Georgia O'Keeffe cercava l’anima americana nei paesaggi desertici, nei fiori, nei crani degli animali, nelle croci.
La madre del modernismo americano per i lunghi sette decenni della sua produzione artistica inseguì l’alito d’America prima a New York, nei grattacieli che mutava in strutture luccicanti e poi sempre di più in solitudine, nella luce speciale, unica, mistica del New Mexico.
Il Sud Ovest per questa figura iconica dell’arte americana del Novecento rappresentava lo spazio infinito dell’emozione e della libertà dove poter catturare le forme di oggetti ordinari della natura che O’Keeffe rendeva astratti, moderni, ideali, perfetti e soprattutto inediti.
O’Keeffe moriva trent’anni fa, l'8 marzo del 1986 e per l’occasione la scrittrice americana Dawn Tripp le dedica un interessante e ben documentato romanzo biografico: A novel of Georgia O’Keeffe.
O’Keeffe è l’io narrante; racconta il suo punto di vista sulla lunga personale storia artistica e umana. Inizia con una O’Keeffe 92enne che ricorda la sua relazione con Alfred Stieglitz.
Esattamente cent’anni fa O’Keeffe inviava al grande fotografo e promotore d’arte americano la serie di carboncini di arte astratta che la resero speciale agli occhi esperti di Stieglitz, uno dei padri della fotografia moderna.
"Finalmente, una donna che si dedica al disegno a carboncino!", esclama Stiegliz vedendo quei disegni astratti. Rimane così folgorato da quegli schizzi che li espone senza neppur preavvisare l’artista.
Se Stiegliz non fosse esistito forse non sarebbe nata nemmeno O’Keeffe, che lo sposerà all’età di trentasei anni e gli vivrà accanto da pari e insieme da protetta. Sarà infatti lui ad aver fede cieca nel suo lavoro e a imporla sul mercato artistico statunitense.
Georgia e Alfred si incontrano l’anno successivo, nel 1917. Lui è famoso, lei sconosciuta e di oltre vent’anni anni più giovane. Iniziano a scriversi l’anno prima, due o tre volte al giorno. Lunghe lettere, anche quaranta  pagine alla volta. Il ricco carteggio racconta tutte le fasi della loro storia d’amore, dall’innamoramento fino al matrimonio avvenuto nel 1924, e poi la vita quotidiana non avulsa dalla fatica e dai problemi di coppia.
Il romanzo biografico si sofferma sul viaggio di O’Keeffe del 1917 alla galleria 291 di Stieglitz a New York. L’incontro è preceduto appunto da mesi di fitta corrispondenza. La scintilla scocca il giorno stesso in cui si vedono per la prima volta. La loro storia d’amore è tumultuosa e piena di passione. Stieglitz lascia la moglie per O’Keeffe. Si innamora perdutamente di lei e crede nella sua grandezza artistica.
O'Keeffe è una delle donne più fotografate del Ventesimo secolo grazie a Stieglitz: è la sua modella.
Famosi e scandalosi per l’America del tempo gli scatti di Stieglitz che ritraggono la O’Keeffe, le sue mani, il viso, il corpo nudo in una combinazione di grazia e forza, le spigolosità ammorbidite da curve generose. La serie di scatti del 1919-20 esposti alle galleria 291 incanta, ma soprattutto scandalizza persino il mondo dell’arte newyorkese, tanto che Stieglitz è costretto a toglierli dal mercato.
Negli anni della maturità O’Keeffe commenta i numerosi ritratti fatti da Stieglitz:“Quando li riguardo (e alcuni sono scatti di sessant'anni anni fa) mi chiedo chi fosse quella persona lì ritratta”, dichiara. “Se la persona nelle foto vivesse nel mondo di oggi, sarebbe sicuramente diversa, ma non importa. Stieglitz l’ha fotografata allora”.
Georgia ama Stieglitz e lo ammira per la sua capacità di scovare e crescere talenti, ma almeno all’inizio manca la sua determinazione a uscire dall’ombra di lui, il suo pigmalione.
Georgia a diritto entra subito a far parte del circolo di Stieglitz assieme ai primi modernisti: i fotografi Paul Strand e Edward Steichen, i pittori Charles Demuth, John Marin e Arthur Dove.
A metà anni Venti è la prima pittrice donna a essere acclamata nel mondo dell’arte newyorkese al pari dei colleghi maschi.
Georgia nasce nel Wisconsin, a Sun Prairie, il 15 novembre 1887, da una famiglia di origine irlandese e in parte ungherese. Impara a disegnare e dipingere all’accademia del Sacro Cuore. Si diploma nel 1904 e si iscrive all’Art Institute di Chicago. Inizia la sua carriera commerciale a Chicago mentre le lezioni d’arte di Arthur Wesley Dow alla Columbia University di New York influenzano i suoi inizi, come dichiara la stessa artista. Le lezioni di Dow, soprattutto quelle sull’arte orientale, l’aiutano a trovare la sua propria voce espressiva. O’Keeffe sviluppa da subito uno stile pulito ed essenziale. Ha uno sguardo nitido sul mondo soprattutto naturale e col pennello ama zoomare sui dettagli, di fiori, rocce, conchiglie, e di architetture austere.
Nel tempo i suoi soggetti acquistano in intensità; vengono attraversati da drammaticità, si tratti di fiori che sfidano la terra arsa dal sole o di carcasse di animali che abitano il deserto.
O’Keeffe trova il gusto della quiete nei paesaggi geomantici del New Mexico, nelle architetture ispaniche anonime e nelle chiese. I crocefissi di legno sparsi qua e là per il deserto sono forme di libertà. Sono immagine di un racconto che disturba; sono un racconto diverso, contrastante con la vita frenetica conosciuta negli anni newyorkesi. Sono microstorie di vita e morte nel deserto espresse con una narrativa innovativa e un cromatismo vivido.
Georgia visita il New Mexico per la prima volta nel 1917, ma è dal 1929 che inizia a passarvi molto del suo tempo per ricercare i suoi colori nelle pietre, la sabbia, le argille. Nel 1945 vi compra una vecchia costruzione di adobe dove si stabilisce definitivamente dopo la morte del marito nel 1946.
Il romanzo riporta sulla pagina il suo mondo interiore e dà grande rilevanza alla storia d’amore con Stieglitz che è imbevuta di desiderio, ambizione, amore e sesso ma anche un’occasione di ricerca di libertà artistica.
Dawn Tripp descrive una O’Keeffee umana, con un numero non indifferente di difetti e per questo convincente.
O’Keeffe vuole essere indipendente e libera e il suo innamoramento fisico con i paesaggi del Sud-Ovest americano è la sua più grande ventata di libertà esistenziale.
Settant’anni fa, nell’aprile del 1946, la O’Keeffe è la prima donna ad avere una retrospettiva al MoMA (Museum of Modern Art) di New York.
Per decenni i critici hanno tirato in ballo Freud osservando i fiori della O’Keeffe. Sostenevano che alludessero alla sessualità femminile quei close-ups così perfetti in luce radente: se si guarda in profondità nello squisito gineceo delle orchidee o delle calle, dove i petali si formano e aprono in tutta la loro sensualità, i fiori continuano a essere semplicemente fiori. Nel 1943 O’Keefe affronta i critici e smentisce quanto sostengono: “Voi fate tutte quelle associazioni, leggete troppo nei miei fiori, scrivete su di loro e dite cosa vedo io. Volete che io veda ciò che voi volete vedere nel mio fiore, mentre io non lo vedo”. Costantemente l’artista si batterà contro quelle interpretazioni freudiane dei suoi fiori. “Quando prendi un mano un fiore e lo osservi veramente, è il tuo mondo, per un momento. Io voglio dare quel mondo a qualcun altro”, dichiara con semplicità O’Keeffe.
O’Keeffe usa i colori fino all’età di 95 anni. Negli ultimi anni è quasi cieca, ma si fa mescolare i colori dai suoi assistenti, anche se è sempre più difficile dipingere veramente come una volta. La vista glielo rende impossibile ma continua a desiderarlo. Alla fine degli anni Ottanta inizia invece a sperimentare con la creta. Scopre la scultura che continuerà a praticare fino all’anno della morte, a 96 anni.
Nella sua lunga vita conosce la paura ma la respinge sempre. Dice: "Sono assolutamente terrorizzata ogni momento della mia vita ma non ho mai permesso alla paura di impedirmi di fare tutto ciò che ho sempre desiderato fare”.
Più di tutto ha desiderato vivere e dipingere come voleva nella vasta armonia della terra che ha catturato la sua immaginazione. A Santa Fe come a Taos è stata felice di isolarsi dal mondo dell’arte newyorkese affollato di relazioni personali complicate e non aliene da obblighi o compromessi. O’Keeffe ha voluto essere libera di vivere in semplicità. Ha rinunciato a una vita elegante circondata però dal calore dagli ispanici e dagli indiani Navaho.
A Santa Fe, il Georgia O'Keeffe Museum custodisce la sua opera, i disegni, i pastelli e anche le sculture.
Quest’estate la Tate Modern di Londra dedicherà una grande retrospettiva a questo gigante dell’arte americana dello scorso secolo che ha influenzato le generazioni di artisti americani a venire.

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