Quando, nel febbraio scorso, il World Press Photo presentò le immagini vincitrici per l'anno 2012 la rivolta fu planetaria. La scelta stilistica del concorso foto giornalistico più prestigioso del mondo fu discussa su diverse testate tra le quali New Your Times, The Verge, associazioni di categoria,

come la National Press Photographers Association degli Stati Uniti e causò malumori confessati in tutti i social network.
L'infrazione al divieto di post produzione delle fotografie di contenuto giornalistico, in quanto documenti, aveva ricevuto il massimo riconoscimento, la confusione era totale. Ci si chiese perché un'immagine, soprattutto quando atroce, dovrebbe essere abbellita, che senso abbia tingere i cieli come se un monito divino indicasse il dolore. Se l'estetica prevale sui contenuti, a cosa era servito il martirio delle piccole vittime? Su questo il regolamento non era stato sufficientemente chiaro. In effetti, molti si domandarono perché mai Paul Hansen, autore della foto vincitrice, avesse sentito il bisogno di trasformare una foto di per sé già così drammaticamente bella. Il problema aprì un confronto sull'appiattimento degli stili, che spersonalizza gli autori costretti a compiacere per non soccombere. In quei mesi pareva quasi che sul mondo fosse sceso un velo cianotico-verdiano, desaturato, che donava alle immagini la stessa atmosfera ovunque e in qualsiasi situazione. Una pratica insidiosa di gradazione del colore che da tempo aveva colpito anche il cinema in digitale, restituendo in molti film una tavolozza monotona di plumbeo grigio verde e arancione mattonato.
La foto dei due bambini cadaveri, portati in corteo nello stretto vicolo, fu probabilmente trasformata per l'occasione, in modo da risultare piacevole ad una giuria composta principalmente da photo editor di grandi redazioni, che già da tempo proprio quello stile proponevano sui loro tabloid.
Le informazioni contenute restavano inalterate, i bambini erano realmente stati colpiti da un bombardamento e i parenti gridavano l'orrore senza simulazione, ma la percezione forzata dalla colorazione artificiale risultava diversa, forse più distaccata.
Il dolore diventa quadro, la fotografia arte, l'informazione un concorso e l'orrore si ammansita. Processo creativo? I premi confermano e, a loro volta, fanno tendenza: quando si avalla uno standard lo stesso diviene scuola perdendosi e uniformandosi nella copia della copia. A seguito delle accuse di falsificazione contro Paul Hansen, l'organizzazione aveva chiesto ad un gruppo di analisti forensi di analizzare l'immagine affinché fosse stabilito, ora e per sempre, che non era stata manipolata digitalmente. Il risultato fu che il file aveva attraversato "una discreta quantità di post-produzione: alcune aree erano state schiarite altre rese più scure". Nel giornalismo, le regole del gioco dettate sono precise. Le foto destinate all'informazione, distribuite dalle grandi agenzie di stampa, non possono essere ritoccate. Nessun elemento rimosso, né artifici che modifichino la foto-notizia, pena il licenziamento dell'autore poiché si deve garantire la credibilità della fonte. Cavilli tecnici, la presupposta oggettività della fotografia è una chimera. Una foto non può essere del tutto sincera, poiché la realtà viene rappresentata per come l'autore decide di riprodurla. Un fotografo esperto sa che usando una particolare temperatura colore, una coppia di flash, un obiettivo piuttosto di un altro o una diversa diaframmatura, ottiene a priori un'immagine surreale suggerendo la sua personale verità senza sforzo. Se un domani inventassero un sensore in grado di reggere una gamma dinamica di 20 diaframmi, grazie al quale ottenere senza photoshop un risultato come quello voluto da Hansen, la foto vincitrice risulterebbe non modificata quindi legittima. Una foto che rappresenti una notizia può, di conseguenza, essere ritoccata solo prima impostando la macchina o è possibile effettuare delle modifiche anche dopo aver premuto sullo scatto?
Nel dubbio e in attesa che l'evoluzione tecnologica lo rimetta in discussione, il WPP ha annunciato in questi giorni di aver modificato il regolamento in vista del prossimo concorso, definendo le regole riguardanti "i livelli ammissibili nella fase di post-elaborazione dei file di immagini". Michiel Munneke, amministratore delegato del World Press Photo, spiega: "Abbiamo valutato regole e protocolli del concorso e studiato una maggiore trasparenza, cambiando le procedure per l'esame dei file prima della chiusura del concorso. Annunceremo ulteriori dettagli al lancio dell'edizione del 2014 del Photo Contest, le cui iscrizioni potranno pervenire entro la fine dell'anno. In linea generale, sarà necessario poter contare sull'integrità e la professionalità dei fotografi partecipanti." Knight, presidente di giuria del WPP 2014 ha aggiunto: “Il concorso si evolve ogni anno e cerca di adattarsi ai rapidi cambiamenti del panorama dei media. Quel che costituisce il giornalismo e cosa sia diventata una fotografia è una definizione che ha subito grande trasformazione da quando il premio è stato istituito." Eppure la domanda di tutti era: una foto che ritragga i corpi martoriati di due bambini, che contiene già nella sua drammatica composizione tutte le informazioni necessarie, perché mai deve rifarsi il trucco?