Da oggi negli Stati Uniti non è più possibile brevettare i geni umani. Questo è quello che ha deciso la Corte suprema statunitense con la sentenza del 13 giugno scorso. All’unanimità i giudici hanno stabilito infatti che le sequenze dei geni, così come si trovano nel nostro Dna, sono un prodotto di natura e come tali non possono essere coperti da brevetto e soggetti al monopolio e allo sfruttamento economico di aziende biotech.

La sentenza è arrivata dopo anni di battaglie legali tra la Association for Molecular Pathology e la Myriad Genetics, l’azienda statunitense che fino ad oggi deteneva il brevetto per due geni piuttosto famosi: BRCA1 e BRCA2, gli stessi che tempo fa sono finiti sulle prime pagine dei giornali per la vicenda di Angelina Jolie. Ma questo è solo l’ultimo capitolo di una storia iniziata negli anni ’90, con l’identificazione del gene BRCA1 sul cromosoma 17. Dopo anni di ricerche furono proprio i ricercatori della Myriad (grazie alla collaborazione con i laboratori della Utah University) a clonare il gene e a ottenere il brevetto. E subito dopo è stata la volta di BRCA2.

Dal 1997 la Myriad ha potuto sfruttare il monopolio che le deriva dal brevetto che copre (o sarebbe meglio dire copriva) qualsiasi sequenza con più di 15 basi in comune con quella depositata in banca dati. Tutto questo in un mercato come quello statunitense, dove per anni la Myriad ha potuto fissare a oltre 3000 dollari il prezzo del test diagnostico che consente di individuare i portatori della mutazione associata a un elevato rischio di sviluppare cancro al seno e alle ovaie. Si parla di circa 1 milione di pazienti, le cui sequenze del DNA sono tuttora conservate nei database della Myriad. Un vantaggio tecnologico non da poco se consideriamo che alla base dell’analisi del DNA e dei geni-malattia c’è il confronto tra il maggior numero di sequenze possibili. In pratica un doppio guadagno per l’azienda.

E da qui è partita la battaglia legale della Association for Molecular Pathology.

Dal 2010 in poi si sono susseguite tre sentenze che hanno di volta in volta annullato le decisioni precedenti. Nel 2010 un tribunale di New York ha annullato la validità dei brevetti sui geni e un anno dopo, nel 2011, la Corte d’Appello Federale ha cambiato nuovamente le carte in tavola, fino ad arrivare alla sentenza odierna.

“La decisione della Corte suprema che le scoperte del genoma non possano essere brevettate ha sostanzialmente un valore come principio generale” spiega Paolo Gasparini, genetista medico all’Università degli studi di Trieste e all’IRCCS Burlo Garofolo. “Non tutto è brevettabile e questo ha dei risvolti pratici legati non solo alla vicenda della Myriad Genetics ma per tutto quello che è avvenuto dopo il deposito del loro brevetto e ancor di più per quello che potrà avvenire in futuro” prosegue Gasparini.

La Corte suprema però ha stabilito che i geni modificati e il cDNA (il DNA complementare) possano essere brevettati, così come i metodi di analisi e i kit diagnostici. Una decisione che ridimensiona ma non azzera il valore del brevetto Myriad, che sarebbe in ogni caso scaduto nel 2015. “Il mercato americano è potenzialmente molto interessante dal punto di vista della diagnostica e dei kit che si possono sviluppare, ma tutto il resto del mondo si muove con altre regole, a cominciare dall’Europa” spiega Gasparini. Infatti, come sottolinea anche la European Society of Human Genetics (https://www.eshg.org/141.0.html) anche prima che intervenisse la Corte suprema in Europa si brevettavano i kit e le applicazioni terapeutiche ma non i geni.

“Questa sentenza mette sostanzialmente in linea la situazione americana con quella europea. Il risvolto pratico immediato è però che da oggi le aziende biotech europee e italiane hanno accesso anche al mercato americano che prima era protetto dal brevetto della Myriad” sottolinea ancora Gasparini.

Visto che anche la salute segue le regole del mercato e la legge dei prezzi, questa decisione apre alla concorrenza e alla corsa al ribasso, infatti, già diverse aziende e università, si stanno proponendo per eseguire il test a costi inferiori rispetto a quelli della Myriad. Grazie alla tecnologia i costi per l’analisi dei geni e del genoma si sono ridotti enormemente negli ultimi anni e in futuro forse non parleremo più dell’analisi di singoli geni o di test genetici classici.

“Pare scontato che in un intervallo di circa una decina d’anni, ciascuno potrà avere l’intera mappa del proprio genoma. Oggi analizzare 96 geni correlati a una specifica patologia costa circa 100 euro, mentre l’analisi di un esoma costa 400 euro e l’intero genoma costa qualche migliaio” conclude Gasparini.