Era il 1997 e Bob Franklin, professore di giornalismo e autore di numerosi saggi scriveva: “le priorità del giornalismo sono cambiate. L’intrattenimento ha sostituito il flusso delle informazioni, gli interessi privati hanno soppiantato il pubblico interesse, i giudizi misurati hanno ceduto al sensazionalismo, la banalità ha trionfato sulla complessità, le relazioni intime tra le celebrità delle soap-opera, del mondo dello sport o della famiglia reale, suscitano maggior interesse dei report su questioni significative ed eventi di portata internazionale. Il valore delle notizie tradizionali è stato minato dai nuovi valori; l’infotainment è rampante.”

Infotainment, crasi anglosassone tra Information e Entertainment, indica i format o le rubriche televisive che coniugano il giornalismo con l’attrattività tipica dello spettacolo. Il concetto base del successo dell’infotainment è la capacità di tenere alta l’attenzione su fatti di cronaca, di cultura, scienza utilizzando codici contaminati. Così, temi anche complessi e di non immediata comprensione arrivano al pubblico con una narrazione semplificata.

La differenza tra Infotainment e programmi divulgativi è però netta per obiettivi e, conseguentemente per forma e linguaggio: l'Infotainment mira ad un alto audience attraverso un coinvolgimento emotivo del pubblico; la divulgazione ha per obiettivo la diffusione di conoscenza e muove dal rispetto del rigore scientifico.

In Italia, i primi vent’anni dell’esperienza televisiva, sono dominati dalla Rai. Emittente pubblica ed unica, con finalità pedagogiche. Alla fine degli anni 70, con l’avvento della tv a colori e poi della tv commerciale, assistiamo al passaggio dalla paleotelevisione alla c.d neotelevisione. Il telespettatore smette di essere il terminale di una funzione propriamente divulgativa e pedagogica. E viene ora considerato come un consumatore, con i suoi bisogni e le sue ambizioni. La neotelevisione commerciale alimenta progetti, placa paure, proietta sul piccolo schermo i sogni dell’utente medio, che finalmente si sente protagonista nella relazione col medium. Il telespettatore è così celebrato nella sua normalità. Ma il contenuto televisivo è funzionale ad una unica necessità: vendere spettatori agli inserzionisti. Questa è la “ragione sociale” della neotelevisione commerciale. Così, i generi si sovrappongono, la realtà si intreccia alla fantasia, l’informazione all’intrattenimento. Il prodotto finale è ispirato al target pubblicitario di destinazione. Nella dimensione televisiva commerciale, lo spettatore si riconosce parte di una comunità, detentore di una quota del grande mercato dei consumi di massa, portatore di valori e identità.

Negli anni a seguire, la commistione di linguaggio alto e basso nel prodotto televisivo aumenta. Come scriveva Alberto Arbasino, “peccato solo che ‘divertimento’ in italiano sia una parola sospetta, che odori tanto di avanspettacolo. Andrebbe usata in senso più alto, più esteso. Come ‘entertainment’, ma ancora più nobile. Fino a comprendere Mozart, Orazio, le Alpi”.

Così, senza innalzarsi alle Alpi, l’infotainment italiano ospita impegno civile e pettegolezzo, politica e spettacolo. Contaminato, ma sempre più un genere narrativo originale. Nel quale, i codici dell’entertainment prendono il posto del monologo giornalistico tipico dei telegiornali, vocati alla pura informazione. Questa narrazione spinge sulle note emotive delle storie, spettacolarizzando la notizia con tecniche specifiche. Ne deriva una comunicazione che assomiglia più ad una conversazione, in qualche caso ad una rappresentazione teatrale. E il conduttore finisce per assumere un ruolo centrale, non solo nella esposizione ma anche nella rappresentazione della notizia.

Ma l’infotainment può anche essere uno spazio limitato di un programma di intrattenimento, che nel corso della sua lunga narrazione ospita personaggi di rilievo del mondo della politica o dell’economia.  Utilizzando il linguaggio proprio del giornalismo (entertation)

Di fatto, il sottogenere i___nfotainment,_ nel tempo si è ampliato a tal punto da caratterizzare programmi completamente diversi.

Sempre nel caso italiano, secondo la ripartizione di Mazzoleni e Sfardini (Politica pop, 2009) ritroviamo: Infotainment 1.0, i programmi di prima generazione, quelli che per la prima volta hanno seguito il filone della drammatizzazione delle notizie, primi fra tutti i rotocalchi e tv magazine come “Verissimo” o “La vita in diretta”; Infotainment 2.0 , i talk show politici dove le regole della tribuna politica hanno lasciato il passo ad un narrazione con buoni e cattivi, con vincitori e vinti (Annozero, Ballarò) ma anche programmi di satira con finalità informative (Le iene, Striscia la notizia); _Infotainment 3._0, i programmi di intrattenimento in cui le notizie vengono espresse con i ritmi e gli sketch del varietà  (Maurizio Crozza Show, Copertina di Ballarò, Chiambretti Night).

Negli anni, grazie al suo successo, il genere è diventato una formula praticamente egemonica nel panorama giornalistico. Non senza opportunità per il settore, corredate da numerosi rischi. Nonostante il più che comprovato rischio che la spettacolarizzazione sopravanzi l’obiettività e la verità dei fatti, alcuni studiosi osservano che questo genere informativo arriva a quelle fasce di popolazione che normalmente non frequentano i canali tradizionali del giornalismo e dell’informazione.

Sul fronte delle critiche, le più dure sostanzialmente riflettono la stessa posizione: l’infotainment non è politicamente asettico ma, al contrario, rafforza nel pubblico atteggiamenti di disimpegno e disaffezione e avversione nei confronti della politica.

Ma occorre ammettere la possibilità di ben altre insidie, che solo il controllo giornalistico può evitare. In epoca di fake news, è quanto mai importante che programmi di infotainment non cedano sul fronte della verifica delle fonti. Anche la verifica dell’affidabilità degli ospiti deve essere rigorosa, per non lasciare un podio ambito a mistificatori e disinformatori interessati. Solo così il racconto leggero dell’infotainment può assicurare una informazione di qualità.

* giornalista

** giornalista

Immagine: Mirino per videocamera - registrazione in studio TV - messa a fuoco sulla fotocamera. Crediti: IxMaster / Shutterstock.com

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