Sconosciuto ai più, Branwell Brontë (1817-1848), fratello minore delle celeberrime Anne, Charlotte ed Emily Brontë, non ebbe vita facile, né la postuma fu più felice, adombrato – a ragione o a torto – da un mito letterario al femminile che ha pari solo nella così diversa figura di Jane Austen.

Pittore mediocre e probabilmente alcolizzato, “fratello nell’ombra”, Branwell è tradizionalmente trasformato in uno stereotipo da storici, biografi e lettori. Egli condivise però sin dall’infanzia nel vicarage di Haworth, nello Yorkshire, con le sue finestre aperte da un lato sul cimitero, dall’altro sull’aspra brughiera, la viscerale passione delle sorelle per forme letterarie che spaziavano dai cicli epici alla poesia, alla prosa, cimentandosi in ognuna, fiducioso dapprima di un successo che era convinto, come si evince dalle epistole spedite a Coleridge o Wordsworth, non potesse tardare a venire.

In realtà, la sua vita si rivelò ben presto una parabola discendente, segnata da una sorte effettivamente avversa, e di certo poco aiutata dallo straordinario successo riscosso dalle sorelle (che poesie e romanzi, per ironia della sorte, erano state “costrette” dai mores del tempo a pubblicare con pseudonimi maschili).

In Poesie, volumetto azzurro pubblicato da La Vita Felice, Silvio Raffo – già traduttore di Emily Dickinson (Meridiani Mondadori, 1998) e altri grandi nomi della letteratura anglosassone, tra cui appunto le Brontë (Mondadori, 2004) – ha tentato coraggiosamente di restituire al poeta una dignità letteraria, ponendo rimedio a una damnatio memoriae vecchia di oltre centocinquant’anni. In questo nobile tentativo, Raffo ha un illustre precedente in Daphne du Maurier, l’autrice di Rebecca che nel 1960 firmò un’appassionata biografia di Branwell, The Infernal World of Branwell Brontë, passata tuttavia sotto silenzio.

Da una produzione piuttosto diffusa, raccolta a suo tempo da Tom Winnifrith (Oxford, 1983) Raffo seleziona un’antologia che esclude i più giovanili esperimenti favorendo, con ottica più contemporanea, poesie brevi e frammenti. Il risultato è una raccolta del tutto inedita in Italia e di fascino malinconico, dove l’ampia retorica dei versi, di un pathos ancora tutto romantico, è stemperato da istanti di autentica aspirazione. Questo Raffo rende magistralmente nella traduzione che mantiene intatte le rime del testo a fronte.

Assai interessante è il parallelo tratteggiato da Raffo nella sua agile introduzione con le eccellenti figure di “sorelle” dei grandi della letteratura, soprattutto anglosassone. Come loro, ma probabilmente unico caso maschile, Branwell sarebbe “vittima designata” della letteratura, “ombra” di più grandi maestri. Vengono in mente le figure di Dorothy Wordsworth (1771-1855) sorella del celebre poeta e sua amanuense, o di Mary Lamb (1764-1847) nonché, in Italia, Maria “Mariù” Pascoli, gelosa custode delle memorie del fratello Giovanni.

Certo, la produzione poetica delle Brontë non è avvicinabile a quella di Wordsworth o Pascoli, e resta di secondo piano rispetto a quella romanzesca. In effetti, la qualità dei versi branwelliani (A ritroso osservando la mia vita | vedo solo deserti di tempesta) non è poi tanto distante da quella di Anne o Charlotte, improntati a una certa quale prolissità priva della genialità di un Coleridge o di un Lord Tennyson. Non mancano passi più originali, come: “I cannot speak of the feeling strange, | Which showed that vast December sea, | Nor tell whence came that sudden change | From aidless, hopeless mistery; | But somehow it revelaed to me | A life – when things I loved were gone – | Whose solitary liberty | Might suit me wondering tombward on…” Così trasfigurati, sempre in musica, nella traduzione italiana: “Non so dire la strana sensazione | che mi diede quel mare di dicembre, | né quando dalla mia disperazione | si generò quel cambio repentino. | Ma a un tratto vidi la mia nuova vita: | niente di ciò che amavo mi restava – | in solitaria libertà infinita | quieto vagavo a guardia delle tombe.”

Sapientemente scelte e tradotte, le Poesie di Branwell Brontë non segnano la scoperta di un genio nascosto, ma sono senz’altro il miglior contributo apparso finora alla riconsiderazione di un poeta minore di talento.

Patrick Branwell Brontë, Poesie, La Vita Felice, pp. 90, 9 euro, a cura di Silvio Raffo, testo inglese a fronte.

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