Quasi un secolo e mezzo e non sentirlo: sono ormai almeno cinque le generazioni di lettori che si sono commossi per quella che da numerosi critici è stata definita una delle più intense storie d’amore della letteratura mondiale. Anche se, più della storia stessa, a colpire ancora l’immaginazione del pubblico è soprattutto la forza di un personaggio femminile che incarna un conflitto senza tempo – quello tra desiderio e dovere, tra espressione della propria individualità e ruolo sociale – e che torna, seppur in forme diverse, anche nella realtà contemporanea.

Il romanzo uscì per la prima volta a puntate sul periodico «Il Messaggero Russo» tra il 1875 e i primi mesi del 1877: e rileggendo i tormenti interiori di Anna e il suo irriducibile dissidio sfociato nel drammatico gesto del suicidio sulle rotaie, vi si riscontra una modernità che giustifica l’intramontabile successo dell’opera di Tolstoj, che «Time» incluse nel 2007 nella classifica dei dieci romanzi più importanti di tutti i tempi.

E giustifica anche il considerevole numero di adattamenti cinematografici che ne sono scaturiti: il primo di cui si abbia notizia risale addirittura al 1911, ed è un muto girato dal cineasta Maurice Maitre con attori della scena teatrale moscovita. Fra le trasposizioni più riuscite vi è senza dubbio quella di Clarence Brown del 1935, con una indimenticabile Greta Garbo nel ruolo della protagonista. Il testimone è stato raccolto, tra le altre, anche da Sophie Marceau, che interpretò la discussa eroina nel 1997 per la regia di Bernard Rose, e poi da Keira Knightley nel 2012, nell’adattamento britannico diretto da Joe Wright, con scene che richiamano quinte teatrali e accurati costumi che nel 2013 valgono alla pellicola un Oscar.

Il contrasto tra l’infelice amore di Anna e Vronskij e la serena storia di Kitty e Levin ha d’altronde ispirato anche numerosi scrittori, che hanno citato, elaborato e riproposto le pagine del capolavoro di Tolstoj nelle loro opere: da Milan Kundera a Daniel Pennac, da Vladimir Nabokov a Murakami Haruki, passando per Muriel Barbery, che nel fortunato romanzo del 2006 L’eleganza del riccio usa Anna Karenina come vero e proprio filo conduttore di un’altra storia senza lieto fine, quella tra la coltissima portinaia parigina Renée e il cineasta giapponese Ozu: anche lì torna il tema principale del romanzo di Tolstoj, che è la sfida alle consuetudini di una società che si fa opprimente campana di vetro, tanto da soffocare l’individuo e le sue aspirazioni.