Un evento unico, emozioni irripetibili, quello che si può definire un miracolo. Il maestro Riccardo Muti, uomo del Sud e grandissimo direttore d’orchestra, orgoglio italiano, è riuscito a unire in due concerti senza precedenti l’Iran e l’Italia. Mesi di preparativi e di trattative, grande determinazione e diplomazia all’opera perché ciò accadesse. Ma il 6 luglio il miracolo si è compiuto e Riccardo Muti ha rapito ed emozionato il pubblico iraniano e non, al Vahdat Hall di Teheran; la sua massa orchestrale era composta da musicisti italiani provenienti dalle più grandi orchestre: c’erano il primo violino e il primo violoncello della Scala di Milano, insieme all’Orchestra e al Coro Sinfonico di Teheran. Un altro maestro, questa volta iraniano, Shahrdad Rohani, ha gioito in prima fila e dietro le quinte perché i suoi giovani musicisti hanno realizzato il sogno di suonare con il maestro italiano.

Verdi è sbarcato a Teheran con I Vespri siciliani, Don Carlo, Simon Boccanegra, il travolgente Macbeth, per concludere con la sinfonia da La forza del destino. Verdi e Muti sono stati i protagonisti di una serata che non è esagerato definire magica; tra il pubblico istituzioni, ambasciatori, musicisti, artisti e tanti giovani.

Tanti gli sponsor istituzionali e non, e grandi l’impegno e la partecipazione delle istituzioni iraniane e italiane. Lo stesso tricolore unisce le due bandiere, antichi legami uniscono queste due grandi civiltà. L’Italia e l’Iran in questi anni hanno lavorato per rendere sempre più forti la collaborazione e le sintonie eredi di rapporti antichi e solidi, che si sono sempre rinnovati.

Ma l’emozione e gli applausi sono i veri protagonisti di questi due straordinari eventi, quello di Teheran e quello dell’8 luglio di Ravenna. Nel teatro Vahdat, culla della musica di Teheran, palchi e platea incantati da un concerto che verrà ricordato nelle pagine dei libri di storia e che ieri è stato citato anche dal portavoce del ministro degli Esteri iraniano, Bahram Ghasemi, come esempio di quanto la cultura sia importante. I giovani musicisti hanno dichiarato che «suonare con Muti era il sogno della loro vita». Un sogno realizzato e tanti i complimenti ricevuti dal maestro per aver suonato e cantato benissimo.

E poi il concerto di Ravenna , il ventesimo dell’iniziativa Le vie dell’Amicizia, organizzato nell’ambito del Ravenna Festival, che ha portato il grande direttore a suonare a Sarajevo, Damasco, Beirut e in molte altre città e luoghi simbolo. Il Pala De Andrè strapieno, più di 4000 persone, che hanno potuto ascoltare e applaudire un concerto gemello di quello di Teheran. Tanta attesa, tanta emozione prima e dopo, le esecuzioni commoventi dei due inni nazionali, gli sguardi felici e al tempo stesso tesi per i musicisti iraniani, un palpabile filo che univa tutti grazie alla grande conduzione di Riccardo Muti.

«Questo concerto è un ponte tra Oriente e Occidente, l’idea di unire popoli diversi  attraverso il linguaggio spirituale della musica», una delle frasi usate dal maestro per spiegare lo spirito della sua iniziativa. Ma va oltre e, a colloquio con il viceministro della cultura iraniana, Ali Moradkhani, parla di musica, quella tradizionale iraniana e quella del Sud dell’Europa e dell’Italia, simili e vicine, con la sua convinzione che la musica orientale possa dare linfa vitale e nuove sonorità alla musica contemporanea occidentale. Braccia aperte a molte altre collaborazioni, parlando di musica, arte, cultura.

Dopo il concerto, una cena offerta dal Ravenna Festival, un breve omaggio musicale ai due Paesi con due musicisti contemporanei, un ricordo per ognuno dei cento musicisti e coristi iraniani premiati dal sovrintendente della Ravenna Manifestazioni Antonio De Rosa, anima e motore di questa iniziativa, e, come accade oramai nel nuovo millennio, insieme agli autografi tanti selfie per ricordare il momento. Un grande contributo al successo di questa e di tutte le altre precedenti Vie dell’Amicizia va all’entusiasmo e  all’energia positiva di Cristina Mazzavillani Muti, il suo amore per il maestro sembra muoversi all’unisono  con quello per la musica e per la pace.

Riccardo Muti si può definire un ambasciatore di pace e di cultura e attraverso concerti come questi si ha la prova tangibile che è possibile superare anche le barriere invisibili. La diplomazia della cultura vince e vincerà sempre!