Intervista a Giovanni Nuti
Il dolore era «Indescrivibile» per Virginia Woolf, «Fedele e discreto come un cane» per Friedrich Nietzsche. Per Alda Merini, invece, il dolore è stato l’oggetto del suo linguaggio e il compagno di un mondo struggente affollato da sbarre e stanze tetre in cui «Gli alberi crescevano a rovescio» e le sedute di elettroshock si alternano alle immersioni forzate nell’acqua gelida. Da quelle indelebili esperienze al limite e da quel malessere costantemente vivo, incastonato profondamente nel suo Io, come una ferita schietta e grondante, Alda Merini ha secreto un flusso di versi velati di cupezza ma anche di gioia inebriante. C’era musica nei sussulti tormentati dell’indimenticabile poetessa milanese scomparsa nove anni fa; una melodia esplicita che danzava su un pentagramma di tonfi crudi e riverberi di leggerezza. Se Rembrandt, van Gogh e Kahlo hanno raccontato la loro esistenza attraverso l’arte del ritratto, Merini ha scelto di narrare con la poesia la sua innocenza, la sua sofferenza e la sua stranezza di donna vissuta in un secolo che ha dato e sottratto, traboccato amore e dolore, infuso pace e generato guerra. Testimone attivo della più autentica essenza di Alda Merini è Giovanni Nuti che della poetessa è stato amico fedele per sedici anni.
Il musicista milanese si emoziona ogni volta che c’è da raccontarla: «Era poesia viva, ha superato la poesia come letteratura, come lettura solitaria. Voleva che i suoi versi fossero cantati, scritti sui muri, per andare in strada ed essere conosciuti e compresi da tutti, dal letterato alle persone incolte». Dal loro consolidato rapporto di amicizia, che si nutriva di purezza e meraviglia, esplose un sodalizio artistico che ha dato forma (e vita) al sublime Accarezzami musica_,_ un cofanetto di sei CD e un DVD contenente tutta la produzione “in musica” di Alda Merini, realizzata proprio insieme a Giovanni Nuti.
Giovanni, soltanto lei avrebbe potuto musicare le poesie di Alda Merini
Lo sosteneva anche Alda. Lo ripeteva spesso, senza mai smettere di meravigliarsi, e quasi con gratitudine, come se il nostro rapporto fosse un dono del destino. Quando nel 1993 decisi di musicare la sua poesia I sandali, mi disse, in maniera piuttosto profetica e senza aver ancora ascoltato niente della mia produzione: «Lei farà successo con le mie poesie».
Effettivamente, così è stato
Sì, ma perché il linguaggio delle poesie di Alda mi ha travolto come un uragano furibondo. Ci sono grandi poeti che non hanno la capacità di toccarti, di entrarti dentro e di abitarti. Alda aveva tutte queste doti, il suo stile è un pugno allo stomaco che ti genera una sfilza di emozioni indescrivibili.
Ascoltandovi e leggendovi, ci si accorge a occhio nudo di essere davanti a un connubio perfetto tra due anime che si contaminano. Non a caso, Alda Merini chiamava il vostro legame matrimonio artistico
Le sue poesie hanno una musicalità intrinseca, ma ci stimolavamo a vicenda, spronati dal voler creare sempre qualcosa di inedito e bello. Tra noi c’era un’empatia unica. Siamo stati due artigiani, due sarti che hanno cucito parole e musica in maniera impeccabile.
Mai nessuna difficoltà?
Mai. Alda diceva che se una cosa ci appare difficile vuol dire che occorre subito cambiare strada. Mi chiedeva spesso come avessi fatto a entrare con naturalezza nella cruda realtà che aveva vissuto e a musicarla. Non è stato difficile, mi creda; ognuno di noi ha un manicomio, un caos, una prigione interiore con cui fare i conti. Ho cercato soltanto di immedesimarmi nella sua storia, vivendola attraverso i suoi racconti, facendomi stimolare e ispirare dal suo dolore.
_Ci fa un esempio?
_
Davanti all’ascolto delle note che ho composto per la sua Albatros, Alda rimase colpita fino a commuoversi, perché era esattamente quello il suono che sentiva in manicomio quando la scrisse; era come se le avessi restituito quella sensazione, a distanza di molti anni. Vede, l’artista ha una sensibilità che va oltre la realtà. Questo lo abbiamo immediatamente capito entrambi. Ecco perché dopo averla incontrata ho voluto lasciare tutto – comprese le collaborazioni importanti che avevo tra le mani – per dedicarmi totalmente a lei. Mi sono accorto che la mia più autentica vocazione era quella di dar musica alle parole di Alda. Senza alcuna smania di apparire.
Si parla sempre del dolore di Alda Merini, ma mai della sua felicità
Aveva attraversato un periodo di grande dolore, si sa, ma nel momento in cui ha iniziato a dedicarsi alla poesia ha avuto grandi vantaggi e innumerevoli soddisfazioni. Non l’ho mai sentita lamentarsi anzi, si sentiva felice e fortunata per aver conosciuto la gloria in vita. Ho incontrato Alda dopo il suo inferno, entrando in contatto con la sua parte felice. Anche se, va detto, il manicomio era un incubo ricorrente. In ogni intervista, per esempio, si tornava sempre all’esperienza in manicomio, se non era il giornalista a chiederlo era lei a intavolare l’argomento.
Era molto amata. Tanti gli amici che hanno voluto renderle omaggio in Accarezzami musica
Avrei voluto organizzare il tutto quando Alda era ancora in vita, ma non ci sono riuscito. Non mi sono arreso, e a distanza di qualche anno ho chiamato a raccolta le grandi eccellenze del teatro, della musica e del cinema – selezionando quelli che amavano gli scritti di Alda e, ovviamente, le mie musiche – per dare vita a questo progetto importante.
Restando fedele al rapporto d’arte instaurato con Alda
Sempre, ma anche a quello spirituale che è decisamente più intenso. Le confesso una cosa: il fatto che Alda non ci sia più nella fisicità non significa che io e lei non continuiamo ad avere un rapporto. La sento, la percepisco, ne riconosco i segni. Ho una corrispondenza ancora attiva con lei. Le ho sempre chiesto di darmi delle indicazioni per far sì che scegliessi le persone più giuste per questo progetto.
Non fatico a crederlo, Alda Merini aveva un carisma molto forte. Era molto massmediatica_. Una volta vista in TV – sempre in uno di quei format in seconda o terza serata, in cui si mostrava, nel caos della sua casa, intenta a suonare il pianoforte e a fumare – ti rimaneva impressa_
Non si creava alcun problema. Era libera. Non era imprigionata negli schemi. Posso raccontarle un aneddoto particolare?
Prego
Pagava le donne di servizio per non farle lavorare. Quando qualcuna di esse andava da lei, Alda le invitava a sedersi comodamente e a raccontarle della propria vita. Non voleva minimamente che le pulissero casa.
L’immagine che molti di noi hanno di Alda Merini è quella di una donna eccessiva, un po’ fanciullina, un po’ punk, un po’ anarchica, un po’ struggente e un po’ ribelle da mostrarsi anche nuda, incurante dell’aspetto ma non della sostanza
Era così, è vero. La sua esistenza è stata un ossimoro, in cui tutto era il contrario di tutto. Quando mi arrivano i suoi messaggi mi accorgo che lei oggi è molto più ironica di prima, vede le cose in maniera più leggera perché nella dimensione in cui si trova non dà alcuna importanza alla forma ma si concentra ancora di più sulla sostanza, e sulla parte spirituale che è eterna e immortale. In una delle nostre ultime conversazioni, quando ancora abitava il suo corpo, mi chiese di divulgare al meglio le nostre opere. Ora mi dà dei messaggi di gioia e di profondo apprezzamento per quel che sto facendo.
Quindi, Alda approva
Sì, e sento che la sua presenza è forte dentro di me. Quando mi esibisco davanti al pubblico, la invito a prepararsi e a entrare in scena, esattamente come facevo quando si concertava insieme. Anche il pubblico percepisce la sua presenza, provando delle sensazioni uniche e speciali.
L’essenza di Alda Merini non si disperderà mai
Alda è immortale come i suoi meravigliosi componimenti poetici. Basta leggere le poesie scritte a 15 anni per accorgersene; parlava d’amore senza averlo conosciuto. Ho fatto tesoro di questa sua “bellezza” e so che non smetterò mai di far arrivare la sua poesia nei cuori delle persone. Di tutte le persone.
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