Il Museo archeologico nazionale di Aquileia ospita fino al 3 ottobre la mostra Volti di Palmira ad Aquileia: sono esposti materiali preziosi, come ritratti, epigrafi e mosaici, provenienti dall’antica città romana, che l’Isis voleva cancellare e che ora torna a splendere ad Aquileia.
L’esposizione, a cura di Marta Novello e Cristiano Tiussi, ha un forte valore simbolico oltre che una notevole importanza culturale: le atrocità e i crimini commessi dall’Isis contro il patrimonio culturale di Palmira e delle altre città simbolo della Siria e dell’Iraq, come Ninive, Hatra, Mosul e il suo museo - senza dimenticare l’efferata uccisione di Khaled al-Asaad, direttore generale delle antichità di Palmira - hanno colpito non soltanto l’identità culturale dei rispettivi popoli e Paesi, ma anche quella di tutta l’umanità. Ora dopo le grandi distruzioni perpetrate dal terrorismo islamico si è aperta la prima mostra in Europa dedicata a Palmira, che rappresenta un’ulteriore tappa del percorso denominato “Archeologia ferita” ideato dalla Fondazione Aquileia in collaborazione con il Polo museale del Friuli Venezia Giulia, e aperto nel 2015 dalla mostra dedicata ai tesori del Museo del Bardo di Tunisi.
Palmira e Aquileia, nonostante la distanza geografica, sono accomunate da una storia e da un profilo culturale simile: entrambe erano città di confine, crocevia e punto di passaggio per merci, uomini, culture. Palmira era la porta verso l’Oriente e la vicina Persia; Aquileia era luogo di frontiera verso est per l’Impero romano e i popoli barbarici. Per questo hanno accolto al loro interno culture diverse, aprendosi a contaminazioni, scambi artistici e culturali oltre che commerciali, come testimoniano i preziosi reperti ora in mostra: 16 pezzi sono originari di Palmira e 8 da Aquileia, per la prima volta riuniti insieme. In particolare quelli palmireni provengono dal Terra Sancta Museum di Gerusalemme, dai Musei Vaticani e da quelli Capitolini, dal Museo delle Civiltà – Museo d’arte orientale “Giuseppe Tucci”, dal Museo di scultura antica “Giovanni Barracco”, dal Civico museo archeologico di Milano e da una collezione privata.
I volti delle donne e degli uomini presenti in esposizione mostrano nei loro ritratti una cura unita a un’estrema raffinatezza nell’esecuzione e una ricchezza negli ornamenti, nelle vesti e nelle acconciature, ma consentono anche di percepire e svelare che i modelli di autorappresentazione e le formule iconografiche utilizzate a Palmira e ad Aquileia erano affini e appartenenti a un medesimo sostrato culturale.
«Con i loro volti, i loro abiti e i loro gioielli», come affermava l’archeologo francese Paul Veyne, gli antichi cittadini di Palmira sono diventati ora «cittadini del mondo».