John Bowlby, di cui fu amico e referente italiano, disse della sua opera: «ha dato un contributo brillante, originale e sostanziale al pensiero contemporaneo sul ruolo dei processi cognitivi nello sviluppo della personalità e della psicopatologia».

Giovanni Liotti era chiamato da tutti Gianni: ci ha lasciato ad aprile nella sua casa romana, debilitato da una malattia che non gli aveva impedito, nell’ultimo anno, di continuare la sua attività professionale con la consueta generosità e premura verso studenti e pazienti.

Gianni Liotti era nato nel 1945 in Libia da umile famiglia siciliana e cresciuto con madre e sorella fino alla maggiore età in quella Tripoli che dalla dominazione italiana era appena passata all’amministrazione inglese. Trasferitosi a Roma per gli studi prima in fisica e poi in medicina, avrebbe conservato per tutta la vita il respiro internazionale, testimoniato dalle numerose esperienze professionali e docenze all’estero e dal suo fondamentale testo in lingua inglese in collaborazione con Vittorio Guidano, Cognitive processes and emotional disorders, longseller del 1983 – premiato come libro dell’anno di psicoterapia – uscito solo ora in versione italiana grazie all’edizione Apertamenteweb, con il titolo Processi cognitivi e disregolazione delle emozioni. Testo definito da Aaron Beck (fondatore dell’approccio classico in psicoterapia cognitiva) come «altamente innovativo e determinante, capace di tenere insieme le intuizioni cliniche e le formulazioni teoriche derivanti dal pensiero di John Bowlby e di molti altri autori».

Proprio con il collega Vittorio Guidano, nel 1973, Liotti aveva fondato – appena ventisettenne – la SITCC, Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva, la più importante società psicoterapeutica italiana, che diresse dal 2000 al 2006. È considerato il fondatore del cognitivismo evoluzionista, orientamento teorico basato sui presupposti dell’epistemologia evolutiva, della teoria dell’attaccamento e dei sistemi motivazionali interpersonali. Liotti fu infatti mirabilmente capace di integrare modelli diversi tra loro, da Piaget a Bandura, applicando i principi della psicoterapia cognitiva all’ottica evoluzionistica della teoria dell’attaccamento, ampliandone lo sguardo ai sistemi motivazionali di accudimento, sessualità, cooperazione e competizione. Considerato tra i massimi esperti mondiali di trauma e dissociazione, redasse per il Dizionario di Medicina Treccani la relativa voce. Altre sue opere rilevanti La dimensione interpersonale della coscienza (Carocci, 1994), Le opere della coscienza. Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista (Cortina, 2001) e con Fabio Monticelli Teoria e clinica dell’alleanza terapeutica. Una prospettiva cognitivo-evoluzionista (Cortina, 2014).

Tra i suoi allievi Antonio Onofri – col quale strinse un rapporto da fratello maggiore – ne rivela l’indole appassionata, che lo portava a infuriarsi per un concetto sbagliato in un articolo o in un convegno, e la profonda conoscenza delle religioni e l’intima fede cattolica, che lo portò a non arricchirsi, spesso donando gratuitamente i suoi servizi alle persone in difficoltà. Liotti gli confidò di aver studiato psichiatria per comprendere cosa accomunasse la totalità degli esseri umani e gli parlò del suo ultimo progetto, un libro sulla Divina Commedia: vedeva il Paradiso come la vetta del funzionamento della coscienza umana.

Insieme a Onofri lo ricordano Michele Procacci, che ne rimarca la meticolosità e gli interessi enciclopedici, dalla matematica all’arte fino alla filosofia, e Tullio Scrimali, nel cui elogio funebre compare la frase di Tucidide ktema es aiei, possesso perenne, a sancire il passaggio di Liotti alla Storia.

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