Mi son sempre chiesta dove nascano le barzellette, chi le inventi e come le metta in circolazione. Ci deve essere una specie di fonte dove il paradosso prende forma, abbozza i primi zampilli poi straripa per esondare liberamente. Ma cosa succede quando nostro malgrado la barzelletta siamo noi?
Eccone una: ci sono una giovane coppia di russi prossima alle nozze, una ragazza americana di miti speranze che sogna di fare la foto modella e un tedesco attempato bisognoso di farsi ritrarre prima che la sua virilità lo abbandoni definitivamente. Sono persone semplici, in fondo non fanno nulla di male. Cercano un esperto dell'immagine, non ne conoscono così curiosano sui social network tra migliaia di “professional photographer” i cui capolavori, spesso rubati ad altri in rete od ottenuti a seguito di maldestre sessioni di foto ritocco, fanno bella mostra di apparenti doti artistiche, tecniche e compositive. La coppia, la ragazza e il signore finiscono nelle mani dello stesso “artista”, lo contattano: sa parlare, è convincente e anche spiritoso. Li sprona a lasciarsi andare, “vero” segreto per la riuscita delle immagini che saranno di sicuro effetto. Li consacrerà tra parenti e amici, massima riservatezza, eccellenti prestazioni, soldi subito. Il fotografo altri non è che un aspirante tale, la fotografia un mezzo per guadagnare senza merito e racimolare qualche soldo, il prossimo anno aprirà un'officina meccanica, è un business, ora nessuno cambia auto e tutti le riparano. Le foto vengono consegnate, a nessuno piacciono un granché ma ormai tutti hanno già pagato e non c'è scelta. Nel frattempo l'aspirante inserisce, forse ingenuamente e convinto delle sue capacità, le impietose immagini in rete per farsi pubblicità: arrivano i primi commenti e con loro i dubbi. I malcapitati protestano ma non avendo firmato alcuna liberatoria e avendo pagato in nero poco possono. La sposa arrampicata non sa molto di fotografia, credeva fosse un'immagine divertente, era convinta che l'aspirante fosse in grado di decidere se andava bene, viceversa nel caso eliminarla. La ragazza col completino celeste riflette, forse non è stata una buona idea ma sul momento si è fidata. Il signore chiama allarmato, la foto in tanga proprio non gli va giù, che si tolga subito da Facebook e no, grazie, non è interessato all'offerta sulle pasticche dei freni. Ma è troppo tardi, sono già barzelletta, divengono leggenda in rete e da ora anche icone della pagina italiana più seguita del momento**:** Il peggio della fotografia made in Italy. Ventiseimila seguaci in una settimana di vita, una crescita virale vertiginosa. Una community che commenta, condivide, riflette, difende e irride, nata in sordina dalla mente di una foto giornalista trentenne laureata che annuncia ogni nuova pubblicazione incitando gli adepti come una rockstar prima del concerto. “L'idea nasce fondamentalmente per raccontare e dissacrare la bellezza; ciò che potrebbe apparire gradevole per alcuni ad altri risulta - attraverso diversi canoni estetici e del buongusto - ridicolo e non poco. Il trash è diventato materiale di cui siamo assetati e sembra rappresentare l'unica valvola di sfogo. La pagina rappresenta lo spaccato di un universo attento, non bigotto ma perfettamente consapevole di cosa possa funzionare o meno. Tuttavia, cerchiamo di muoverci in modo intelligente, raccontare la fotografia Made in Italy e nel mondo in maniera originale, "irriverente", con l'intento di non essere volgari pur usando l'ironia, anche se a volte risulta davvero difficile. Ancor di più invitiamo le persone a stare davvero attente nelle scelte stilistiche, lavorative e personali. Il web è un mondo immenso, io lo vedo come una lavatrice con la centrifuga sempre attiva. Ragazze buttate nella rete in pose ridicole, fotografi inesperti che regalano perle assolute come "divana" e "sposa sull'armadio", photoshop che assume le sembianze del demonio... insomma... "
Foto incomprensibili, a volte deliranti, provenienti da tutto il mondo; il materiale, in un'era che registra più fotografi che soggetti, non scarseggia. Una carrellata divertente e beffarda con il merito di far sorridere e al contempo riflettere. Quasi un contributo che mette in luce un aspetto bistrattato ma fondamentale, quello delle immagini date in pasto alla rete.
Prestarsi ad un servizio fotografico discutibile e poi opporsi dall'essere messi in berlina risulta ormai impossibile. L'aspirante promise di consegnare solo gli scatti migliori, forse l'ha fatto ed ecco i peggiori spuntare ovunque. I file aleggiano nelle memorie, evadono, fanno capolino in un fotomontaggio, iniziano a viaggiare e tornano a noi ormai impossibilitati nel correre ai ripari. La pagina Il peggio della fotografia made in Italy potrebbe esser chiusa, altre fiorirebbero dopo poche ore. Le foto utilizzate non sono il frutto di un furto intenzionale, vagavano in rete e da tempo sono state commentate, condivise, rimosse poi di nuovo inserite.
Perché molti si prestino nel posare in modo confutabile sfugge ai rigori della logica. Apparire per molti sembra esser diventato più importante dell'essere, ci si chiede quindi come mai così tanti maltrattatori dell'immagine abbiano fortuna e da cosa nasca il bisogno di esibirsi, a qualsiasi prezzo e mancando di fare le dovute considerazioni. Internet è uno strumento di propaganda formidabile per creare una propria reputazione, così come distruggerla.
La diffusione in rete ha amplificato un potenziale denigratorio incontrollabile. Prendiamo ad esempio una ragazza che si accorga di apparire in foto intime pubblicate dall'ex, il quale ovviamente non aveva alcun diritto di farlo. Può intentare causa, ma il sentirsi offesi non basta in sede di giudizio, bisogna dimostrare che tali immagini furono eseguite in privato, senza autorizzazione alla loro diffusione. L'azione di responsabilità verrebbe accolta dal giudice solo se risultano presenti gli estremi previsti dalla legge. Ci potrebbe essere un risarcimento, ma nel frattempo il web, incurante delle leggi, diffonderebbe senza pietà; prive di censura le immagini continuerebbero di fatto a circolare e il danno, seppur risarcito, sarebbe comunque compiuto e perpetuato. Il passo seguente sarebbe passare le giornate a caccia di altre offese verificabili, arruolare studi legali, rovinarsi la salute o arrendersi.
Difendersi è possibile. Ci si potrebbe affidare a dei professionisti seri che conoscano il significato dell'etica e sappiano valorizzarci anziché mortificare, fotografi che si impegnino a non far circolare il materiale senza il nostro permesso scritto e sappiano realizzare immagini scherzose piuttosto che grottesche, per risultare ridicoli c'è sempre tempo. Potremmo resistere dall'ostentare le nostre nudità, contrastando l'inflazione causata da un'immagine di noi inappropriata che nulla dice della nostra personalità e molto fa supporre. Prenderla sportivamente, accettando il fatto che ingenuamente ci siamo lasciati un po' andare e abbiamo prestato il fianco alle critiche, augurandoci non siano mai offensive, perché nessuno dovrebbe porsi a giudizio sulle altrui scelte. Oppure puntare sulla sobrietà e sull'eleganza, valori che non conoscono stagioni, su quel “vedo non vedo” che a volte ci manca così tanto. Una foto digitale è per sempre, l'infinito dovrebbe far riflettere chiunque.