La rappresentazione umana nella fotografia di strada è al centro del concorso fotografico Premio Mario Carbone promosso dall’associazione Movendo Lux e dall’amministrazione comunale di San Sosti, in provincia di Cosenza. Il tema prescelto, una delle caratteristiche fondanti della fotografia di Mario Carbone, testimonia del senso di vicinanza dell’artista verso i soggetti delle sue opere. Vicinanza intesa come capacità di cogliere gli aspetti meno visibili dei loro sentimenti e delle loro condizioni di vita. Capacità di raccontare la loro storia con passione, ma senza oltrepassare quella sottile linea oltre la quale vige il rispetto per le persone e per loro sfera privata. Un vero insegnamento in tempi di social.

Il concorso, vero e proprio must per gli esperti e gli appassionati del settore e appuntamento da non perdere per gli amanti della cultura, è aperto a tutti i cittadini dell’Unione Europea. Le iscrizioni terminano il 30 settembre 2018, mentre la cerimonia di premiazione dei vincitori, con la partecipazione del maestro e di numerosi esponenti del mondo della cultura, della politica e della fotografia, si terrà il 4 novembre 2018 nella sala convegni della clinica San Giuseppe, incastonata nella incantevole località Pettoruto di San Sosti, piccolo Comune del cosentino, porta d’accesso al Parco nazionale del Pollino dove, 94 anni fa, Carbone ebbe i natali. Le opere ritenute idonee saranno esposte al pubblico in una mostra allestita sul posto.

Ma chi è Mario Carbone? Il sito dell’archivio Mario Carbone ci ricorda gli inizi della passione del giovane Mario per la fotografia, arte a cui si avvicina svolgendo un lungo apprendistato prima in Calabria e poi a Milano, dove lavora nello studio di Elio Luxardo e, dopo una breve esperienza come fotografo di scena nel film I pompieri di Viggiù di Mario Mattoli del 1949, a Roma, dove si trasferisce per iniziare la sua attività cinematografica come operatore, direttore della fotografia e regista di documentari. Per molti anni continua a collaborare con altri registi di ‘non fiction’, fra cui Libero Bizzarri, Romano Scavolini e Raffaele Andreassi. Per quest’ultimo cura la fotografia de I vecchi (1959), conquistando così il suo primo Nastro d’Argento.

Con la sua cinepresa Carbone decide di filmare le manifestazioni politiche e sociali «un’attività quasi volontaria – si legge nelle pagine dell’archivio – che prosegue per tutti gli anni Sessanta anche grazie al rapporto con la Unitelefilm, la società di produzione promossa dal Partito Comunista Italiano. Racconta così le lotte operaie, l’occupazione delle terre a Melissa, in Calabria, la condizione del lavoro contadino, la rivolta degli studenti alla Facoltà di architettura di Roma nel 1968. Oltre che per i documentari di impronta neorealistica, Carbone si fa notare per il linguaggio moderno, da inchiesta giornalistica, dei suoi corti, che affrontano varie tematiche sociali: handicap e malattia, barriere architettoniche urbane, conflitti generazionali e nuove mode giovanili».

Nel 1960 Carlo Levi gli chiede di accompagnarlo in un viaggio in Basilicata per documentare i luoghi del suo Cristo si è fermato a Eboli. Carbone ne trae circa quattrocento foto, alcune delle quali verranno poi raccolte nel libro Viaggio in Lucania con Levi (1980) e nel documentario dedicato allo scrittore-pittore, Omaggio a Carlo Levi (1983). Nello stesso anno Mario sceglie Franco Angeli, uno degli artisti della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo, con il quale all’epoca Carbone divide lo studio, come soggetto e protagonista del suo primo cortometraggio: Inquietudine. E proprio grazie a questo a lavoro di docu-fiction, Cesare Zavattini lo invita a collaborare, in qualità di operatore e regista, al film-inchiesta a più mani, I misteri di Roma (1963), in cui quindici giovani autori raccontano la vita di una città travolta dall’esplosione demografica e dal boom economico.

Nel 1964 Carbone vince il suo secondo Nastro d’Argento con un documentario sull’abbandono delle terre feudali da parte della nobiltà calabrese (Stemmati di Calabria). Nel 1967 conquista il Leone d’argento alla Biennale di Venezia con Firenze, novembre 1966, folgorante testimonianza in bianco e nero sulla drammatica alluvione, con testi di Vasco Pratolini recitati da Giorgio Albertazzi.

Moltissimi i documentari dedicati agli artisti che Carbone frequenta (Renzo Vespignani, Antonietta Raphaël Mafai, Titina Maselli, Tano Festa) grazie anche all’impegno di sua moglie, Elisa Magri (scomparsa recentemente), che fra gli anni Sessanta e Settanta dirige la galleria d’arte Ciak. Nel corso degli anni Novanta, quando ormai l’elettronica sostituisce definitivamente il cinema documentario, Carbone è costretto a chiudere la sua casa di produzione e a disfarsi delle sue preziose macchine da presa e moviole.

Anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le ricerche e gli eventi espositivi legati al lavoro di Carbone, molto resta ancora da fare affinché il suo straordinario archivio foto-cinematografico, frutto di decenni di attività, possa essere adeguatamente valorizzato e salvato dal rischio di andare perduto o di cadere nell’oblio. Per scongiurarlo occorre diffondere la conoscenza dei suoi lavori, garantendo la conservazione e la tutela dell’eredità delle sue opere d’arte. Considerando che al giorno d’oggi le risorse di informazione ed espressione creativa vengono sempre più prodotte, distribuite e rese accessibili in forma digitale, si potrebbe istituire, per questa via, un nuovo lascito: il patrimonio digitale di Mario Carbone, nella consapevolezza che l’accesso a tale patrimonio amplierebbe le opportunità di creazione, comunicazione e condivisione di conoscenza dei beni tra le generazioni attuali e quelle future.

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