Promesso in estate, rinviato a settembre, alla fine è uscito all'inizio di ottobre: l'ultimo lavoro dei Muse ha fatto temere un ulteriore passo falso dopo “The Resistance”, il debole cd precedente. Il timore era già nel suo antipasto: l'inno ufficiale delle Olimpiadi, “Survival” (per il video ufficiale dei Giochi). Del resto, come non capire gli organizzatori: se si voleva un pezzo epico come non chiederlo a Bellamy & Co.? E se da un lato non tradiva le attese in quanto a epicità, dall'altro presentava un'inaspettata innovazione negli dubstep, con le forti linee di basso. Ma attese ripagate e sorpresa regalata non riuscivano a cancellare quei cori sopra le righe, una certa irregolarità e un testo decisamente poco ispirato allo spirito decoubertiniano: altro che partecipazione, bisogna partecipare per vincere, e poi, magari, generosamente, mantenendo l'andatura, si può dare forza a tutta l'umanità! Roba da far impallidire anche “We are the champions” in cui non era “tempo di perdenti”. E ancora: il bassista Chris Wolstenholme finalmente appare anche come compositore: “Save me” e “Liquid State” (nessun video presente al momento riesce ad avere una decente sonorità) sono i due pezzi in cui racconta come ha sconfitto la bottiglia. Ma il suo stato di salute e di sobrietà non ci regala granché, se non, naturalmente, un piccolo sollievo per le prospettive del gruppo. Ma che i nostri si siano distratti dagli incubi di Matt Bellamy circa le ipotesi più catastrofiche a cui siamo destinati come umanità? Niente affatto. Ecco che il cd si chiude con “The Second Law”, con due parti interessanti, “Unsustainable” e “Isolated system”, ma slegate tra loro. Gli annunci letti durante lo scorrere delle note ci parlano dell'entropia dettata dalla seconda legge della termodinamica, con il suo carattere inappellabile d’irreversibilità. Le limitate risorse e la crescita smisurata che condurranno alla catastrofe sono tradotte, nei due video, dalla frenesia del mondo della borsa a cui segue la corsa di ragazzi inseguiti dalla distruzione del mondo circostante. Una ragazza, dopo essere rimasta senza fiato, decide di invertire la marcia e correre incontro al progressivo “nulla” che sta avanzando. Però, a leggere alcuni giudizi su questo lavoro, si è quasi più catastrofici di Matt Bellamy. Se quel “qualcosa di radicalmente nuovo”, promesso dai tre, non è stato un impegno interamente mantenuto, se i pezzi si susseguono in modo irregolare non rispettando la tipica modalità da “concept”, se c’è qualche cedimento pop in più rispetto allo standard “Muse”, qualcosa di nuovo c’è pur non rinunciando a uno stile riconoscibile. Il pezzo d’apertura, pensato per candidarsi ad apripista dell'ultima impresa di Bond-Craig, “Skyfall”, “Supremacy”: un notevole pezzo d’apertura che non rinuncia al marchio di fabbrica della ditta, con toni bassi che aprono le danze, e una parte successiva che viene trattata da tipico motivo che accompagna le imprese della spia più longeva al mondo. A Bond, Bellamy affida la missione di sconfiggere la supremazia di chi sta facendo il lavaggio del cervello a mezzo mondo. Insolito e notevole è l’adattamento del gruppo a un ritmo funky, molto ritmato e decisamente divertente “Panic station”. Alcune recensioni assegnano a “Madness” un’eco da Queen, mentre sembra uscita da una costola pop degli U2, richiamati, a mio avviso, per altre coordinate musicali, come nella chitarra in “Big Freeze”, un pezzo che, parentele a parte, entra in testa con facilità sorprendente, sul solco di altri motivi dei “Muse”. I complotti mondiali restano, e anche una vena di follia, come ammette lo stesso Bellamy (“una certa pazzia mi sta ingoiando” in “Madness”), ma emergono anche spicchi di sentimenti privati (“Madness” e “Follow me”) e si offre una visione critica di banchieri, finanzieri, grandi corporations. Non sono proprio gli stessi di “Absolution”, ma si sono ripresi dalla caduta di “The Resistance”.

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