Green Book di Peter Farrelly, ispirato a una storia vera, ha vinto l’Oscar più importante, al miglior film, oltre a quelli per la sceneggiatura originale, di Nick Vallelonga, Brian Currie e lo stesso Farrelly, e all’attore non protagonista Mahershala Ali, nella parte di Don Shirley, il sofisticato afroamericano e geniale pianista che, negli anni Sessanta, attraversa l’America dell’apartheid per sostenere un tour difficile, nei teatri e nei salotti bianchi e razzisti del Sud, accompagnato da Tony Lip (Viggo Mortensen, candidato al miglior attore protagonista), il suo autista italoamericano, in un rovesciamento razziale di ruoli che è già in sé molto mal giudicato. Il film racconta appunto la storia dell’amicizia improbabile che nasce nel corso del viaggio tra Don Shirley, freddo, aristocratico nei modi e coltissimo, e Tony Lip, cialtronesco, mangione, logorroico personaggio che si esprime, in una serie di buffe sgrammaticature, nel tipico idioma incolto e volgare degli italoamericani: benché forse troppo stereotipata l’immagine dell’italiano, le dinamiche relazionali che si creano tra i due, pur in un contesto molto drammatico, sono spiritose, e il film raggiunge un buon equilibrio tra dramma e leggerezza.

A Roma di Alfonso Cuarón, che aveva il maggior numero di candidature ed era stato già premiato a Venezia con il Leone d’Oro, sono andati gli Oscar per la regia, il film straniero e la fotografia. È un’opera molto preziosa e ricercata, sin dalla scelta del bianco e nero, curata esteticamente in ogni più minimo dettaglio, che racconta anch’essa di un legame affettivo particolare, tra una giovanissima domestica di origine india e la padrona di casa con i suoi numerosi figli: ambientata a Città del Messico nel 1971, durante dunque le rivolte studentesche e i massacri polizieschi che ne seguirono, si svolge però quasi tutta all’interno della casa, una splendida casa padronale nel quartiere borghese Roma, e nel lento svilupparsi delle vicende quotidiane, nella ripetitività dei gesti, nei contrasti tra povertà e ricchezza, racconta una storia di solidarietà femminile in una realtà violenta e terribilmente machista.

Olivia Colman per La favorita ha vinto il premio come miglior attrice protagonista, nel ruolo dolente della regina Anna Stuart, dopo la morte del marito Giorgio di Danimarca: malatissima e sofferente, gravata da un potere e da responsabilità troppo grandi, cerca conforto nella relazione amorosa dapprima con Sarah Churchill (Rachel Weisz), la duchessa di Marlborough, sua consigliera, e poi con Abigail Masham (Emma Stone), la sua lady of the bedchamber, dalle quali è manipolata in forma spietata; l’attrice ha saputo magistralmente rappresentare la contraddizione tra il suo smarrimento, la sua solitudine e le sue sofferenze fisiche e mentali e l’autorità dispotica derivante dalla sua magnificenza.

Rami Malek con Bohemian Rhapsody ha ottenuto invece il premio come attore protagonista per l’interpretazione di Freddie Mercury, un ruolo difficile, sia per il mito che accompagna la figura del leader dei Queen, sia per l’eccezionale carisma che egli in vita ebbe realmente, e la sua straordinaria fisicità, che hanno richiesto doti mimetiche sensibili. Il film di Bryan Singer ha ottenuto anche l’Oscar per il montaggio di John Ottman, per il suono di Paul Massey, Tim Cavagin e John Casali, e per il montaggio sonoro di John Warhurst.

Regina King si è aggiudicata invece l’Oscar per l’attrice non protagonista per Se la strada potesse parlare, un’altra storia di razzismo.

Spider-Man: un nuovo universo di Bob Persichetti, Peter Ramsey, Rodney Rothman, ha vinto invece l’Oscar per il film d’animazione: rivoluzionario negli effetti visivi, a tratti psichedelici, riuscitissimo nella scelta dell’incontro dei diversi personaggi Marvel, provenienti da universi paralleli e completamente eterogenei tra loro per storia, grafica, spirito, estetica, è una storia iniziatica adolescenziale in un contesto sociale marginale, in cui l’esile e insicuro protagonista è un ragazzino afroamericano che deve imparare ad affrontare l’usuale conflitto tra il Bene e il Male al centro di ogni storia di supereroi.

A Black Panther di Ryan Kyle Coogler, ancora della Marvel, che è stato il primo film di supereroi candidato a miglior film, è andato invece l’Oscar per la colonna sonora di Ludwig Göransson. Altri Oscar sono stati a Shallow come miglior canzone, di Lady Gaga, Mark Ronson, Anthony Rossomando, Andrew Wyatt e Benjamin Rice, in A Star Is Born; a BlacKkKlansman per la sceneggiatura non originale di Charlie Wachtel, David Rabinowitz, Kevin Willmott, Spike Lee; per gli effetti visivi a First man; come miglior cortometraggio a Skin di Guy Nattiv; come miglior documentario corto a Period. End of sentence di Rayka Zehtabchi e Melissa Berton; e come corto animato a Bao di Domee Shi e Becky Neiman-Cobb.

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