● Economia e innovazione

Gli ultimi mesi del 2019 hanno visto l’emergere di un dibattito pubblico, inaspettatamente molto partecipato, riguardo una proposta di riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), comunemente definito fondo salva stati. I recenti eventi hanno riportato la questione al centro dell’attenzione mediatica. La complessità del dossier MES ha portato troppo spesso ad una confusione nel dibattito tra ciò che il MES è, ciò che la riforma propone che diventi e ciò che può essere modificato in esso per renderlo maggiormente adatto ad affrontare le sfide legate alla lotta al coronavirus. È invece indispensabile una distinzione tra gli elementi per comprendere i meccanismi che regolano il funzionamento del fondo e l’impatto che un suo utilizzo potrebbe comportare nei diversi scenari.

Le ragioni economiche del fondo salva stati in tempi “standard”

Il MES è un organismo intergovernativo, nel cui Board siedono i ministri delle finanze degli stati membri**, creato nel 2012 per far fronte alla crisi** del debito sovrano nella zona euro. Il MES svolge fondamentalmente la funzione di assicurazione per stati sovrani, assumendosi il ruolo di prestatore di ultima istanza nel momento in cui un paese dovesse perdere accesso al mercato. Gli stati membri contribuiscono proporzionalmente al loro PIL e alla loro popolazione. Il nostro paese contribuisce a circa il 17% del totale, equivalente ad un capitale versato di 15 miliardi e un capitale sottoscritto di 125 miliardi. Il fatto che i “premi” siano proporzionali alla dimensione dell’economia piuttosto che al rischio, come avviene per qualsiasi altra polizza assicurativa, rappresenta un chiaro elemento di solidarietà. Un'altra fondamentale differenza tra una normale assicurazione e il MES è che i “premi” pagati in forma di contributo al fondo salva stati sono trasferimenti una tantum e non devono essere rinnovati a scadenze regolari. Il MES è inoltre autorizzato a finanziarsi sui mercati obbligazionari, moltiplicando il capitale versato.

Lo scopo del fondo salva stati è quello di prevenire crisi idiosincratiche ed eventualmente intervenire per assistere le economie colpite. La prevenzione viene effettuata tramite garanzia di liquidità in forma di prestito in caso di crisi. Ciò diminuisce i rischi per i detentori del debito sovrano e gli investitori, permette di indebitarsi a tassi più bassi ed evidentemente consolida la solvibilità degli emittenti sovrani. Di conseguenza la probabilità del verificarsi stesso di una crisi si riduce. Per quanto riguarda l’assistenza a paesi in difficoltà, il MES può intervenire con una “potenza di fuoco” di 700 miliardi, cui si aggiunge il ricavato da emissioni obbligazionarie, un ammontare che equivale a più del 40% del PIL italiano.

Se da un lato il MES consolida la stabilità economico-finanziaria della zona euro nel suo complesso, la distribuzione dei benefici che la sua esistenza produce non è omogenea. Evidentemente, i paesi più a rischio godono dei maggiori benefici. La riduzione dei loro tassi di interesse è proporzionalmente maggiore, è più probabile che ricevano sostegno di liquidità e i premi che pagano, se pesati sul rischio, sono relativamente più bassi. L’Italia - paese con il secondo spread più alto (Figura 1) e in quarta posizione per percentuale di crediti deteriorati nel sistema bancario nell’eurozona, ultimo per crescita in Europa, con un debito/PIL a ridosso del 140 % - fa chiaramente parte di questo gruppo.

Figura 1: Quali sono i paesi più a rischio?

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Nota: Gli interessi sul debito di lungo periodo sono definiti come i tassi sulle obbligazioni governative in scadenza a 10 anni - Fonte: OCSE

È dunque paradossale che ampie frange della politica attiva nel nostro paese si siano schierate in opposizione all’esistenza del MES per se. Tra gli scettici, alcuni sostengono che i contributi versati al fondo salva stati avrebbero potuto essere investiti in maniera più produttiva. Tuttavia, l’adesione dell’Italia al MES è un investimento estremamente redditizio, sia per la riduzione dei tassi che essa comporta, sia in termini di ritorno sull’investimento che potenzialmente potrebbe essere maggiore al 4600% (paghiamo 15 miliardi e teoricamente potremmo ricevere più di 700 miliardi). Inoltre, il capitale versato equivale a meno dello 0.1% della ricchezza creata nel nostro paese da quando il MES esiste[1]. Se ciò non bastasse, considerando che il PIL continuerà a crescere mentre il contributo al MES è un trasferimento unico, la percentuale di cui sopra è destinata ad azzerarsi.

In linea generale, l’esistenza del fondo salva stati beneficia sia l’eurozona nel suo complesso sia gli stati nazionali individualmente considerati. Tuttavia, come descritto, i benefici non sono distribuiti equamente. Nella sua sostanza, la bozza di riforma del MES propone di rivedere la distribuzione degli stessi.

Le ragioni economiche e politiche della proposta di riforma

Nel giugno del 2019 una bozza di riforma dei trattati costitutivi del MES è stata approvata in termini generali dall’eurogruppo. L’approvazione ufficiale, che poi avrebbe comunque dovuto essere legittimata da una ratifica dai vari parlamenti nazionali dei paesi dell’eurozona, era prevista per l’euro summit del dicembre 2019. Ad oggi, rimane non approvata.

Alcune delle principali modifiche proposte riguardano l’utilizzo del fondo salva stati come backstop nel caso in cui il Fondo di Risoluzione Unico dovesse essere insufficiente ad affrontare la crisi di un gruppo bancario significativo della zona euro; una semplificazione nell’erogazione di credito precauzionale; l’introduzione delle clausole di azione collettiva con approvazione a maggioranza unica; lo spostamento di funzioni di monitoraggio e valutazione dalla Commissione Europea al MES. Ciò detto, le modifiche che potrebbero avere l’impatto maggiore sull’Italia e sulla distribuzione dei vantaggi derivanti dall’esistenza del fondo salva stati riguardano l’introduzione di condizioni più stringenti per l’apertura di linee di credito verso i paesi in difficoltà. Le condizioni imporrebbero che il debito dello stato che richiede l’intervento del fondo salva stati sia sostenibile e che ci siano i presupposti affinché il rimborso dei prestiti possa avvenire nei tempi prestabiliti. Nel caso in cui queste condizioni non venissero soddisfatte, un’erogazione di credito da parte del MES sarebbe possibile solamente previa ristrutturazione del debito sovrano.

La motivazione economica di questo punto della proposta di riforma si rifà all’idea che il prestito concesso dal MES debba essere sicuro, ovvero si debbano verificare le condizioni per un rimborso nei termini accordati. Inoltre, l’uso di condizionalità viene proposto per contrastare i rischi legati all’azzardo morale. In sostanza, se fosse possibile accedere a fondi consistenti ad un costo prossimo allo zero, non vi sarebbe nessun incentivo per gli esecutivi dell’eurozona ad attuare una politica di bilancio responsabile, indispensabile in un’unione monetaria.  La motivazione politica, d’altro canto, si presume possa essere legata alla volontà di creare un ulteriore strumento per incentivare i paesi più a rischio ad effettuare le riforme necessarie a stabilizzare le rispettive economie, sistemando i conti pubblici.

Se la bozza di riforma venisse approvata, potrebbe avere notevoli effetti redistributivi. La possibilità che possa verificarsi una ristrutturazione preventiva del debito sovrano, infatti, ridurrebbe i vantaggi derivanti dall’appartenenza al MES dei paesi fragili a favore di quelli più solidi. Molti osservatori lamentano che l’ipotesi di una ristrutturazione preventiva futura possa venire scontata immediatamente dai mercati richiedendo maggiori interessi sui titoli di debito sovrano, evidentemente peggiorando la situazione finanziaria di paesi già particolarmente fragili. Inoltre, nel momento in cui uno stato in difficoltà dovesse rivolgersi al MES, lo spettro della ristrutturazione intimorirebbe i creditori, i quali si affretterebbero a liberarsi dei propri titoli, affossandone il valore. Ciò potrebbe potenzialmente vanificare l’eventuale intervento stesso del fondo salva stati. Se ciò non bastasse, nel caso specifico dell’Italia, il cui debito pubblico è detenuto per il 70% da attori domestici, un’eventuale ristrutturazione equivarrebbe sostanzialmente ad una enorme patrimoniale, che porterebbe a conseguenze drammatiche.

Figura 3: Il debito pubblico detenuto da non-residenti

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D’altro canto, una ristrutturazione preventiva consentirebbe di effettuare un bail-in piuttosto che un bail-out, ovvero di far pagare i creditori invece dei contribuenti, o quantomeno di riequilibrarne le perdite. A tal riguardo, è particolarmente interessante notare che molti degli istituti di credito più esposti al rischio di ristrutturazione preventiva del debito sovrano estero siano residenti nei paesi virtuosi (Figura 4), in completa opposizione alla narrativa secondo cui il MES servirebbe a salvare le banche dei paesi del centro-nord Europa. La proposta di riforma va invece nella direzione contraria e mira al non ripetersi dello scenario che si verificò nel caso della Grecia, nel quale una percentuale rilevante degli aiuti venne indirizzata ai creditori prima che al popolo greco, ovvero ai contribuenti.

Figura 4: Chi detiene i titoli di stato dell’eurozona?

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Fonte: elaborazione MES su dati BCE

Le ragioni dell’utilizzo del MES per far fronte alle sfide imposte dalla pandemia

Nella notte di giovedì 9 Aprile, l’Eurogruppo ha trovato un accordo su un pacchetto di interventi da 1000 miliardi a sostegno delle economie sotto l’ombrello europeo colpite dall’epidemia da COVID-19. Tra le varie misure approvate, viene previsto anche l’intervento del MES a sostegno di chi dovesse richiederne l’intervento, il quale avverrebbe tramite la concessione di una ECCL (Enhanced conditions credit line), ovvero una neo-introdotta linea di credito che può essere utilizzata, per un ammontare massimo equivalente al 2% del PIL della nazione che ne fa richiesta (per l’Italia circa 36 miliardi), per far fronte a spese dirette e indirette legate alla salute pubblica. Rispetto alle normative relative ai prestiti “standard”, le principali differenze riguardano la specificità dei settori nei quali l’utilizzo della liquidità è consentito (salute) e la mancanza di condizionalità. In particolare, non vengono previsti piani di aggiustamento macroeconomico, lasciando dunque piena sovranità sulla politica economica ai paesi che dovessero usufruire di un intervento del MES durane la crisi da coronavirus.

Il fatto che sia stato possibile trovare un accordo condiviso su uno strumento innovativo a sostegno dei paesi più in difficoltà è da giudicare positivamente. Ciò detto, il fondo salva stati non è da solo sufficiente e certamente non è lo strumento adatto a fronteggiare la crisi che stiamo vivendo. Innanzitutto, c’è un problema di ordine di grandezza. In una previsione statica, cioè senza tenere conto delle misure – fiscali e monetarie – che potrebbero essere introdotte in futuro, l’Europa potrebbe perdere il circa il 15% del PIL, mentre il MES ne metterebbe a disposizione solo il 2%. Inoltre, le spese mediche sono facilmente gestibili dai singoli stati – la problematicità sta nella necessità di rapidità di intervento piuttosto che nella dimensione dello stesso – mentre il sostegno all’economia rappresenta il vero punto cruciale. Ciò non bastasse, la richiesta di intervento del MES comporta inevitabilmente uno stigma, il quale potrebbe dare vita a speculazioni, aggravando la posizione di bilancio dei paesi già in grave difficoltà. Infine, nonostante la crisi stia avendo un impatto asimmetrico dovuto alla discrepanza nei fondamentali macroeconomici, l’origine dello shock è simmetrico - come probabilmente l’impatto di medio-lungo termine - e tali dovrebbero essere anche le misure di reazione, mentre il fondo salva stati è stato disegnato per far fronte a shock idiosincratici asimmetrici. Ciò non significa che un suo utilizzo sia da giudicarsi negativamente, ma semplicemente che lo stesso debba essere complementare a nuovi strumenti, progettati per contrastare le nuove sfide che nostro malgrado siamo costretti a fronteggiare.

Conclusione

Il MES è un bene per l’Europa e per l’Italia. La bozza di riforma in discussione all’eurogruppo propone una redistribuzione dei vantaggi che l’esistenza del fondo salva stati genera. La richiesta di maggiori garanzie e tutele va, in linea di principio, nella giusta direzione, ma troppo rigore rischia di essere estremamente controproducente: trovare il punto di equilibro non sarà affatto semplice. L’introduzione di una ECCL per fronteggiare l’emergenza sanitaria è da guardarsi positivamente. Il fatto che un intervento del MES da solo non sia sufficiente ad affrontare la sfida epocale che stiamo vivendo non deve renderlo il capro espiatorio della mancanza di volontà politica nella creazione di strumenti adatti a combattere tale sfida. Serve di più e serve adesso.

[1] PIL 2012-2020. Anche considerando il capitale sottoscritto, questo sarebbe meno dello 0.8%

Immagine: PublicDomainPictures.net

Per approfondire

Martin Sandbu, “Italy emerges as the biggest obstacle to eurozone banking union”, Financial Times, 13 January 2020: https://www.ft.com/content/b9dea3b6-3384-11ea-a329-0bcf87a328f2

Giampaolo Galli, “Il Meccanismo Europeo di Stabilità: funzionamento e prospettive di riforma”, audizione presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei Deputati, 6 novembre 2019: https://www.giampaologalli.it/2019/11/il-meccanismo-europeo-di-stabilita-funzionamento-e-prospettive-di-riforma-audizione-presso-le-commssioni-riunite-v-e-xiv-della-camera-dei-deputati-6-novembre-2019/

Servizio Studi del Senato, XVIII legislatura, “La riforma del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità”, novembre 2019 n. 187, a cura di: D. Zaottini, M. Boschi ha collaborato: L. Lo Prato: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01132368.pdf

DRAFT revised text of the treaty establishing the European Stability Mechanism as agreed by the Eurogroup on 14 June 2019: https://www.consilium.europa.eu/media/39772/revised-esm-treaty-2.pdf

Audizione sul funzionamento del Meccanismo europeo di stabilità e sulle sue prospettive di riforma. Intervento del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, 4 Dicembre 2019: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governatore/integov2019/visco-audizione-4122019.pdf

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