Istituzioni

L’idea di costruire un’unione bancaria nell’eurozona si è concretizzata come risposta alle drammatiche ferite inferte dalla crisi finanziaria del 2009 e dalla crisi del debito sovrano degli anni successivi. A livello progettuale, l’unione bancaria si fonda su tre pilastri: il meccanismo di vigilanza unico (SSM), il meccanismo di risoluzione unico (SRM) e il sistema europeo di garanzia dei depositi (EDIS). Ad oggi, i primi due pilastri sono pienamente funzionanti, mentre sono ancora aperti i negoziati per la costituzione del terzo.

Figura 1. I 3 pilastri dell’Unione bancaria

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Fonte: Consiglio Europeo

Nonostante l’UE abbia prodotto degli atti legislativi riguardo gli schemi di garanzia dei depositi (DGS), questi si limitano a normare il funzionamento degli stessi a livello nazionale.

Nel 2015 la Commissione Europea ha proposto un programma in tre fasi per la creazione di un European Deposit Insurance Scheme (EDIS), a completamento dell’Unione bancaria (Figura 2). Ciononostante, come accennato, la proposta rimane tuttora sul tavolo dei negoziati, e le prospettive riguardo una sua adozione non sembrano particolarmente rosee.

Figura 2. le tre fasi per la creazione dell’EDIS proposte dalla Commissione [1]

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Fonte: Commissione Europea, DG FISMA

Secondo i suoi fautori, la costituzione dell’EDIS porterebbe concreti miglioramenti rispetto allo status quo, rendendo più efficiente e sicuro il meccanismo di assicurazione dei depositi. Il principale beneficio sarebbe legato a un aumento della potenza di fuoco a difesa del sistema bancario in caso di crisi idiosincratiche, raggiungibile senza la necessità di un incremento dei premi che gli intermediari finanziari sono tenuti a pagare ai rispettivi DGS/EDIS. Di conseguenza il sistema bancario sarebbe più stabile a livello aggregato, il rischio di contagio sensibilmente ridotto e la profittabilità delle banche rimarrebbe intaccata. Ciononostante, la proposta della Commissione è tuttora in fase di discussione e, a causa dell’opposizione di alcuni stati membri, un accordo sembra lontano.

Tra le principali ragioni degli oppositori vi sono i rischi di azzardo morale che l’EDIS comporterebbe, ai quali si somma una percezione di diseguale distribuzione del rischio tra gli stati membri dell’unione bancaria. Il timore degli stati con i sistemi bancari più solidi è quello di dover intervenire a sostegno di quelli con i sistemi più fragili in maniera sistematica, a causa di una concentrazione del rischio in questi ultimi, e ritengono dunque il sistema iniquo. Dando uno sguardo ai grafici in basso, l’impressione è che la distribuzione del rischio sia effettivamente disomogenea nell’area euro. Infatti, i paesi che si trovano a dover fare i conti con una percentuale elevata di crediti deteriorati sono gli stessi nei quali il sistema bancario tende a detenere titoli di stato emessi dai propri governi, generalmente particolarmente indebitati, piuttosto che da esecutivi esteri.

Figura 3. la distribuzione dei crediti deteriorati nella zona euro

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Fonte: Fondo Monetario Internazionale (Financial Soundness Indicators), elaborazione dell’autore. I dati sono relativi al 2019. Le percentuali si riferiscono alla proporzione tra crediti deteriorati e crediti lordi, per paese.

Figura 4. il rapporto debito pubblico su PIL

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Fonte: Commissione Europea, AMECO database e elaborazione dell’autore. I dati sono relativi al 2019

Figura 5. chi detiene i titoli di stato?

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Fonte: elaborazione MES su dati BCE

Se da un lato i timori degli oppositori dell’EDIS sembrano dunque essere suffragati da evidenze empiriche, dall’altro i promotori sottolineano che in un sistema di mutualizzazione del rischio i contributi che ogni banca è tenuta a trasferire al fondo comune siano tarati sul rischio individuale. Ciò significa che le banche con profili di rischio più elevato pagherebbero premi più alti, garantendo un sistema equo. Nonostante ciò, i rischi legati all’azzardo morale e al manifestarsi di uno schema di trasferimenti sistematici unidirezionali, per quanto mitigati non possono essere totalmente eliminanti, rendendo fondate le remore degli oppositori. A questo i favorevoli ribattono che l’EDIS sia disegnato proprio per mitigare il rischio aggregato, creando salvagenti condivisi per far fronte a shock idiosincratici. Da un certo punto di vista, è proprio il fatto che il rischio sia concentrato il motivo per cui l’EDIS renderebbe il sistema bancario a livello aggregato più sicuro e stabile. Infatti, se una crisi scoppiasse in uno dei paesi in cui è concentrato il rischio, questa si propagherebbe rapidamente anche verso i paesi più virtuosi e l’EDIS rappresenterebbe un argine al contagio. Dunque, se nel breve termine l'EDIS potrebbe rappresentare un costo per i paesi finanziariamente più stabili, costretti ad intervenire per aiutare i paesi meno virtuosi, nel lungo periodo un sistema bancario europeo più resiliente beneficerebbe tutti. È fuori discussione, in ogni caso, che sia necessario stabilire delle garanzie a tutela degli interessi delle nazioni meno a rischio, almeno nel breve termine.

Considerate le sostanziali divergenze, lo spettro delle soluzioni praticabili è particolarmente ampio e il prodotto finale dovrà necessariamente essere frutto di un compromesso. Le possibilità di riforma spaziano dal semplice consentire l’apertura di linee di credito tra i DGS dei diversi stati membri, a una completa mutualizzazione del rischio a livello europeo, passando per l’ipotesi di un’assicurazione europea complementare ai DGS nazionali. Naturalmente rimangono sul tavolo anche soluzioni intermedie, come la ri-assicurazione e la co-assicurazione, ossia le fasi intermedie della proposta della Commissione.

Tra gli oppositori della prima ora vi è la Germania, la quale da sempre si dichiara scettica riguardo alla costituzione di schemi di mutualizzazione del rischio. Per questo motivo, la recente dichiarazione del ministro delle finanze tedesco Scholz è stata accolta dagli addetti ai lavori come una svolta positiva che potrebbe riaprire i tavoli di dialogo. La posizione tedesca in merito all’EDIS ricalca parzialmente quella di un’assicurazione complementare. L’idea è quella di mantenere i DGS nazionali a cui, in caso di necessità, un fondo europeo fornirebbe liquidità – limitata da tetti prestabiliti – in forma di prestito. In caso di estrema crisi, tuttavia, l’onere del salvataggio rimarrebbe a carico dello stato membro, eventualmente supportato dall’intervento del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Inoltre, l’accesso ai programmi di prestito sarebbe possibile solamente a condizione che tutte le risorse del DGS nazionale siano esaurite e che quest’ultimo abbia ottemperato agli obblighi stabiliti dalla direttiva europea sui DGS. Ciò non bastasse, Berlino richiede un’ulteriore riduzione del volume di crediti deteriorati e un significativo cambiamento nelle regole di supervisione. Riguardo quest’ultima condizione, ad oggi gli strumenti di debito sovrano vengono considerati dal SSM a rischio zero e dunque non viene richiesto agli istituti creditizi di accantonare alcuna forma di capitale aggiuntivo a garanzia di perdite inattese che potrebbero materializzarsi a causa della rischiosità di dei titoli di stato stessi. Scholz chiede dunque che venga rivisto questo aspetto della legislazione europea, con l’obiettivo di imporre alle banche dell’unione bancaria di accrescere il capitale accantonato da utilizzare in caso di necessità e quindi diminuire le probabilità che un intervento complementare dell’assicurazione europea sia necessario.

L’Italia si è opposta alla soluzione tedesca, ribadendo che un simile piano danneggerebbe eccessivamente il sistema bancario dell’area euro. L’opposizione è stata spalleggiata da altri stati dell’Europa meridionale e dalla Francia. La proposta tedesca, infatti, costringerebbe le banche ad accantonare maggiori quantità di capitale, riducendo le possibilità di investimenti produttivi e profittevoli, minando la già particolarmente flebile crescita della zona euro e in particolare del sud Europa. Inoltre, con la proposta di Scholz si materializzerebbe un chiaro disincentivo per il sistema bancario europeo a detenere i titoli di stato più rischiosi, ovvero quelli emessi dagli stati ad alto debito/PIL. Ciò renderebbe più difficile per i relativi governi finanziarsi attraverso l’emissione di debito, trovandosi dunque costretti a concedere maggiori tassi di interesse, peggiorando la propria posizione di bilancio ed eventualmente riducendo le possibilità di manovra a sostegno dell’economia. Maggior debito e minore crescita farebbero aumentare ulteriormente i tassi di interesse, dando il via ad una spirale che potrebbe portare a crisi considerevoli.

Considerata la distanza tra le posizioni di Roma e Berlino, senza il cui compromesso è impossibile pensare che si possa giungere ad un accordo, e l’abisso tra la proposta della Commissione del 2015 e quella recentemente presentata da Scholz, l’unica via effettivamente praticabile, come indicato dalla Commissione già 2 anni fa, sembra essere quella di una progressiva e complementare riduzione e mutualizzazione del rischio.

Conclusione

L’unione bancaria, per quanto incompleta, ha apportato solidi miglioramenti al sistema bancario europeo. L’apertura del governo tedesco alla costituzione una sorta di primordiale EDIS rinvigorisce il processo di integrazione e segna una svolta che potrebbe giocare un ruolo chiave nello sbloccare uno stallo negoziale che persiste ormai da troppo tempo. D’altro canto, la repentina chiusura da parte dell’Italia indica che, per quanto positivamente sia stata accolta la svolta tedesca, la strada da percorrere rimane ancora lunga e piena di ostacoli. La via imboccata, tuttavia, sembra puntare nella giusta direzione.

Immagine: Paris La Défense, Tour Société Générale, Cours Valmy. Crediti: dany13 (flickr.com), CC BY 2.0

[1] Dopo un primo periodo di ri-assicurazione, seguito da 4 anni di co-assicurazione, il progetto è quello di giungere alla costituzione di una assicurazione pienamente europea nel 2024. Nella fase di ri-assicurazione, l'EDIS coprirebbe eventuali deficienze dei DGS nazionali, vincolando tuttavia i trasferimenti a massimali pre-accordati. Nella fase di co-assicurazione, eventuali iniezioni di liquidità sarebbero co-finanziate sia tramite il Fondo di assicurazione dei depositi, cioè l'EDIS, che attraverso i DGS nazionali. Si tratterebbe dunque di una prima concreta mutualizzazione del rischio che, grazie ad un’evoluzione inversamente proporzionale di contributi del sistema bancario a supporto di EDIS e dei DGS nazionali, si pianifica diventi completa nel 2024. Per come è stato pensato, l'EDIS non graverebbe ulteriormente sui bilanci delle banche europee, traslerebbe semplicemente la mutualizzazione del rischio, e dunque il pagamento dei premi assicurativi, dagli stati membri alla zona euro.

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