Se voi sentite lontani dei nostri progenitori preistorici, vi sbagliate. Gli studiosi hanno ormai accertato che le popolazioni europee ed asiatiche hanno ereditato una piccola parte del DNA dell'uomo di Neanderthal, scomparso 40 mila anni fa. Due studi pubblicati su Science e Nature porterebbero, infatti, a un'unica conclusione: l'uomo moderno possiede parte del prezioso e ancestrale patrimonio genetico, geni che hanno influenzato le caratteristiche della pelle e dei capelli, hanno aiutato l'uomo moderno a proteggersi dal freddo ma lo hanno anche esposto al rischio di contrarre alcune malattie comuni ai nostri giorni, come il diabete di tipo 2, la malattia di Crohn, il lupus, la cirrosi biliare e, sostengono gli studiosi, anche la dipendenza dalla nicotina. Si tratta dei primi studi che approfondiscono l'influenza degli effetti biologici che il transfert di geni neanderthaliani ha avuto sugli umani.
Homo sapiens e Neanderthal condividono un antenato comune che probabilmente è vissuto in Africa più di mezzo milione di anni fa. Gli antenati di Neanderthal sono stati i primi a migrare in Europa e in Asia, mentre il lignaggio moderno rimase in Africa. Quando i moderni esseri umani hanno cominciato a lasciare l'Africa meno di 100 mila anni fa, si sono incrociati con l'uomo di Neanderthal che si era stabilito tra l'Europa occidentale e la Siberia. “Si tratta di genomi – ha detto David Reich, un genetista presso l'Harvard Medical School di Boston – che non si sono incrociati per mezzo milione di anni. È qualcosa che oggi non potrebbe mai accadere”.
I ricercatori, tra cui Svante Paabo dell’Istituto Max Planck di Antropologia evolutiva di Lipsia, hanno raccolto e analizzato varianti genetiche in 846 individui di origine non-africana, 176 provenienti dall’Africa sub-sahariana e un uomo di Neanderthal di 50mila anni fa, il cui genoma era stato studiato nel 2013. Gli scienziati hanno avuto la conferma: circa il 2% dei genomi è stato ereditato dall’Homo neanderthalensis. In realtà, secondo i ricercatori, considerando tutto il materiale genetico che abbiamo ereditato, si può arrivare anche al 20 o 30% di genomi. I risultati ottenuti dagli studiosi indicano che alcuni di questi geni sono coinvolti in funzioni fondamentali per la nostra esistenza come combattere le infezioni e resistere alle radiazioni ultraviolette.
Reich e il suo team hanno cercato di confermare uno studio precedente in cui aveva già mostrato che nel Dna delle attuali popolazioni non africane vi sono tracce di sequenze neanderthaliane. L'obiettivo è stato quello di capire, tramite dei modelli computerizzati, come alcuni genomi originati centinaia di migliaia di anni fa si siano ripresentati nell'uomo moderno. I ricercatori hanno verificato che, se la variante di un gene Neanderthal appariva in alcuni non-africani, non se ne trovava tuttavia traccia negli africani sub-sahariani.
Joshua Akey, un genetista presso l'Università di Washington a Seattle, ha detto che il suo team ha scoperto circa un quinto del genoma dei Neanderthal tra 665 europei e asiatici orientali viventi. Reich e la sua squadra hanno detto che avrebbero potuto mettere insieme circa il 40% del genoma di Neanderthal dalle sequenze di 1.004 persone viventi che hanno studiato. I ricercatori hanno focalizzato i loro studi sui geni che sono particolarmente comuni negli esseri umani contemporanei. Entrambi i gruppi hanno individuato una serie di geni coinvolti nel funzionamento interno di cellule chiamate cheratinociti, un tipo cellulare presente nell'epidermide e che contribuisce alla produzione dei capelli e aiuta a resistere al freddo. “È facile speculare sul fatto che i Neanderthal fossero già adattati ad ambienti più freddi in Eurasia e che questi geni abbiano aiutato gli esseri umani moderni a far fronte alle basse temperature” ha detto Reich. Secondo lo scienziato, la pelle aiuta a mediare la perdita di umidità e proteggere contro gli agenti patogeni. I geni di Neanderthal, che si erano già adattati alla vita in Europa, avrebbero fatto sì che l'Homo Sapiens si adattasse meglio al suo nuovo ambiente. “L’ascendenza Neanderthal è incisiva nei geni che influenzano i filamenti di cheratina, proteina fibrosa che conferisce robustezza a pelle, capelli, unghie e può tornare utile in ambienti freddi, fornendo un maggiore isolamento”, ha aggiunto il ricercatore.
Il team di Reich ha scoperto che gli esseri umani contemporanei non hanno invece tracce di geni Neanderthal sul cromosoma X, o tra i geni che si attivano nei testicoli. Non sorprende, perché è in particolare da lì che spariscono rapidamente i geni che influenzano negativamente la fertilità. Gli esseri umani moderni e i Neanderthal "erano ai margini della compatibilità biologica", ha sottolineato Reich, e relativi ibridi, probabilmente hanno sofferto di alti tassi di infertilità. “È ovvio che non avendo la possibilità di studiare i Neanderthal viventi non si possono effettuare esperimenti diretti”, ha detto Daven Presgraves, un biologo dell'evoluzione presso l'Università di Rochester di New York. Sorprendentemente, però, gli esseri umani moderni e i Neanderthal, separati da solo decine di migliaia di generazioni, hanno mostrato già segni di incompatibilità biologica. Animali come moscerini della frutta in genere devono essere separati per molto più tempo prima di evolversi naturalmente in specie distinte.
I ricercatori hanno dimostrato che nove varianti genetiche umane moderne provengono dai nostri cugini preistorici, soprattutto quelle legate alle malattie immunitarie e comportamentali, come la capacità o meno di smettere di fumare. E non è finita qui. Sarah Tishkoff, una genetista della popolazione presso l'Università della Pennsylvania a Philadelphia, ha affermato che il lavoro permetterà in futuro di studiare genomi antichi anche non raccolti da ossa, ma dal DNA delle popolazioni contemporanee. Tali studi potrebbero portare a risultati straordinari soprattutto in Africa, perché è lì che ci sono meno campioni ben conservati dell'antico DNA preistorico.
© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata