto divenuti nella teologia zoroastriana Ahura Mazda o Ohrmezd e Angra Mainyu o Ahreman, conformemente a uno sviluppo acutamente studiato da I. Gershevitch.

Anche i problemi delle origini zoroastriane, della patria e dell'epoca di Zarathustra, sono stati al centro di una discussione ancora in corso, dopo lo studio che ne fece W.B. Henning. M. Boyce, G. Gnoli, H. Humbach vi hanno dedicato una particolare attenzione. Secondo una tendenza attualmente prevalente Zarathustra è collocato in una regione dell'Iran orientale verso la fine del 2° millennio o agli inizi del 1° millennio a.C. La datazione tradizionale (7°-6° secolo a.C.), difesa da W.B. Henning, ha però ancora i suoi sostenitori.

Recenti orientamenti della ricerca si rivolgono contro l'interpretazione tradizionale di uno z. caratterizzato da uno sviluppo storico quale quello rappresentato anche da R. Pettazzoni: un periodo iniziale contraddistinto dall'insegnamento monoteistico e dualistico di Zarathustra; un periodo più o meno immediatamente successivo di compromesso e di 'sintesi' tra le credenze e le pratiche rituali caratteristiche di un politeismo di tipo indoiranico; un periodo ulteriore di processi sincretistici e di rifondazione della religione mazdea o zoroastriana, che ebbe sotto la dinastia dei Sasanidi un'impronta nello stesso tempo antiquaria e nazionalistica. Contro questa ricostruzione, che tuttavia è ancora largamente condivisa, si sono levate varie voci, con diversi e spesso contrastanti argomenti, da M. Molé a M. Boyce a J. Kellens. Sulla storia dello z. dalla conquista araba dell'Iran fino a oggi, in Iran stesso e in India (parsismo), gli studi degli ultimi decenni non hanno fatto grandi progressi, anche se non sono mancati contributi significativi di M. Boyce e di J.R. Hinnells.

Tra le opere di sintesi sullo z., molto diverse quanto a orientamento storiografico e critico, pubblicate a partire dalla fine degli anni Trenta, meritano speciale menzione quelle di H.S. Nyberg, G. Widengren, J. Duchesne-Guillemin, M. Molé e M. Boyce.

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